“L’isola del Dottor Moreau” 7 – Giocare a fare Dio: lo sport preferito dall’uomo “moderno”

Il Dottor Moreau vuole prendere il posto di Dio, ma si rivela soltanto, per usare una felice espressione di Carlo Pagetti, un “demiurgo pasticcione e inefficiente”.
Fonte:
CulturaCattolica.it
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Come è quasi inevitabile in queste tematiche, le implicazioni religiose dei comportamenti e delle argomentazioni dei protagonisti affiorano costantemente. Se ne erano accorti subito anche i contemporanei; il già citato articolo del Guardian afferma: “Talvolta si è propensi a credere che l’intenzione dell’autore sia stata quella di satireggiare e rimproverare i presupposti della scienza; talaltra il suo obiettivo sembra quello di parodiare l’opera del Creatore della razza umana e di screditare l’attività divina delle Sue creature”(10). I critici vedono nei tre protagonisti umani una specie di Trinità, dove il personaggio meglio definito è Moreau, Signore e Padrone dell’isola e delle sue mostruose creature. In realtà manca a Moreau la coscienza della dipendenza, sostituita da una “Hybris” (violenza presuntuosa) senza limiti. “Del resto io sono religioso, Prendick, come deve esserlo ogni uomo sano. Forse io m’illudo di comprendere meglio di lei le intenzioni del Creatore, perché io ho cercato le sue leggi, a modo mio (corsivo nel testo, N.d.r.), per tutta la vita...”(11)E’ quell’ “a modo mio” che denuncia la violenza dello scienziato, che giunge ad affermare: “La cosa che ci sta davanti non è più un animale, un essere vivente come noi, ma un problema”(12). Direbbe E. Mounier: “Quando un uomo si appassiona solo a delle cause, e non vede più le persone, il processo mortale dell’oggettivazione è cominciato”(13). Donna-oggetto, uomo-oggetto, embrione-oggetto... è quanto stiamo vivendo nel XXI secolo. Ma anche Moreau, che si ritiene il padrone dei suoi mostri (ma che è sempre deluso e disgustato della tragica inadeguatezza dei risultati ottenuti) è costretto a ricorrere alla Legge che gli Uomini-bestia hanno appreso da un canaco (aborigeno australiano) “missionario”. Tale Legge è una tragica parodia del senso morale degli umani, avente finalità soprattutto pratiche (permettere al “Beast people” di convivere decentemente), ma colpisce per la sua rigida e ossessiva perentorietà: “Non camminare carponi; questa è la legge... Non bere succhiando, questa è la legge... Non mangiare né carne né pesce, questa è la legge... Non dar la caccia ad altri uomini, questa è la legge... Sua è la casa del dolore. Sua è la mano che crea. Sua è la mano che ferisce. Sua è la mano che guarisce”(14). Moreau la dileggia, ma è costretto a sua volta a farvi ricorso quando la situazione sembra sfuggirgli di mano. Allora vi è una sorta di Giudizio Universale: Moreau soffia forte in un enorme corno da pastore (specie di tromba angelica), raduna gli Uomini-bestia e annuncia la sua condanna dell’uomo-leopardo, che si è cibato di un coniglio, violando la Legge. Ma colui che vuole prendere il posto di Dio si rivela soltanto, per usare una felice espressione di C. Pagetti, un “demiurgo pasticcione e inefficiente”. E la sua tragica fine ne è una conferma. Resta da capire perché tutti i guai (compresi gli ibridi uomo-animale) nascano in un’isola. E pensare che Moreau era stato espulso dall’Inghilterra proprio per i suoi esperimenti! Oggi sarebbe eroe nazionale... ma su questo ritorneremo un’altra volta.

NOTE
10. Herbert George Wells, L’isola del Dottor Moreau, BUR Classici, Introduzione pag. XXIX.
11. Herbert George Wells, L’isola del Dottor Moreau, in “La macchina del tempo e altre avventure di fantascienza”, Mursia 1966-80 (Volume II de “Le opere narrative di H. G. Wells”), pag. 319.
12. Id. Ibid. pag. 319.
13. E. Mounier, Trattato del carattere, Ed. Paoline 1949, passim.
14. Herbert George Wells, L’isola del Dottor Moreau, in “La macchina del tempo e altre avventure di fantascienza”, Mursia 1966-80 (Volume II de “Le opere narrative di H. G. Wells”), pag. 308.