Il clone come serbatoio di organi: L’Alias, di Greg Egan

In "L'uomo duplicato", antologia a cura di P. Nicolazzini, Nord 1997.
Fonte:
CulturaCattolica.it
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Greg Egan, stella di prima grandezza della Fantascienza contemporanea, fornisce al lettore un suggerimento fondamentale in questo suo racconto del 1990, (presente anche sul web nelle versioni inglese e francese), intitolato "L'Alias" (ossia il doppio, il clone, il sostituto). Chiamando il protagonista della storia Daniel Gray, e ambientando la vicenda in un'immensa tenuta di inimmaginabile ricchezza, ci mette sulle tracce del "Ritratto di Dorian Gray" di Oscar Wilde. E a ben guardare, proprio questo è il capostipite ideale o l'ispirazione segreta di tanti racconti di bio-fantascienza. Nella storia del bellissimo e perverso Dorian, che vende l'anima pur di non invecchiare mai, consegnando al misterioso quadro che lo ritrae nella perfezione della sua giovinezza il peso del male e della decadenza fisica e morale, si rispecchiano tante altre storie di protagonisti del futuro, alla ricerca spasmodica dell'immortalità biologica.
Eccoci di fronte a questo eccentrico multimiliardario, sempre alla ricerca di scandali inimitabili. Nella sua tenuta frequentata da ospiti di alto bordo per delle feste in cui ogni particolare è programmato grazie ad una scienza capricciosa ed omnipervasiva, Daniel mantiene anche oltre cento cloni di se stesso (gli Alias appunto), di età diversa e disponibili ad ogni esigenza del padrone. Essi sono parzialmente decerebrati (hanno avuto tutti danni cerebrali da microchirurgia fetale), per non essere consapevoli della propria condizione, e per essere pronti in futuro a ricevere nel proprio corpo il cervello del padrone. Vengono utilizzati come serbatoi compatibili di organi da trapianto (così Daniel, che si permette una vita dissoluta e disordinata, può sostituire organi e apparati deteriorati dalle proprie sfrenatezze o semplicemente dal decadimento naturale); come schiavi sessuali a disposizione degli ospiti; sono tutti classificati geneticamente con un numero e quando non servono più vengono eliminati. In fondo sono simili agli schiavi romani: classificati tra le "cose" senzienti e parlanti. Daniel si rende conto che, se vuole perpetuare la propria eternità biologica, deve prima o poi procedere al trapianto del cervello in un corpo di Alias più giovane. Studi immensi e costosissimi vengono dedicati dagli scienziati al suo servizio agli enormi problemi del trapianto del cervello. In realtà gli scienziati scoprono che è possibile solo un trapianto parziale, di alcune aree ben definite che contengono la personalità e la memoria. Finalmente giunge il giorno tanto atteso: Daniel ha scelto un Alias ventenne, e si affida ai chirurghi. Ha deciso di tenere anche il suo vecchio corpo per mostrarlo come un trofeo agli ospiti. Dopo l'operazione passano giorni e giorni di confusione e di immobilità.
"Quando finalmente riacquistò il controllo di un braccio, lo sollevò con grande sforzo all'interno del suo campo visivo. Era il suo braccio, il suo vecchio braccio, non quello dell'Alias. Tentò di emettere un grido di disperazione, ma non uscì nulla". Forse il trapianto non ha avuto luogo, forse l'operazione è stata interrotta. Ma il "vecchio" Daniel riceve la visita di un giovane Alias in pigiama colorato, spinto dai medici su di una carrozzella; viene osservato da quest'ultimo con sorrisi soddisfatti e compiaciuti. In quel che resta della sua mente ottenebrata si fa strada allora una terribile scoperta:
"A meno che, dopo tutto, il trapianto fosse proseguito. A meno che i residui del suo cervello dentro questo corpo avessero conservato sufficiente memoria e personalità per fargli credere che anche lui era Daniel Gray. A meno che gli studi sulle funzioni cerebrali che avevano localizzato l'identità fossero stati esatti, ma incompleti... a meno che i processi che formavano l'autoconsapevolezza non si fossero duplicati oltre misura nelle parti più primitive del cervello. Nel qual caso adesso esistevano due Daniel Gray. Uno aveva tutto... E l'altro? Aveva soltanto una cosa. La consapevolezza della propria disperazione".
In questo finale terrificante, nell'empatia coatta di capire che cosa prova un clone, essendo costretto a sperimentarlo per forza, si misura la cecità del folle sogno di onnipotenza presente nella clonazione.