Creazione e Apocalisse 7 - Rimpicciolire Dio
Il “rimpicciolire Dio” che è discorso comune a questo racconto e a quello precedente, fa risaltare di converso un Uomo smisuratamente ingrandito, ma fine a se stesso, avente nel dominio del Cosmo la propria autogiustificazione; viene così eliminato radicalmente il senso religioso (per insufficienza dell’oggetto dell’aspirazione umana, che è sempre Infinito)- Autore:
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“Rimpicciolire Dio”
Il “rimpicciolire Dio” che è discorso comune a questo racconto e a quello precedente, fa risaltare di converso un Uomo smisuratamente ingrandito, ma fine a se stesso, avente nel dominio del Cosmo la propria autogiustificazione; viene così eliminato radicalmente il senso religioso (per insufficienza dell’oggetto dell’aspirazione umana, che è sempre Infinito).
Questo tuttavia, come fa notare Angelico Surchamp, monaco benedettino scomparso nel marzo 2018, non può che avere conseguenze tragiche per l’uomo stesso, chiuso solipsisticamente nel proprio cerchio meschino. Il disprezzo di Dio porta fatalmente all’immiserimento dell’uomo.
“Nell’arte romanica c’è un’idea grandiosa del Cristo che è in trono davanti alla folla e gli uomini sono piccolissimi ai suoi piedi e via via fino ad arrivare al XIX secolo, Cristo sparisce sempre più in mezzo all’altra gente; ecco l’umanizzazione, la progressiva degradazione di Dio. Questa resta per noi l’idea di base: che più avanziamo nella storia cristiana e più ci scopriamo allontanati dalla grandezza di Dio, e questo è qualcosa contro cui bisogna reagire. Più avanziamo nel tempo, più scendiamo in umanità perché, se l’umanità è riferimento a Dio, in quanto è l’immagine di Dio, più l’idea di Dio diminuisce più l’idea dell’uomo diminuisce. Per avere un uomo grande occorre avere un’idea vivente di Dio. Quando si arriva all’idea attuale di Dio, l’uomo diventa qualcosa di miserabile”. (10)
Anche il poeta Jacques Prévert aveva immaginato una scena simile a quella di “Evensong”: “Dio, per Prévert, è semplicemente un elemento superfluo o inutile in questo mondo. L’immagine esemplare della “nuova stagione” (Paroles 62), forse di quella che si potrebbe chiamare la nuova cultura, è un peccato originale alla rovescia. Non è più Dio che caccia gli uomini dal Paradiso terrestre, ma gli uomini che cacciano Dio e il suo serpente:
“E Dio con il suo rettile/ se ne sta lì/ San Balordo come prima/ non più all’altezza degli avvenimenti” (Storie 61). L’immagine del Paradiso terrestre ritorna spesso. I veri protagonisti sono gli uomini: Dio è un intruso inutile: “E Dio/ sorprendendo Adamo ed Eva/ disse loro:/Continuate ve ne prego/ non disturbatevi per me/ Fate come se io non esistessi”(Fatras 161) (11)
Ma, come afferma don Luigi Giussani “Non si può domandare che cosa rappresenti la parola « Dio » a chi in Dio dice di non credere. È qualcosa che occorre sorprendere nell'esperienza di chi quella parola usa e vive seriamente. Un aneddoto a questo proposito risale all'epoca in cui insegnavo in una scuola superiore. In una determinata stagione teatrale era stato rappresentato al Piccolo Teatro di Milano “Il diavolo e il buon Dio” di Jean-Paul Sartre. Rammento che alcuni studenti, particolarmente colpiti dall'opera, venivano a scuola ripetendo con aria sardonica certe battute riferite a Dio. Io facevo notare loro, molto tranquillamente, che quello che in quel momento stavano deridendo era il dio di Sartre, vale a dire un dio per me inattendibile, che non coincideva per nulla con ciò in cui io credevo. Li esortavo semmai a riflettere se per caso quello rappresentato a teatro non fosse invece il «loro» dio o eventualmente il modo con cui era loro di fatto possibile pensare Dio”(12)
NOTE
10. “Quei cubisti dei medioevali”, Intervista dell’Umana Avventura ad Angelico Surchamp, direttore di Zodiaque, ne “L’Umana Avventura” n. 1, Jaca Book, maggio 1978, pagg. 98-100.
11. A. CARRARA, Jacques Prévert il giocoliere della parola, in “Letture” 2/79 pag. 90.
12. LUIGI GIUSSANI, All'origine della pretesa cristiana: Volume secondo del PerCorso, Rizzoli 2001, pag. 5.