"Tra terra e cielo" 4 - Santa Francesca Cabrini e le Missionarie del Sacro Cuore
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Il Sacro Cuore
Nella cappella viene messa l’immagine del Sacro Cuore (anche se il vescovo aveva portato in dono una bella statua della Madonna ritenuta però dalla Superiora inadatta).
E questa immagine sarà posta in tutte le cappelle delle scuole e degli istituti fondati in seguito.
A Lei e al Sacro Cuore si rivolgerà sempre con le sue suore e il suo motto sarà: "Omnia possum in Eo qui me confortat."
Il 15 novembre si aprono le porte del Collegio per fanciulle di famiglie agiate e contemporaneamente per orfanelle: le prime pagheranno regolarmente una quota, le altre saranno a carico esclusivo delle suore.
Francesca lavora e medita giorno e notte. Osserva, prega e scrive.
La Regola
Nel giugno del 1881 è pronta la Regola del nuovo Istituto, approvata a livello diocesano da monsignor Gelmini vescovo di Lodi. Il nome è deciso: sarà “Suore missionarie del Sacro Cuore”, ma Francesca dovrà battersi perché il termine missionarie, fino a quel momento appannaggio degli ordini maschili, appaia nel nome dell'istituzione.
L’ispiratore della sua vocazione non è stato dimenticato, e l’ordine si muoverà secondo il modello indicato dall’intrepido Francesco Saverio, di cui ella assumerà il nome senza volgerlo al femminile.
“Missionarie” agli occhi di madre Cabrini, voleva dire donne disposte a viaggiare, ad affrontare mondi sconosciuti per portare nuove anime al cristianesimo. Si trattava di un'apertura verso esperienze inedite, verso una vita religiosa nuova da inventare completamente, almeno per quanto riguardava le donne. Alludeva, in modo poco velato, all'apostolato, ruolo fino ad allora considerato solo maschile.
Le religiose, seppure attive e autonome, fino ad allora si erano limitate a svolgere ruoli assistenziali, anche se implicitamente assimilabili all'apostolato in un mondo che si andava secolarizzando. Significava anche, una maggiore autonomia nei confronti delle gerarchie ecclesiastiche: viaggiando si sfuggiva al controllo diretto del clero locale, ci si poteva dedicare ad un'idea propria, e questo, per Francesca, voleva dire essere libera di rispondere alle sollecitazioni che, attraverso gli avvenimenti, le mandava Gesù.
Con la Cabrini, il modello di fondatrice di congregazione di vita attiva giunge alla maturazione. (Tra terra e cielo, pag.31)
La sua autonomia riconoscerà come unica fonte di obbedienza il pontefice.
La strada è tracciata.
Francesca Cabrini, certa della presenza del Signore al suo fianco, dovrà d’ora in poi soltanto dedicarsi a realizzare compiutamente la vocazione missionaria sua e delle sue suore.
Una occasionale visita a Milano qualche anno dopo le offre la possibilità di trovare una casa disponibile per un nuovo collegio. I superiori non vedono però di buon occhio un allargamento fuori diocesi della casa di Codogno, ma otto novizie si trasferiscono senza frapporre indugi a Milano nel 1884.
Madre Cabrini e le sue suore
Dovevano trovare in lei una madre, vivere intensamente la dimensione comunitaria, essere preparate ad affrontare con pronta obbedienza e coraggio tutte le prove della vita: spostarsi se necessario, imparare ad insegnare, studiare musica e violino, disegnare, parlare una lingua straniera, valorizzando le proprie attitudini personali e capacità.
Tutto e sempre nel segno della letizia, della operosità e della dedizione al Sacro Cuore di Gesù.
Ogni aspetto della vita del collegio doveva funzionare e offrire il meglio alle piccole ospiti.
A differenza delle mistiche dell'Ottocento che facevano coincidere la devozione al Sacro Cuore di Gesù con forme di devozione passiva e offerta silenziosa delle proprie sofferenze, Francesca, pur vivendo una dimensione profondamente mistica, fonda la sua offerta riparatrice per la Croce di nostro Signore, sulle azioni e sulla operosità.
Quindi ci troviamo davanti ad una concezione assolutamente nuova e innovativa del ruolo della donna e della donna-religiosa nella società.
Nel modello cabriniano, la contemplazione, gelosamente nascosta agli occhi del mondo, doveva servire a realizzare le buone opere: si tratta di un rovesciamento perfetto del pensiero tradizionale, che vedeva nell'azione il requisito necessario alla realizzazione della contemplazione. (Tra terra e cielo, pag.95)
Madre Cabrini non tralascia di condividere ogni giorno con le sue collaboratrici e novizie il suo sogno segreto, trasmettendo loro il suo ardore infuocato: "Verrà un giorno - ripete con convinzione – in cui andremo in missione" (Una donna, pag. 20)
Nuove case e fondazioni sorgono a Cremona, Casalpusterlengo, Borghetto, Castel San Giovanni sotto il suo slancio e la prontezza decisionale.