Condividi:

Nadezhda Mandelshtam: la memoria che salva

Autore:
Scalfi, P. Romano
Fonte:
CulturaCattolica.it
Antologia

Nadezhda Jakovlevna Mandel'shtam nasce a Saratov nel 1889. Passa l'infanzia a Kiev dove studia pittura. Nel 1919 sposa Josif Mandel'shtam e da allora ne condivide sempre la sorte, seguendolo anche al confine. Alla morte di Josif nel 1938 nel lager, le viene interdetto il soggiorno a Mosca. Insegna in varie cittadine di provincia, ma soprattutto si dedica al miracoloso e strenuo salvataggio dell'eredità letteraria e spirituale del marito. Nel 1964 le è concesso di ritornare a Mosca. Nel 1980 muore a Mosca, dopo aver consegnato al samizdat, l'autoeditoria clandestina, le poesie del marito. Ha ricevuto il battesimo nella Chiesa ortodossa da padre Aleksandr Men'.

Nadezhda Mandel'shtam scrisse i suoi tre libri di memorie all'età di 65 anni. "I libri della Mandel'shtam - dice il poeta Josif Brodskij - equivalgono ad un giudizio universale. Le sue memorie sono qualche cosa di più che una testimonianza dei suoi tempi; sono un modo di vedere la storia alla luce della coscienza e della cultura. Se c'è un surrogato dell'amore, è la memoria. Imparare a memoria significa allora ripristinare l'intimità".



Riportiamo alcuni pensieri dall'opera "L'epoca e i lupi"


p. 67: Molti di noi si convinsero dell'ineluttabilità, altri della razionalità di ciò che stava succedendo. Tutti acquistarono coscienza che non ci sarebbe stato ritorno… Io sono convinta che tutti noi, in città più che in campagna, eravamo immersi in una specie di sonno ipnotico. Ci avevano effettivamente inculcato l'idea che eravamo entrati in un'era nuova e che potevamo soltanto sottometterci a questa necessità storica. La dottrina del materialismo storico ci aveva privati di ogni volontà e di ogni libertà di giudizio.

144 Chi vive sotto una dittatura si permea rapidamente del senso della propria impotenza e trova consolazione e giustificazione per la propria passività ed inerzia. Qualsiasi David pronto a disarmare un Golia, suscitava soltanto perplessità… Ecco perché i Golia distruggevano gli ultimi David con tanta facilità.

199 Quelli che affermano che il motore della storia è la base, il fattore economico, hanno dimostrato con tutta la loro prassi che la storia è invece lo sviluppo e l'incarnazione di un'idea.

214. Ogni esecuzione capitale veniva giustificata con le parole sulla costruzione di un mondo nuovo che non avrebbe più conosciuto violenze e sopraffazioni, ed ogni sacrificio era ammissibile pur di raggiungere questo inaudito nuovo. Nessuno si era accorto che il fine aveva incominciato a giustificare i mezzi e per questo, come avviene in questi casi, si era man mano volatilizzato.

82 "La vita - diceva Osip - è un dono. Perché ti sei messa in testa che devi essere felice?" Mandel'shtam, con tutta la sua profonda gioia di vivere, non cercava mai l'infelicità, ma non faceva nessun affidamento sulla cosiddetta felicità. Per lui queste due categorie non esistevano.

129 Per Osip la perdita della fiducia reciproca è il primo sintomo della disgregazione della società… e proprio questo era il fine che si prefiggevano i nostri dirigenti.

153 La regola principale dell'epoca era di non accorgersi della realtà. I dirigenti dovevano operare solamente con la categoria dell'auspicabile.

186 Non ho mai visto un individuo vivere così intensamente come Mandel'shtam. Egli sentiva quasi fisicamente il passare del tempo e ogni istante della sua vita… Mi sembra che ogni artista percepisca l'eternità nello scorrere e nel durare di ogni istante.

L'angoscia dell'artista non è ansia di eternità, bensì perdita temporanea della sensazione che ciascun secondo è dotato di un suo volume, di una sua ricchezza, è saturo e di per se stesso equivalente a qualsiasi eternità. Con la nostalgia invece nasceva naturalmente il senso del futuro e Mandel'shtam si trasformava in uno 'che aspettava'.

157. Il destino non è una misteriosa forza esterna, ma il risultato della carica interiore di ciascun uomo e delle tendenze di fondo della sua epoca, anche se nel nostro tempo non poche vite di martiri sembrano 'tagliate' in serie da un sarto incredibilmente monotono.

193 Mandel'shtam non tollerava lagnanze per le circostanze: la cattiva sistemazione generale, l'appartamento, i pochi soldi, tutti i fattori che impedivano il lavoro. Secondo la sua concezione più profonda niente può impedire ad un artista di fare ciò che deve fare e il benessere non è affatto uno stimolo al lavoro.

318 Mandel'shtam si considerava l'ultimo cristiano-ellenico della Russia.

320 Il metro di ogni fenomeno umano - per Mandel'shtam - rimaneva l'Italia. Non a caso per esporre la sua poetica Mandel'shtam scelse Dante. Per lui Dante rappresentava la fonte da cui sgorga l'intera poesia europea e il metro del retto agire poetico… Aveva notato la natura italiana nelle cattedrali del Cremlino: 'E le cattedrali di Mosca a cinque cupole con la loro anima italo russa' e ancora 'la tenera cattedrale della Ascensione: Firenze a Mosca'. Di Rublev disse nel contemplarne la Trinità, che aveva indubbiamente conosciuto i maestri italiani, ciò che gli permetteva di emergere fra gli altri iconografi del suo tempo. E concluse col viaggio in Italia una breve trasmissione radiofonica dedicata alla giovinezza di Goethe. Questo pellegrinaggio sui luoghi santi della cultura europea gli sembrava una fase indispensabile e decisiva nella vita di qualsiasi artista.

363 L'umanesimo del diciannovesimo secolo è entrato in grave crisi quando sono crollati tutti i valori etici, considerati semplice prodotto dei bisogni e dei desideri dell'uomo o della sua ansia di felicità. In compenso il secolo ventesimo ci ha mostrato in maniera lampante che anche il male possiede un'enorme forza di autodistruzione e che nel suo sviluppo raggiunge inevitabilmente l'assurdo e il suicidio. Purtroppo abbiamo anche capito che il male, mentre distrugge se stesso, può annientare qualsiasi forma di vita sulla terra: questo non si dovrebbe mai dimenticare.

Abbiamo visto che il male ha trionfato dopo che i valori dell'umanesimo sono stati disprezzati e ridotti in cenere. Tutto questo è stato possibile perché probabilmente questi valori si fondavano solo sull'esaltazione dell'intelletto umano: penso che oggi debbano ricevere un fondamento migliore.

Un tempo la Russia ha salvato la cultura cristiana dai tatari, ora l'ha salvata dal razionalismo e dalle sue atroci conseguenze, e questo le è costato grandi sacrifici: come potrei pensare che siano stati inutili?

408 Si è creduto che la gente potesse ricevere dall'alto l'autorizzazione di parlare liberamente. Questa previsione non si è avverata, ma non tutti comprendono che il problema è un altro e sta negli uomini, in ogni singolo individuo e nella sua visione del mondo. Lo stesso bisogno di sentirsi autorizzati è un residuo del passato e della sua cieca fede nell'autorità.

422 In tutti i pubblici uffici troviamo gente a lottare furiosamente per il proprio diritto all'ignoranza… La gente ricorda poco, pochissimo quando le fa comodo.

445 Osip diceva che da noi arrestano senza commettere sbagli: vogliono distruggere non soltanto un uomo, ma anche il pensiero.

Riportiamo alcuni pensieri dall'opera "Vtaraja Kniga"

La perdita dell'io non è un merito, ma è la malattia del nostro secolo.

La perdita dell'io si può manifestare in un immemore smarrimento (è il mio caso) o nel più scoperto individualismo; i sintomi sono diversi, ma la malattia è la stessa: l'annullamento della personalità. E anche la causa della malattia: il crollo dei rapporti sociali. Il vero problema è questo: perché e come è avvenuto il crollo; la famiglia, gli amici, i sodalizi, il ceto, la società; tutto è improvvisamente scomparso, e l'uomo si è ritrovato solo di fronte ad una forza segreta che si chiama potere, e regola sia la vita che la morte.

Nell'epoca in cui lo slogan fondamentale è: "Si salvi chi può" la persona è perduta, la persona è legata al mondo, alla gente. Essa ritrova se stessa fra i propri con i simili e, riconoscendo la propria irripetibilità, scopre questa irripetibilità in ciascuno.

Perdendo il proprio io, sia gli individualisti che i pietrificati, si sono sradicati da tutto ciò su cui si costruisce la vita, la vita di ogni giorno e quella che chiamiamo cultura.

Assieme all'io è scomparso il senso della vita. Da ragazzo Mandel'shtam era solito ripetere una frase singolare: "Se questa vita non ha senso, non ha senso parlare della vita". Per me e per tutti gli altri pietrificati non c'era più vita, né senso della vita; ma io, come la maggior parte di loro, fui salvata dal "tu". Quando ormai mi sfuggiva il senso della vita, scoprii uno scopo concreto: non permettere che fossero cancellate le tracce di un uomo, del mio tu: salvare i suoi versi…

Improvvisamente nacque il samizdat: Nessuno sa come sia incominciato, nessuno sa come funzioni, eppure c'è, e corrisponde alle reali esigenze del lettore.

Troppo spesso la parola, da segno significante si muta in un segnale, e gruppi di parole in formule morte, addirittura in esorcismi. Ci scambiamo formule prefabbricate senza accorgerci che il loro vero significato è volato via.

Il Logos non ha nulla da fare nel nostro mondo: Esso ritornerà quando la gente, svegliatasi dal sonno, ricorderà che l'uomo è responsabile di tutto, e in primo luogo della sua anima.

Oggi, in questo tempo che si trascina stanco, si può assistere ad un fenomeno originale e curioso: qualcuno sceglie dei versi distrattamente, senza attribuire alla sua scelta nessun significato, e i versi lentamente si infiltrano in lui, scuotono la sua coscienza intorbidita, agonizzante; risvegliano il lettore, e ridando vita a chi si è accostato, rivivono essi stessi. Poi vengono diffusi, la gente se li scambia a vicenda, e alla fine c'è sempre qualcuno che ritorna in sé, si scuote di dosso la maledizione del letargo. Non so se anche altrove sia così, ma nel mio paese la poesia ha un potere salutare, rigeneratore, e gli uomini non hanno perso il dono di penetrarla con tutta la loro forza interiore. Nel mio paese si uccide per una poesia ed è questa la prova della sua straordinaria importanza, del fatto che qui la gente è ancora capace di vivere di versi. E se non sbaglio, se è così, se i versi che ho conservato possono essere utili a qualcuno, vuol dire che non ho vissuto invano, che avevo un compito e che l'ho assolto.

L'artificiosa rottura del noi, anche solo quantitativa, anche solo casuale, porta a pesantissime conseguenze.

L'uomo diventa adulto solo quando incomincia a prendere coscienza della propria responsabilità nei confronti di tutto ciò che accade nel mondo, ma nel nostro paese questo era da escludersi.

Quando la tenacia non ha uno scopo e dura troppo a lungo sfocia nel sonno. Dicevo che nella vita bisogna cercare un senso e non prefiggersi degli scopi, ma mi giustifico per essermi posta uno scopo ed aver vissuto per raggiungerlo.

Il biglietto di ingresso nel mondo della poesia è la fede nel suo carattere sacro e il sentimento della sua responsabilità per tutto ciò che avviene nel mondo.

Il poeta si distingue per l'acuta consapevolezza del proprio peccato, e questo è particolarmente importante nel secolo XX.

Il mondo europeo si è edificato sulla suprema catarsi, comprensibile solo per la coscienza religiosa: si è edificato sulla vittoria sopra la morte e sulla redenzione.

Il mondo europeo ha edificato la propria cultura sul simbolo della croce, che fa memoria di un uomo che vi è stato crocifisso. Alla base di questa cultura c'era il rapporto con la persona come valore supremo. Noi dobbiamo imparare di nuovo che ogni singolo destino è simbolo di quel giorno storico ed allora il singolo, per quanto limitata possa essere la sua capacità, si configura nella nostra mente all'interno del quadro generale del mondo.

L'arte cristiana non è sacrificio o espiazione, poiché l'espiazione si è già compiuta, ma una comunione gioiosa con Dio, un gioco dei figli con il Padre.

L'Eucaristia sta come l'eterno mezzogiorno, perché con tutta l'anima fuori del tempo noi sospiriamo quel praticello dove il tempo non sfugge.

La forza della libertà di Mandel'shtam era nella coscienza della propria libertà, stava nell'accettare liberamente la propria sorte, pieno di gratitudine di quello che gli era donato. Il cielo, l'aria, l'erba, il respiro, l'amore: ecco i tesori che gli erano stati messi a disposizione. Non si era mai posto degli scopi, non si era mai fatto sedurre dalle illusioni di felicità o successo.

La libertà di scelta offre due vie: l'una conduce verso un luminoso lontano, cioè dà un senso all'esistenza, l'altra porta nella notte e nella nebbia del non essere. L'altra si chiama follia della libertà di perire.

L'arbitrio di cui parla Dostoevskij non rovina solo chi lo pratica, ma corrompe tutto intorno… Ho ben chiaro nella mente che in nessun caso è lecito dirsi: "tutto è permesso"… ma io sostituivo il "tutto è permesso" più pesante, con un trascurabile: "ho voglia di fare così", ma in sostanza era la stessa cosa… Grazie alla vita con Mandel'shtam, un po' alla volta arrivai a pensare che era meglio che un camion investisse me, piuttosto che io, al volante, prendessi sotto qualcuno.

La strada della libertà è difficile, soprattutto in epoche come la nostra, ma se gli uomini avessero sempre scelto la strada dell'arbitrio, l'umanità avrebbe cessato di esistere da un pezzo. Se esiste, significa che il principio costruttivo è stato più forte di quello distruttivo.

La libertà cerca il significato, l'arbitrio pone degli scopi. La libertà è il trionfo della persona, l'arbitrio è il frutto dell'individualismo. La divinizzazione del popolo, il nazionalismo, il culto della personalità, della propria stirpe, sono individualismo.

Non esiste l'uomo al di fuori della coscienza religiosa, vale a dire che i rapporti con la realtà, la cultura della tribù, del popolo, dell'orda nascono da questa coscienza. La religione lega fra loro gli uomini e la cultura scaturisce da questa unione. Essa non sussiste nel perfetto isolamento, nella separazione, totalmente al di fuori di un legame con l'umanità. Ogni cultura entra in un gruppo di altre culture, sorte sulla stessa idea religiosa.

L'uomo libero ha bisogno di sapere, vedere e comprendere per non smarrire la strada. Vive sempre con intensa attenzione e non perde mai i legami con la realtà, sebbene alla massa di quelli che vivono sulla difensiva sembra che egli sia nelle nuvole. E' costretto a soffocare in se stesso l'istinto dell'autoconservazione per poter conservare la libertà. La libertà non viene regalata già bella e pronta, ma bisogna pagarla a caro prezzo… C'è una grande verità nella vita dei santi, che lottano incessantemente contro le tentazioni. Nel nostro tempo non ci sono santi, ma di tentazioni ce ne sono quante se ne vuole. Un uomo libero è facilmente distinguibile perché non si pone degli scopi, ma cerca il significato. La ricerca del significato è difficoltosa perché sorgono incessantemente dei miraggi e non è così semplice disperderli. L'uomo libero va per la sua strada perché non può rinunciare alla libertà, ma anche i miraggi cercano di spacciarsi per la verità.

L'uomo e la società arbitrarii non solo non vogliono tener conto della realtà, ma non riescono nemmeno a vederla. Essi la deformano nella mente a modo loro e non riescono a credere che la realtà è un'altra.

La storia della prima metà del secolo XX, riletta come l'orgia dell'arbitrio, che ha rifiutato tutti i valori accumulati dall'umanesimo, è la diretta conseguenza dell'umanesimo che ha perso il fondamento religioso. Tale processo che è durato secoli, è giunto al suo logico compimento nella nostra epoca. Gli uomini che praticano l'arbitrio hanno proclamato il culto della personalità e hanno finito per calpestarla.

Solo una coscienza matura vede la differenza fra chi ha percepito in se stesso l'uomo perché si è scoperto creato ad immagine e somiglianza di Dio, e chi invece ha esaltato se stesso e la sua volontà, rifiutando e perfino distruggendo nella propria anima il principio divino. Per costui è inevitabile l'autodistruzione, e noi l'abbiamo visto con i nostri occhi.

Vai a "Contemporanea"