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"La tregua" 4 - I primi segni della libertà e il Greco

Curatore:
Leonardi, Enrico
Fonte:
CulturaCattolica.it
Levi descrive questa umanità varia e colorata che si ritrova e si riconosce dopo l'orrore e la miseria, con accenti sempre diversi, e tonalità ora allegre, ora pensose, ora umoristiche, ora ricche di pietà

Leggiamo: il mattino ci portò i primi segni di libertà... giaceva assistito fraternamente... fummo sorpresi di essere accolti… era sopravvenuto il disgelo, il diluvio era finito, nel cielo nero di Auschwitz il monatto Noah vedeva splendere l'arcobaleno (Pag.36).
Lentamente dunque la vita sembra riprendere, aprirsi a situazioni nuove.
Emerge un uso dei vocaboli diverso e più vario.
Ancora febbricitante Levi è issato su un carro con altri moribondi: destinazione per ordine dei russi, il lager centrale di Auschwitz, trasformato in grande lazzaretto.
Qui i nuovi arrivati sono portati alle docce, lavati, sia pur con qualche ritrosia, dalle infermiere giovani e senza troppi riguardi, rasati, cambiati, curati fino a quando non mostrano di riprendere un po’ le forze.
Al quinto giorno la febbre era sparita: mi sentivo leggero come una nuvola, affamato e gelato, ma la mia testa era sgombra, gli occhi e gli orecchi come affinati dalla forzata vacanza, ed ero in grado di riprendere contatto con il mondo.(Pag. 27)

Inizio del viaggio
Primo abbandona l’ex-lager e sale su un convoglio russo diretto verso un nuovo campo di sosta per gli ex-prigionieri.
E’ l’inizio del viaggio, attraverso mezza Europa: dalla Polonia alla Russia, dalla Romania all’Ungheria, dalla Cecoslovàcchia all’Austria, dalla Germania di nuovo all’Austria e finalmente, all’Italia. Con lui si muove un popolo senza nome e senza meta. Tradotte, carri militari, locomotive sgangherate, saranno i mezzi improvvisati per gli spostamenti attraverso rovine, periferie squallide, ponti e binari saltati, foreste selvagge e inabitate, paludi.
Ogni tappa del cammino riserva sorprese inaspettate: compaiono ovunque gruppi di ex internati, militari di tutti i gradi, alleati e nemici, uomini e donne appartenenti a paesi, lingue, usanze diverse: greci, francesi, italiani, tedeschi, olandesi, cechi, russi, polacchi, ungheresi. Tutti aspettano l’opportunità di rientrare in patria e ogni cambiamento di destinazione viene subito senza rabbia, senza disperazione.
E Levi descrive questa umanità varia e colorata che si ritrova e si riconosce dopo l'orrore e la miseria, con accenti sempre diversi, e tonalità ora allegre, ora pensose, ora umoristiche, ora ricche di pietà.

Il Greco
Il convoglio si ferma. Arrivato ai piedi di una scarpata in mezzo alla campagna coperta di neve una decina di persone attendono come lui un nuovo trasporto. Qui Primo fa conoscenza con “il greco con cui, il destino doveva congiungermi per una indimenticabile settimana randagia"
Il Greco è il primo dei personaggi indimenticabili del racconto di Levi, per la lezione di vita data al povero ex prigioniero disorientato e affamato. Si chiamava Mordo Nahum, parlava 4 o 5 lingue, era rosso di pelo e di pelle, camminava curvo e ricordava un uccello notturno, da preda.

Il convoglio
Il freddo è pungente e l’attesa interminabile fino all’arrivo di un convoglio di 4 carri merci con una sgangherata locomotiva. Invece di dirigersi a ovest, sbagliando direzione, partono diretti a est. E arrivano a Cracovia.
Quando il treno si ferma in avaria, Primo e il Greco si allontanano a piedi, in cerca di fortuna.
Questo il dialogo fra i due:
"Quanti anni hai?””-Venticinque” risposi .
“Qual è il tuo mestiere?” “Sono chimico” “ Allora sei uno sciocco- mi disse tranquillamente. Chi non ha scarpe é uno sciocco.” Era un grande greco. Poche volte nella mia vita, prima e dopo, mi sono sentito incombere sul capo una saggezza così concreta. C'era poco da replicare. Meritavo dunque la libertà? Il greco sembrava dubitarne.… "... ma avevo la scarlattina, la febbre, stavo all'infermeria, il magazzino delle scarpe era molto lontano, era proibito avvicinarsi, e poi si diceva che fosse stato saccheggiato dai polacchi."
"Parole-disse il greco. Parole tutti sanno dirne. Io avevo la febbre a 40 non capivo se era giorno o notte: una cosa capivo, che mi occorrevano scarpe e altro; allora mi sono alzato, sono andato fino al magazzino per studiare la situazione. E c'era un russo col mitra davanti alla porta: ma io volevo le scarpe, ho girato dietro, ho sfondato una finestrella, sono entrato. Così ho avuto le scarpe, e anche il sacco e tutto quello che sta nel sacco, che verrà utile più avanti. Questa è previdenza; la tua stupidità, e non tenere conto della realtà delle cose
. "(Pag. 51)
E Primo si carica il pesante sacco di Mordo.

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