Incontro con Eugenio Corti
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"Ricordo che quando ero sul treno che mi riportava a casa dalla tremenda ritirata dal fronte russo, nel '43" racconta Eugenio Corti mentre fuori splende finalmente un azzurro cielo d'estate, "pensavo: ecco, ho visto la violenza del nazismo e del comunismo in azione; ho verificato di persona quanto disse sant'Agostino a proposito della vicenda della storia: quando si costruisce la città degli uomini, si incomincia col fare a meno di Dio per poi disprezzare la vita dell'uomo. Ecco, pensavo, i risultati delle filosofie atee di Feuerbach e Nietzsche. Credevo infatti di dover fronteggiare, in seguito, anni tremendi: e invece poco dopo mi venne fatto il dono di vedere con i miei occhi la città celeste. Fu quando, per la ricostruzione dopo il 1948, i popoli dell'Europa affidarono l'incarico a politici di ispirazione cristiana; una cosa grande, che avveniva in Italia, in Francia, in Belgio e Olanda, in Austria e persino nella scristianizzata Germania. Ecco, io quei begli anni li ho visti e li ho vissuti".
Eugenio Corti è infatti uno scrittore testimone, forse il testimone più autorevole del Novecento come "secolo terribile" della storia della cultura non solo italiana: lui, la Seconda Guerra Mondiale, la Liberazione, il Dopoguerra, li ha visti e soprattutto vissuti come parte attiva. I suoi libri, dal diario "I più non ritornano" (1947) al romanzo epico "Il cavallo rosso" (1983), rappresentano una cronaca del periodo in cui si giocarono, anche sul palcoscenico della nostra Penisola, le sorti del mondo occidentale.
Corti sarà presente al MEETING di Rimini di quest'anno, martedì 20 agosto, quando don Luigi Negri presenterà il libro di Paola Scaglione "Parole scolpite. I giorni e le opere di Eugenio Corti" (Edizioni ARES, 2002): la biografia dello scrittore brianteo la quale raccoglie anche alcune bellissime e intensissime lettere inviate a Corti dai suoi lettori.
Ascoltare la voce di Corti, dopo averne gustate le pagine narrative o saggistiche, può indurre a stabilire un paragone con parole più grandi: ad esempio con quelle pronunciate dal Papa a Toronto in occasione della XVII Giornata Mondiale della Gioventù.
"L'uomo è fatto per la felicità. Per questa vostra attesa Cristo ha la risposta. Egli però vi chiede di fidarvi di Lui. La gioia vera è una conquista, che non si raggiunge senza una lotta lunga e difficile" ha detto Giovanni Paolo II alla festa di accoglienza lo scorso 25 luglio. Per altri versi, è il medesimo vigore che anima le tante pagine dello scrittore più amato dai lettori cattolici. "Questo Papa" dice Corti "incarna il modo in cui Gesù Cristo incontrava le folle: è il Papa dell'incontro. Mentre Pio XII rivestì il compito del Pontefice che proclama la verità".
E proprio a causa dell'amore per la verità e per la disponibilità all'incontro, Corti sta lasciando in tutti coloro che lo conoscono una impronta. Una traccia che travalica la differenza di generazioni, dato che il Nostro è un "ragazzo del 21"… Anche in questo aspetto di continuità nella comune fede, si sentono gli echi di altre grandi parole: "voi siete giovani, e il Papa è vecchio; avere 82 o 83 anni di vita non è come averne 22 o 23. Ma il Papa ancora si identifica con le vostre attese e con le vostre speranze. Anche se sono vissuto tra molte tenebre, sotto duri regimi totalitari, ho visto abbastanza per essere convinto in maniera incrollabile che nessuna difficoltà, nessuna paura è così grande da poter soffocare completamente la speranza che zampilla eterna nel cuore". Così ha detto il Santo Padre nell'omelia al Downsview Park domenica 28 luglio.
Il tesoro nascosto nel campo delle cose di tutti i giorni, di cui parla il Vangelo e che san Paolo chiamò lo sperare contro ogni speranza, è la sorgente a cui attinge lo scrittore per sostenere e confortare gli amici e i lettori "in questi anni di egemonia quasi completa della sinistra nell'ambito culturale". Cosa che gli ha impedito di riscuotere un meritato successo di critica, con quel romanzo "Il cavallo rosso" che nel segno della bellezza ha conquistato migliaia di lettori italiani, spagnoli, francesi, romeni e statunitensi.
"Il ritorno alla propria vera identità di cristiani sarebbe l'unica via per il dialogo, oggi: perché purtroppo nella seconda metà del Novecento la DC ha lasciato che l'ideologia comunista conquistasse man mano il mondo dei libri, della scuola, della televisione, della stampa. E adesso che il comunismo leninista ha lasciato posto a quello gramsciano, il rischio è che l'ideologia laicista e politicamente corretta divenga una configurazione dittatoriale planetaria", afferma Corti in un lucido articolo apparso il 7 luglio scorso su L'Homme Nouveau e intitolato "Il comunismo non è scomparso".
Per la durezza delle sue diagnosi sulla cultura tra XX e XXI secolo, Corti riveste il ruolo profetico che fu di Solgenicyn trent'anni fa e attacca frontalmente gli intellettuali organici. Il suo rammarico è che i cristiani siano divisi e che una frangia cospicua di cattocomunisti si sia da tempo dissolta del tutto nelle posizioni ideologiche del post-marxismo. Con la conseguenza che la vita della fede non si incarna più in nessun genere di cultura: subisce semplicemente quella dominante.
Corti cita al proposito un documento pontificio molto eloquente, il discorso fatto all'Assemblea plenaria del Consiglio per la Cultura, lo scorso 16 marzo, nel quale si legge che "più che in qualunque altro periodo storico, si nota una frattura nel processo di trasmissione dei valori morali e religiosi tra le generazioni, che conduce a sorta di eterogeneità tra la Chiesa e il mondo contemporaneo". E', in altri termini, il realizzarsi dell'auspicio rivoluzionario: cioè uno stato di conflitto tra le parti della società, una situazione di violenza nei rapporti sociali, non ultimi quelli personali e interni alla famiglia.
"Dentro questo scenario di trasformazione a tinte fosche, però" aggiunge Corti, "l'evento del MEETING è l'unico grande segnale pubblico e visibile vissuto da cattolici che fanno cultura e la fanno attraverso gli incontri".
E difatti ogni incontro, anche questo, con Corti, che giunge ai saluti e agli arrivederci, è un riverbero dell'Incontro con l'amico fedele che non delude. Il cui riverbero su ogni altro incontro qui nel tempo è ben riconoscibile: è il segno della bellezza.