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"Il muro" di J. P. Sartre

Autore:
Fighera, Giovanni
Fonte:
CulturaCattolica.it

Il filosofo esistenzialista marxista J. P. Sartre (1905-1980) ne Il muro (1939) presenta l’uomo come posto di fronte ad un bivio, immobile, incapace di prendere la strada che potrebbe eventualmente liberarlo dal carcere in cui vive, un uomo che non crede e che non ha speranza che la vita possa cambiare. Il muro è già emblema della condizione di isolamento dell’uomo contemporaneo. L’opera si struttura in cinque racconti in cui viene messo a tema lo straniamento dei personaggi e la loro fatica di vivere la situazione assurda dell’esistenza, che si traduce in un immobilismo e in un’incomunicabilità umana.
Un condannato a morte, nel racconto da cui è mutuato il titolo della raccolta, attende l’alba che lo porterà al supplizio. Nella notte si chiede: «Con quale ardore correvo dietro alla felicità, alle donne, alla libertà! Per che farne? Avevo voluto liberare la Spagna, […] avevo aderito al partito anarchico, avevo parlato in comizi: avevo preso tutto sul serio, come se fossi stato immortale. In quel momento ebbi l’impressione che tutta la mia vita mi fosse davanti e pensai: «È una sporca menzogna». Essa non valeva nulla dal momento che era finita. Mi chiedevo come avessi potuto andare in giro, scherzare con le ragazze: non avrei mosso neppure il dito mignolo se soltanto avessi potuto immaginare che sarei morto così. La mia vita era davanti a me, chiusa, sigillata come una borsa, eppure tutto quello che vi era dentro era incompiuto».
Se tutto deve finire, se nulla è destinato all’eternità, la vita è una menzogna per cui non vale la pena di impegnarsi. Se non c’è un orizzonte più vasto oltre la precarietà dell’ultima giornata che ci è data da vivere, non c’è motivo di combattere, non c’è ideale che davvero possa muovere il nostro agire. Un filosofo stoico potrebbe ribattere che c’è motivo di combattere, perché la nostra opera resterà dopo di noi, il nostro contributo di bene e di azione non morirà con noi, ma resterà per la realizzazione e la costruzione del Bene totale. Anche se l’anima individuale non sopravvive, sopravvive l’opera, che è come la nostra piccola, ma insostituibile tessera del grande mosaico del mondo. Potremmo replicare con Pirandello che attesta chiaramente che un conto è il singolo individuo e un altro l’umanità.
Nel racconto «La camera» la moglie di un pazzo è combattuta tra l’abbandonare l’uomo e l’attesa che lui torni quello che aveva conosciuto un tempo. La sua è una situazione di scacco in cui la donna sembra quasi desiderare di diventare come il marito, separandosi definitivamente dalla realtà umana per entrare in «quel mondo tragico» fatto di statue che «volavano basse e leggere» e che «ronzavano». «Con tutte le forze ella voleva credere alla loro presenza; l’angoscia che paralizzava il suo lato destro, ella cercava di farne un nuovo senso, un tatto. Nel braccio, nel fianco e nella spalla, ella sentiva il loro passaggio». Anche le altre figure vivono in un mondo sempre più piccolo, deprivato del Mistero profondo del reale.
L’ardore del pellegrino medioevale, la gratuità profusa nella costruzione di grandi cattedrali sono state sostituite da una triste inerzia, deprivata della sua energia vitale e del suo impeto conoscitivo. Ecco perché quella realtà che appariva come luogo di avventura, cioè di accadimento di qualcosa di inaspettato e di esterno, di soprannaturale, quella realtà che si spalancava ad una dimensione più grande rispetto a quella delle mura visibili, del bosco attraversabile, nella contemporaneità si fa sempre più stretta. Per questo motivo l’aria è sempre meno respirabile e la realtà è percepita come sempre più coercitiva. Il paradosso è che questo è accaduto proprio nell’epoca in cui le scoperte scientifiche e astronomiche dilatavano sempre più gli spazi conosciuti. Un mondo sempre più piccolo caratterizza proprio gli anni in cui si sono scoperti la quarta dimensione e la presenza di miliardi di stelle. Nell’epoca antica e medioevale, invece, questa «piccola aiuola» del mondo, per dirla con nota espressione dantesca, riservava al suo interno una moltitudine di prodigi e di fatti tutti da scoprire.

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