"Giobbe" 3 - I primi romanzi di Roth
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I primi romanzi
A Berlino e successivamente a Parigi dal 1925 in avanti, escono i primi romanzi. Fra gli altri nel 1924, “Hotel Savoy”, che narra di un reduce privato delle proprie radici e degli affetti e nel 1927, “Fuga senza fine”, dove il protagonista, tenente dell'Imperial Regio Esercito Austro-ungarico nella grande guerra, fatto prigioniero dai russi, vive drammaticamente il suo ritorno, condannandosi ad una fuga senza fine, ad un andare ramingo secondo un destino cui è destinato tutto l’ebraismo orientale.
Con queste opere il grande scrittore si è già annunciato e i loro temi saranno ricorrenti nelle opere successive: il clima di disfacimento dell'Impero dopo la prima guerra mondiale, il dramma dei reduci, l’incapacità di affrontare la nuova esistenza, la delusione, il senso di impotenza, l’anelito ad una felicità irraggiungibile e sempre agognata.
Già in questi primi romanzi - scrive la Milani - Roth si rivela uno scrittore nato, appassionato e trascinante, dotato di un'inesauribile fantasia. Scrittore di miti, di stati d'animo...poeta epico, instancabile narratore affascina e trascina… i suoi libri sono mirabilmente poetici.... La letteratura era la sua vita, la sua unica ragione d'essere e vi ci metteva tutto se stesso, amava gli uomini di cui sublimava le storie, mettendoci tutto il suo cuore. …..Gli preme spiegare a tutti la condizione umana, le sue debolezze, le sue miserie, gli slanci, gli entusiasmi, la vita con tutte le sue infinite contraddizioni e nello stesso tempo il suo amore per la vita (Ornella Milani, “Joseph Roth, un esule su questa terra”, Lupo della steppa)
Pur vivendo prevalentemente a Parigi, è obbligato per i suoi reportage all’estero a spostarsi ininterrottamente da una città all’altra.
A Vienna nel 1928 si preoccupa intanto di cambiare il passaporto polacco in austriaco, avendo guardato con preoccupazione la comparsa delle orde naziste in Germania. Divenuto cittadino austriaco, il soggiorno a Vienna vien turbato dai primi sintomi di pazzia della moglie Friedl e dal vizio del bere ormai cronico. Peggiorando lo squilibrio mentale della moglie, per cui gli amici come lo scrittore Soma Morgenstern si alternavano nel non lasciare mai sola Friedl, Roth è costretto a ricoverarla con grandi complessi di colpa per la vita disordinata cui l’ha obbligata e perché la donna morirà eliminata dai tedeschi secondo le dottrine epurative del tempo (e il tema della follia ricomparirà in Giobbe).
Negli anni successivi intreccia relazioni con altre donne ma i suoi legami non sono destinati a durare per l’inquietudine dello scrittore, la sua patologica gelosia e i persistenti problemi finanziari.
Continua in questi anni la produzione di romanzi e racconti accolti favorevolmente dalla critica: e nel 1930 scrive uno dei suoi capolavori: “Giobbe. Romanzo di un uomo semplice”, rivisitazione del Giobbe veterotestamentario, che ottiene un grande successo in Europa e in America e sul quale viene realizzato nel 1936 un film.
Nel 1932 viene pubblicata l’opera “La marcia di Radetzky” considerata il prototipo del romanzo storico-realista, definita da Heinrich Böll Il più bel canto del cigno del vecchio impero austriaco, ma in ambito lavorativo i rapporti con il Frankfurter Zeitung peggiorano e nel ‘33 avviene la rottura definitiva della collaborazione. (Tra le cause del distacco certamente contribuì l’attitudine politica assunta durante gli anni Venti dal giornale, che si arrese alle tendenze reazionarie della politica interna tedesca, con grande delusione di Roth).
Sempre nel 1933, poco prima della nomina di Hitler a cancelliere, lo scrittore vede anni cupi e persecuzioni profilarsi per lui e per gli ebrei come lui e scrive all’amico Zweig: Non ho più alcuna speranza per le nostre vite. Si è riusciti a far governare la barbarie. Non fatevi illusioni. L’inferno impera. Unicamente nell’istituto monarchico e nell’universalismo cattolico Roth individuava a quel tempo i due argini capaci di impedire l’affermarsi progressivo delle dittature che portavano al crollo di ogni valore. E appoggiò per un lungo periodo la causa dei monarchici.
Davanti alla Humboldt Universität, le opere di Joseph Roth vengono, assieme a scritti di molti altri autori, bruciate per mano della “Deutsche Studentenschaft” organizzazione giovanile nazionalsocialista che voleva condannare e distruggere quegli autori considerati contrari allo spirito tedesco, e così molte sue opere per lungo tempo saranno difficili da reperire e ignorate dalla critica. L’opera e il pensiero di quest’Autore ebreo saranno riscoperti dal 1950 in Europa e in Italia (In particolare in Italia dalla studiosa Lavinia Mazzucchetti verso il ’50; negli anni ’70 e ’80 la casa editrice Adelphi pubblica tutte le sue opere. Per la conoscenza approfondita di Roth attualmente è considerata pietra miliare il saggio di Magris del 1971 “Lontano da dove” che ne fa conoscere l’importanza e la complessità all’interno della letteratura ebraico-orientale e mitteleuropea).