Factum est di G. Testori 3 - Cristo di nuovo in croce
- Autore:
- Curatore:
- Fonte:
Una commozione ci riempie il cuore nel sentir parlare un essere così piccolo, innocente, che dapprima sembra insistere sull’affettività dei genitori, poi sul buon senso e sulla ragionevolezza, poi sembra implorare pietà, proprio come un condannato a morte. Infine, la sua voce si tramuta in maledizione e profezia di distruzione per chi osa perpetrare un tale abominio! Sono toni che ricordano la lauda drammatica «Donna de Paradiso» di Iacopone da Todi. Ivi, Cristo è imprigionato, sottoposto alla passione, crocefisso! Ancora lo «Stabat mater» di Iacopone è presente in quel «fa’ che arda,/che la bruci […]. Fa’ che spada/ sia d’amore/ che trafigga/in madre/ cuore». La Madonna rimase ai piedi della croce accanto al Figlio assassinato. Qui la madre diventa lei stessa omicida, degenere, lussuriosa. Non a caso Testori la apostrofa con un’allusione dantesca alla figura della lussuriosa Pasifae, la moglie del mitico Minosse sovrano di Creta, colei che fece costruire una vacca di legno e vi si pose dentro per unirsi carnalmente ad un toro di cui si era innamorata (dall’unione nacque il Minotauro):
Più che bestia
tu t’imbesti
nella bestia
- lui, lo sposo -
che t’impesta!
Il feto demistifica tutte le moderne giustificazioni dell’aborto, presentato come manifesto del diritto e della libertà della donna, quando esclama:
«È per vivere
- ti dici –
Per avere libertà».
Libertà
di spegner vita?
Libertà
di violar Dio?
Libertà per te
è finita.
Che comincia
è l’urlo eterno,
primavera uccisa,
inverno,
sempre gelo,
sempre brina.
Mai sarete
come prima.
Un destino di rovina attende quell’uomo e quella società che non riconosce la vita, che non l’abbraccia, dimentica del nulla che anche noi siamo stati e di quel Tutto che ci ha voluti e ci ha chiamato alla vita:
Cadrai tu,
rovinerai
terra che
rifiuti vita,
vita spegni
dentro ventre;
vino in sangue,
pane in carne
trasformato
uccidendo
chi non nato
esser vita
pur doveva
hai calpestato,
vomitato,
assassinato.
Nell’omicidio di un bimbo si manifesta il rifiuto di Cristo che si è fatto uomo, si palesa il rifiuto di Dio che è venuto ad abitare in mezzo a noi. L’uomo rinnega la carne della propria carne, ma non osa dirselo, non osa riconoscerlo! Un tempo, almeno, gli antichi consideravano come madre degenere quella Medea che aveva ucciso i due figli e che con l’omicidio si suicidava, rifiutava la sua stessa vita. Oggi l’uomo non riconosce più il male che compie contro di sé con il rifiuto del figlio. Per questo, a ragione, Madre Teresa vedeva nell’aborto, nel non riconoscimento del senso della nascita, il rischio più grande per la distruzione del mondo.