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"Alto come un vaso di gerani" 3 - L'Estate: certezza che tutto è bello

Fonte:
CulturaCattolica.it

L’ Estate

Il prorompere della stagione estiva introduce la nuova fase della vita compresa fra i 12 e i 13 anni. Così viene descritta: La luce dell’estate spinge lo sguardo del nostro cuore verso la certezza che tutto è bello, che l’abbondanza è per sempre e che ogni giorno nascerà un colore nuovo per svelarci la ricchezza dei tesori della terra. E’ Villa Cortese il luogo dei ricordi più belli di quel periodo, il paese dove il Poretti è nato e vissuto fino all’adolescenza.
Pochi tratti ne animano il dipinto: c’era un alto campanile, il negozio di parrucchiere da uomo e da donna, un macellaio, la Luigia che vendeva il pane, il latte e il salame, tre bar, un negozio di abiti da sposa, una bocciofila, perché il gioco delle bocce era il gioco ufficiale del paese, un oratorio più bello del posto più bello del mondo e don Giancarlo, il parroco, che in un’intervista al Meeting di Rimini svoltosi in agosto 2013, l’Autore ha detto di aver da poco rivisto. Sempre lui organizzava giochi, gare e gite e una volta all’anno, scrive l’Autore, convocava nel suo ufficio tre o quattro bambini e gli faceva leggere dei copioni teatrali…Come attore nella compagnia filodrammatica dell’oratorio ho preso parte a tre spettacoli: in uno facevo un extraterrestre, poi un indiano cheyenne, e infine un cavernicolo.
Una folla di personaggi popola le tre strade e la piazza principale del paese, dove tutti si incontrano, si parlano e sono protagonisti di storie tutte diverse e indimenticabili ricordate nel libro con tratti coloriti e affettuosi, perché tutte quelle persone conosciute o di cui aveva sentito la storia l’avevano incuriosito, stupito, divertito, commosso. E ripensando a Goran, Alfonsino, Ambrogio, allo zio di Luigi e agli altri, ora capisce di avere imparato con loro ad ascoltare e a riflettere, a vedere e ad osservare, a scherzare e ad addolorarsi, a sentire il suo cuore più ricco e a capire che ognuno di loro e ognuno di noi ha una storia che lo rende unico e grande, solo che trovi qualcuno che lo sappia ascoltare e raccontare.
Nei rapidi ritratti di amici e conoscenti trova posto anche Olmo Gabbiberti, il poeta che scriveva in dialetto e soffriva perché sentiva che quella lingua che come lui pochi ancora usavano e capivano era destinata a scomparire e per Giacomo è stato un obbligo trascriverla, perché i versi di Gabbiberti non finissero nell’oblio, come gli aveva raccomandato.

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