Chi è Aleksandr Solzenicyn?

Per noi Aleksandr Solzenicyn è stato così [dalla presentazione in «Samizdat: cronaca di una vita nuova nell'URSS», Mimep 1975]:
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Aleksandr Solzenicyn, il maggior scrittore russo [vivente], è [stato] con Sacharov il capo spirituale del movimento democratico in Russia. Nato nel 1918, all’università studia fisica e matematica e letteratura; partecipa volontario alla seconda guerra mondiale col grado di capitano, ricevendo due decorazioni al valore; per le critiche a Stalin espresse in lettere pri­vate, nel 1945 viene arrestato e condannato a otto anni di lavori forzati. Al confino sino al 1956, riabilitato nel 1957, nel 1962 può pubblicare su Novyj Mir, Una giornata di Ivan Denisovic, intensa denuncia dei cri­mini staliniani. Divenuto famoso nel mondo, lo scrittore conferma nelle prove successive, subito assai discusse, La casa di Matriona e Alla stazione di Krecetovka, l’alto livello della sua arte e la libertà spirituale del suo ap­proccio «realista critico» della realtà sovietica. Ma alla «destalinizza­zione manovrata» di Chruscev subentrano tempi peggiori e comunque lo spazio ufficiale è evidentemente troppo angusto per il grande scrittore: il romanzo Divisione cancro non riceve nel 1967 il visto per la pubblica­zione, nonostante il prodigarsi di Tvardovskij, e viene pubblicato con grande successo all’estero. Il primo cerchio (nel 1968), Agosto 1914, primo «nodo» di una vasta trilogia (nel 1971) nonché due drammi e numerosi racconti brevi e brevissimi, seguono la stessa strada. Ma i canali del samizdat si sono frattanto irrobustiti e Solzenicyn ha numero­si lettori anche in patria.
Il primo intervento pubblico di un certo rilievo di Solzenicyn è la lettera del 16 maggio 1967 al IV Congresso degli scrittori sovietici, in cui attacca a fondo la censura politica e l’Unione degli scrittori per la loro attività persecutoria nei confronti della libera espressione artistica. Il dossier degli interventi dello scrittore e delle persecuzioni contro di lui si ingrossa sinché, il 4 novembre 1969, Solzenicyn viene espulso dall’Unio­ne degli scrittori sovietici. Nel 1970 gli viene conferito il premio Nobel per la letteratura, ch’egli però non ritira, temendo di non poter più rien­trare in patria. È quindi su più linee ch’egli sviluppa negli ultimi anni un’attività di stupefacente ampiezza e valore, che gli conferma sempre più un ruolo di leader nell’ambito del dissenso. Ma anche il cerchio dei nemici gli si stringe attorno, con vessazioni d’ogni sorta. Finalmente, la stretta finale: Solzenicyn autorizza la pubblicazione all’estero di Archipelag Gulag, un manoscritto del quale è stato estorto dal KGB a una amica dello scrittore che l’aveva in custodia (e che poi si è uccisa). È un gigantesco e potente affresco dei crimini comunisti dal 1918 al 1956, che chiama quindi in causa Lenin e si prolunga oltre la morte di Stalin, in cui Solzenicyn esige che sia fatta giustizia per i milioni di morti, e vengano condannati gli aguzzini sadici che oggi vivono pacifici e rispet­tati nel sistema e nel partito. Il regime risponde con una forsennata cam­pagna denigratoria, sino al prelievo forzato dello scrittore e al suo tra­sporto oltreconfine, nella Germania federale, il 13 febbraio 1974.

P.S.: E' morto il 4 agosto 2008