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Congedi parentali e diritto allo studio

Domanda


Gentile Prof. Incampo, innanzitutto auguri per le imminenti festività... Io e mia moglie siamo due insegnanti di RC, lei primaria passata di ruolo con il secondo scaglione, io secondaria con incarico annuale... Mia moglie andata in maternità ad ottobre gradirebbe sapere fino a quando è retribuita al 100% e poi a scalare fino a quando ho diritto. Nel frattempo, io, ho preso e comunicato il congedo parentale, fin’ora 13 giorni consumati. Mi è stato detto di aver diritto a 30 giorni retribuiti al 100% anche frazionati, come già sto facendo... Alla fine della maternità retribuita al 100% (di mia moglie) cosa devo fare affinché io possa esaurire il congedo maternità retribuito al 100%? Oppure qualora decidessimo i restanti giorni fossero presi da lei anziché dal sottoscritto, qual è la prassi da seguire? Inoltre, essendo titolare delle 150 ore posso alternare tranquillamente (naturalmente con le dovute pezze d’appoggio) congedo e permesso? Ho un incarico di cattedra di ore 12. Le 150 ore di permesso sancite dal CSA sono da rapportare all’incarico? Quindi 100 ore come suggerito da 1 assistente amministrativo oppure effettivamente 150 come decretato da CSA? Grazie di cuore come sempre per l’aiuto preziosissimo...

Risposta


Il tema dei congedi parentali è stato disciplinato dal contratto economico sul secondo biennio 2000-2001 in quanto la legge numero 53 dell’8 marzo 2000 prima e il Testo Unico sulla maternità poi avevano dato più organicità e più garanzie a tale materia.
Infatti il comma 1 dell’articolo 11 di detto Contratto recita testualmente:
Al personale dipendente si applicano le vigente disposizioni in materia di tutela della maternità contenute nella legge numero 1204/1971, come modificata ed integrata dalle leggi numero 903/1977 e numero 53/2000”
La formulazione di detto comma non fa più distinzione di destinatari di contratto a tempo determinato e destinatari a tempo indeterminato, ma estende i benefici “Al personale dipendente”.
Infatti dal comma 2 in poi si farà sempre riferimento “alla lavoratrice”.
Questo significa che l’insegnante di religione cattolica pur essendo destinataria di contratto a tempo determinato gode degli stessi benefici delle insegnanti con contratto a tempo indeterminato.
Di conseguenza le insegnanti di religione lavoratrici madri avranno diritto:
  • Per l’astensione obbligatoria e/o astensione per complicanza della gestazione all’intera retribuzione e non più all’80%;
  • Per l’astensione facoltativa, che è di durata massima di sei mesi nei primi tre anni di vita del bambino, all’intera retribuzione nei primi trenta giorni e al 30% per il restante periodo;
  • Per la malattia del bambino all’intera retribuzione per un mese ogni anno fino al terzo anno di vita del bambino;
  • Per la malattia del figlio alla retribuzione pari al 30% 5 giorni all’anno per il figlio da 3 a otto anni.


A conferma di quanto scritto, si ricorda che l’ARAN, in caso analogo, al quesito “Le norme a tutela delle lavoratrici madri si applicano anche ai dipendenti a tempo determinato? – quesito formulato dal comparto Regione ed Autonomie Locali - ha così risposto: “L’articolo 7 comma 10 del CCNL del 14.9.2000 prevede espressamente che al personale a tempo determinato si applica lo stesso trattamento giuridico ed economico del restante personale a tempo indeterminato salvo le eccezioni espressamente indicate nello stesso articolo. Pertanto le disposizioni a tutela delle lavoratrici madri si applicano anche al personale a tempo determinato, negli stessi modi previsti per il restante personale, anche per quanto riguarda la retribuzione. Precisiamo, inoltre, che il trattamento economico spettante in caso di astensione obbligatoria per maternità, a differenza per quanto previsto dall’astensione facoltativa o per le ipotesi di malattie, nei rapporti a tempo determinato continua ad essere corrisposto alla lavoratrice madre anche dopo la scadenza del termine del contratto”.
A scanso di equivoci faccio notare che la legge sulla maternità - cioè il Decreto Legislativo numero 151 del 20 marzo 2001 - vale sia per il dipendente regionale che per i pubblici dipendenti.
Vorrei inoltre far notare che il comma 2 dell’articolo 1 del succitato Decreto Legislativo recita testualmente “Sono fatte salve le condizioni di maggior favore stabilite da leggi, regolamenti, contratti collettivi, e da ogni altra disposizione” e che l’articolo 3 stabilisce “Divieto di discriminazione” come appunto dice il titolo.
Questo significa che una lavoratrice madre sia essa dipendente regionale, o delle autonomie locali, o pubblico dipendente, gode degli stessi benefici.
Relativamente al diritto allo studio ti faccio notare che avendo tu un incarico d 12 ore settimanali, le 150 ore devono essere ridotte proporzionalmente.

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