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Parroco e IdR?

Domanda


Carissimo don Gabriele, ho appreso per mezzo stampa e dal vostro sito le novità sul nuovo stato giuridico degli IRC. Ti scrivo dalla Sicilia, ho 26 anni. Lo scorso anno ho conseguito il Baccalaureato il Teologia, a settembre spero di concludere un Master in Bioetica e sessuologia organizzato dall'UPS. Giusto per non rimanere con le mani in mano ho anche intrapreso gli studi di Pedagogia nell'università della mia città (dimenticavo di dirti che scrivo da ***). Insomma nel giro di pochi anni mi ritrovo con due titoli accademici in mano e uno che spero di conseguire nel giro di pochi anni. Lo scorso anno ho presentato domanda per l'insegnamento presso l'ufficio catechistico della mia diocesi. Ecco la domanda: quali prospettive ho alla luce delle novità legislative? Dovrò accumulare ancora titoli accademici prima di poter ottenere qualche misera ora di insegnamento oppure potrò sperare che qualcosa cambi? Ho sempre desiderato insegnare religione da quando avevo 16 anni, ho fatto una scommessa con me stesso investendo tutto il mio tempo e le mie energie per approfondire lo studio della teologia. Ho dovuto lottare con i denti per potermi iscrivere in teologia. Mi accorgo però che i parroci continuano a insegnare e a fare i parroci e contemporaneamente impediscono a noi laici di guadagnarci il pane onestamente e di rendere un servizio alle nostre chiese. Già perché non si tratta solo di una lavoro, né tanto meno di una lavoro come tanti altri. Sento tanti parroci lamentarsi di non avere mai tempo per la parrocchia, di non riuscire a seguire bene i parrocchiani, di avere mille impegni, ma alla fine sono gli stessi che dedicano il 75% del loro tempo alla scuola. Sull'impegno che mettano in questo lavoro non voglio soffermarmi altrimenti rischierei di dire cose troppo feroci. Perdonami per il mio sfogo, ma sinceramente non riesco a capire alcune cose. Vorrei solo che mi si dicesse di lasciar perdere la teologia e l'insegnamento, di far finta di niente se il parroco chiude la chiesa perché deve partecipare al collegio dei docenti; mi si chiede di far finta di niente se le vecchiette bussano dietro la porta della chiesa chiusa ma tanto nessuno celebrerà loro l'Eucaristia.......perché la riunione viene prima! Non sinceramente non credo sia questa la Chiesa che amo e che vorrei servire come insegnante di religione. Non chiedo una cattedra ad Oxford! Chiedo di poter lavorare, di poter servire la mia Chiesa visto che chi dovrebbe farlo ha tanti altri impegni. Ti chiedo ancora scusa per la lunghezza di questa mail, ma a 26 anni (quasi 27) ho il diritto di sapere cosa fare da grande! Lo chiedo a voi di Culturacattolica perché ammiro la schiettezza del linguaggio e la sapiente azione pastorale che portate avanti nel mondo della rete. Grazie ancora per il tempo dedicatomi nella lettura di questa lunga e-mail. Vi sarei veramente grato se poteste fornirmi delle indicazioni più certe di quelle che ho ricevuto fino ad oggi.

Risposta




Forse, se teniamo presenti le finalità dell'Insegnamento della Religione Cattolica (IRC) nelle scuole, potremo ragionare con maggiore serenità nell'individuare la fisionomia del docente di tale disciplina.
E' fuori dubbio - credo - che questa richieda una particolare competenza professionale e una buona abilità pedagogica tali da superare la tentazione di pressappochismo e di un insegnamento occasionale, facile conseguenza della consapevolezza della insufficienza dell'ora settimanale e della mancanza di una valutazione espressa in giudizi precisi.
Ciò premesso, non mi pare sia il caso di valutare la preparazione di un docente di Religione Cattolica dal numero delle lauree conseguite o dei titoli universitari ottenuti. Ma è certo che se un Vescovo ritiene, nonostante il carico di lavoro pastorale, di nominare per tale incarico un sacerdote e per giunta in piena attività, vi sarà certo una ragione.
Io penso che se - come mi pare faccia lo scrivente - si mescolano motivi di ordine economico a ragioni di collaborazione ecclesiale, siamo certamente su strade non esattamente lineari.
Il servizio dell' IRC deve essere qualificato, non solo nei documenti, ma soprattutto nella coscienza del docente, come un impegno di collaborazione dato alla Chiesa per la formazione delle persone, gli alunni in specie, per una conoscenza esatta del messaggio cristiano nella fisionomia del cattolicesimo, aperta alla scelta di fede da realizzarsi in contesto ecclesiale.

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