Sulla mobilità
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Premessa
Nella “atipicità” dell’Insegnamento della Religione Cattolica (IRC) vi è quel famoso istituto della “idoneità” accettato nell’Intesa e ribadito nella Legge 186/03 che dà all’Ordinario diocesano competente per territorio il diritto di scelta della sede dell’insegnamento senza nulla togliere alla “stabilità” dell’insegnante che ha diritto all’orario completo e alla ricostruzione di carriera, ma non alla scelta della sede.
La legge 186/03 ha come pietra angolare il Concordato e precisamente il punto 5 del Protocollo addizionale relativo all’articolo 9 che recita così: “L’insegnamento della religione cattolica nelle scuole indicate al n. 2 è impartito in conformità alla dottrina della Chiesa e nel rispetto della libertà di coscienza degli alunni da insegnanti che siano riconosciuti idonei dall’autorità ecclesiastica, nominati, d’intesa con essa, dall’autorità scolastica.” (Cfr. Legge 121 del 25 marzo 1985).
Questo significa che tutte le nomine degli insegnanti di religione devono essere fatte “d’intesa”, sia quelle al trenta per cento che quelle al settanta per cento.
Ma che cosa significa essere nominati d’intesa?
Cerchiamo di capirlo insieme: i parametri dell’intesa tra Ordinario diocesano e Autorità scolastica sono tre:
- La fissazione delle ore;
- L’individuazione dell’insegnante;
- La scelta della scuola
Sul primo parametro, la fissazione delle ore, il discorso è andato sempre più affinandosi, nel senso che le regole statali hanno obbligato l’Ordinario diocesano a tendere sempre più verso l’orario cattedra, tanto è vero che è lo stesso Stato, oggi, a formulare le cattedre.
Il secondo e il terzo parametro sono di esclusiva competenza dell’Ordinario diocesano: cioè è, e sarà, l’Ordinario a individuare il docente che manderà in una determinata scuola.
Per meglio spiegare il compito dell’Ordinario Diocesano, cito una sentenza del Consiglio Giustizia Amministrativa per la Sicilia ed una sentenza del TAR Sicilia.
“La nomina dell’insegnante di religione à un atto dovuto per il preside….L’autorità scolastica non può quindi adottare scelte discrezionali, ma deve solo limitarsi a controllare il possesso dei requisiti generali per l’accesso al pubblico impiego” (Consiglio Giustizia Amministrativa per la Sicilia n. 356 del 16 settembre 1991)
“Il preside ricevuta la comunicazione del docente ritenuto dall’Ordinario Diocesano idoneo…. Non può omettere la nomina del docente designato senza contravvenire alle regole poste dal Concordato…L’ordinamento italiano ha infatti autolimitato il proprio potere di imperio in ordine all’IRC demandando agli ordinari diocesani la scelta degli insegnanti…(TAR Sicilia n. 55 del 5 marzo 1991).
In conclusione: la legge 186/03 ha garantito l’immissione in ruolo degli insegnanti di religione cattolica, ma non ha modificato (non poteva farlo) le procedure per la nomina degli insegnati di religione che sono regolate dal Concordato e dalle successive Intese.
Mobilità professionale
Il comma numero 1 dell’articolo 4 della Legge recita: “Agli insegnanti di religione cattolica inseriti nei ruoli di cui all’articolo 1, comma 1, si applicano le disposizioni vigenti in materia di mobilità professionale nel comparto del personale della scuola limitatamente ai passaggi, per il medesimo insegnamento, da un ciclo ad altro di scuola. Tale mobilità professionale è subordinata all’inclusione nell’elenco di cui all’articolo 3, comma 7, relativo al ciclo di scuola richiesto, al riconoscimento di idoneità rilasciato dall’ordinario diocesano competente per territorio ed all’intesa con il medesimo ordinario.
Questo significa che a differenza di quello che avviene nelle altre discipline, l’insegnante di religione può usufruire della mobilità verticale, ma non di quella orizzontale, cioè un insegnante di religione potrà cambiare ciclo scolastico, cioè dalla scuola primaria a quella secondaria o viceversa, sempre se è vincitore di concorso e se è ritenuto idoneo dall’Ordinario diocesano competente per territorio, ma non potrà passare ad altra disciplina.
Come potrà avvenire la mobilità professionale?
Perché un insegnante di ruolo possa chiedere di passare ad altro ciclo scolastico, è necessario che ci sia disponibilità di posti.
Immaginiamo che un insegnante di religione di scuola secondaria venga collocato in pensione; si possono allora verificare i seguenti casi:
- Che a quel posto vi possa andare un altro insegnante della scuola secondaria.
- Che vi possa andare un insegnante di ruolo della scuola dell’infanzia e/o primaria;
- Che vi possa andare su quel posto il primo dei non immessi in ruolo della graduatoria regionale.
E’ evidente che quanto previsto dal caso a. e b. potrà avvenire solo ed esclusivamente se l’Ordinario diocesano competente per territorio dichiari la sua idoneità a tal tipo di scuola sempre che l’insegnante abbia uno dei titoli di qualificazione professionale previsti dall’Intesa.
Questo significa che il caso c. allora si potrà verificare solo dopo che è si è constatata che non sono state presentate richieste da insegnanti che ricadono nel caso a. e b. o che l’Ordinario non abbia decretato l’idoneità e/o sia consenziente a tale passaggio per nessuno dei richiedenti.
- Mobilità territoriale
Il comma 2 dell’articolo 4 della legge 186 del 18 luglio 2003 così recita: “La mobilità territoriale degli insegnanti di religione cattolica è subordinata al possesso del riconoscimento dell’idoneità rilasciata dall’ordinario diocesano competente per territorio e all’intesa con il medesimo ordinario.”
Questo significa che un insegnante potrà far domanda di trasferimento in altra diocesi diversa da quella dove sta insegnando solo se l’Ordinario di quella diocesi lo riconoscerà idoneo.
Naturalmente questo non è ancora sufficiente: affinché il trasferimento si realizzi, è necessario che quella sede scelta dall’insegnante sia effettivamente vacante, nel 70% e che l’Ordinario di quella diocesi lo presenti all’Autorità scolastica. - Il comma numero 1 dell’articolo 4 della Legge 186 del 18 luglio 2003 recita: “Agli insegnanti di religione cattolica inseriti nei ruoli di cui all’articolo 1, comma 1, si applicano le disposizioni vigenti in materia di mobilità professionale nel comparto del personale della scuola limitatamente ai passaggi, per il medesimo insegnamento, da un ciclo ad altro di scuola. Tale mobilità professionale è subordinata all’inclusione nell’elenco di cui all’articolo 3, comma 7, relativo al ciclo di scuola richiesto, al riconoscimento di idoneità rilasciato dall’ordinario diocesano competente per territorio ed all’intesa con il medesimo ordinario.
Mentre il comma 2 dell’articolo 4 così recita: “La mobilità territoriale degli insegnanti di religione cattolica è subordinata al possesso del riconoscimento dell’idoneità rilasciata dall’ordinario diocesano competente per territorio e all’intesa con il medesimo ordinario.”
Questo è quanto dice la legge a proposito della mobilità degli insegnanti di religione verso le altre discipline e verso altre diocesi; non dice invece niente del transito di docenti di altre discipline verso la disciplina religione cattolica, ma tutto lascia presagire che essa può avvenire rispettando i parametri dell’Intesa.
Titolarità della sede
Nella nota del MIUR, protocollo numero 983, inviata ai Direttori Regionali in data 9 giugno 2005 tra l’altro leggiamo: “Per quanto concerne l’assegnazione della titolarità, attese le specifiche caratteristiche della dotazione organica del personale di cui trattasi, essa dovrà avvenire sulla dotazione organica regionale con contestuale utilizzazione del docente presso l’istituzione scolastica. Tale utilizzazione, ai sensi dell’art. 37 comma 5 del vigente CCNL, si intende confermata automaticamente di anno in anno qualora permangano le condizioni e i requisiti prescritti dalle vigenti disposizioni di legge.”
Questo significa che l’insegnante di religione nominato di ruolo su quella sede, continuerà a restarci solo se ci saranno le stesse ore (le condizioni) e continuerà ad essere in possesso del decreto di idoneità (i requisiti).
Revoca e/o esubero
Il comma 3 dell’articolo 4 della Legge numero 186 del 18 luglio 2003 recita così: “L’insegnante di religione cattolica con contratto di lavoro a tempo indeterminato, al quale sia stata revocata l’idoneità, ovvero che si trovi in situazione di esubero a seguito di contrazione dei posti di insegnamento, può fruire della mobilità professionale nel comparto del personale della scuola, con le modalità previste dalle disposizioni vigenti e subordinatamente al possesso dei requisiti prescritti per l’insegnamento richiesto, ed ha altresì titolo a partecipare alle procedure di diversa utilizzazione e di mobilità collettiva previste dall’articolo 33 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165”
Questo significa che nel caso in cui ad un insegnante di religione con contratto a tempo indeterminato dovesse venir meno l’idoneità da parte dell’Ordinario diocesano, se in possesso dei titoli necessari per l’insegnamento nelle discipline comuni potrà fruire della mobilità o dell’utilizzazione secondo la normativa prevista dal Ministero per il personale docente.
Nel caso di esubero a seguito di contrazione dei posti di insegnamento si potrebbe prevedere:
- Un contratto di utilizzazione anche con ore a disposizione, in presenza di uno spezzone pari al 50% dell’orario cattedra nella scuola di titolarità.
- Completamento orario con spezzoni disponibili nell’ambito della diocesi di appartenenza;
- Completamento orario con spezzoni disponibili nell’ambito delle altre diocesi della regione (sempre d’intesa con l’Ordinario diocesano competente per territorio) con avuto riguardo al principio della vicinanza al comune di residenza.
- Completamento con spezzoni orari disponibili in diocesi di altra regione limitrofa (sempre d’intesa con l’Ordinario diocesano competente per territorio).
Riporto integralmente l’articolo 33 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 intitolato “Eccedenze di personale e mobilità collettiva” (Art. 35 del D. Lgs n. 29 del 1993. come sostituito prima dall’art. 14 del d. Lgs n. 470 del 1993 e dall’art. 16 del d.Lgs n. 546 del 1993 e poi dall’art. 20 del d.lgs n. 80 del 1998 e successivamente modificato dall’art. 1 2 del d.lgs n. 387 del 1998)
“1. Le pubbliche amministrazioni che rilevino eccedenze di personale sono tenute ad informare preventivamente Le organizzazioni sindacali di cui al comma 3 e ad osservare le procedure previste dal presente articolo. Si applicano, salvo quanto previsto dal presente articolo, le disposizioni di cui alla legge 23 luglio 1991, n. 223, ed in particolare l’articolo 4, comma 11 e l’articolo 5, commi i e 2, e successive modificazioni ed integrazioni.
2. lI presente articolo trova applicazione quando l’eccedenza rilevata riguardi almeno dieci dipendenti. Il numero di dieci unità si intende raggiunto anche in caso di dichiarazioni di eccedenza distinte nell’arco di un anno In caso di eccedenze per un numero inferiore a 10 unità agli interessati si applicano le disposizioni previste dai commi 7 e 8.
3. La comunicazione preventiva di cui all’articolo 4, comma 2, della legge 23 luglio 1991, n. 223, viene fatta alle rappresentanze unitarie del personale e alle organizzazioni sindacali firmatarie del contratto collettivo nazionale del comparto o area. La comunicazione deve contenere l’indicazione dei motivi che determinano la situazione di eccedenza; dei motivi tecnici e organizzativi per i quali si ritiene di non poter adottare misure idonee a riassorbire le eccedenze all’interno della medesima amministrazione: del numero, della collocazione. delle qualifiche de personale eccedente, nonché del personale abitualmente impiegato, delle eventuali proposte per risolvere la situazione di eccedenza e dei relativi tempi di attuazione, delle eventuali misure programmate per fronteggiare le conseguenze sul piano sociale dell’attuazione delle proposte medesime.
4. Entro dieci giorni dai ricevimento della comunicazione di cui al comma 1, a richiesta delle organizzazioni sindacali di cui al comma 3, si procede all’esame delle cause che hanno contribuito a determinare l’eccedenza del personale e delle possibilità di diversa utilizzazione del personale eccedente, o di una sua parte. L’esame è diretto a verificare le possibilità di pervenire ad un accordo sulla ricollocazione totale o parziale del personale eccedente, o nell’ambito della stessa amministrazione, anche mediante il ricorso a forme flessibili di gestione del tempo di lavoro o a contratti di solidarietà, ovvero presso altre amministrazioni comprese nell’ambito della Provincia è in quello diverso determinato ai sensi del comma 6. Le organizzazioni sindacali che partecipano all’esame hanno diritto di ricevere, in relazione a quanto comunicato dall’amministrazione, le informazioni necessarie ad un utile confronto.
5. La procedura si conclude decorsi quarantacinque giorni dalla data del ricevimento della comunicazione di cui al comma 3, o con l’accordo o con apposito verbale nel quale sono riportate le diverse posizioni delle parti. In caso di disaccordo, le organizzazioni sindacali possono richiedere che il confronto prosegua, per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, e gli enti pubblici nazionali, presso il Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri, con L’assistenza dell’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni - ARAN, e per le altre amministrazioni, ai sensi degli articoli 3 e 4 del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, e successive modificazioni ed integrazioni. La procedura si conclude in ogni caso entro sessanta giorni dalla comunicazione di cui al comma 1.
6. I contratti collettivi nazionali possono stabilire criteri generali e procedure per consentire, tenuto conto delle caratteristiche del comparto, la gestione delle eccedenze di personale attraverso il passaggio diretto ad altre amministrazioni nell’ambito della provincia o in quello diverso che, in relazione alla distribuzione territoriale delle amministrazioni o alla situazione del mercato del lavoro, sia stabilito dai contratti collettivi nazionali. Si applicano le disposizioni dell’articolo 30.
7. Conclusa la procedura di cui ai commi 3, 4 e 5, l’amministrazione colloca in disponibilità il personale che non sia possibile impiegare diversamente nell’ambito della medesima amministrazione e che non possa essere ricollocato presso altre amministrazioni, ovvero che non abbia preso servizio presso La diversa amministrazione che, secondo gli accordi intervenuti ai sensi dei commi precedenti, ne avrebbe consentito la ricollocazione.
8. Dalla data di collocamento in disponibilità restano sospese tutte le obbligazioni inerenti al rapporto di lavoro e il Lavoratore ha diritto ad un’indennità pari all’80 per cento dello stipendio e dell’indennità integrati va speciale, con esclusione di qualsiasi altro emolumento retributivo comunque denominato, per la durata massima di ventiquattro mesi, I periodi di godimento dell’indennità sono riconosciuti ai fini della determinazione dei requisiti di accesso alla pensione e della misura della stessa. E’ riconosciuto altresì il diritto all’assegno per il nucleo familiare di cui all’articolo 2 del decreto-legge 13 marzo 1988, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 maggio 1988, n. 153, e successive modificazioni ed integrazioni.
Grazie.
Nicola Incampo