Quale ora di religione?
Laicità, cultura e catechesi- Curatore:
- Fonte:
In questi giorni si è ricominciato a parlare della questione dell'IRC (insegnamento della religione cattolica), anche provocati dalla presa di posizione dei rappresentanti delle comunità islamiche in Italia. Ogni dibattito e dialogo è sempre interessante e utile, a condizione che sappia però rispettare la sostanza dei problemi.
Di fronte alle varie prese di posizione, ci pare che spesso venga dimenticata la ragione per cui la religione cattolica è presente nell'ordinamento della scuola italiana. E ancora più spesso, non essendo chiaro questo principio, nel timore di essere accusati di godere di privilegi (orrore in questa mentalità del politically correct) si è disposti a concedere, e poi a negare, ogni e qualunque cosa.
Proviamo allora a tornare al dettato legislativo, cioè a quel Concordato che costituisce la fondazione di ogni legislazione in questa materia: qui si esplicita che la ragione per cui lo Stato «continuerà ad assicurare, nel quadro delle finalità della scuola, l'insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche non universitarie di ogni ordine e grado» [Legge n. 121/985, Art. 9.2] è di natura storica e culturale. Nessun accenno ad alcuna forma di catechesi, né alcun presupposto di motivazione religiosa nella decisione di avvalersi di tale insegnamento.
In un utile documento che riguarda appunto la Catechesi, il Papa Giovanni Paolo II affronta il problema di quelle situazioni in cui «certe scuole di stato mettano a disposizione degli alunni libri nei quali sono presentate, a titolo culturale - storico, morale o letterario - le diverse religioni, ivi compresa la religione cattolica. Una presentazione oggettiva dei fatti storici, delle varie religioni e delle diverse confessioni cristiane può, in questo caso, contribuire ad una migliore comprensione reciproca. Si vigilerà allora nel fare tutto il possibile, perché la presentazione sia veramente oggettiva, al riparo di sistemi ideologici e politici o di pregiudizi ritenuti scientifici, che ne deformerebbero il senso autentico. Ad ogni modo, questi manuali non possono evidentemente essere considerati come opere catechetiche: perché siano tali, mancano ad essi la testimonianza di credenti che espongono la fede ad altri credenti e la comprensione dei misteri cristiani e della specificità cattolica, quali si ricavano dall'interno della fede» [Catechesi Tradendae n. 34].
Ed appare evidente che anche in prospettiva cattolica si può distinguere tra catechesi e cultura.
Forse il problema sta tutto qui, nel saper riconoscere il valore della cultura - e di quella religiosa in particolare - come strumento di umanizzazione, così come ancora Giovanni Paolo II sapeva indicare nel suo straordinario discorso all'UNESCO. Resta in questo modo aperto il discorso sulla educazione alla fede, che non può né deve essere delegato ad alcuna realtà statuale: non dimentichiamo che il principio della laicità dello Stato non l'ha inventato né l'Illuminismo, né la Rosa nel Pugno. Tale principio, che coincide con quello della libertà religiosa e coll'affermazione del valore assoluto della persona, fa parte del DNA del messaggio di Cristo, ed è costantemente richiamato dall'insegnamento della Chiesa cattolica.
Gabriele Mangiarotti, responsabile di CulturaCattolica.it
Nicola Incampo, responsabile della sez. IRC di CulturaCattolica.it
Pinuccio Mazzucchelli, collaboratore di CulturaCattolica.it