L’Insegnamento della Religione Cattolica nella scuola dello Stato

Allo stato attuale il Ministero della Pubblica Istruzione ha emanato il seguente comunicato: ”Riguardo la notizia dell’ordinanza del Tar del Lazio con la quale è stata sospesa l’efficacia dell’articolo 8 punti 13 e 14 dell’ordinanza sugli esami di Stato per l’attribuzione del credito scolastico per la religione, si comunica che il Ministero della Pubblica Istruzione ha preso contatto con l’Avvocatura dello Stato affinché venga valutata la possibilità di proporre appello al Consiglio di Stato nel più breve tempo possibile, vista l’imminenza degli esami. Anche in relazione a quelli che saranno gli sviluppi della vicenda il Ministero valuterà se e quali indicazioni fornire agli istituti scolastici.”
Questo significa che niente va innovato rispetto all’attuale procedura tenuta per gli scrutini finali, cioè si continuerà ad operare così come previsto dall’Ordinanza Ministeriale numero 26 del 15 marzo 2007.


Credo sia il caso di fare un discorso chiaro su questa ormai tanto famosa e contestata ”ora di religione” e sull’insegnamento di tale disciplina nella scuola con particolare riferimento, ai contenuti, alla sua metodologia, alla preparazione dei suoi insegnanti, al rapporto con le altre discipline e, non ultimo, all’inserimento in ruolo degli insegnanti di religione cattolica (IdR).
Il polverone si è alzato quando il ministro Fioroni ha emanato l’Ordinanza Ministeriale per le modalità operative degli esami di Stato per l’anno 2007.
Fonte:
CulturaCattolica.it
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Ma lasciamo per ora da parte tale problema che, per quanto importante, non è che logica conseguenza della riflessione sulla necessità dell’insegnamento della religione cattolica (IRC): è da questa asserita importanza che consegue la presenza nella scuola italiana di tale insegnamento, il suo rapporto di piena attuazione delle finalità della scuola e quindi il suo necessario e pieno inserimento nel sistema scolastico di cui deve condividere e servire le finalità e le metodologie.
Il Concordato del 1929 così recita all’articolo 36: ”L’Italia considera fondamento e coronamento dell’istruzione pubblica l’insegnamento della dottrina cristiana secondo la forma ricevuta dalla tradizione cattolica. E perciò consente che l’insegnamento religioso ora impartito nelle scuole pubbliche elementari abbia un ulteriore sviluppo nelle scuole medie, secondo programmi da stabilirsi d’accordo tra la Santa Sede e lo Stato”.
L’Accordo di revisione dello stesso Concordato sancito con legge 121 del 25 marzo 1985 nell’articolo 9.2 stabilisce, a mio avviso, una continuità ed un orientamento nuovo, quando dice: ”La Repubblica italiana, riconoscendo il valore della cultura religiosa e tenendo conto che i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano, continuerà ad assicurare nel quadro delle finalità della scuola, l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche non universitarie di ogni ordine e grado”.
Più che evidente la continuità con il passato (la sottolineatura della parola continuità è mia), ma anche da evidenziare il nuovo assetto dell’IRC che viene messo in relazione non con l’istruzione pubblica, ma con il patrimonio culturale del popolo italiano e sempre in rapporto con le finalità della scuola.
Sono due le sottolineature che vanno bene evidenziate: da una parte per chiarire le caratteristiche di un insegnamento che si inserisce nella formazione culturale dell’alunno e dall’altra per distinguere l’IRC dalla catechesi che ha come finalità di formare il credente.
Ma valore culturale del cattolicesimo non significa insegnamento dimezzato o di un generico cattolicesimo che non conosca i suoi aspetti caratteristici e individualizzanti, ma conoscenza precisa nella sua interezza, che comprende fonti, contenuti della fede, aspetti di vita, espressioni di culto e quant’altro è necessario per apprenderlo. E il tutto orientato alle finalità scolastiche che sono di conoscenze di quella specifica cultura italiana, e oggi dovremmo dire europea ed occidentale, che non è possibile spiegare e conoscere in tutte le sue forme (letteratura, arte, musica …) senza il cattolicesimo.
E veniamo ad un altro punto: l’idoneità rilasciata dall’Ordinario diocesano.
Già il Concordato del ’29 diceva, sempre all’articolo 36 comma 2:
”Tale insegnamento sarà dato a mezzo di maestri e professori, sacerdoti o religiosi, approvati dall’autorità ecclesiastica e sussidiariamente a mezzo di maestri e professori laici, che siano a questo fine muniti di un certificato di idoneità da rilasciarsi dall’Ordinario diocesano”.
Nel protocollo addizionale alla revisione del Concordato, in relazione all’articolo 9, viene ribadito che ”l’insegnamento della religione cattolica è impartito da insegnanti riconosciuti idonei dall’autorità ecclesiastica, nominati, d’intesa con essa, dall’autorità scolastica” e lo stesso si dice degli insegnanti delle scuole materne ed elementari.
Il ”lavoro” della CGIL Scuola è stato sempre quello di invitare tutti a boicottare l’ora di religione perché il vero obiettivo è proprio quello di cacciare l’ora di religione dalla scuola italiana.
E sempre in quel pianeta così variegato del mondo anticlericale è facile cogliere punte non solo polemiche ma piene di acredine e spirito fazioso che risente di una certa ereditarietà e debito verso una cultura laicista e anticlericale annidatasi per lungo tempo nelle nostre aule scolastiche e che fa dire ”si faccia la chiesa le sue scuole e lì dia i suoi insegnamenti religiosi”.
Vorrei dire e con tutta serenità che non la Chiesa ma lo stesso Stato deve nelle scuole pubbliche avere il coraggio di trasmettere la genuina cultura del popolo italiano che respira cristianesimo e cattolicesimo in specie da tutti i suoi pori.
Anche espressioni di dissenso e di contrasto con il cattolicesimo non si possono comprendere senza il confronto con quella matrice culturale che viene contestata.
A ognuno il suo compito: alla Chiesa quello di far crescere nella fede una comunità nazionale che oggi stenta a riconoscere nel cattolicesimo la sua identità e che, perdendo il senso di quella precisa qualifica, necessita di una nuova evangelizzazione, allo Stato invece l’impegno di non far perdere traccia di quelle radici che ogni tanto emergono dal terreno roccioso e che sono ben profonde e affondano ancora per metri nel terreno sottostante.
Ed ora veniamo allo stato giuridico degli insegnanti di religione cattolica.
Non si tratta di un privilegio né di una benevola concessione, ma di un diritto che compete ad ogni lavoratore che abbia le carte in regola per essere assunto ed entrare nell’organico di una qualsiasi azienda.
Ogni assunzione da parte dello Stato soggiace a delle precise condizioni e requisiti stabiliti dalla Costituzione.
E’ importante come docenti avere il titolo di studio corrispondente alla disciplina di insegnamento. E il docente di religione l’ha acquisita con regolari studi universitari e con il conseguimento del titolo accademico.
In Italia non esistono facoltà teologiche statali e quindi lo Stato riconosce i titoli conseguiti presso le facoltà teologiche ecclesiastiche e relative affiliazioni, quali sono gli Istituti Superiori di Scienze Religiose.
E’ necessario superare un concorso reclamato dalla stessa Costituzione italiana.
Nel concorso che è sempre per insegnanti di una disciplina per la quale lo Stato non ha specifiche cattedre universitarie, si richiede, come condizione, il decreto di idoneità dell’autorità ecclesiastica. E’ evidente che la professionalità venga accertata e garantita da un pronunciamento dell’autorità che svolge il compito di assicurare tale preparazione. E’ qui che l’atipicità di tale insegnamento ha la sua radice ed espressione.
A molti è sembrata un’ingerenza nelle cose della ”respublica”. Ma chi è che può garantire che una determinata persona è veramente competente se non chi si qualifica come cattolica e detiene tale prerogativa?
Certo può suscitare qualche perplessità il fatto che la Chiesa dichiari competente solo chi si comporta seconda i principi di quella fede - il che è appunto uno dei criteri per dichiarare l’idoneità del docente - ma gli è che nel cattolicesimo conoscenza e vita sono inscindibili. Certo si tratta di un fatto non riscontrabile in altre discipline, ma anche questo è atipicità dell’insegnamento della religione cattolica.
Concludo col dire che è stato obbligo di giustizia dare un assetto giuridico all’IRC e ai relativi docenti, ma è certo un dovere ineludibile guardare a tale insegnamento con fiducia nel suo valore e nella possibilità riconosciuta di contribuire efficacemente a delineare la figura di un allievo che sappia rendere ragione della sua cultura e confrontarsi con altre culture esistenti.
Di tutto quanto detto sono profondamente convinto anche per la mia personale esperienza di docente.