Da cose ovvie a cose ovvie arriviamo a…

Fonte:
CulturaCattolica.it
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Apprendiamo, per la prima volta, che per la CGIL Scuola anche gli insegnanti di religione cattolica hanno gli stessi diritti e doveri degli altri insegnanti.
E di questo li ringraziamo.
Ma vorremmo esser un po’ più espliciti sulla norma, perché agli amici della CGIL qualche cosa non gli è tanto chiara.
Incominciamo col dire che un conto è il Concordato, altro è l’Intesa.
Ma andiamo con ordine.
Nella nota CGIL del 26 aprile 2007, cioè la seconda per capirci, si fa una confusione tra Accordo fra Stato e Santa Sede, cioè il Concordato, e il voto degli insegnanti di religione cattolica.
Vorremmo ricordare che l’Accordo fra Stato e Santa Sede ha emanato solo principi, le norme successive hanno chiarito gli aspetti pratici, come ad esempio la partecipazione di tali docenti alle riunioni collegiali.
Non è vero quindi che secondo l’“Accordo fra Stato e Santa Sede l’Insegnamento di Religione Cattolica non dispone di voti…”.
Ma è la l’articolo 4 della legge dello Stato italiano numero 824 del 5.6.1930 ad affermare che “per l’insegnamento religioso, in luogo di voti …”.
Questo significa che l’insegnante anziché valutare con voti, cioè 5, 6, 7, 8, 9 e 10 valuterà come afferma la Circolare Ministeriale numero 20, protocollo n. 1800, del 25 gennaio 1964 con “uno dei seguenti giudizi sintetici: moltissimo, molto, sufficiente, scarso…”
La norma che parla invece di voto è l’Intesa, cioè il DPR 202/90.
Questa norma infatti al punto 2.7 recita così: “Gli insegnanti incaricati di religione cattolica fanno parte della componente docente negli organi scolastici con gli stessi diritti e doveri degli altri insegnanti ma partecipano alle valutazioni periodiche e finali solo per gli alunni che si sono avvalsi dell’insegnamento della religione cattolica, fermo quanto previsto dalla normativa statale in ordine al profitto e alla valutazione per tale insegnamento.
Nello scrutinio finale, nel caso in cui la normativa statale richieda una deliberazione da adottarsi a maggioranza, il voto espresso dall’insegnante di religione cattolica, se determinante, diviene un giudizio motivato iscritto a verbale.”
Quindi se l’insegnante deve esprimere un voto, vuol dire che ha diritto di voto.
Questo è quanto dice un DPR.
Se abbiamo capito bene quello che intende la CGIL, significa che se il Consiglio di classe dovrà votare per la promozione o la bocciatura di un alunno, il voto dell’insegnante di religione concorre a formare la maggioranza, ma proprio perché ha formato la maggioranza, non vale.
E’ una loro opinione.
Il TAR di Puglia-Lecce con sentenza n. 5 del 5 gennaio 1994, il TAR Sicilia-Catania con ordinanza n. 2307 del 19.9.1995 e il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la regione Sicilia con ordinanza n. 130 del 14.2.1996 e la sentenza numero 1089/99 del TAR Toscana hanno affermato che il voto espresso dall’insegnante di religione vale “nel senso che il voto del docente di religione, ove determinante, si trasforma in giudizio motivato, ma senza perciò perdere il suo carattere decisionale e costitutivo della maggioranza”.
Ma registriamo che sia la Conferenza Episcopale Italiana, che il Ministero della Pubblica Istruzione, le due uniche istituzioni preposte a verificare se quanto detto nell’Intesa corrisponde a quanto da loro sottoscritto, non hanno mai chiesto di incontrarsi per dare un’interpretazione autentica al comma sopraccitato.
Perché gli amici della CGIL vogliono sostituirsi alla CEI e al Ministero nel dare l’interpretazione alla norma concordataria?
Passiamo al pagellino.
Noi ci riferivamo al primo ciclo scolastico e precisamente alla nota del Nota 10 novembre 2006, con la quale il Ministero ha diramato precise istruzioni su come procedere per la certificazione e per la definizione delle competenze da certificare.
Per prima cosa ci è piaciuto evidenziare come il Collegio sia ritornato ad essere parte attiva nella definizione delle competenze da certificare.
La centralità di quest’organo collegiale, da tutti invocata negli anni passati, ci permette di affrontare il tema della valutazione, e soprattutto della certificazione delle competenze, con molta libertà e con molto realismo.
A proposito della valutazione nella scuola del primo ciclo, la nota recita così:
“Pertanto, le istituzioni scolastiche del primo ciclo, nel rispetto e nell’esercizio della loro autonomia, previa delibera del collegio dei docenti, provvederanno, nel corrente anno scolastico, a predisporre la scheda di valutazione garantendo, comunque, pur nella flessibilità del modello adottato, la valutazione degli apprendimenti conseguiti nelle diverse discipline, ivi compresi gli insegnamenti o attività facoltativo-opzionali, e del comportamento degli alunni.”
Questo significa che il documento di valutazione che ogni scuola dovrà predisporre, avrà almeno tre caratteristiche:

  1. La scheda verrà deliberata dal Collegio dei docenti;
  2. La predisposizione della scheda deve tener presente gli apprendimenti di tutte le discipline e di tutte le attività facoltative opzionali;
  3. La scheda deve obbligatoriamente tener presente il comportamento degli alunni.
La scheda, che ogni Collegio predisporrà, dovrà obbligatoriamente contenere spazi per la valutazione degli insegnamenti facoltativi e/o opzionali, e dovrà inoltre contenere spazi anche per il comportamento.
Il Collegio quindi dovrà deliberare necessariamente su come la scheda verrà articolata, affinché essa contenga la valutazione di tutti gli apprendimenti conseguiti dagli alunni sia in tutte discipline che nelle varie attività scelte.
Questo significa che ogni Collegio ha la possibilità di articolare gli spazi della scheda nel modo che ognuno ritiene più opportuno, inserendo nella stessa tutte le discipline: sia quelle curriculari, non esclusa quindi l’IRC, ed anche quelle facoltative opzionali.

Prof. Nicola Incampo, responsabile IRC del sito CulturaCattolica.it
e-mail: nicola.incampo@culturacattolica.it
Don Gabriele Mangiarotti, Responsabile del sito CulturaCattolica.it
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