Dirigere una scuola 4 - Educare alla bellezza come splendore del Vero
Ho notato nella mensa scolastica delle medie che i ragazzi mangiavano da soli fissando il cellulare o se erano in coppie e gruppetti commentavano il contenuto di qualcosa su uno dei loro telefoni… lo schermo sostituiva il volto, la conversazione, il corpo… se Steve Jobs e Bill Gates hanno impedito l’uso degli oggetti che hanno prodotto ai propri figli piccoli sapevano su cosa erano basati per poter essere venduti, questi oggetti creano dipendenza, soprattutto a chi non ha ancora sviluppato la padronanza di sé...- Autore:
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12) Una saggia dirigenza è sempre “realista”. Forma il soggetto docente che ha di fronte a sé senza la pretesa che corrisponda subito alla concezione educativa/didattica su cui si fonda la scuola. Ci sarà sempre qualche “turista per caso”; ci sarà sempre il docente che si lamenta di tutto e di tutti; che non costruisce una trama di rapporti con il collega; che si limita a lanciare “segni” alla ragione del discepolo (insegnare) senza rischiare lo sguardo su di lui o al contrario il docente che scende fisicamente e metaforicamente dalla “cattedra” che gli conferisce autorevolezza, mescolandosi “democraticamente” con gli alunni, cercando di farseli amici (questa è una “affectio” che riduce il rischio del rapporto con gli alunni a mero sentimentalismo). Con quale esito? Trovarsi di fronte a persone che escono dall’infanzia o iniziano la giovinezza dimezzate: troppo intellettuali e scolasticamente diligenti oppure troppo emotive e poco ragionevoli.
13) Questo non impedisce al dirigente di fare esperienza in un’opera, di costruire nel tempo, nell’umiltà e nella pazienza, una collegialità docente in cui tutti i “maestri” impareranno quotidianamente quanto sia affascinante: che cosa? Leggere ai ragazzi l’Odissea, I Promessi Sposi, Il Buio oltre la Siepe, L’Amico Ritrovato, I Ragazzi della 56° Strada, ammirare il “mistero” presente nei racconti di Dino Buzzati. Scoprire che il dialogo tra II Piccolo Principe e la Volpe contiene tutto il bene e il vero di un legame d’amicizia; leggere la pagina del diario di Anna Frank, in cui l’adolescente ebrea guarda il cielo e scrive di credere ancora nella bontà dell’umanità. Incontrare i versi di Giacomo Leopardi, di Giuseppe Ungaretti, di Eugenio Montale, della Emily Dickinson e scoprire la bellezza, il sogno, provare l’inquietudine, il dolore, la gioia, l’attesa, la tristezza, porsi la domanda che si trova in ciascuno di noi: quella della felicità. Inoltre il dirigente potrebbe: far vedere certi film che facilitino - attraverso una storia declinata con il linguaggio delle immagini in movimento - la comprensione dei contenuti degli obiettivi educativi della scuola.
Ancora: suggerire ai suoi docenti di creare le condizioni perché gli alunni si stupiscano di fronte a Caravaggio, all’Ospedale dei Gettatelli (Santa Maria della Scala) di Siena, provino il contraccolpo del cuore vedendo la cattedrale scoperchiata di San Galgano, la Cappella degli Scrovegni di Giotto, i cieli stellati di Van Gogh; uniscano pazientemente su una tavola dei tasselli per riprodurre un mosaico medioevale; si mettano alla prova in una gara sportiva, studino e amino la nostra Storia e quella dei popoli. Imparino a leggere in lingua originale la fiaba de “Il Principe Felice“ di Oscar Wilde, vadano al Planetarium e, pieni di meraviglia, contemplino la Galassia, si emozionino ascoltando le Quattro Stagioni di Vivaldi o certe canzoni degli U2.
14) I dirigenti, le direttrici didattiche, i docenti educhino i ragazzi/ i bambini a questa capacità di osservazione, di ascolto, di silenzio che permetterebbe di intravedere “la Bellezza come splendore del Vero “ (San Tommaso) e quindi di condividere questo stupore con altri. Oggi c’è un nemico potenzialmente capace di distrarre i bambini e i preadolescenti dal rapporto con la realtà. La conseguenza immediata è la perdita dell’attenzione e dello sguardo di stupore. “Il nemico” è l’uso narcisistico, talora compulsivo, dei social media digitali. Già, per sua natura, il bambino e l’adolescente possiedono una soglia minimale circa la capacità di stare attenti; già tendono a sentire più che ad ascoltare. Quindi, spesso c’è il rischio che i nostri bambini/ragazzi siano virtualmente connessi, ma realmente “slegati” tra di loro e - in fondo - soli.
“Ho notato nella mensa scolastica delle medie che i ragazzi mangiavano da soli fissando il cellulare o se erano in coppie e gruppetti commentavano il contenuto di qualcosa su uno dei loro telefoni… lo schermo sostituiva il volto, la conversazione, il corpo… se Steve Jobs e Bill Gates hanno impedito l’uso degli oggetti che hanno prodotto ai propri figli piccoli sapevano su cosa erano basati per poter essere venduti, questi oggetti creano dipendenza, soprattutto a chi non ha ancora sviluppato la padronanza di sé...“ (Alessandro D’Avenia “La noia delle cavallette” - Corriere della Sera , 29 / 10/ 2018).
15) Se gli occhi dei bambini, degli studenti sono spesso rivolti verso “il basso” per leggere quali messaggi o immagini siano giunti sul tablet, sul cellulare, come fanno a guardare i volti che hanno davanti a sé o ad alzare lo sguardo verso il cielo?
Allora tu preside, direttore didattico, docente puoi anche far vedere loro La Pietà di Michelangelo, il David di Donatello, leggere insieme il brano della madre di Cecilia dei Promessi Sposi, portarli sui sentieri delle Dolomiti, proiettare sequenze di film come per esempio “Coco”, “Inside Out”, “Hugo Cabret”,”Bianca come il latte, rossa come il sangue”, “Wonder”; recitare in lingua inglese una poesia tratta dall’Antologia di Spoon River di E. L. Masters; mostrare una bellissima tavola di disegno fatta da un compagno, spingere l’alunna a fare il tifo per la finale del torneo di pallavolo delle compagne di classe. Ma la distrazione è sempre in agguato, la testa è altrove, il cuore è in preda agli emoticon, per verificare la quantità dei like ricevuti.
Il narcisismo (l’esigenza continua di essere allo “specchio” del cellulare digitale) è una delle conseguenze della cultura dei nostri tempi: quella della soddisfazione dell’istinto e dell’istante, quella di consumare in fretta un presente, sempre più indifferente al passato e desideroso di un futuro che esaurisca effimere emozioni. E’ un carpe diem di oraziana memoria.
Così è possibile giungere al limite dell’osceno: come è stato raccontato quest’estate dalla copertina del magazine settimanale 7 del quotidiano “Corriere della Sera”. Si tratta di una percezione distorta della realtà. La copertina mostra un giovane che si fa un selfie sulla banchina di una stazione ferroviaria ritraendo alle proprie spalle una donna giacente sui binari con una gamba copiosamente insanguinata soccorsa da alcune persone.
“Osceno” è questo selfie perché amorale: è come se il giovane abbia smarrito la più pallida coscienza della naturale distinzione tra bene e male, tra giusto ed ingiusto.
Il suo gesto è di qualcuno che è tanto narcisista nella sua superficialità da considerare il dolore straziante la carne di una persona come qualcosa di “spettacolare” e magari condivisibile con amici.