Dirigere una scuola 2 - E' necessaria una compagnia
Come possiamo pretendere di assumere e vivere la responsabilità di una scuola, di stimolare tra i docenti la ricerca costante di una collegialità, se ciascuno di noi si limita a svolgere un ruolo, una mera funzione di controllo e non vive a sua volta una compagnia che lo sostenga?- Autore:
- Curatore:
- Fonte:
5) Ogni mese, nei consigli di classe, o nel bimensile collegio, le docenti sono richiamate alle ragioni del loro lavoro, al tipo di “cultura” (coltivazione dell’umano) radicata da decenni nella tradizione della scuola in cui vivono; una “cultura” che permea, ispira, fa diventare una tradizione educativa e didattica un vissuto presente. Non esiste progetto educativo senza un soggetto umano che lo assume in prima persona e lo fa vivere nel quotidiano della scuola, nelle lezioni, nella mensa, nella preghiera, nell’approfondire e studiare i contenuti della propria disciplina. Ho sempre iniziato una collegialità con un film dal contenuto educativo per le docenti, ho sempre condiviso con loro le scoperte che facevo nella realtà: per cui, all’inizio degli incontri con loro, partivo sempre da delle poesie, da un articolo di un quotidiano o di una rivista che presentavano spunti di riflessione e possibilità di lavoro collegiale, oppure dalla pagina di un libro. In questa maniera, le insegnanti venivano sollecitate a fare sempre memoria sul tipo di sguardo da avere sugli alunni, cioè un “realismo pedagogico” (il metodo è indotto dall’oggetto).
6) Quindi, partendo dall’alunno così com’è, per quello che è, considerandolo nella totalità dei fattori della sua persona, rischiando un rapporto con lui. Il preside, la direttrice didattica hanno il delicato compito di guidare una scuola: è impossibile (direi di più, una presunzione) gestirsi da sé; è fondamentale trovarsi periodicamente con altri colleghi, mettere in comune l’esperienza vissuta nelle proprie opere, verificare le scelte con l’umile desiderio di correggersi, d’imparare, di dare suggerimenti l’un l’altro. D’altro canto, come possiamo pretendere di assumere e vivere la responsabilità di una scuola, di stimolare tra i docenti la ricerca costante di una collegialità, se ciascuno di noi si limita a svolgere un ruolo, una mera funzione di controllo e non vive a sua volta una compagnia che lo sostenga? E’ come avere il navigatore sull’auto che ti indica la meta e le tappe di un percorso e ti ostini pervicacemente a fare quello che hai in mente tu. Il navigatore dice e ripete “ricalcola “ ma tu non lo fai, ti perdi e ti lamenti, anche!!
7) Il dirigente / la direttrice didattica / devono aiutare i docenti ad essere autorevoli. Lo si è, se tu dirigente dipendi da maestri che te lo hanno insegnato e fatto vedere, se vivi una dipendenza e un confronto continuo con coloro che fanno il tuo stesso mestiere. Insomma, se hai la semplicità e l’umiltà di obbedire a una compagnia da cui impari sempre. Allora la guida di una scuola diventa autorevole per i suoi insegnanti.
8) Tre sono i criteri educativi che ho acquisito nel tempo. Il dirigente, la direttrice (ma potrebbe valere anche per i docenti, le maestre): a) crede in quello che dice, b) ha passione per quello che fa, c) si concepisce sempre in unità. Cioè noi siamo “il capitano del vascello” che, in stretto rapporto con una compagnia di educatori, fa esperienza di un’avventura quotidiana tesa ad introdurre i ragazzi/e alla totalità del reale. facendo scaturire dalla loro persona le esigenze costitutive del cuore. vale a dire: il bene, il vero, il bello, il giusto (che, poi, sono anche le nostre).
9) Sono arrivato a questa consapevolezza nel primo convegno pubblico fatto con i miei amici insegnanti a Milano nel settembre 1983, convegno rivolto ad un centinaio di giovani docenti che dovevano conseguire l’abilitazione. Insegnavo ormai da 14 anni e da 4 mi avevano chiamato a fare il preside di una scuola paritaria. Dove e come ho imparato questa consapevolezza? Nell’esperienza attraverso sconfitte, errori, scoperte, intuizioni, incontri, rischio perseverante di ciò che ero, di quello che sapevo, seguendo certi docenti che mi hanno insegnato una magisterialità. Con questi tre “criteri”, il/la dirigente fa da battistrada ai suoi insegnanti, stimolandoli a capire e a fare esperienza di un rapporto con le classi che non sconfini mai nell’autoritarismo o nel sentimentalismo.
Noi siamo gli argini di un torrente che scende più o meno velocemente dalla montagna e vigiliamo che non straripi e si disperda tra le rocce e gli anfratti. Solo che non siamo una barriera protettiva fatta unicamente di regole e di divieti. Noi siamo dei maestri (dal latino “magis”: di più), quelli di fronte a noi sono i discepoli (dal latino: “disco”: imparo). Noi siamo una presenza: non gli amministratori o i sorveglianti di un condominio.