Abbiamo bisogno di una scuola di umanità

La scuola di cui parlava don Fabio non era una istituzione, un club, un'associazione, una scuola fatta di muri, spazi, aule, laboratori, era lui stesso, la sua persona, la sua proposta, la sua libertà, la sua responsabilità e la sua autorevolezza che si giocava con tutte le persone che incontrava, una scuola che giudicava tutto.
Autore:
Bruschi, Franco
Curatore:
Leonardi, Enrico
Fonte:
CulturaCattolica.it
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Abbiamo bisogno di una scuola di umanità

Alla giornata d'inizio anno di Cl sono stati indicati la figura, il significato e il valore dell'autorità per il nostro cammino umano e cristiano.

Don Giussani ha sottolineato il valore dell'autorità come paternità: "Una persona vedendo la quale uno vede che quel che dice Cristo corrisponde al cuore" e questo genera libertà, responsabilità e pace.
Al riguardo, ripensando alla mia storia, mi è venuta in mente una mail che ho ricevuto prima che venissi collocato in pensione da due miei studenti di quarta superiore, che diceva:
Caro prof. Bruschi... è da due anni che la conosciamo e lei per noi non è stato solo un semplice insegnante, ma anche un compagno di vita. Ci ha insegnato molte cose, non solo in ambito scolastico, ma anche personale: ci ha insegnato come vivere, come relazionarci con gli altri, ci ha insegnato a rispettare e ammirare le altre culture, a guardare il mondo con occhi diversi, a fermarci e ammirare tutto quello che ci circonda. Non smetteremo mai di ringraziarla per il suo enorme aiuto, per la sua pazienza, per la sua disponibilità e per la sua bontà. Speriamo che quest’anno ci accompagni per questa nostra ultima avventura, vorremmo ancora vederla seduto dietro quella cattedra davanti a noi ad insegnare, perché lei ha ancora voglia di insegnare”. Nadia e Roberto.
Mi sono chiesto: "Ma io perché sono così? Per delle mie particolari doti, capacità, bravura, coerenza? No! Io sono così perché qualcuno mi ha fatto scuola di umanità, perché qualcuno ha educato la mia umanità".
In proposito mi sono venute in mente alcune parole dagli appunti di un incontro col mio grande maestro don Fabio Baroncini quando ero giovane che rispondendo alla domanda: "Qual è la nostra scuola? Qual è la scuola che vogliamo?" diceva: “Non posso non riconoscere l’umanità che mi è data, cosa l’ha resa possibile? Le mie capacità? No! Ma quello che abbiamo messo a tema quest’anno: la nostra scuola. Io sono così perché mi hanno fatto scuola, una scuola di umanità, delle persone che mi hanno educato alla mia umanità.
E questo è anche il contenuto della proposta a chi incontro: che possa accadere per lui quel che è stato per me. Qual è il contenuto della nostra scuola? Che cosa ho incontrato e imparato? Ho trovato delle persone che mi hanno aperto alla realtà, che mi hanno introdotto nella realtà. Oggi il mio sguardo e la mia affezione alla realtà sono più grandi di quelli di tanti altri. Infatti l’umano, l’esperienza dell’umano è legata all’orizzonte che uno ha, un orizzonte che comprende i fiori, gli amici, un film, una poesia... tutto
”. E’ la descrizione dell' esperienza di Nadia e Roberto. Ma è stata la proposta, l'esperienza, la scuola di cui parla don Fabio, la sua presenza e la sua compagnia autorevole, non la mia bravura, la mia capacità, la mia forza che hanno reso possibile in classe, piuttosto che in comunità, ciò di cui parlano Nadia e Roberto. Penso sia decisivo realizzare, riprendere, sviluppare una "scuola" così, una esperienza educativa così, questa è la prima e fondamentale esigenza oggi, stante la drammatica emergenza educativa attuale.
Pensavo: per la prima volta nella storia del nostro Paese moltissimi bambini, ragazzi, adolescenti, giovani nella loro vita non hanno visto nulla che assomigli alla scuola di umanità di cui parla don Fabio, per questo sono così fragili, confusi, non sanno chi sono, cosa vogliono, lasciano perdere i grandi desideri e le grandi domande del loro cuore perché nessuno li ascolta, li incontra, fuggono dal dolore e dal dramma perché li ritengono circostanze inspiegabili, terribili, senza senso, da eliminare, così finiscono per vivere un'esistenza fatta di cose apparenti, momentanee, fondata sul nulla.
Infine ripensando bene a quel che ho vissuto mi è apparso chiaro che la scuola di cui parlava don Fabio non era una istituzione, un club, un'associazione, una scuola fatta di muri, spazi, aule, laboratori, era lui stesso, la sua persona, la sua proposta, la sua libertà, la sua responsabilità e la sua autorevolezza che si giocava con tutte le persone che incontrava, una scuola che giudicava tutto e proponeva una serie di gesti e iniziative (penso ad esempio al raggio, alla revisione delle materie, alla redazione culturale come giudizio sui fatti di attualità) che riguardavano tutti gli aspetti della vita perché fosse chiaro che il cristianesimo c'entrava con tutto e costituiva una parola chiara e assolutamente nuova sulla vita, sulla storia, su tutto ciò che accadeva. Io penso che occorra ripartire da questa esperienza, è decisivo che prima di tutto sia viva, presente, capace di giudizio per ognuno di noi questa scuola di umanità, quella che ci ha donato e ci dona ogni Natale, ogni giorno la nascita di Gesù che viene in mezzo a noi per offrirci una speranza certa: "Il valore della tua persona e della tua vita è infinito perché tu sei rapporto col Mistero, lasciati amare da Me, lasciati perdonare da Me, affidati a Me e vivrai con pienezza". A partire da questa coscienza occorre che mettiamo in gioco la nostra personale responsabilità educativa nei confronti dei più giovani perché, come diceva don Fabio, possa accadere all'altro, a chi incontriamo quel che è accaduto a ciascuno di noi.