Natale in lockdown

Natale in lockdown non è il titolo di un cine-panettone. Anzi, che io sappia, nessuno se l’è sentita di ideare o produrre un film del genere. Siamo tutti, in diversa misura, molto preoccupati, al punto che talvolta sono i sogni a venire in nostro soccorso
Fonte:
CulturaCattolica.it
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Premessa
Introduco il tema con questo quadro, opera di Manuela Moroni, mia cara amica e coetanea, che lo dipinse quando aveva quindici anni. Già allora ne rimasi impressionato: per me rappresentava la Città un attimo prima del passaggio di… un angelo sterminatore: il pericolo incombe, il panico paralizza gli abitanti, tutto si ferma.
Sembra ciò che sta accadendo oggi.
Natale in lockdown non è il titolo di un cine-panettone. Anzi, che io sappia, nessuno se l’è sentita di ideare o produrre un film del genere. Siamo tutti, in diversa misura, molto preoccupati, al punto che talvolta sono i sogni a venire in nostro soccorso. Nel mio caso, recentemente ho sognato di percorrere corso Como senza indossare la mascherina, in mezzo a tanti passanti tutti a viso scoperto, mentre negozi e bistrot del food district erano sorprendentemente aperti! Anche alcuni miei pazienti mi hanno raccontato sogni simili. En passant, osservo che gli psicoanalisti fanno gli stessi sogni dei loro pazienti: è un punto che merita di essere sviluppato.
Mentre scrivo, nessuno sa dire quanto tempo durerà la pandemia da Covid-19. Pur augurandoci che il vaccino possa davvero fermarla, siamo sovrastati da un senso di incertezza e smarrimento. Rispetto al primo lockdown, registriamo un umore diverso, molto meno incline ai flashmob o alle vignette circolanti nei social e su internet.

Il lockdown di Sartre
Ed ecco che in questo clima mi è tornata in mente la frase più celebre di Jean Paul Sartre: l’enfer, c’est les autres, l’inferno sono gli altri. È il motto di Huis Clos, Porta chiusa, l’atto unico il cui titolo era inizialmente Les Autres. Sartre lo scrisse nel 1943: il ricordo dei mesi trascorsi in un campo di prigionia nazista a Treviri era ben vivo in lui. 1
Altra frase emblematica di quella pièce: “Il boia, è ciascuno di noi per gli altri due”. Sartre ha rappresentato una specie di trinità infernale sottraendo alle relazioni fra i tre personaggi ogni valenza produttiva. Proprio quest’opera diede l’abbrivio alla sua fama: ben presto Sartre divenne una delle figure più influenti della cultura del XX secolo, affascinando moltissimi intellettuali, tra cui non pochi cattolici.
Il lockdown - mi sono detto - mostra in modo incontrovertibile come la frase di Sartre sia falsa: siamo obbligati a rimanere in casa, ma quanto vorremmo uscire, incontrare, mostrarci senza mascherina, pranzare al ristorante, tornare a fare affari di qualsiasi genere, abbracciarci… 2
Eppure, nel caso di soggetti ossessivi, narcisisti, paranoici o querulomani, la frase di Sartre si rivela esatta anche oggi. In presenza di gravi forme di psicopatologia, gli altri sono davvero l’inferno, mentre al contrario possono essere una grazia per chiunque sia un po’ guarito.
Che gli altri siano miei simili non li rende immediatamente miei partner né amici (quanto ai fratelli, c’è da vedere caso per caso). 3 Dunque una prima piccola correzione è d’obbligo: come mi ha detto la mia teacher con il suo garbo tutto britannico, “la mia prima reazione sarebbe quella di cambiare la sua famosa frase solo leggermente, in ‘l’inferno è certa gente!” Va aggiunta una seconda correzione: anche l’asserzione opposta, benedicente “la gente” (penso all’opera pop Up with People, Viva la gente! del 1968) contiene lo stesso errore, sotto le spoglie di un irenismo tanto fatuo quanto falso. Formazione reattiva. Ma allora chi è l’altro?

Freud e l’altro
“Dopo che l’uomo delle origini ebbe scoperto che dipendeva dalle sue mani - ciò va inteso letteralmente - migliorare la propria sorte sulla terra col lavoro, non poté più essergli indifferente se un altro lavorasse con lui o contro di lui. L’altro acquistò il valore di un compagno di lavoro, con cui era utile vivere insieme”. 4 (corsivo mio)
Il passo freudiano appena citato è, o era, piuttosto noto. Per Luca Flabbi, economista che vive a Washington, “quel vivere insieme significa fondare una società e una nuova economia, in cui la partnership è segnata dal lavorare insieme per “migliorare la propria sorte”. Da notare come ci sia ben poco di biologico in questo fine. Non si tratta di sopravvivere, né di far sopravvivere la specie. Per questo basterebbe molto meno. (Difatti è pieno di altre specie animali che se ne vivono da soli e sopravvivono benissimo.) Si tratta di un di più, di inventarsi una “sorte” migliore: si tratta di profitto e soddisfazione: “Guarda, grazie al tuo lavoro con me, riesco anche a sollevare quel masso per chiudere la grotta e avere meno freddo.” Il giorno di quella scoperta, i due uomini delle origini avranno dormito molto bene, e non solo perché avevano meno freddo.” 5

Natale tra partners
Se il finale della tragedia sartriana lascia intendere che per i tre personaggi tutto continuerà tale e quale nell’eterno ripetersi della loro dannata insoddisfazione, ammiro il coraggio di chi oggi parla del Natale, poiché esso rinvia ad una data che pretende di essere il punto di rottura nella storia dell’intera umanità. C’è un prima e c’è un dopo. Per credenti e miscredenti, il centro di questo passaggio è la notizia di una partnership, una alleanza che è stata chiamata nuova.
Non solo. In questa miniatura del XV secolo, che un anno fa ebbe una discreta diffusione sul web, Maria è intenta a leggere un libro mentre Giuseppe si prende cura del neonato Gesù. 6 L’artista, di cui non conosciamo il nome, ha meditato in modo sorprendentemente originale sulla partnership tra quell’uomo e quella donna, invitando anche noi a fare altrettanto.
E si è subito fuori dal lockdown.






Milano, 23 dicembre 2020


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1 Huis Clos è “una specie di manifesto dell’idea sartriana dell’impossibilità del rapporto interpersonale” (P.A. Rovatti): Sartre volle mettere in scena le conclusioni cui era appena giunto ne L’essere e il nulla, pietra miliare della sua elaborazione, redatta in quello stesso anno (in verità, in uno stile un po’ verboso: si veda il capitolo ‘Le relazioni concrete con gli altri’). Non ripercorro qui l’opera teatrale, per il cui allestimento Sartre avrebbe voluto Camus nel duplice ruolo di regista e di Garcin, il protagonista maschile. In una delle ultime battute, è proprio Garcin ad esclamare: “Nessun bisogno di graticole; l’inferno, sono gli Altri!” Poche pagine prima Ines, una delle due protagoniste femminili, aveva esclamato: “Sono disseccata. Non posso né ricevere né dare, come vuole che l’aiuti? Un ramo secco, lo si butta nel fuoco!” (J.P. Sartre, Porta chiusa, traduzione di M. Bontempelli, prefazione di P.A. Rovatti, Bompiani, 1947-1995).

2 Acutamente, Paolo Mereghetti, nell’ultima edizione del suo Dizionario dei film, pone ad esergo una frase tratta da La peste di Camus, in cui Cottard dice a Tarrou: “Va bene, ma che cosa intendi per vita normale?” E questi risponde: “Nuovi film al cinema» (Il Mereghetti 2020, Prefazione).

3 Una notizia marginale sui legami familiari di J.P. Sartre desterà la curiosità di più di un lettore: sua madre, Anne-Marie Schweitzer, era cugina di primo grado del noto musicista, teologo e medico Albert Schweitzer, Premio Nobel per la Pace 1952. Un legame che andrebbe indagato.

4 S. Freud, Il disagio della civiltà, 1929, OSF vol. X, pag. 589.

5 L. Flabbi, Il faraone, Henry Ford, e l’uomo delle origini: Chi viene soddisfatto per mezzo del lavoro di un altro? in https://societaamicidelpensiero.it/wp-content/uploads/201130SAP_LF2.pdf. Segnalo che l’intero Simposio annuale della Società Amici del Pensiero, intitolato “Per mezzo. Il regime dell’appuntamento” è dedicato al tema dell’altro, inteso come mezzo. Scrive G.B. Contri: “Il pensiero non si è mai convertito a pensiero del mezzo ossia dell’appuntamento: ciò riguarda la Storia del pensiero. Il pensiero del mezzo è il principio di realtà.” Rinvio a: https://societaamicidelpensiero.it/wp-content/uploads/Q_2020-2021.pdf

6 Miniatura in tempera e oro da un Libro d’Ore composto a Besançon, Francia, nel 1450
circa, Fitzwilliam Museum, Cambridge, GB.