DI NATALE CE N’È UNO

Propongo cinque appunti come seguito del mio articolo sul Natale di dieci anni fa. In esso “me la prendevo” con il celebre Canto di Natale di Dickens (1843), grazie al quale il Natale divenne per molti (benestanti) la Festa della Bontà, il cui fine era -ed è ancora oggi- promuovere l’altruismo nei confronti dei moltissimi (emarginati), senz’altra ragione se non quella di mettere a posto la propria cattiva coscienza. L’autore ottenne così di spostare l’attenzione dei lettori e dell’intera società civile dal ricevere al dare.
Curatore:
Leonardi, Enrico
Fonte:
CulturaCattolica.it
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Corriere dei Piccoli

Propongo cinque appunti come seguito del mio articolo sul Natale di dieci anni fa. (1)
In esso “me la prendevo” con il celebre Canto di Natale di Dickens (1843), grazie al quale il Natale divenne per molti (benestanti) la Festa della Bontà, il cui fine era -ed è ancora oggi- promuovere l’altruismo nei confronti dei moltissimi (emarginati), senz’altra ragione se non quella di mettere a posto la propria cattiva coscienza. L’autore ottenne così di spostare l’attenzione dei lettori e dell’intera società civile dal ricevere al dare. Ma, un po’ come accade in certe reazioni chimiche, in cui un elemento ne sposta un altro facendolo scomparire da un composto, così la disposizione personale a ricevere un beneficio può anch’essa scomparire senza lasciare traccia, se viene sepolta dall’oblatività.

Appunto n.1: “Dickens, l’uomo che inventò il Natale”
Con questo azzeccatissimo titolo, nel dicembre 2017 uscì nelle sale italiane il film di Bahrat Nalluri, regista indiano naturalizzato britannico. Andai a vederlo un po’ prevenuto, sapendo che si trattava di un mix tra biopic e fantasy. Tuttavia il Canto di Natale dickensiano aveva destato una forte impressione in me sin da bambino: a nove anni, ne avevo letto la riduzione pubblicata dal Corriere dei Piccoli. (2) Anni dopo mi accorsi dello spostamento di cui dicevo, e pensai che quella storia era uno strano modo di celebrare il Natale.
In realtà il film avvince e convince, oltre a fornire non pochi dati storici di spessore. (3) Infatti, il Canto di Natale influenzò radicalmente i costumi sociali dell’Inghilterra - alla stregua o più ancora di Robinson Crusoe di Defoe o del Pilgrim’s Progress di Bunyan, testi rilevantissimi per la religione anglicana - ed ebbe un successo enorme ben oltre i confini della Gran Bretagna. Dickens era rimasto molto colpito dalle condizioni inumane in cui all’epoca molti bambini erano costretti a lavorare, tanto più che egli stesso, da bambino, aveva patito miseria e umiliazioni lavorando in un calzaturificio mentre il padre era stato imprigionato per debiti. Resta che la sua fu una vera e propria rimozione del Natale: il vecchio Scrooge si converte dopo una terribile notte d’angoscia, in cui sogna o allucina fantasmi, ma la sua “presa di coscienza”, narrata come salvifica, non ha nulla a che vedere con la nascita di Cristo. Ma chi vi fa caso?

Appunto n. 2 Età assiale? No, grazie.
Dopo quasi due secoli dal lontano 1843, quella rimozione non è l’unica, né la più maligna. Ne è una prova un’importante opera di Jurgen Habermas, (4) la cui edizione italiana è stata pubblicata recentemente; in quelle pagine il filosofo tedesco richiama Karl Jaspers, e precisamente il suo Origine e destino della storia (1949). (5)
In esso, Jaspers conia l’espressione “età assiale” (Achsenzeit): un intervallo temporale lungo almeno sei secoli (!), dall’800 al 200 a.C., durante il quale videro la luce ben cinque civiltà e le loro religioni: Grecia, Palestina, Persia, Cina e India. Fu, secondo Jaspers, “la nascita spirituale dell’umanità”: in quel periodo “si sviluppò la coscienza di sé dell’uomo e la scoperta dello spirito, quelle che si sarebbero chiamate più tardi ragione e personalità. Da quel momento l’uomo seppe anche di avere una storia.” (6)
Ora, a prescindere dall’essere credenti o non credenti, non può non saltare all’occhio che in quella sistematizzazione della storia del pensiero, spicca per la sua assenza… il cristianesimo o, più esattamente, il pensiero di Cristo!
Nel 1978 Giacomo Contri definiva il razionalismo teologico “la più lunga signoria storica della ragione”. (7) A quasi mezzo secolo di distanza, può non essere facile rendersi conto di quanto fosse coraggioso sostenere pubblicamente una cosa del genere: dirsi cattolico era motivo di infamia, tanto più se avveniva in ambienti psicoanalitici. In breve, la manovra di Jaspers è tutt’altro che innocente: essa mostra, anzi ostenta il disprezzo e l’indifferenza di quel filosofo per il pensiero di Cristo.

Appunto n. 3 La voce di Joseph Weiler.
Il 1° dicembre scorso, al prof. Joseph Weiler è stato conferito il Premio Ratzinger. (8) Papa Francesco, nella motivazione, ha dichiarato: “La sintonia fra il Papa emerito e il Prof. Weiler riguarda in particolare temi di sostanziale importanza: il rapporto tra la fede e la ragione giuridica nel mondo contemporaneo.” Pochi giorni dopo, Weiler è tornato ad usare il termine Cristofobia, già presente in un suo libro del 2003, articolandolo in maniera semplice e convincente nel corso di una intervista. (9) Non so dire se sia un neologismo, ma il concetto che veicola è interessante: accanto alle ben note fobie (zoofobie, agorafobia, etc.), esisterebbe così anche una Cristofobia, ovvero la paura di professare laicamente la propria fede in Cristo. Non vi è alcun bisogno di aderire a verità rivelate per accorgersi che l’augurare “Buone Feste” anziché “Buon Natale” è una sostituzione, e rappresenta il sintomo di una censura di enorme portata. (10)

Appunto n. 4 La “favola di Natale” di Freud.
Celebrare Gesù Bambino può lasciare in ombra il fatto che quel bambino… crebbe e divenne un adulto e un pensatore. (11) È per questo che terminavo il mio articolo del 2012 affermando che il Natale solleva una vera e propria questione cattolica, cioè valida per tutti. La Minuta di Freud a Fliess del 1° gennaio 1896 (Le nevrosi da difesa. Sottotitolo: Favola di Natale) dice proprio questo, ma appartiene al novero delle molte pagine freudiane mai realmente affrontate e discusse, dunque mai comprese. Eppure Freud avrà avuto delle buone ragioni per dedicare quelle pagine proprio al Natale, lasciando agli psicoanalisti “di buona volontà” il compito di sottrarle alla rimozione.

Appunto n. 5 Una sveglia sull’altare.
Per fortuna c’è l’inconscio. Il 26 dicembre ho appreso dal Corriere della sera che in una cittadina del Veneto il Vescovo non ha officiato la messa di mezzanotte, come era stato annunciato ai fedeli. Non si è presentato in chiesa: in preda alla stanchezza, dopo un frugale pasto la sera della vigilia, aveva deciso di chiudere gli occhi, confidando nella sveglia del proprio cellulare. Ma, nel farlo, l’aveva puntata alle 10.50 anziché alle 22.50. Lo ha svegliato un collaboratore, mentre la messa veniva celebrata da un altro sacerdote. L’indomani, alla messa di mezzogiorno, il vescovo stesso ha commentato l’accaduto, scusandosi con i fedeli per averli allarmati e dicendo: “Tutti possono fare degli errori, è proprio dell’uomo.” Sacrosanta verità, come si dice. Ma non di errore si è trattato, bensì di lapsus, che è cosa ben diversa. Non è dato sapere se e che cosa il prelato abbia sognato in quelle ore, ma certo la sua distrazione (chi non ha dovuto imparare a destreggiarsi con quelle ‘diavolerie’ nascoste nei nostri dispositivi?) rivela un pensiero personale, in questo caso una sorta di bisticcio tra desideri (“psicopatologia della vita quotidiana”: così la chiamava Freud). Questa notizia di cronaca è rilevante: 1) perché mostra che quel vescovo, successore degli apostoli, ha realmente trattato il Natale come un fatto personale, fino a porgere pubblicamente le proprie scuse; 2) perché ci insegna, forse meglio di tante omelie, che Natale è davvero un appuntamento. E il lapsus diventa una sveglia che ce lo ricorda. Lo crediate o no, quel vescovo mi è risultato subito assai simpatico.


Note

1. https://www.culturacattolica.it/educazione/father-son/natale-questione-cattolica
2. L’immagine è tratta dal nº 49 del 6 dicembre 1964 del Corriere dei Piccoli: https://corrierino-giornalino.blogspot.com/2014/12/racconto-di-natale.html
3. Lo presenterò il 19 gennaio prossimo, alle 20.30, presso il cinema Anteo di Milano.
4. J. Habermas, Una storia della filosofia. Per una genealogia del pensiero postmetafisico, Feltrinelli, ottobre 2022.
5. K. Jaspers, Origine e senso della storia, ed. Mimesis, 2014.
6. R. Regni, Introduzione. Arcaico futuro. La grande pedagogia delle civiltà. In: K. Jaspers, op. cit.
7. G. Contri, Perché: Introduzione a: Lacan in Italia. En Italie Lacan (1953-1978), Sic, La Salamandra, 1978, pag. 23.
8. Joseph H.H. Weiler è Professore di Diritto presso numerose Università e Istituti di studi giuridici negli USA, in Gran Bretagna e in altri Paesi; già Presidente dell’Istituto Universitario Europeo di Firenze, è Autore di molte opere di diritto costituzionale, internazionale ed europeo.
9. https://www.tv2000.it/soul/video/joseph-halevi-horowitz-weiler/
10. Al momento presente, non sono pochi coloro che si sono stancati del chiacchiericcio che fa il verso agli auguri natalizi. Tra costoro, il prof. Guglielmo Gulotta giorni fa ha dedicato una bella pagina a distinguere il Natale dai miti di Santa Claus e dell’albero, discendente dalla quercia in cui gli antichi teutonici adoravano i loro dei
(https://customer20450.img.musvc2.net/static/20450/documenti/1/Natale%202022.pdf)
11. Al pensiero di Cristo, come pure al Natale, G.B. Contri ha dedicato molti saggi e articoli, tra cui il seguente:
https://www.operaomniagiacomocontri.it/wp-content/uploads/081223TH_GBC3.pdf