Slavofili e Chiesa occidentale
Dalla storia è stato formato un abisso
fra la nostra Chiesa e quella occidentale.
Ma per quanto profondo sia questo abisso.
non è stato scavato dalle mani di Dio
ma da quelle dell'uomo.
V. Solov'ev
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Il movimento degli slavofili, nato in Russia nella prima metà del secolo XIX, è un movimento di grande rilevanza nella storia del pensiero filosofico religioso russo. Di esso ha scritto Berdjaev: “Lo slavofilismo per primo ha espresso nella coscienza la natura millenaria del pensiero russo, dell’anima russa, della storia russa, e, come coscienza nazionale russa, esso entra nella corrente comune della storia mondiale. Il nostro slavofilismo apparteneva alla corrente mondiale che introdusse tutti i popoli nell’autocoscienza nazionale, nell’organicità, nello storicismo. E’ grande merito degli slavofili il fatto che nella corrente mondiale essi seppero occupare un proprio posto tipico ed esprimere in modo originale lo spirito russo e la vocazione della Russia. Essi sono corpo del corpo, sangue del sangue della terra russa, della storia russa, dell’anima russa”
Oltre ad essere difensori dello sviluppo autonomo della Russia, erano insieme sostenitori della via europea; la società colta russa si divideva in due direzioni: slavofili e occidentalisti. E’ interessante notare che, nella loro polemica a lungo protrattasi, usavano argomenti dedotti reciprocamente dalle stesse fonti filosofiche. Al gruppo degli slavofili, la cui anima era A. S. Chomjakov, facevano parte Ju. S. Samarin, K.S. Aksakov, I.V. Kireevskij, A.I. Koshelev, A.A. Kireev e tutta una serie di persone che condividevano le stesse idee. Alla corrente occidentalista appartenvano T. N. Granovskij, A.I. Gercen, V. G. Belinskij, P. Ja. Chaadaev e altri.
Gli slavofili non disprezzavano le conquiste del pensiero scientifico occidentale, tuttavia, secondo la loro mentalità, queste conquiste avrebbero dovuto interpretarsi attraverso il prisma della coscienza ortodossa. Come osservava il protoerej V. Zen’kovskij “nonostante l’usuale terminologia secondo la quale l’antioccidentalismo si identificava con lo slavofilismo, si può affermare che nello slavofilismo, nonostante la durezza e l’animosità della loro critica contro l’Occidente, l’antioccidentalismo non era tanto duro (in confronto ad altre tendenze del tempo) ma veniva continuamente mitigato dal loro universalismo cristiano.
L’universalismo cristiano degli slavofili è impresso nelle loro opere e nell’epistolario; ciò è dimostrato in modo evidente dal rapporto degli slavofili nei confronti del cattolicesimo. Il fondatore dello slavofilismo, A. S. Chomjakov ha osservato che “ la Chiesa fra i suoi figli e nel numero dei suoi più famosi apologeti annovera persone nate nelle confessioni occidentali”. Gli slavofili riconoscevano il grandioso ruolo dei papi nei primi secoli del cristianesimo, come difensori della purezza della fede ortodossa. Secondo le parole di Chomjakov “Il potere dei papi nelle questioni ecclesiastiche si è sempre più consolidato in modo inconfutabile, in quanto si è sempre più dimostrato come unico difensore del clero perseguitato dagli ariani”. A.A. Kireev completa: “Il valore del primato del Papa romano era da tutti riconosciuto senza difficoltà”. Grazie alla felice posizione, lontana dal potere secolare, per Roma fu facile tenere saldamente in mano il santo gonfalone di Cristo, e il servizio di Roma fu realmente grande di fronte alla Chiesa! Durante la persecuzione in Oriente, i Padri d’Oriente più di una volta ricorrevano alla Chiesa di Roma per ottenere aiuto e sostegno.
Nella letteratura ecclesiastico-spirituale del sec. XIX nei confronti della chiesa cattolica abitualmente si diffondevano le solite accuse divenute tradizionali: la separazione dalla Chiesa ecumenica, travisamento dei dogmi e l’introduzione di nuove pretese del Papa nel governo della Chiesa. Quale fu la posizione degli slavofili su questi fondamentali punti di accusa? “Le cause della divisione (1054), scrive Chomjakov, cause interne che derivavano da una diversa vita intellettuale e dalla reciproca ostilità o disprezzo nel campo della formazione romana e della formazione ellenica. Questa formulazione trasferisce la causa della divisione fra Oriente e Occidente dai rappresentanti di una sola Chiesa ad ambedue le parti: la reciproca ostilità. Chomjakov studiò con eguale serietà sia le opere dei teologi orientali che occidentali. Lo testimonia anche nelle sue memorie il suo intimo amico A.I. Koshelev, annotando che “Chomjakov studiò profondamente le opere dei maggior saggi mondiali, lesse quasi tutto dei Santi Padri e non trascurò nessun scritto importante dell’apologetica cattolica e protestante.” N. A. Berdjaev stimava molto il ruolo del teologo slavofilo, e in particolare la teologia di Chomjakov, nello sviluppo dei rapporti con i rappresentanti della Chiesa Occidentale. Egli scrive: “Chomjakov era debole di fronte al problema dell’unione con il cattolicesimo. Ma Chomjakov per primo diede alla nostra teologia un indirizzo tale che questo problema poteva essere religiosamente e interiormente risolto”. L’idea di A. S, Chomjakov sull’unità delle Chiese orientale e occidentale fu sviluppata dal suo discepolo A. A. Kireev che ne continuò l’opera. Nel suo articolo ‘Alcune osservazioni sull’articolo di Solov’ev ‘La grande disputa’’ così scrive su questo problema: “L’unione delle Chiese forse che non dovrebbe essere il supremo e più prezioso sogno di ogni cristiano? Naturalmente si, ed ognuno cui è caro il cristianesimo considererà non solo un suo dovere servire a questo compito ma anche sua più grande felicità prendere parte, sia pure in minima parte, a questo difficile complicato lavoro che dovrà essere preferito a qualsiasi altro.”
Gli slavofili non si limitavano a mettere in luce le cause della divisione delle Chiese e analizzare la sua storia, ma pensavano pure alle vie per la riunificazione, come ristabilire l’unità. Secondo il pensiero degli slavofili l’unità ecclesiale e culturale dell’Oriente e dell’Occidete sarebbe stata estremamente desiderabile per l’opera comune del cristianesimo, infatti l’Oriente avrebbe potuto dare all’Occidente la luce della conoscenza veramente spirituale e l’Occidente avrebbe aiutato l’Oriente con il suo spirito pratico.
Chomjakov e gli altri slavofili non trascuravano le differenze dogmatiche nella dottrina dell’Occidente e dell’Oriente, ma nello stesso tempo mettevano in evidenza ciò che era comune e conforme nell’ortodossia con la confessione di fede occidentale, anche perché essi confessavano tutti i dogmi della Chiesa ortodossa. Nello stesso articolo in occasione della pubblicazione di V.C. Solov’ev, A.A. Kireev invita ad un comportamento creativo nei confronti della Chiesa occidentale. “Noi non dobbiamo essere in alcun modo estranei all’Occidente, staccarci da esso, affossarci superbamente nella coscienza della propria verità teoretica e della infallibilità dogmatica senza fare nulla.
La Chiesa ortodossa russa riconosce la validità di tutti i sacramenti della Chiesa occidentale. Sulla stessa posizione si schieravano anche gli slavofili. “Noi ortodossi, scriveva Kireev, riconosciamo incondizionatamente la consacrazione di tutti i tre gradi sacerdotali, accettiamo senza difficoltà nella nostra Chiesa i diaconi, i sacerdoti, i vescovi della Chiesa cattolica, secondo il loro grado.”
I rappresentanti delle chiese orientali e occidentali, particolarmente, nel secolo XIX, spesso comprendevano il problema del ristabilimento dell’unità perduta nel secolo XI non come riunificazione delle chiese, ma come unione. Questo è evidente dalle parole di Kireev sopra riportate. Anche Chomjakov osservò che “tutte le comunità cristiane devono giungere a noi con umile penitenza, come in possesso di verità parziali”. Ai nostri tempi questa posizione è considerata unilaterale, ma in ogni caso è importante che gli slavofili non hanno mai affermato che la Chiesa occidentale è una chiesa falsa, essa considerava i suoi rappresentanti come “possessori di verità particolari” Per quei tempi era un’affermazione coraggiosa. Koshelev, polemizzando con Chomjakov, afferma che “tutte le chiese cristiane sono, più o meno, ortodosse” e che “nessuna di esse non è esclusivamente ortodossa”
Berdjaev, che aveva consacrato alla teologia di Chomjakov una ricerca particolare, osservava che nella Chiesa cattolica ci sono moltissimi santi degni di stima comuni alla Chiesa ortodossa: “La Chiesa cattolica ha una sua profonda vita sacramentale, il suo mistico tremito, la sua santità… sarebbe un gravissimo errore identificare tutto il cattolicesimo con il razionalismo e il giuridismo formale, negando qualsiasi presenza di misticismo in Occidente.”
Meditando sul primato del Papa di Roma, gli slavofili cercavano di metterne in evidenza tutti gli aspetti positivi che erano legati a questa realtà, specialmente nel Medioevo. Essi riconoscevano che i Papi non sempre erano padroni della situazione nel mondo cristiano dell’Europa occidentale. A volte essi dipendevano dai monaci e adempivano la loro volontà. Inoltre Chomjakov afferma che sebbene “i Papi fossero non di rado schiavi dei loro governanti, essi non ne rispondevano (‘non erano colpevoli’ - nota dell’autore). I Papi frequentemente comperavano la tiara e governavano con il costante aiuto della simonia; nuovamente di questo non si può dar colpa alla Chiesa di Roma”.
Gli slavofili riconoscevano il ruolo positivo della Chiesa cattolica nell’opera dell’unità d’Europa, nel rafforzamento degli stati europei. “I piccoli reami, legati fra loro da una debole ed incerta dipendenza politica, erano unificati più sensibilmente dai legami della fede e della Chiesa”, scrisse I. V. Kireevskij. Il ruolo del Pontefice romano in questo processo fu fondamentale. Per questo gli slavofili ritornavano continuamente su questo tema, consolidando i loro giudizi con riferimenti ai testi di studiosi occidentali che loro consultavano costantemente.
“Oggi - scriveva Ju. F. Samarin - dopo che oneste e disinteressate ricerche degli storici tedeschi hanno liberato il Papa dai pregiudizi e dalle falsificazioni malintenzionate, dopo di che tutto l’illimitato periodo del potere dei papi sull’Europa si è presentato a noi nel suo aspetto autentico, nessuno sarà in grado di non riconoscere la grande dignità personale dei grandi rappresentanti della Chiesa occidentale. Siamo disposti a riconoscere che le loro iniziative erano disinteressate, non suggerite da desiderio di potere, che il fine cui miravano era grande e nobile. Essi credevano che il dominio spirituale era per se stesso insufficiente ed avrebbe dovuto necessariamente esprimersi in un dominio esteriore statale, che la parola della chiesa non sarebbe stata rispettata e non avrebbe portato frutto se ad essa non si fosse aggiunta la forza imperiosa della legge…Essi cercavano di sottomettere tutti gli interessi personali e popolari al generale interesse cristiano veramente umano. All’epoca di un severo dominio incondizionato…i Papi personificavano in se stessi l’idea di un buon ordine morale di giustizia e di libertà. Nell’infuriare delle guerre si faceva sentire la loro voce nobile e serena, di fronte a loro i popoli e i re si placavano, cessavano le liti, le trame delittuose venivano sedate. Molte volte il dominio dei Papi si mostrava in questo aspetto filantropico e questa gloria resterà per loro eterna”
A. Kireev considerava il carattere positivo della monarchia papale anche nella nostra epoca. Rilevando che “ non ci conviene in nessun modo estraniarci dagli altri cristiani” egli scisse: “Noi dobbiamo fare di tutto per riconoscere tutto il positivo che è in loro, dobbiamo amarli, dobbiamo in particolare far loro conoscere la nostra fede…noi dai cattolici dobbiamo accogliere la loro instancabile energia, la loro capacità di sottomettersi all’autorità”
Riassumendo tutto ciò che aveva detto, Kireev conclude i suoi giudizi: “Parlando del cattolicesimo non si può dimenticare il suo peso culturale nei lunghi anni del Medioevo quando civilizzò i giovani popoli che erano diventati seguaci di Roma, la partecipazione dei suoi rappresentanti nel compito del rinascimento ecc. Nessuna persona che sia minimamente a conoscenza della storia può misconoscere questi meriti.
Gli slavofili parlavano di altri meriti della Chiesa cattolica nella storia europea., dell’importante ruolo degli ordini militari monastici nella difesa dell’Europa, inizialmente dagli arabi ed in seguito dalle invasioni turche. In quel tempo quando le lotte intestine disgregavano l’Europa, quando la lotta dei ricchi feudali e dei re arrecava ai popoli sofferenze e morte, la Chiesa si proponeva come pacificatrice, stabilizzando in questo modo la situazione di quasi tutti gli stati europei.
Ivan Vasil’evich Kireevskij che, insieme a Chomjakov è all’origine di questo movimento, commentando nel suo articolo ‘Il secolo XX’ sulla storia dello sviluppo dell’ultima Europa, mette in evidenza il principio religioso cristiano. La Chiesa cattolica, secondo la sua opinione, serviva di fulcro a tutti gli elementi dello sviluppo europeo. La Chiesa nell’Europa rinnovata non era soltanto la fonte della formazione spirituale, ma pure capo della struttura politica.. Essa era il primo anello dell’ordinamento feudale che legava in un comune sistema tutti i vari stati europei, in essa era consolidato il santo romano impero, essa era la prima forza di quella cavalleria che aveva diffuso un unico codice morale fra i diversi rapporti politici.; essa era l’unico nodo fra tutti gli elementi deboli, e in tutti i vari popoli, essa offriva un unico spirito a tutta l’Europa, animava le crociate e essendo fonte di unità e di ordine, fermava le invasioni dei barbari e poneva un limite ai musulmani.
V. Kireevskij considera attentamente il ruolo della Chiesa cattolica e del Pontificato romano nella difesa dell’Europa occidentale dagli attacchi degli eretici. Egli invita a non dimenticare i fatti storici e tener presente che era la realtà a dettare i condizionamenti ai papi e ai monarchi. In Oriente si presentava l’islam in armi, inizialmente nella persona degli arabi conquistatori e in seguito dei turchi osmani che cambiarono la faccia a tutto il vicino oriente, i Balcani, l’Africa settentrionale. I musulmani per alcuni secoli occuparono la Spagna, cercarono di penetrare nell’Europa centrale. Per opporsi ai conquistatori l’Europa Occidentale aveva bisogno di un potere sia spirituale che politico - militare unico centralizzato. In Occidente questo potere in quel tempo lo possedeva il Pontefice romano. Il Papa guidava spiritualmente il movimento dei crociati.
Agli slavofili era chiaro e positivo anche il carattere dell’attività missionaria della Chiesa cattolica. “Nel ricco e grande mondo del rinascimento occidentale c’è fascino oggettivo, quasi irresistibile” scrisse Chomjakov. Il leitmotiv del suo giudizio era il pensiero che il rinascimento europeo era inscindibile dalla evangelizzazione, certamente frutto della sua attività: “Nel corso di molti anni dello sviluppo intellettuale, l’Occidente compì opere grandiose e gloriose - nota Chomjakov - lievito spirituale di imprese veramente grandi fu il cristianesimo, e la forza di questo benefico lievito esercitava egualmente un’azione potente sia sulle persone che non credevano in essa e la rinnegavano, sia sulle persone credenti che si gloriavano della loro fede.”
Chomjakov riconosce alla Chiesa cattolica il merito della sua attività benefica e missionaria nel diffondere il cristianesimo in tutto il mondo. “Voi avete fatto molto per l’umanità sia in campo scientifico che artistico, nella giurisdizione statale come nella civilizzazione dei popoli, nell’esprimere concretamente il vostro amore. Inoltre voi avete fatto tutto quello che potevate per l’uomo nella sua vita terreste come per l’uomo nel suo rapporto con Dio, annunciando Cristo ai popoli che non avevano mai conosciuto il suo nome divino. Onore e grazie a voi per i vostri incommensurabili lavori i cui frutti oggi raccoglie o raccoglierà in seguito tutta l’umanità.”
Gli slavofili riservarono particolare attenzione ai gesuiti i cui rappresentanti furono missionari attivi. Ju. F. Samarin che riservò molto tempo e forze alla storia di questo ordine scrisse: I gesuiti vengono accusati e adulati, per questo valgono. I gesuiti vengono maledetti e perseguitati, come i veri servi di Cristo seguono il cammino degli apostoli.”. Samarin ammirava l’ardimento dei gesuiti che avevano annunciato il cristianesimo fra le popolazioni pagane. “ Indubitabile è l lavoro missionario dei gesuiti - annota lo slavofilo, essi attraversarono tutto il mondo, sperimentarono tutte le vie, meravigliarono il mondo… I missionari gesuiti veramente assunsero su di sé, a proprio rischio e senza alcun appoggio esterno la conversione degli eretici, dal momento che per mancanza di intrepidezza personale, nessuno li rimproverava.
Gli slavofili guardano con stima ai teologi cattolici che hanno confermato la loro fede di fronte al protestantesimo. “Non si può non essere meravigliati di fronte al discorso forte e stupendo- scrive Chomjako- con il quale particolarmente i latini si distinguono, come pure per la perseveranza nel lavoro e la profonda conoscenza”. Indubbiamente alcuni teologi nella polemica hanno commesso degli errori, ma per questo gli slavofili non hanno accusato tutta la Chiesa cattolica. “Se la Chiesa latina si è fatta ingolfare in errori, e tutt’oggi si lascia ingolfare - osserva I. V. Kireevskij, quasi il fine giustifichi i mezzi…si gratta di errori di alcune persone che non si può attribuire alla stessa Chiesa”.
L’ampia tolleranza degli slavofili è testimoniata da questo fatto. Ne 1864 San Pietroburgo venne a trovarsi un predicatore francese il quale pose il problema di ristabilire il collegio dei gesuiti. Nel giornale degli slavofili ‘Den’ (Il giorno) apparve un articolo nel quale si diceva: “Noi non abbiamo nessuna intenzione di limitare la libertà di coscienza, la libertà di confessione religiosa e sotto questo aspetto vale il proverbio russo: ‘al libero la libertà, al salvato il paradiso’ cioè ogni uomo ha il diritto alla libera scelta della confessione religiosa. Ma nello stesso tempo il giornale pone la questione: “Quanto conforme è il nostro equipaggiamento russo (religioso) a questo ordinamento?”. In altre parole, sebbene gli slavofili fossero contrari all’apertura di un collegio dei gesuiti, essi volevano che l’istruzione spirituale ortodossa non fosse inferiore a quella dei gesuiti.
Il valore dello slavofilismo nella storia del pensiero religioso russo è immenso. Sono stati gli slavofili ad introdurre nella filosofia russa e nella letteratura russa i temi religiosi ed hanno reso familiare alla teologi la problematica cristiana interconfessionale. Essi riuscirono ad esprimere una larga apertura nell’approccio con la Chiesa occidentale fornendo un giudizio oggettivo sulla sua storia. Molte delle loro idee sono attuali anche oggi. L’attività degli slavofili è costruttiva anche per il fatto che riuscirono a trasferire la polemica con i cristiani occidentali dalla sfera di un monologo accusatorio alla sfera di un analisi onesta, oggettiva, storicamente scientifica, fondata su documenti e fatti. Inoltre il dialogo iniziato indusse gli stessi rappresentanti della Chiesa occidentale a studiare con più attenzione il passato ed il presente dei loro fratelli ortodossi
L’eminente filosofo religioso russo V. S. Vladimir Soloviev (1853 - 1900), fondandosi sulle idee di Chomjakov, di Kireevskij e di altri slavofili, scrisse: “Nella storia si è formato un abisso fra la nostra Chiesa e la Chiesa Occidentale. Ma per quanto questo abisso sia profondo non è stato scavato non dalle mani di Dio, ma dalle mani dell’uomo. La divisione delle Chiese è stata permessa da Dio, ma non è la volontà di Dio. La volontà di Dio è immutabile: “Che ci sia un solo gregge ed un solo Pastore” (Gv 10.16). Per questo è indispensabile coprire al più presto questo funesto fossato che divide il gregge di Cristo”.