Russia: L’unità nella Chiesa

Meditazione di padre Aleksandr Men'

(da Christianoc, n. 10, p.72. Riga)
Fonte:
CulturaCattolica.it
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Da secoli gli uomini oscillano fra 'la chiusura nazionale' e 'il livellamento impersonale'. Anche i cristiani, alla loro volta, sono posti di fronte a questa non facile alternativa: come connettere le parole dell'apostolo Paolo "non c'è né greco, né ebreo" con la reale pluriformità delle culture e delle strutture psicologiche?
Non di rado il desiderio di difendere la tradizione dei Padri si fonde con il disprezzo di tutto ciò che è estraneo. Siamo tentati di considerare autentica soltanto una delle incarnazioni del cristianesimo, cioè la propria. Quando si distrugge l'infiorescenza spirituale delle chiese sorgono diatribe, contrasti e scismi. La tendenza contraria al livellamento porta al tentativo di ridurre o ignorare la bellezza irrepetibile di ogni volto storico della Chiesa.
In realtà il cristianesimo universale è simile ad una montagna circondata da boschi, arbusti, prati, ghiacciai che tutti insieme costituiscono un parato integro. Non possiamo pretendere che la luce del Vangelo si diffonda in modo eguale. Passando attraverso la varietà dei popoli, questa luce creerà sempre nuovi paesaggi di spiritualità.
Il cristianesimo non genera un'unica cultura, come, per esempio hanno generato il buddismo e l'Islam. La teologia di Agostino e di Tommaso, l'icona russa e l'arte gotica sono soltanto alcuni aspetti della creatività cristiana corrispondenti ad un determinato ambiente ed epoca.
Del resto il pluralismo non elimina il principio dell'unità. Al contrario. Quanto più ricca e varia è la vita della Chiesa, tanto più pressante diventa l'esigenza di legarla al suo cardine. Saranno le formule dottrinali e la struttura canonica delle comunità ad attuare questo compito.
Il livellamento non vale, per il semplice motivo che il cristianesimo deve esprimersi in forme vive di persone specifiche e di culture adeguate. Ogni cultura ha il proprio volto. Per questo la cultura non deve elaborare caratteristiche stereopite, ma ricche e gustose. Il cristianesimo in India deve essere indiano, ed il cristianesimo in Russia deve esprimere forme proprie. Tutto questo è naturale. Finché esistono differenze nazionali nella psiche, nella lingua e nella cultura, ci devono essere anche chiese nazionali. Ma la gente non solo non capisce, ma crede che il proprio arsenale culturale, psicologico ed etnico sia l'unico modello valido per tutti.
L'isolamento dei cristiani nella propria psicologia, non fu soltanto un peccato di odio contro i fratelli, ma anche un proprio impoverimento. Le forme devozionali, espresse al di fuori di ogni contatto, finiscono inevitabilmente sotto il dominio della psicologia etnica con tutte le tristi esperienze che ne conseguono.
Da questo deriva che è difficile pensare ad un risanamento della vita spirituale al di fuori di un dialogo ecumenico, di un reciproco influsso e di un reciproco arricchimento.
Mi rendo conto di tutte le difficoltà che produce l'incontro di due tipi di fede, ma io sono convinto che l'autentica ecclesialità è più profonda della psicologia etnica e della cultura, e che il Vangelo, in forza del quale noi esistiamo, contiene in se stesso tutto quello che occorre per vivere in continuo rinnovamento, in continua rinascita ed in una sempre più grande speranza. Non è forse vero che, nel corso dei secoli, tutte le difficoltà e tutte le sfortune nella vita ecclesiale internazionale derivarono da una risposta falsa al richiamo del Signore? D'altra parte nessuno dei nostri limiti è in grado di distruggere l'indistruttibile.
C'è un certo tipo di uomini che scoprono Dio quando la vita è ferita, nell'esperienza del dolore e della disperazione. Gli uomini che soffrono esistono naturalmente ovunque. Dostoevskij dimostra che questo è presente anche nella struttura dell'uomo russo. La 'solitudine di fronte a Dio' spesso è una via difficile, a volte un vero Calvario. Un vivo sentimento di comunione verso gli altri supera, anche se non completamente, la tragicità del nostro cammino. D'altra parte, il culto della Passione porta con sé una vita cristiana così elevata, così bella, così autentica che senza di questo noi perderemmo molto. Esso è particolarmente prezioso quando si unisce con altre vie, secondo le quali la Chiesa diventa segno di vittoria alla luce della Risurrezione. Di conseguenza noi giungiamo allo stesso pensiero. Alla necessità di un cristianesimo integrale che racchiude in se stesso tutta la gamma delle vie e delle esperienza spirituali.