La persona ha cessato di essere un valore
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Oggi la società russa si trova in una prolungata e profonda crisi. Alcuni pensano che il problema dipenda dalla mancanza di un’idea nazionale, altri dallo sfaldamento sociale, altri ancora dalle conseguenze del periodo sovietico. Scrittori, politici e attivisti sociali cercano di fare una diagnosi ed iniziare una cura, ma finora tutto questo sembra piuttosto essere un tentativo di “fermare con la colla” un edificio cadente. E secondo una prospettiva cristiana? Risponde il protojerej Aleksij Uminskij.
Il problema della persona era stato preso in seria considerazione dal movimento del samizdat, che proponeva la responsabilità della persona come fondamento di ogni società. Fra i tanti meriti del samizdat c’è quello di aver contribuito alla caduta del comunismo senza spargimento di sangue. Nella cultura del samizdat l’uso della violenza era condannato in tutte le situazioni proprio perché escludeva il valore della persona. Nessuno degli operatori del samizdat era comunista, ma il samizdat non ha voluto avere come compito principale quello di combattere il comunismo, perché il suo scopo principale era la difesa della persona, educare la persona alla responsabilità.
L’articolo di Uminskij non parla di Samizdat, ma non c’è dubbio che il suo scritto sia stato ispirato anche dal samizdat.
A. Uminskij: In Russia è di importanza vitale risolvere il problema del rapporto nei confronti della persona, molto più che costruire un sistema economico favorevole, uno stato forte o altre cose.
Negli ultimi cento anni il valore della persona ha cessato di avere un valore agli occhi della società russa e per questo motivo la persona umana ha cessato di avere un valore anche agli occhi dei rappresentanti del potere, dei capi militari, dei collaboratori della polizia, dei giudici, dei procuratori… In poche parole, la persona umana ha cessato di essere non soltanto il valore supremo ma ha perso qualsiasi valore.
Lo stato non lavora per la persona ma per la popolazione, vista come entità, senza considerare i singoli uomini che la compongono. La conseguenza di questo approccio è che l’uomo concreto non significa nulla per l’impiegato, per il poliziotto, per il giudice, per il deputato, per qualsiasi altro: nulla tranne irritazione, a meno che non possa essere una fonte potenziale per un proprio interesse personale.
Questa posizione è entrata anche all’interno della chiesa: le persone che frequentano la chiesa non vengono considerate in quanto tali e si riprendono solo se non hanno il velo in testa o se non portano la gonna. Questi veli e queste sottane diventano la cosa che ha maggior valore in chiesa, benché in chiesa la cosa più importante non dovrebbe essere il rispetto della regola ma ogni singola persona concreta.
Il rispetto della persona, della sua dignità, dei diritti della persona dovrebbe essere centrale, perché deriva dal rispetto per l’anima immortale dell’uomo, in confronto della quale tutto il mondo non vale nulla. Mi sembra che questo per il paese sia d’importanza vitale per non disgregarsi in tante parti, per non trasformarsi in piccoli principati, per non permettere contrapposizione fra cittadini, per sfuggire contrasti fra le religioni, affinché le giuste proteste siano ascoltate, e affinché gli stessi che protestano comprendano che cosa vogliano con le loro proteste.
Un potere che fosse esercitato partendo da una comprensione della persona, della sua dignità, dai valori richiamati dallo spirito evangelico, proprio in virtù di questa apertura non potrebbe assumere le dimensioni di un potere assoluto; in qualche modo questi valori rappresenterebbero una “briglia” per l’esercizio del potere.
Nella storia si può prendere come riferimento un splendido esempio tratto dalla vita della santa regina Elena, quando scoprì la santa Croce del Signore e con essa anche i chiodi. Da uno di questi chiodi la regina Elena fece una briglia e la donò a suo figlio, l’imperatore Costantino, futuro santo eguale agli apostoli, come segno di quello che sarebbe dovuto essere il fattore discreto del suo potere. La briglia per lui sarebbe dovuta essere la passione di Cristo.
S. Ambrogio di Milano, cui toccò avere questo chiodo (che si trova ancora oggi nel duomo di Milano), in una delle sue prediche che parla di questo episodio, disse a proposito della regina Elena: “Che miracoloso stalliere è questa donna!”
Oggi di questa briglia di Cristo non si trova nulla nei nostri dirigenti e nell’esercizio del potere.
E’ lo stesso popolo che può servire da briglia, secondo un’antica espressione: “vox populi, vox Dei”.
Naturalmente il diritto alla protesta fino in fondo non è evidente a partire dalla verità evangelica e questa non può essere ridotta alla protesta. Tuttavia ogni volta che il potere oltrepassa i limiti, lo scontento del popolo può diventare quella briglia che impedisce al potere di deformarsi definitivamente nel cinismo.
In genere ogni potere secolare tende al cinismo. Se il detentore del potere non è un santo, in un modo o nell’altro sarà sottomesso a tutte le tentazione del potere: in particolare finirà per riconoscere il popolo o come una massa attraverso la quale lui può raggiungere i suoi scopi, oppure come qualche cosa che impedisce a lui di compiere ciò che vuole. Se il potere è intelligente, attento, disposto a lasciarsi consigliare, dovrà fare attenzione ai movimenti di protesta e correggere le proprie azioni in corrispondenza ad un avvertimento fondamentale: il potere deve essere morale.
La protesta del popolo, da parte sua, deve radicarsi e confermarsi nella consapevolezza che non si può vivere nella menzogna.
Il potere deve fondare una base su cui sia esso che l’opposizione, attraverso i propri rappresentanti, possano ascoltarsi vicendevolmente e insieme analizzare la situazione: in che cosa si possono assecondare le esigenze della opposizione e che cosa non è possibile, quali siano le pretese giuste che si possano realizzare subito.
A mio parere oggi la cosa più pericolosa nella società è la sordità, la mancanza di desiderio di ascoltarsi e di confrontarsi. Questo ultimo periodo ci deve insegnare a non aver paura nel dire la verità: non dobbiamo aver paura di nulla. Si deve temere soltanto Dio e di andare contro coscienza.
Traduzione: P. Romano Scalfi