Testimoni del mistero

"Testimoni del mistero" non offrirà a tutti la stessa emozione, la stessa suggestione che io qui ho raccontato. I maestri però parlano a tutti. A noi saper cogliere. Grazie Suor Gloria.
Autore:
Cavallari, Fabio
Fonte:
CulturaCattolica.it
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“Possiamo ascoltare lo stesso discorso, leggere lo stesso libro, ma inevitabilmente le nostre reazioni saranno diverse. Ognuno di noi, sarà colpito da una sfumatura differente, da un passaggio particolare. Siamo diversi, per indole, per carattere e sensibilità. Ciò che lascerà affascinato me, sarà altra cosa dal tuo stupore. Entrambi però, se mossi dalla stessa inquietudine, dalla stessa predisposizione ad accogliere, ci ritroveremo vicini, sulle tracce di un cammino comune”. Queste parole, il senso di questo discorso, sono il dono che un grande amico mi ha voluto regalare. “Quando ascoltavo Giussani, capitava spesso che un particolare del suo discorso mi affascinasse al tal punto da costringermi a soffermarmi immediatamente su quanto detto. Le parole fluivano ma io ero fermo a quella suggestione che mi aveva inchiodato. Colui che stava accanto, dietro o davanti a me, con tutta probabilità era stato colpito da altro, da un altro particolare, altrettanto importante, suggestivo, ma diverso. La capacità dei maestri è la capacità di parlare a tutti. Non di dire a tutti la stessa cosa, ma di parlare a tutti”. Queste parole, che ho tradotto, pur non riproducendole testualmente sono l’insegnamento di un amico e compagno di strada: Luigi Amicone. Ecco, ho voluto ricordare questo, per parlare di “Testimoni del mistero”. Ciò che io oggi potrò dire, non sarà universale. Riguarda il sottoscritto. Io non posso recensire un testo come quello pubblicato da Suor Gloria. Non ho le competenze artistiche e soprattutto non conosco le Sacre Scritture. Però posso parlarne, perché il viaggio attraverso il Vangelo di Luca è stato illustrato, attraversato da immagini, da pittori che ella ha saputo tradurre, per me, per il mio dirimpettaio, per il mio fratello credente e per mia sorella atea. “Testimoni del mistero” non dice a tutti la stessa cosa, ma parla a tutti con l’identica passione emotiva, lo stesso coinvolgimento, lo stesso stupore inquieto.
Colgo così dopo poche pagine, la prima grande lezione attraverso la “Visitazione” del Pontormo. Maria ed Elisabetta come archetipi dell’incontro. Due donne che testimoniano la vivacità del Cristianesimo, la necessità insita in esso. Tradizione antica e novità. Ecco, l’identità. Radici che si fanno viatico irrinunciabile per la fioritura dei rami verso il cielo dell’oggi. Conoscenza delle origini che ci hanno generato come unica condizione per una possibile confutazione e di seguito, apertura alla novità come possibilità per l’incontro. Tradizione biblica e logos, per citare Benedetto XVI. Sacro e profano, biblico e laico, eros e agape. Il tutto in uno come acquisizione di una consapevolezza per ciò che siamo. Come l’amico che diventa Amico. Colui che è al tuo fianco e al quale riponi fiducia anche se non sai, perché non puoi sapere, capire, scientificamente rispondere. L’amico al quale concedi il beneficio di corrispondere la tua presenza senza la pretesa di vedere ciò che lui sta vedendo. Perché l’amico necessita di fiducia, parente stretta di quella fede che a Suor Gloria permette di illustrare “L’agonia del giardino” di Giovanni Bellini. Un’opera che un non credente, come il sottoscritto, scopre essere il prototipo concetto dell’amicizia che salva l’uomo. Cristo di spalle che prega il Padre e alle sue spalle Giovanni, Pietro e Giacomo. Loro non sanno, sono inconsapevoli e annebbiati per la debolezza della loro natura. Giovanni “sarà capace di vedere oltre l’opacità della carne”, Pietro tradirà il Signore rinnegandolo e per questo chiederà di essere crocifisso a testa in giù, perché “non si sentirà degno di seguire la stessa sorte del Maestro” e Giacomo attendendo il martirio “sarà il primo a dare la vita per Gesù”. Tutti e tre, presenti. A fianco di Cristo, come laicamente l’amico è affianco dell’amico. Come Luigi Giussani scrive ad Angelo Majo: “Io non voglio vivere inutilmente: è la mia ossessione. E poi tra due amici profondi cosa si desidera? L’aspirazione dell’amicizia è l’unione, è quella di immedesimarsi, impantanarsi, diventare la stessa persona, la stessa fisionomia dell’Amico.” E se penso che Amico ha la stessa radice etimologica greca di Amore, non posso che ritornare a pensare al discorso di Benedetto XVI a Ratisbona.
Suor Gloria attraverso “Testimoni del mistero” a me ha parlato di identità e amicizia. “Testimoni del mistero” non offrirà a tutti la stessa emozione, la stessa suggestione che io qui ho raccontato. I maestri però parlano a tutti. A noi saper cogliere. Grazie Suor Gloria.