Terza tappa: dall'Egitto alla terra promessa

Fonte:
CulturaCattolica.it
Vai a "Sacra Scrittura: studi"
Le piaghe d'Egitto, Miniatura

Questa terza fase è quella descritta con maggior precisione e ricchezza di particolari dal testo sacro. Essa si estende dagli eventi che hanno permesso l’uscita dall’Egitto fino alla morte di Mosè alla soglia della terra promessa, abbracciando, non solo il libro dell’Esodo, ma Numeri e Deuteronomio.
Distinguiamo in essa quattro fasi, che corrispondono a momenti importanti dell’esperienza di Dio di Mosè e del popolo:
Le cosiddette ”piaghe” d’Egitto e il passaggio del mar rosso
L’esperienza del deserto e il Sinai, con il dono della legge.
I quarant’anni di cammino
La terra promessa e la morte di Mosè

Mosè dal faraone: mediatore e liberatore
Mosè che era fuggito dall’Egitto come un ladro vi rientra come portatore di salvezza. Dio lo educa a recuperare nella fede il senso delle sue esperienze passate. Il periodo che trascorrerà in Egitto, le trattative con il faraone e la sua mediazione tra la corte faraonica e il popolo, conferiranno senso compiuto al suo passato e al suo presente. La formazione egiziana e l’esperienza tra i pastori di Madian hanno preparato Mosè a questa funzione di mediatore che si rivela ora essere un aspetto della sua vocazione alla guida del popolo. Scoprendo come tutto della sua esistenza ritrovi senso nella chiamata di Dio, Mosè sarà in grado di aiutare il popolo a rileggere l’esperienza amara della schiavitù alla luce della realizzazione delle promesse.
Sempre più strettamente la vicenda personale di Mosè s’intreccia con la vicenda del popolo, spesso a prezzo di ansietà e sofferenze. Il popolo infatti dopo aver accolto con gioia il primo annuncio che Mosè e Aronne portano al faraone: dice il Signore, il Dio d’Israele: «Lascia partire il mio popolo perché mi celebri una festa nel deserto», si rivolterà in seguito contro Mosè per le ritorsioni subite a causa di tale richiesta. Se c’è un influsso positivo di Mosè sul popolo c’è anche un influsso negativo del popolo su Mosè, influsso a cui egli non si può sottrarre e che diventa parte del suo essere responsabile, per volontà di Dio, delle sorti di Israele.
Le trattative con il faraone segnano infatti l’inizio delle cosiddette ”dieci piaghe” che provocheranno l’indurimento del cuore del faraone e l’aggravarsi delle condizioni di lavoro e di discriminazione razziale del popolo.
Il testo biblico, mentre definisce le prime nove segni o prodigi, chiama piaga soltanto l’ultima, quella della morte dei primogeniti. Sarà infatti quest’ultima, come sappiamo ad ottenere la liberazione definitiva.
I primi nove prodigi vogliono significare che l’intervento di Dio ha toccato ogni aspetto della vita e della società egiziana. L’acqua del Nilo, attorno al quale ruotava tutta l’esistenza del popolo egiziano, si mutò in sangue, poi fiumi e canali brulicarono di rane. La polvere della terra si tramutò in una miriade di sciami di zanzare e le case egiziane si riempirono di mosconi. Gli animali morirono a causa di una epidemia e gli uomini si ammalarono perché colpiti da ulcere. Anche l’ordine della natura fu sconvolto: dal cielo si abbatté sull’Egitto grandine mista a fuoco, nuvole di cavallette vennero trasportate dal vento e devastarono il raccolto e infine le potenze del cielo furono sconvolte da una notte senza fine, tutto l’ Egitto era avvolto nell’oscurità mentre era luce là dove abitavano gli ebrei.