Seconda tappa: le nozze di Giacobbe
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La scena dell’incontro con Rachele avviene, come già accadde a Rebecca, ad un pozzo. Per dei nomadi costretti a contendere le zone pascose col deserto, il pozzo era tutto, centro della vita e simbolo della sete più profonda nascosta nel cuore di ogni uomo. Il pozzo diviene dunque anche il luogo in cui si incontra l’Amore, quello di Dio, ma anche quello umano più autentico. Come l’acqua nel deserto ristora ed è promessa di fecondità allo stesso modo l’incontro con il vero amore avvicina a Dio e colma la solitudine del cuore umano.
Giunto appunto nei pressi di Paddan-Aram, al pozzo Giacobbe scorge pastori con tre greggi i quali attendevano l’arrivo delle altre greggi per rimuovere la grossa pietra che protegge l’imboccatura del pozzo. In quel mentre sopraggiunge Rachele: Quando Giacobbe vide Rachele, figlia di Labano, fratello di sua madre, insieme con il bestiame […] fattosi avanti, rotolò la pietra dalla bocca del pozzo e fece bere le pecore di Labano […]. Poi Giacobbe baciò Rachele (Gn 29, 10-11).
Al centro di questo racconto stanno la pietra e il pozzo. La grossa pietra che copriva l’imboccatura del pozzo non era posta soltanto per proteggere l’acqua da detriti o altro, ma soprattutto per salvaguardare i diritti di tutti. La pietra impone la cooperazione, impedisce che uno possa aprire il pozzo da solo perché l’acqua è un bene per tutti. Giacobbe viola il diritto per amore di Rachele. Lutero ha commentato così questa scena: «La forza per smuovere la pietra, forza erculea perché la pietra doveva essere smossa da tante persone e invece Giacobbe lo fa da solo, gli viene dall’affetto verso la sua consanguinea e poi dall’amore verso la sua sposa che gli deve essere stata da Dio destinata e offerta. Fu preso da gioia straordinaria al vedersi giunto alla meta dopo un viaggio così difficile e pericoloso»
Giunto da Labano Giacobbe entra al suo servizio, decide di rimanervi per sette anni, ma come salario gli chiede la mano di Rachele. Allo scadere del tempo stabilito, poiché la moglie restava velata fino alla notte di nozze, Labano lo ingannò e gli diede in moglie Lia, sorella maggiore di Rachele. Era costume infatti in quel luogo non dare in moglie la figlia minore prima della maggiore. Al mattino accortosi dello scambio Giacobbe fu costretto a lavorare altri sette anni per Labano onde ottenere in moglie l’amata Rachele.
I commentatori medioevali (basti pensare alla Divina commedia) leggevano questo episodio come un cammino di scoperta e di crescita nell’amore e nella conoscenza di Dio. Nelle due figlie di Labano si nasconde l’emblema della vita attiva e della vita contemplativa: per vivere con impegno nella vita attiva, rappresentata da Lia, bastano sette anni, ma per giungere alla contemplazione - Rachele - ne occorrono altri sette.
Secondo il Midrash due figli aveva Isacco e due figlie aveva Labano: Lia era destinata ad Esaù, mentre Rachele a Giacobbe. Sposando entrambe le donne, Giacobbe reintegra in certa misura l’unità familiare. Una unità familiare che si compirà definitivamente attorno al capezzale di Isacco quando in due fratelli nella pace gli daranno sepoltura (cfr. Gn 35, 29).
L’ itinerario umano e spirituale di Giacobbe si sviluppa tra inganni e raggiri, e colui che ingannò, carpendo la benedizione, rimase a sua volta ingannato. Il Midrash coglie bene questo aspetto della vita di Giacobbe: [Giacobbe] durante la notte chiamò Rachele e gli rispose Lia. Quando al mattino si accorse che era Lia le disse:« Sei proprio figlia di un impostore o non ti ho chiamato Rachele e tu mi hai risposto?». «Ogni maestro - le disse - ha i suoi discepoli. Anche tuo padre non chiamava forse Esaù e gli rispondevi tu?»
Inoltre la benedizione del padre Isacco gli aveva promesso il servizio dei popoli e la signoria sopra i fratelli ed egli si trova ad essere servo per amore. Giacobbe infatti, mentre attraverso le contraddizioni della vita cresce nella conoscenza di Dio, si fa servo di un progetto che lo supera e che lo renderà benedizione tra le genti.
Che la benedizione del cielo fosse su di lui, viene confermato dal resto del racconto che dimostra appunto, come Dio sappia compiere il suo disegno d’amore dentro le trame oscure della storia degli uomini. Sarà proprio Lia - tra le due spose - la più feconda, madre di Ruben, Levi e Giuda. Senza di lei non avremmo avuto Mosè e Davide i quali sorsero rispettivamente dalla tribù di Levi e dalla tribù di Giuda.
Tra le due sorelle sussisterà sempre una certa rivalità che, nel testo biblico, servirà da pretesto per spiegare il nome dei loro figli e dei figli nati dalle rispettive schiave Zilpa e Bila. Rachele, inizialmente sterile, partorirà Giuseppe e infine morirà dando alla luce l’ultimogenito di Giacobbe: Beniamino.
La promessa di Dio inizia a prendere consistenza e nei dodici figli di Giacobbe viene a costituirsi quel popolo, discendenza di Abramo, destinata a diventare numerosa come la sabbia del mare.