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Seconda tappa: il Dio dell'Alleanza

Fonte:
CulturaCattolica.it
Tiepolo, Abramo prega davanti ai tre angeli

Gli anni passano, ma Sarai rimane sterile e senza figli, le promesse tardano a realizzarsi e la fede di Abram è messa a dura prova. Ma ecco che Dio interviene nuovamente nella sua vita prendendo l’iniziativa:
Questa parola fu rivolta ad Abram in visione: «Non temere, Abram. Io sono il tuo scudo; la tua ricompensa sarà molto grande». Rispose Abram: «Mio Signore Dio, che mi darai? Io me ne vado senza figli e l’erede della mia casa è Eliezer di Damasco». Soggiunse Abram: «Ecco a me non hai dato una discendenza e un mio domestico sarà il mio erede». Ed ecco gli fu rivolta questa parola dal Signore: «Non costui sarà il tuo erede, ma uno nato da te sarà il tuo erede» (Gen 15, 1-3).

Si apre in questo capitolo, per la prima volta, il dialogo: Abramo instaura un dibattito col Signore. Si coglie nelle continue ripetizioni l’amarezza che avvolge il cuore di Abramo: me ne vado senza figli… l’erede della mia casa è Eliezer di Damasco… non mi hai dato discendenza… un domestico sarà mio erede… Ma il Signore non ritratta la promessa fattagli, anzi previene il suo sconforto rivelandosi a lui come scudo. La parola scudo qui usata, in ebraico Maghen, designa uno scudo piccolo ma ricurvo che avvolge tutto il corpo. Con questa immagine Dio assicura ad Abramo una protezione totale: egli lo avvolge da ogni lato.
La preghiera principale della tradizione ebraica, quella delle 18 benedizioni, si rivolgerà a Dio iniziando proprio da questo appellativo di scudo:
Benedetto sei tu Signore, nostro Dio e Dio dei nostri Padri, Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe […] che contraccambi con grazie abbondanti e crei ogni cosa; che ricordi le grazie accordate ai Padri e fai venire il Redentore per i figli dei loro figli in grazia del tuo Nome con amore. Re che aiuti, salvi e proteggi. Benedetto sei tu, Signore, scudo di Abramo.
Una preghiera che testimonia come, in virtù della fede di Abramo, la benedizione e la grazia divina raggiunge tutte le generazioni successive.

Dio mostra poi ad Abramo il cielo stellato, lo sfida a contare le stelle e, spingendolo a credere nell’impossibile, gli promette nuovamente che tale, cioè innumerevole, sarà la sua discendenza. Abramo credette e, come dice il testo biblico, per questa fede egli fu considerato giusto, cioè uomo gradito a Dio per la inalterabile fiducia e la totale sottomissione. (cfr. Gen 15, 5-6)
Da questo atto di fede scaturirà l’alleanza che segna il punto centrale della teologia della storia di Israele.
Il Signore disse ad Abram: «Io sono il Signore che ti ho fatto uscire da Ur dei Caldei per darti in possesso questo paese». Rispose: «Signore mio Dio, come potrò sapere che ne avrò il possesso?». Gli disse: «Prendi una giovenca di tre anni, una capra di tre anni, un ariete di tre anni, una tortora e un piccione». Andò a prendere tutti questi animali, li divise in due e collocò ogni metà una di fronte all’altra; non divise però gli uccelli. Gli uccelli rapaci calavano su quei cadaveri, ma Abram li scacciava. Mentre il sole stava per tramontare, un torpore cadde su Abram, ed ecco un oscuro terrore lo assalì. Allora il Signore disse ad Abram: «Sappi che i tuoi discendenti saranno forestieri in un paese non loro, saranno fatti schiavi e saranno oppressi per quattrocento anni. Ma la nazione che essi avranno servito la giudicherò io: dopo essi usciranno con grandi ricchezze[…]» Quando tramontato il sole, si era fatto buio fitto, ecco un forno fumante e una fiaccola ardente passarono in mezzo agli animali divisi. In quel giorno il Signore concluse questa alleanza con Abram: alla tua discendenza io do questo paese dal fiume d’Egitto al grande fiume, il fiume Eufrate (Gen 15, 7-17).
I gesti che Abramo compie per ordine del Signore fanno parte di un antico rituale di alleanza: i due contraenti passavano in mezzo agli animali divisi invocando su di sé la medesima sorte delle vittime se fossero venuti meno all’impegno preso. Tuttavia nel corso di questo rituale Abram viene colto dal sonno, tardemah in ebraico, e soltanto il Signore - come fiaccola ardente - passa tra gli animali divisi.
L’alleanza che viene qui stipulata è dunque unilaterale e irrevocabile, perché garante del patto è Dio stesso.
Il sonno che coglie Abramo è un sonno mistico. Per la tradizione rabbinica è un sonno profetico perché in esso Abramo partecipa, vede e comprende. L’episodio descrive infatti una grande teofania in cui Abramo viene ammaestrato da Dio mediante una visione. Il Midrash assegna ad ogni particolare uno specifico riferimento alla storia di Israele. Gli animali divisi sono gli animali dei sacrifici che Israele offrirà nel tempio; il forno fumante e la fiaccola ardente rappresentano la visione della gehenna, del regno, della torah e del tempio. Infine il passaggio della fiamma tra gli animali divisi è il passaggio del Signore attraverso il mar Rosso. Abram nel corso della visione abbraccia con un solo sguardo le meraviglie che Dio avrebbe compiuto nella storia dei suoi discendenti.
Dio per stipulare la sua alleanza ha atteso che Abramo non soltanto obbedisse passivamente alla sua parola, ma entrasse in dialogo con lui, esprimendo anche l’amarezza del suo cuore, ma esigendo nel contempo l’adesione della fede ad un progetto che umanamente era irrealizzabile. A questa fede, che è sostanzialmente amore, Dio risponde con tutto se stesso, con una alleanza unilaterale e irrevocabile.

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