Quarta tappa: sul monte il Signore appare

Fonte:
CulturaCattolica.it
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Rembrandt, Sacrificio di Isacco

La cura di Dio per l’amico non tarda a manifestarsi infatti nel cap. 18, subito dopo l’avvenuta circoncisione, leggiamo:
Il Signore apparve a lui alle querce di Mamre, mentre egli sedeva alla calura del giorno. Commenta il Midrash: Il Signore apparve a lui, per visitare il malato (Genesi Rabbah 8,13) e ancora: Era il terzo giorno dopo la circoncisione e il Santo, benedetto Egli sia, venne ad informarsi sul suo stato di salute (Bava Mezi’a 86b). Da questa sorta di atto di cortesia di Dio verso Abramo scaturisce la promessa della nascita di Isacco. Isacco nascerà un anno dopo, a quattordici anni dalla nascita di Ismaele e porterà nel suo stesso nome, che significa Dio ride, il segno indelebile della Signoria di Dio sulla storia dell’uomo. Io nutro per voi progetti di pace e di speranza e non di sventura, dice il Signore per concedervi un futuro pieno di speranza. (Ger 29, 11)
Una certezza che doveva offuscarsi nel cuore di Abramo all’incirca dodici anni più tardi quando Dio gli parlerà ancora, l’ultima volta nella sua vita, per metterlo alla prova. La tradizione ebraica colloca, dunque, il "sacrificio" del monte Moria alle soglie del dodicesimo compleanno di Isacco, che segna per l’ebreo la maggiore età religiosa.
Qualche tempo dopo Dio mise alla prova Abramo. Lo chiamò: «Abramo Abramo! Egli rispose: «Eccomi!» Dio gli disse: «Prendi ti prego (na’) il tuo figlio, il tuo unigenito, che tu ami, Isacco e va verso la terra di Moria e offrilo in olocausto su uno dei monti che io ti indicherò» (Gen. 22,1-2)
La traduzione differisce leggermente da quella ufficiale della CEI, per evidenziare alcuni particolari del testo ebraico (la particella na’; l’appellativo "unico" "unigenito" senza altre aggiunte), Anche nel testo italiano si può comunque facilmente assaporare la lenta drammaticità di queste poche righe.
Un commento rabbinico mette a fuoco in modo mirabile il dramma che si svolge nel cuore di Abramo, facendo emergere nel contempo tutta la tenerezza che Dio mantiene in questo momento di prova. Si tratta di un testo di Rashi, rabbino francese medioevale, annoverato tra i grandi maestri d’Israele. Rashi si insinua tra le righe della scrittura e ne trae un racconto di grande finezza psicologica:
Dice Dio: «Ti supplico (na’) supera per me anche questa prova perché non si dica che le precedenti prove non erano vere. Prendi ti prego (na’) il tuo figlio». Abramo obiettò: «Io ho due figli» Dio disse: «il tuo unigenito» Abramo rispose: «Questo è l’unico figlio per sua madre e quello è l’unico figlio per sua madre» (sono unigeniti tutti e due: Ismaele e Isacco). Dio disse: «Quello che ami!» Abramo replicò: «Io li amo entrambe» Dio allora gli disse: «Isacco» Per quale motivo Dio non gli rivelò ciò fin dall’inizio? Per non gettarlo improvvisamente nello sconforto e nella disperazione.
É l’ultimo atto della grande avventura di fede di Abramo. Proprio quando Isacco entrava nella maggiore età religiosa, ed egli poteva mostrargli il luogo dove sarebbe sorto il futuro Tempio, quando anche Isacco poteva incominciare a servire con Abramo ’El shaddaj, l’Onnipotente, ecco che il Signore stesso lo chiede in sacrificio, così come era costume in molte religioni pagane presenti nella mezzaluna fertile
Abramo cammina tre giorni con il figlio prima di giungere sul monte che il Signore aveva indicato. Tre giorni di silenzio. Tace Abramo, tace Dio.
C’è un altro significato nascosto nel nome di ’El Shaddaj ed è "Colui che basta a se stesso". Un significato che esprime l’idea di un Dio nascosto e lontano che non sembra aver bisogno degli uomini. Un nome che sconfessa in certo qual modo tutta la precedente esperienza del patriarca. Abramo persevera nella prova anche quando il silenzio viene rotto da Isacco il quale si domanda come mai il padre porti sul monte coltello il fuoco, la legna, ma non porti la vittima sacrificale. Abramo rispose: « Dio stesso provvederà all’agnello per l’olocausto figlio mio!».
Proseguirono tutt’e due insieme; così arrivarono al luogo che Dio gli aveva indicato; qui Abramo costruì l’altare, collocò la legna, legò il figlio Isacco e lo depose sopra la legna. Poi Abramo stese la mano e prese il coltello per immolare suo figlio. Ma l’angelo del Signore lo chiamò dal cielo e gli disse: «Abramo, Abramo!» Rispose: «Eccomi!» L’angelo disse: «Non stendere la mano contro il ragazzo e non fargli alcun male! Ora so che tu temi Dio e che non gli hai rifiutato tuo figlio, il tuo unico figlio». Allora Abramo alzò gli occhi e vide un ariete impigliato con le corna in un cespuglio. Abramo andò a prendere l’ariete e lo offrì in olocausto invece del figlio. Abramo chiamò quel luogo: «Il Signore provvede» (il Signore si lascia vedere) perciò oggi si dice: «Sul monte il Signore provvede» (Gen 22 8- 14).
Anche qui si assapora, attraverso la lenta descrizione di ogni gesto, il dolore di Abramo. Si infrange il sogno che gli era balenato davanti agli occhi in un giorno assolato alle Querce di Mamre, quando fu visitato dal Signore stesso. Ma ecco che Dio irrompe nuovamente. Il dramma si svolge tra due "Eccomi!": all’inizio, prima di conoscere il comando del Signore (Gen. 22,1) e ora al momento dell’esecuzione del comando. Una risposta: «Eccomi!» (Hinneni!), che in ebraico suona come: «Sì. Io!». Prima l’assenso, poi la propria persona: sì, sono per te qualunque sia il tuo comando. Abramo contempla qui tutto quello che doveva vedere, sulla sommità del monte tutto è stato visto (Gen. 22, 14) ’El Shaddaj, il Dio della montagna è apparso, Abramo chiamerà quel luogo: Sul monte il Signore fu visto.
Da questo punto in poi nella storia di Abramo cade il silenzio. Nei precedenti capitoli Abramo aveva dialogato con Dio, aveva persino disputato per la salvezza della città di Sodoma. Da questo momento in poi scende il silenzio. Né Dio parlerà più ad Abramo, né Abramo parlerà più con Dio. Abramo sceglie il dialogo orizzontale si stabilirà a Bersabea e intesserà relazioni semplici, quotidiane che la Parola di Dio non verrà più a turbare. Davanti a lui, sul monte Moria sono apparse due vie: l’una quella del Sogno, l’altra quella dell’ Opera. Il sogno era scritto nell’annuncio: «Tua moglie Sara avrà un figlio», l’opera passa per un secondo annuncio: «Prendi tuo figlio e offrilo in olocausto». Abramo sceglie questa seconda via accetta fino in fondo un’opera che realizzerà sì il sogno, ma per vie a lui incomprensibili e quando l’uomo accetta l’opera di Dio, Dio si ritira.
Accadrà duemila anni dopo anche agli apostoli sul monte dell’ascensione: avevano visto il sogno di Dio per l’uomo: la chiamata a una vita che non ha fine. L’hanno contemplato nella Presenza viva del Risorto, e vorrebbero restare lì. É Dio stesso che li scuote per mezzo dell’angelo: «Uomini di Galilea perché state a guardare il cielo?». Sottintendendo: (come commenta un teologo francese scomparso, Fracoise Varillon) «Non perdete il vostro tempo. Avete un compito da svolgere. e per svolgerlo sarà necessario che diate prova di intelligenza e di coraggio. Siete uomini: avete una ragione e un cuore. Con questa intelligenza e questo cuore, buttatevi nel mondo».