Itinerario spirituale di Giacobbe: I tappa

Il sogno di Dio: una casa per tutti i popoli
Fonte:
CulturaCattolica.it
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Scuola Provenzale, Il sogno di Giacobbe

Rebecca ed Isacco amareggiati per le donne Hittite di Esaù mandano il figlio Giacobbe in Paddan-Aram, cioè nella loro terra d’origine, la terra di Abramo e di Nacor, a cercarsi una sposa; e la bibbia commenta:
Giacobbe aveva obbedito al padre e alla madre ed era partito per Paddan-Aram. (Gn 28,7)
Da questo punto in poi inizia la vera esperienza spirituale di Giacobbe. Come Abramo, anche Giacobbe esce dalla sua terra, ma lo fa in obbedienza alla volontà del padre. Egli esce dalla sua terra non per il timore dell’ira del fratello, che pure era reale e preoccupò Rebecca (Gn 27, 41-43), ma per incontrare la sua sposa rimanendo così fedele all’alleanza che Dio aveva stipulato con Abramo; rimanendo fedele alla consegna di Abramo che fece giurare al suo servo di trovare per Isacco una sposa della terra di Carran e non una straniera.
Giacobbe partì da Bersabea e si diresse verso Carran. Capitò così in un luogo, dove passò la notte, perché il sole era tramontato; prese una pietra e la pose come guanciale e si coricò in quel luogo. Fece un sogno: una scala poggiava sulla terra, mentre la sua cima raggiungeva il cielo; ed ecco gli angeli di Dio salivano e scendevano su di essa. Ecco il Signore gli stava davanti e disse: ”Io sono il Signore, il Dio di Abramo tuo padre e il Dio di Isacco. La terra sulla quale tu sei coricato la darò a te e alla tua discendenza. La tua discendenza sarà come la polvere della terra e ti estenderai a occidente e ad oriente, a settentrione e a mezzogiorno. E saranno benedette per te e per la tua discendenza tutte le nazioni della terra. Ecco io sono con te e ti proteggerò dovunque tu andrai; poi ti farò ritornare in questo paese, perché non ti abbandonerò senza aver fatto tutto quello che t’ho detto». Allora Giacobbe si svegliò dal sonno […] ebbe timore e disse: «Quanto è terribile questo luogo! Questa è proprio la casa di Dio, questa è la porta del cielo». Alla mattina presto Giacobbe si alzò, prese la pietra che si era posta come guanciale, la eresse come una stele e versò olio sulla sua sommità. E chiamò quel luogo Betel. […] Giacobbe fece questo voto: «Se Dio sarà con me e mi proteggerà in questo viaggio che sto facendo, […] il Signore sarà il mio Dio. Questa pietra, che io ho eretta come stele, sarà un casa di Dio; di quanto mi darai io ti offrirò la decima» (Gn 28, 10-22)
Questo brano, molto denso, è caro alla tradizione cristiana e rappresenta uno dei due poli dell’esperienza di Giacobbe (l’altro sarà la lotta con Dio presso il fiume Jabbok).
Il sogno rappresenta qui la combinazione di una visione, la scala, e di una teofania. Giacobbe è colto dal sonno come Abramo, nella notte in cui stipulò l’alleanza con Dio, e come Balaam solo attraverso la visione cade il velo dei suoi occhi e vede la visone dell’Onnipotente.
La porta del cielo era, nella cosmologia antica, la porta di congiunzione tra cielo e terra, il punto di entrata e di uscita delle comunicazioni con il mondo celeste.
Il riferimento alla scala è molto concreto e riporta alle ziqqurat babilonesi, torri a gradini destinate al culto alla cui sommità si ergeva un santuario, dimora del Dio della città ove la torre era situata. La torre di Babele è precisamente una di queste ziqqurat infatti, sebbene l’etimologia popolare spieghi il nome Babele a partire dalla radice bll, che significa confondere (con riferimento alla confusione delle lingue), il nome significa in realtà bab-ilu cioè porta del Dio. Quella contemplata da Giacobbe è invece la shar hashamaìm cioè la porta del cielo ed egli chiamerà il luogo BetEl, cioè casa di Dio.
Se la scala di Babele rappresenta il tentativo dell’uomo di toccare il cielo e il conseguente fallimento dell’unità del genere umano (prima della costruzione della torre infatti i popoli avevano una sola lingua), la scala offerta a Giacobbe in visione è segno del dono di Dio che farà di tutte le nazioni un solo popolo, il popolo di Dio.
La benedizione che Dio promette a Giacobbe: «La tua discendenza sarà come la polvere della terra e ti estenderai a occidente e ad oriente, a settentrione e a mezzogiorno. E saranno benedette per te e per la tua discendenza tutte le nazioni della terra», si ricollega direttamente a quella di Abramo (cfr. Gn 12). Tuttavia notiamo che ad Abramo Dio aveva detto: «In te saranno benedette tutte le famiglie della terra», ad Isacco disse: «Ti benedirò e moltiplicherò la tua discendenza per amore di Abramo, mio servo» mentre a Giacobbe proclama: per te e per la tua discendenza saranno benedette le nazioni della terra. Abramo fu egli stesso benedizione, Isacco fu il benedetto, mentre Giacobbe fu causa di benedizione tra le genti, anzi il popolo di Dio stesso in Giacobbe diviene causa di benedizione tra i popoli. Per questa missione Giacobbe - a differenza di Abramo e Isacco - riceve da Dio la promessa di assistenza: «Ecco io sono con te e ti proteggerò dovunque tu andrai».
Il gesto che segue, quello di innalzare la stele (cioè una massebâ, pietra che poteva raggiungere anche 2-3 metri di altezza con la quale si ricordava un fatto sacro) e di ungerla è denso di significato. É la prima pietra di un santuario che attraverserà i secoli: il santuario di Bet’el ha goduto di molta fama anche al tempo dei grandi profeti come Amos e Geremia. Segno a sua volta di un tempio che segnerà il dimorare di Dio in mezzo al suo popolo.
I padri della chiesa, rifacendosi alle parole di Gesù a Natanaele hanno visto nella visione della scala l’incarnazione del Verbo, quale ponte gettato tra cielo e terra (persino Calvino vide nella scala la figura di Cristo: mediante il quale il ministero degli angeli la giustizia e la vita e tutte le grazie dello Spirito Santo discendono come per gradini fino a noi). Mentre nella pietra piantata a terra e unta con olio, essi videro Cristo stesso, l’Unto per eccellenza, santuario che le mani di Dio hanno fondato. Egli è il vero tempio, l’Emmanuele cioè il Dio con noi, ed insieme il vero popolo di Dio, primogenito tra molti fratelli.
La risposta di Giacobbe alla rivelazione divina è triplice: «JHWH sarà il mio Dio; Questa pietra sarà una casa di Dio; di quanto mi darai ti offrirò la decima».
Giacobbe si lega perciò a Dio con triplice voto: uno personale, uno che lo designa fondatore di un santuario e un terzo che lo rende iniziatore della decima. Poiché nell’esperienza di Giacobbe va vista in filigrana l’esperienza di tutto il popolo, ecco che abbiamo qui i fondamenti della religiosità di Israele: Israele è proprietà particolare di Dio; nei santuari, meta di pellegrinaggi si fonda la ricerca di una patria, di una terra che segni la piena comunione con Dio e tra gli uomini; l’offerta della decima fa di Israele una nazione santa e un popolo di sacerdoti, mediatore cioè tra la realtà mondana (il creato) e il divino (l’offerta).