Isacco: Motivo di lieto riso
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Introduzione
Nella precedente riflessione abbiamo visto come Dio abbia, per così dire, impresso in Abramo il volto della sua paternità, la parola ricorrente infatti era "ti farò padre di molti popoli". L’esperienza di Isacco, a parte l’episodio conosciuto come il "sacrificio di Isacco", appare invece, a prima vista, priva di eventi significativi. Leggendo anche solo superficialmente i capitoli 21-35 di Genesi (quelli cioè che vanno dalla nascita alla morte di Isacco) ci si accorge facilmente che la vicenda di Isacco sembra essere senza struttura propria: ciò che lo riguarda viene narrato in funzione del padre Abramo o del figlio Giacobbe. Isacco fin dal principio si presenta come il figlio della promessa, consegnato a un progetto che lo supera.
Ma vediamo di addentrarci nei particolari.
Isacco: Motivo di lieto riso
Abbiamo già rilevato quale importanza abbia il nome di una persona e il suo significato nel mondo biblico. Ad Isacco - a differenza di Abramo e Giacobbe ai quali viene cambiato il nome - Dio stesso impone il nome.
Allora Abramo si prostrò con la faccia a terra e rise e pensò: «Ad uno di cento anni può nascere un figlio? E Sara all’età di novant’anni potrà partorire?» […] E Dio disse: «No, Sara tua moglie ti partorirà un figlio e lo chiamerai Isacco» (Gen 17,17.19).
Il nome del figlio della promessa si presenta come un paradosso.
La tradizione rabbinica individua nell’esperienza dei patriarchi il principio e il prototipo di ogni esperienza umana e, un midrash, accostando tre versetti della Genesi (cfr. per Abramo: Gn 24,1; per Isacco: Gn 27,1; per Giacobbe: Gn 48,1), afferma che "Abramo iniziò la vecchiaia, Isacco la sofferenza, Giacobbe la malattia" (Genesi Rabah 65,10). Paradossalmente, proprio a Isacco il cui nome proclama il sorriso di Dio, è toccato in sorte dare inizio all’esperienza umana della sofferenza. Egli infatti che doveva essere la primizia di una numerosa discendenza, rimase un figlio unico e generò a sua volta due soli figli, che peraltro, in quanto gemelli, furono l’unico parto della loro madre.
Isacco poi morirà cieco e la sua miopia, per la tradizione rabbinica, ebbe inizio il giorno stesso del sacrificio sul monte Moria, allorché fu abbagliato dalla luce che si rifletteva sulla lama del coltello del padre. Colui che doveva aprire la via ad una sconfinata discendenza con fatica vedeva a un passo da sé, tanto che una volta vecchio scambiò i figli dando la benedizione della primogenitura a Giacobbe, il minore.
Tutto in Isacco rimanda ad altro, egli è come un dito puntato verso un oltre della storia che è già presente, ma non è ancora visibile e pienamente realizzato.
Egli unigenito di Abramo esprime la passione di Dio Padre per l’uomo, talmente grande da dare il suo Figlio, il suo unico Figlio, Gesù.
Nei capitoli precedenti il sacrificio sul monte Moria, si trovano continue allusioni al significato del nome Isacco, attraverso giochi di parole (Oltre ai passi citati si confronti anche Gen. 21,9 e nota di riferimento Isacco scherza (ride) con Ismaele e Gen. 26,8 in cui Isacco scherza con Rebecca) che hanno la funzione di sottolineare un contrasto, un paradosso.
L’annuncio della sua nascita scatena il riso di Abramo, come abbiamo visto, e quello ironico di Sara, nascosta dietro le tende, alle querce di Mamre (Gen. 8,12). A questo riso un po’ incredulo fa eco il sorriso di Dio che proclama come nulla sia a lui impossibile:
Ma il Signore disse: «Perché Sara ha riso dicendo: Potrò davvero partorire, mentre sono vecchia? C’è forse qualcosa di impossibile per il Signore? Al tempo fissato tornerò da te alla stessa data e Sara avrà un figlio». Allora Sara negò:«Non ho riso!», perché aveva paura; ma quegli disse: «Sì, hai proprio riso» (Gen.18,13-15).
Alla nascita del figlio sarà la stessa madre a sottolineare il significato del nome del bimbo: Abramo chiamò Isacco il figlio che gli era nato, che Sara gli aveva partorito. […] Allora Sara disse: « Motivo di lieto riso mi ha dato Dio: chiunque lo saprà riderà di me!» (Gen 21, 3. 6.).
Il nome Isacco sembra essere la forma abbreviata della frase ”Dio ha sorriso, si è mostrato favorevole”. Il nome del bimbo esprime dunque il carattere irrevocabile della promessa divina: Dio sarà favorevole perché quel figlio è il sorriso di Dio per l’umanità, un sorriso che risplende al di là e al di sopra della chiusura e dell’incredulità umana.