Il cammino verso la terra promessa e la morte di Mosè
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La gelosia divina che è anche la gelosia di Mosè esprime in modo sintetico quella che è stata la successiva esperienza del popolo nel deserto: la storia di un amore tormentato ed affascinante insieme. Quale nazione ha la divinità così vicina a sé come il Signore nostro Dio è vicino a noi ogni volta che lo invochiamo? (Dt 4, 7). Questa vicinanza si esprime tuttavia attraverso una nube, nube luminosa, ma oscura ad un tempo. La nube segnerà il cammino del popolo: fino a che la nube non si alzava il popolo non si muoveva.
Se nell’esperienza di Giacobbe Dio si era rivelato il Dio della storia, ora Dio si rivela come il Dio del tempo. Il deserto non può essere teatro di grandi eventi storici, non si incontrano popoli, città, nel deserto soltanto la luce e le tenebre sigillano i giorni. Dio in questo contesto educa il popolo a santificare il tempo a celebrare le feste, a mettere in pratica la parola della torah nei rapporti vicendevoli e comunitari. Il suo popolo è e sarà un regno di sacerdoti e una nazione santa (Es 19,6): Come regno di sacerdoti Israele doveva servire all’universalità del genere umano, per questo la legge gli fu data nel deserto, per proclamare che essa appartiene a tutte le nazioni e chiunque lo desidera, può appropriarsene (Mekiltà all’Esodo 10,1) mentre come nazione santa doveva osservare un particolare costume di vita, una vita di santità, destinata a caratterizzarla come un popolo distinto da tutte le nazioni del mondo (Epstein).
Mosè l’intercessore
In questo non facile processo di trasformazione Mosè fu il tutore, l’intercessore per eccellenza facendosi ora scudo del popolo presso Dio ora difensore di Dio presso il popolo. Ed egli poté svolgere questo compito in pienezza per la sua umiltà e purezza di cuore:
Disse il Signore a Mosè: Ora lasciami, che la mia ira divampi contro di loro e li consumi» (Es 32,10). Rabbi Abbahu ha detto: Se questa parola non stesse scritta sarebbe impossibile dirla. Essa insegna che Mosè afferrò il Santo - sia benedetto - come un uomo afferra il suo compagno per il vestito, e gli disse: «Signore del mondo, io non ti lascerò finché tu non rinunci e non perdoni loro!» (b. Berakot 32a). E ancora: Puro di cuore (sal 24,4) è Mosè: Se un uomo parlasse così al suo compagno, sarebbe offensivo; eppure Mosè disse: «Perché Signore, divamperà la tua ira contro il tuo popolo?» (Es 32,11). Sennonché il suo cuore era così puro, che egli non reclamava nulla per le sue necessità, ma per le necessità d’Israele (Deuteronomio Rabbah XI, 2). Tuttavia nonostante egli fosse l’uomo più umile e più mansueto che ci fosse sulla terra (cfr. Es 3,11; 4,10; Nm 12,3) a causa della durezza di cervice del popolo conobbe momenti di scoraggiamento che lo educarono alla pazienza: «Perché mi hai messo addosso il carico di tutto questo popolo? l’ho forse concepito io questo popolo, l’ho forse messo al mondo io perché tu mi dica: «Portatelo in grembo, come la balia porta il bambino lattante fino al paese che tu hai promesso con giuramento ai padri?» (Nm 11, 10).
Egli però rimase solidale verso di esso mettendo in gioco tutto se stesso anche la propria salvezza: «Se tu perdonassi il loro peccato! E se no cancella anche me dal libro che hai scritto!» (Es 32, 31).
Per questa sua audacia Mosè sarà chiamato l’amico di Dio, fedele servitore in tutta la sua casa (Eb 3,5) Egli parlava con Dio panim el panim, cioè faccia a faccia, fino a vedere la sua pelle trasfigurarsi e diventare raggiante. Egli desiderò ”vedere la Gloria di Dio” Ma anch’egli fu costretto, come il popolo a rimanere sotto l’ombra luminosa. Vide le spalle del Signore, ma non poté scorgerne il volto, quel volto ultimo e definitivo di Dio che apparirà molti secoli più tardi, su di un altro monte, il Tabor, dove Gesù Cristo, il Figlio di Dio, converserà con Lui ed Elia nella nube luminosa.
La morte di Mosè
Mosè durante la sua vita fu un uomo solo. Il popolo più volte mise in discussione la sua autorità, persino Aronne e Maria lo contrastarono, tanto che Dio li castigò con la lebbra, e Mosè pregò per la loro guarigione. Lasciò la famiglia per abbracciare la grande famiglia di Dio e educò Giosuè come un figlio, preparandolo alla missione di guida del popolo. Mosè morirà solo. Nessuno seppe mai quale fu la sua tomba.
Un lungo bellissimo Midrash racconta le ultime ore della vita di Mosè. Ore in cui egli supplicò il Signore di farlo entrare nella terra santa: Mosè tracciò un cerchio per terra, si mise al centro e disse: Signore del mondo, io non mi muovo di qui finché tu non cambi idea. si vestì di sacco si coprì di cenere e pregò il Signore perché avesse pietà di lui tanto che il cielo e la terra e tutto l’infinito universo tremarono. allora il Signore chiamò gli angeli e comandò di chiudere le porte del cielo perché la preghiera di Mosè non vi potesse entrare. […] Ma quando Mosè si accorse di non essere ascoltato disse ancora: Ti prego non abbandonarmi all’angelo della morte! Aspetta almeno che io benedica Israele che da me in tutta la vita non ha avuto alcuna gioia per i rimproveri che gli ho fatto. Cominciò allora a benedire ogni singola tribù[…] Ci fu allora un tenerissimo colloquio tra Mosè e il suo popolo […].
Manca un istante! gridò una voce dal cielo. Mosè, alzate le braccia, le mise sul petto e disse rivolto a Israele: Guardate come finisce la vita di un uomo! Dai cieli più alti scese il Signore accompagnato da tre angeli per raccogliere l’anima di Mosè Il primo preparò il letto, l’altro distese un panno di bisso al suo capo e il terzo ai suoi piedi. Mika’el si mise da una parte e Gabri’el dall’altra. Il Signore chiamò l’anima di Mosè: Esci, non indugiare[…] Esci. Io ti farò salire ai cieli più alti, ti metterò sotto il trono della mia maestà, accanto ai Cherubini e ai Serafini. In quell’istante il Santo baciò Mosè e gli raccolse l’anima in un bacio (Midrashim).
Mosè non vide la terra, perché il Signore era la sua promessa, egli incarnò pienamente la sorte della tribù di Levi: il Signore è mia parte di eredità e mio calice, nelle sue mani è la mia vita e nel bacio divino fu il suo riposo per l’eternità.