Stupore nella musica: armonia della chitarra classica
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Alberto Panni (traduzione di L.F.)
Esiste, forse, uno strumento perfetto?
Per esserlo, dovrebbe possedere oltre alle sue proprietà organiche, quelle di tutti gli altri.
Solo l'orchestra, meraviglioso arcobaleno della sonorità strumentale, è suscettibile di raggiungere la perfezione: ma contiene in sé tutti gli strumenti in una sola unità.
Ogni strumento musicale è un corpo magico di espressione magnetica; un astro luminoso nello stupendo infinito dei suoni.
La chitarra è vibrazione dell'anima quando in essa sospira l'alito divino; eco armoniosa di svariatissimi accenti; cassa sonora di voce emotiva ed umana, che possiede l'incanto della femminilità senza turbare i sensi. Ma, oltre al nome, ha della donna la tenerezza e l'incanto. Altri strumenti hanno la potenza di inondare di vibrazioni sonore l'udito e le percezioni coscienti; altri, la forza espressiva che va oltre la condizione umana; altri, la diversità dei timbri che danno luminoso rilievo al paesaggio sonoro. La chitarra serba in sé l'essenziale di tutti e il segreto della grazia espressiva, quel non so che indefinibile, come diceva padre Feijoo, che affascina e soggioga con irresistibile seduzione.
"La chitarra, piccola e umile", ha detto il maestro Millet, "ha una grazia particolarmente sua, più delicata e penetrante rispetto agli strumenti di maggior categoria nella storia dell'Arte". Ed Eugenio d'Ors, in uno dei suoi Glosaris, scriveva: "La canzone dell'arpa è un'elegia; la canzone del piano è un discorso; la canzone della chitarra è una canzone". Cioè, la naturale semplicità che nulla sfigura o altera, guardando o riflettendo virtualmente, l'essenziale dell'Arte.
Ogni strumento possiede qualcosa di più della sua costituzione organica. Non è soltanto l'anima del musicista che ottiene l'insieme di quei fattori che per le leggi dell'arte provocano la nostra estasi. C'è dell'altro che ad ogni strumento è particolare e che, dandogli un timbro inconfondibile, contribuisce suggestivamente ad arricchire il potere espressivo della musica strumentale. Ma lo strumento capace di riunire, senza l'aiuto di altri, l'immensa varietà che lo spirito umano esige per manifestarsi, non esiste ancora.
L'Organo, per esempio, così poderoso in quantità e varietà di registri, è unico per inondare le navate del tempio di celesti armonie e per la realizzazione di concezioni musicali dottamente architettoniche; altri strumenti, invece, sono più indicati per la musica profana o di carattere popolare.
Il piano,ricco per il suo giro, per la sua potenza e per le sue possibilità di realizzazioni ed esecuzioni, cede in varietà di timbri e in duttilità espressiva.
Il clavicordo preferisce custodire, con squisitezza e ricchezza di aurei timbri, il profumo evocatore dell'arcaico.
Il violino, re dell'orchestra, per l'imperio della sua altissima tessitura e per il potere espressivo delle sue continue vibrazioni, deve cedere, come i suoi congeneri più gravi, alla sovrapposizione di voci simultanee.
Fra gli strumenti di legno, il flauto, per la sua sonorità calda e soave, signoreggia nella poesia di accento idillico.
Il corno inglese e l'oboe sono penetranti di grazia e di malinconia pastorale.
Il clarinetto è nobile e umano per la sua voce espressiva; e il fagotto, grave e brontolone nella sua gutturale vibrazione.
La tromba, fra quelli di metallo, è evocatrice della poesia silvestre. La cornetta, tagliente, bellica o araldica, esalta ed eleva l'animo coi suoi suoni penetranti. Il corno da caccia, che suona in lontananza, come eco o diana di signorili venatorie, e i sassofoni bucolici e sensuali, parenti grotteschi dei fagotti, contribuiscono tutti col loro particolare carattere a formare la grande famiglia orchestrale che impera nel giro dei suoni.
Solo l'arpa occupa di diritto, fra gli strumenti a corde vibratili, un luogo insostituibile nell'orchestra. Con la soavità e limpidezza delle note, degli accordi e dei glissandi è complemento di armonia e di colore nell'insieme espressivo, come lo sono, in determinati momenti, la celesta, il timpano e altri strumenti a batteria e a percussione.
La chitarra, da sola, non può competere con nessuno di questi strumenti. Essa è soltanto essenza, riassunto, sintesi. Per questo, talvolta, parafrasando Berlioz che chiamava la chitarra "piccola orchestra", Wagner diceva che l'orchestra è una "gran chitarra".
Pochi strumenti posseggono la condizione di cui abbonda la chitarra, ed è la facoltà di adattamento a quanti generi, stili e caratteri musicali si conoscono attraverso i tempi, le razze e le latitudini. Ammette, nelle sue umane proporzioni, i modi arcaici come le tendenze estetiche moderne; si presta all'espressione raffinata dell'artista erudito come alla tecnica rozza dell'intuito incolto. Si presta al contrappunto rigoroso e alla spiritualità di Bach e dei suoi coetanei, come a quella dei classici, dei romantici e dei moderni.
Tutti i procedimenti musicalmente personali sono suscettibili di adattarsi ad essa, come il carattere etnico dei popoli che fondono il senso lirico nelle vibrazioni delle sue corde.
Si adatta al concerto del solista, e si accompagna all'orchestra, all'intimità e all'accompagnamento della voce o di altri strumenti, nel salone, nel teatro, all'aria aperta, servendo il canto e la danza... Soltanto a condizione che tutto questo ammetta i limiti del suo giro di estensione, di intensità e di durata permessi dalle sue sei corde. Non rinunzia ad avere una facoltà privilegiata, non posseduta da altri strumenti di più alta gerarchia, per tenere in sommo grado un determinato carattere e un limite di possibilità.
Il mimetismo cui si presta la chitarra risiede nella sua dualità storica. Da tempi remotissimi vediamo la chitarra a corte e in mezzo al popolo; nelle mani del musicista e in quelle del villano rozzo. Per la grazia delle sue linee e del suo lieve corpo, per il suono e l'ingegnosa semplicità della sua costituzione armonica, fu scelta dal popolo per accompagnarsi nelle danze e nei canti. Per la voce confidenziale delle corde, per la facoltà espressiva, per la varietà dei timbri e le qualità polifoniche, ebbe il favore del musicista e dell'artista e il suo posto d'onore a corte e in grandi saloni della più esigente società.
Amedeo Vives diceva che la chitarra ha simultaneamente tutti gli incanti dell'intimità e della lontananza; suona nello stesso tempo vicina e lontana, fuori di noi e nel profondo dell'anima; è come brezza e sospiro, voce ed eco.