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Sibelius e Bruckner: i due volti della Grazia - 2: la Quarta Sinfonia di Anton Bruckner

Fonte:
CulturaCattolica.it
Delle musiche che qui pubblico e commento ce ne sarebbe da dire. Entrambe sono lavori di grandiose proporzioni, entrambe sono punti di svolta per il loro compositore. Entrambe hanno lo spessore, la ricchezza, la grandiosità di un immenso poema. Su ciascuna di esse sono stati scritti libri interi. Esse sono la Seconda Sinfonia di Jean Sibelius (1902) e la Quarta Sinfonia di Anton Bruckner (1874).

Qui, nel mio piccolo, mi voglio soffermare solo su due parti di queste grandiose creazioni: i finali. Premetto che sono entrambe composizioni tra le più straordinarie, che più volte mi hanno fatto vibrare nel più profondo. Mi concentro su questi finali fondamentalmente per tre motivi. Innanzitutto per il loro fascino, la loro bellezza, la loro lucentezza. Secondariamente perché in tali passaggi entrambe le sinfonie (quella di Sibelius in particolare) trovano non solo il proprio compimento formale, ma anche e soprattutto il proprio compimento emotivo, il proprio akmé, la propria ragion d'essere esattamente al loro termine. In altre parole, se queste due sinfonie fossero state scritte identiche, ma con un finale diverso (diversi... diciamo gli ultimi 7-8 minuti), esse avrebbero avuto tutt'altro significato. Il terzo motivo è che ciascun brano mostra una maniera del tutto generale di intendere il rapporto con le cose e il Mistero. Un Mistero che in entrambe appare evidente, ma "accade" in modo del tutto diverso.

Fin dall'impostazione generale è del tutto differente Anton Bruckner (1824-1896), forse l'ultimo (e il più monumentale) dei grandi sinfonisti romantici. La sua musica ha sempre un carattere profondamente mistico e contemplativo, venendo spesso paragonata alle grandiosi costruzioni gotiche. Qui siamo negli ultimi 8 minuti di una sinfonia che dura più di un'ora, e ancora tutti i contrasti non si sono composti. La sinfonia giunge all’ultimo movimento senza avere ancora “risolto” nulla. Esso si svolge in un clima profondamente drammatico. Tale dramma continua a oscillare tra momenti di contemplazione e grandi “crescendo”, tra pause e sussulti. Il finale (che riporto) presenta una successione di episodi di vario carattere, come se al termine di tutto si spiegassero, una dopo l’altra, tutte le vibrazioni percepite dall’anima nel corso della vita. Inizialmente è presente un’atmosfera misteriosa e rarefatta, carica di tensione e incertezza (0- 1.05), rotta da sussulti eroici (1.05- 2.02), cui subentrano momenti di quieta e malinconica dolcezza (2.02-2.56). Tale dolcezza sfuma in un episodio di spensieratezza lieve, quasi superficiale (2.56- 3.40). Si avverte una cesura netta, un contrasto tra il clima assorto dei precedenti temi e la leggerezza di questo, come se ci si volesse distrarre, come se si volessero dimenticare tutti gli istanti pregnanti, carichi di significato. Ma al Senso profondo non si può sfuggire, e l’atmosfera superficiale via via si addensa, acquista sempre più tensione e peso (2.56 - 4.27)... è come se la domanda, il senso profondo delle cose e della vita si insinuassero ineluttabilmente proprio dove si era cercato di allontanarle. Proprio qui, però, inizia la fine della sinfonia, inizia l’epilogo dell’esperienza vissuta. Sembra scemare tutto in un sussurro, in una perdita di energia, in pochi fremiti (4.27-5.07) e niente altro, come se la vita, come se tutta l’esperienza si spegnessero a guisa di una candela. Invece, da lontano, dalle viscere della terra, giungono le misteriose note lunghe di corni e clarinetti. Su di loro gli archi intonano (piano) un tema martellante, come di marcia, incalzante, che contrasta nettamente con la staticità del richiamo degli ottoni. L’atmosfera torna rarefatta, le armonie sono indeterminate. Tutto è statico, ma non c’è riposo, tutto è carico di tensione. L’orchestra ripete gli stessi disegni crescendo lentamente... molto, molto lentamente... la tensione si fa sempre maggiore e l’angoscia inizia a delinearsi in una atmosfera sempre più visionaria e allucinata, con la tonalità che si fa nettamente minore. Gli archi incalzano e diviene evidente che tutto sta crollando, sta scendendo, si sta ormai scendendo agli inferi (5.07-5.39). Come se ci si rendesse conto della catastrofe imminente, il corno intona un tema struggente (5.39-6.23), carico della più lacerante malinconia... come a rievocare il passato (“Ma non era così, non doveva andare a finire così, perché, era tutto così bello, un tempo era tutto così dolce e ora tutto si è perduto, ahimè...”). Ma sotto il suo canto, spietatamente, gli archi continuano a incalzare con il loro tema martellante e ripetitivo in un'agghiacciante inesorabilità. Riprendono con più vigore le precedenti note tenute dei fiati, via via più forti e allucinate (6.23), rinforzate da inquietanti lontani richiami di trombe (6.30), come presagi di un inesorabile giudizio alle porte. Ormai l’orchestra sta suonando in “forte” (6.40), da “pianissimo” da cui era partita, la tonalità inesorabilmente minore. Si quieta pochi istanti (6.53), per compiere il definitivo balzo verso l’abisso, gli archi continuamente martellanti. Ma la tonalità inizia a divenire indeterminata: ciò che sembrava così evidente, nella sua tragicità senza speranza, vacilla... quanto udito finora ci farebbe percepire gli accordi come nettamente minori, ma ponendo attenzione al presente, dimenticando le note appena trascorse, ci si rende conto che, proprio là dove sta terminando l’atmosfera “rarefatta” e “sospesa”, la tonalità si fa sfumata (da 6.53). Maggiore o minore, maggiore o minore? Quando ci si rende conto che la tonalità è incredibilmente MAGGIORE (circa 7.20), essa ormai lo è già da un po’. È impossibile individuare esattamente DOVE ci sia il passaggio da minore a maggiore! È assurdo, ma quella stessa marcia che portava inevitabilmente agli inferi, alla tragedia più nera, sfocia nella più chiara e grandiosa luce (7.30), gli archi martellanti diventano il nerbo, l’energia, la forza pulsante del luminoso, nobile corale di ottoni che porta all’apoteosi finale! (Notate che tra l’ultimo accordo e gli applausi corrono ben 7 secondi! Segno evidente che l’esecuzione ha lasciato tutti letteralmente senza fiato) La GRAZIA SOVERCHIANTE! Ecco come si palesa, come agisce! Molto schematicamente si potrebbe definire una visione cattolica. Proprio ciò che ti portava agli inferi, proprio quello, ti porta alla luce. Era evidente che ti avrebbe portato agli inferi, invece proprio quella era la strada per l’apoteosi, per il paradiso, per l’estasi!

Bruckner, Sinfonia n. 4

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