Il calendario dell'8 Ottobre
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Eventi
▪ 316 - Costantino I sconfigge l'imperatore Licinio nella battaglia di Cibalae
▪ 451 - A Calcedonia, una città della Bitinia in Asia Minore, si apre la prima sessione del Concilio di Calcedonia (terminerà il 1 novembre)
▪ 1582 - Questo giorno non esiste nel calendario gregoriano: per riallineare il calendario alle stagioni, i giorni dal 5 al 14 ottobre 1582 vengono saltati
▪ 1600 - San Marino adotta la sua costituzione scritta
▪ 1604 - Viene avvistata la prima supernova Keplero
▪ 1815 - L'ex-Re di Napoli Gioacchino Murat sbarca con ventotto compagni a Pizzo Calabro per cercare di recuperare il proprio trono, ma è arrestato
▪ 1871
- - Nel Wisconsin, un incendio boschivo divampa in sei contee, facendo 1.100 vittime
- - Grande incendio di Chicago: un grosso incendio a Chicago brucia 4.900 km² in un giorno, distruggendo circa 17.450 edifici, uccidendo 250 persone e lasciandone altre 90.000 senzatetto
▪ 1912 - Inizia la Prima guerra balcanica: il Montenegro dichiara guerra alla Turchia
▪ 1918 - Prima guerra mondiale - Nella Foresta delle Argonne in Francia, il Caporale statunitense Alvin C. York uccide 25 soldati tedeschi e ne cattura 132, praticamente da solo
▪ 1939 - Seconda guerra mondiale: la Germania si annette la Polonia occidentale
▪ 1941 - Seconda guerra mondiale: durante l'invasione dell'Unione Sovietica le truppe tedesche raggiungono il Mar d'Azov e catturano Mariupol
▪ 1943 - L'Italia firma l'armistizio con gli Alleati
▪ 1967 - Che Guevara e i suoi uomini vengono catturati in Bolivia
▪ 1968 - Guerra del Vietnam: Operazione Sealords - Forze statunitensi e sudvietnamite lanciano una nuova operazione nel Delta del Mekong
▪ 1970 - Guerra del Vietnam: a Parigi, una delegazione comunista rigetta la proposta fatta dal presidente statunitense Richard Nixon, avanzata il 7 ottobre, come "una manovra per ingannare l'opinione pubblica mondiale"
▪ 1982 - Il governo polacco mette al bando Solidarnosc
▪ 1985 - Durante il dirottamento della nave Achille Lauro viene ucciso il cittadino americano Leon Klinghoffer
▪ 1990 - Conflitto Israelo-Palestinese: a Gerusalemme, la polizia israeliana uccide 17 palestinesi e ne ferisce oltre 100, nei pressi del Duomo delle Rocce, sulla Collina dei templi
▪ 1991 - Il parlamento croato taglia gli ultimi legami con la Jugoslavia
▪ 2001 - Disastro aereo di Linate: un bimotore Cessna Citiation e un aereo della SAS si scontrano nella nebbia in fase di decollo all'Aeroporto di Milano Linate; 118 vittime
▪ 2003 - Tornado di intensità F1 sulla scala Fujita sul litorale della città di Pesaro
▪ 2005 - Un terremoto di 7,6 gradi Richter scuote il Pakistan nella regione del Kashmir causando più di 30.000 vittime, di cui gran parte bambini
▪ 2008 - Per la prima volta, le maggiori Banche Centrali del mondo concertano ed attuano un taglio dei tassi d'interesse, in Europa e negli USA dello 0,50%, per tentare di arginare la crisi finanziaria dovuta ai mutui subprime.
Anniversari
▪ 1803 - Il conte Vittorio Amedeo Alfieri (Asti, 16 gennaio 1749 – Firenze, 8 ottobre 1803) è stato un drammaturgo, poeta e scrittore italiano.
«Volli, e volli sempre, e fortissimamente volli» (dalla Lettera responsiva a Ranieri de' Calsabigi, 1783)
«Nella città di Asti, in Piemonte, il dì 17 gennaio[1] dell'anno 1749, io nacqui di nobili, agiati ed onesti parenti».
Così Vittorio Alfieri - maggiore poeta tragico italiano del Settecento - presenta se stesso nella Vita scritta da esso, autobiografia scritta intorno al 1790. Nel corso della sua breve quanto intensa esistenza lo scrittore non trascurerà neppure questo genere letterario. Del resto, il suo carattere tormentato, oltre che a delineare la sua vita in senso avventuroso, lo renderà un precursore delle inquietudini romantiche.
▪ 1944 - Sergio Panunzio (Molfetta, 20 luglio 1886 – Roma, 8 ottobre 1944) è stato un giornalista e politologo italiano.
Dal socialismo al fascismo
Affascinato dalle idee socialiste fin dalla prima gioventù, Sergio Panunzio iniziò a pubblicare i suoi primi articoli sul settimanale "Avanguardia socialista" di Arturo Labriola, quando era ancora studente dell'Università degli Studi di Napoli. Proprio durante i suoi studi universitari il contatto con docenti della levatura di Francesco Saverio Nitti, Napoleone Colajanni, Igino Petrone e Giuseppe Salvioli contribuì notevolmente alla formazione del suo pensiero socialista. Nel 1908 si laurea in Giurisprudenza discutendo una tesi su L'aristocrazia sociale, incentrata sul sindacalismo rivoluzionario, avendo come relatore Giorgio Arcoleo. Nel 1911 consegue presso lo stesso ateneo la laurea in Filosofia.
Nella sua fervida attività di giornalista e saggista, Panunzio si avvalse di eclettici riferimenti teorici, fra cui spiccano i pensieri di Georges Sorel e Francesco Saverio Merlino, per invocare un processo di revisione critica delle idee marxiste. Fu il primo, tra l'altro, a definire lo Stato sovietico come una "dittatura sul proletariato, e non del proletariato".
Nel 1914 aderì all'ala interventista del Partito Socialista Italiano, ed in seguito alla fondazione del quotidiano "Il Popolo d'Italia" da parte di Benito Mussolini divenne uno dei suoi più assidui collaboratori, firmando numerosi articoli sul sindacalismo e sulla teoria dello Stato moderno. Nel 1907 pubblica il suo primo studio, intitolato Il socialismo giuridico, in cui teorizza l'opposizione alla borghesia solidarista ed al sindacato riformista del sindacato operaio destinato a trasformare radicalmente la società.
Filosofo e giurista
Aderendo al Fascismo fin dagli inizi, Panunzio pone la sua opera al servizio del nuovo Stato definendo nei suoi scritti la teoria alla base dell'organizzazione sindacale e corporativa come componente principale dello Stato.
Panunzio riesce ad ottenere da Mussolini che l'iscrizione di base ai sindacati fascisti non sia vincolata al tesseramento al PNF.
Nel 1928 diviene Preside della Facoltà Fascista di Scienze Politiche dell'Università degli Studi di Perugia, la prima facoltà di Scienze Politiche del mondo: questa facoltà universitaria era l'unica per la cui ammissione era richiesta l'iscrizione al Partito Nazionale Fascista. Secondo alcuni studiosi, egli "fornisce con le sue teorie una patina di legittimità rivoluzionaria alla dittatura fascista"
I rapporti di Panunzio con il regime fascista non furono comunque sempre idilliaci, dal momento che nel 1938 egli espresse categoricamente la sua contrarietà alla promulgazione delle leggi razziali.
L'archivio di Sergio Panunzio è stato digitalizzato ed è attualmente disponibile alla ricerca presso la Fondazione Ugo Spirito in Roma.
▪ 1966 - Célestin Freinet (Gars, 15 ottobre 1896 – Saint-Paul de Vence, 8 ottobre 1966) è stato un pedagogista ed educatore francese, fautore della pedagogia popolare.
Nato il 15 ottobre 1896, Freinet, quinto di otto figli di una famiglia contadina. I suoi ricordi del periodo scolastico erano pessimi e influenzarono il suo metodo di insegnamento e il suo desiderio di riformare la scuola.
Nel 1915 viene arruolato nell'esercito francese e nel 1916 ferito gravemente ad un polmone, esperienza che fa di lui un convinto pacifista.
Dopo anni di convalescenza nel 1920 inizia a insegnare in una piccola scuola nel villaggio di Bar-sur-Loup. Nel 1923 riprende gli studi e si laurea in lettere ma rifiuta una cattedra in una scuola superiore. Nel 1924 avvia le prime esperienze di corrispondenza scolastica e di stampa a scuola dei testi dei ragazzi; gradualmente comincia a formarsi un gruppo di insegnanti che fanno riferimento alle sue idee. Nel 1926 conosce Elise, che diventa sua moglie nel 1930.
Nel 1927 a Tours, si tiene il primo congresso L'imprimerie à l’école e poco dopo, nel 1928, nasce la C.E.L., Cooperativa per l’Insegnamento Laico.
Nel 1933 si trasferisce a Saint Paul dove il suo operato lo pone in contrasto con l'establishment del paese contrario alla sua visione di scuola laica.
Nel 1935, apre a Vence, con l’aiuto della moglie Elise ed il supporto delle organizzazioni operaie locali, l'École Freinet strutturata senza classi, con molti laboratori e soprattutto molto spazio all'aperto: una scuola privata gestita in maniera cooperativa, dove applica le idee ed i metodi di lavoro messi a punto fino ad allora.
Allo scoppio della seconda guerra mondiale Freinet viene internato nel campo di Saint-Maximin e la sua scuola viene chiusa. Nell'ottobre del 1941 viene liberato; a quel punto si da alla macchia e partecipa alla resistenza, arrivando a dirigere il maquis della Vallouise.
Finita la guerra ritorna all’attività di educatore che continua con impegno ed entusiasmo fino alla morte che avvenne l’8 ottobre 1966.
Nei primi anni ’50 intorno a lui si è formato un gruppo di insegnanti che, condividendo le sue idee ed i suoi metodi, collaboravano nelle attività della corrispondenza interscolastica e nello scambio di giornalini. Questo movimento presto supera i confini della Francia per diventare internazionale (nel 1957 nasce la FIMEM, Féderation Internationale des Mouvements de l'École Moderne arrivando ad influenzare in maniera importante l’evoluzione del pensiero e della pratica didattica in Italia ed in Europa nella seconda metà del 1900.
Il metodo naturale
L'insieme della sua proposta didattica va sotto il nome di metodo naturale.
È la proposta di fare riferimento alla vita reale nell’impostare l’attività didattica, sia per quanto riguarda gli strumenti, che per quanto riguarda i metodi di lavoro. Freinet cercava di riprodurre i meccanismi con i quali i bambini imparano ad esempio ad andare in bicicletta (altro strumento che negli anni 30 e 40 conservava ancora un aspetto di "tecnologia avanzata", insieme ad un fascino indiscutibile sui ragazzi) procedendo sostanzialmente per tentativi ed errori.
La struttura cooperativa, necessaria per gestire l'École Freinet, viene utilizzata per rendere i ragazzi compartecipi dei problemi, anche finanziari, legati alla gestione della loro attività, permettendo loro di costruirsi un sistema di valori che comprendeva il rispetto del bene comune e la costruzione del senso di gruppo.
La cooperazione
In questo contesto l’attività di apprendimento può diventare un modo di contribuire alla crescita sia personale che del gruppo, e la correzione diventa un’attività di supporto reciproco tra alunni e tra questi ed il docente. La cooperazione, sia quella tra pari che quella con il docente, è “intessuta” come strumento educativo fondamentale nella sua proposta fin dalla base.
Altro aspetto importante è l’idea di dare una dignità di "prodotto culturale autonomo" al lavoro degli alunni. Per raggiungere questo obiettivo proponeva l’utilizzo di tutte le più moderne tecnologie (all'epoca la stampa tipografica era una tecnologia estremamente avanzata per una scuola elementare). Egli cercava di soddisfare il desiderio di essere all’avanguardia, naturale in ogni ragazzo, ma anche di poter ottenere i risultati migliori sul piano formale: una pagina scritta da una stampante sarà sempre più "dignitosa" dello stesso testo scritto a mano.
Per riassumere:, a differenza dei numerosi altri pedagogisti dell’attivismo comparsi tra la fine del 1800 e la prima metà del '900, Freinet dà un inquadramento complessivo sia sul piano didattico, che su quello valoriale, alla proposta di introdurre l’attività pratica nell’educazione scolastica.
Tra le sue proposte metodologiche ricordiamo:
▪ l’utilizzo della stampa in classe per produrre prima testi, poi giornalini di classe, a supporto dell’apprendimento della scrittura;
▪ l’utilizzo della corrispondenza interscolastica per dare un’applicazione pratica all’attività dei ragazzi;
▪ l’introduzione delle cooperative produttive per fornire un supporto concreto all’attività conoscitiva dei ragazzi, nei settori matematici e scientifici.
Bibliografia italiana
▪ (Elise) Nascita di una pedagogia popolare, (1949), tr. it., Roma, Editori Riuniti, 1973.
▪ I detti di Matteo (Una moderna pedagogia del buon senso), (1959), tr. it., Firenze, la Nuova Italia, 1962.
▪ La scuola moderna, (1946), tr. it., Torino, Loescher, 1963.
▪ Le mie tecniche, (1967), Firenze, La Nuova Italia1971.
▪ Il metodo naturale. L'apprendimento della lingua, (1968), tr. it., Firenze, La Nuova Italia, 1971.
▪ Saggio di psicologia sensibile (applicata all'educazione), (1950-1968), tr. it., Firenze, Le Monnier, 1972.
▪ La scuola del popolo, (1969), tr. it., Roma, Editori Riuniti, 1973.
▪ L'apprendimento della lingua secondo il metodo naturale, (1970), Firenze, La Nuova Italia, 1974.
▪ L'educazione del lavoro, (1967), Roma Editori Riuniti, 1977.
▪ La scuola del fare. Principi (vol. I), e La scuola del fare. Metodi e tecniche (vol. II), tr. it., Milano, Emme Ed., 1977-78.
▪ L'apprendimento della scrittura, (1971), tr. it., Roma, Editori Riuniti, 1978.
▪ L'apprendimento del disegno, (1969), tr. it., Roma, Editori Riuniti, 1980.
▪ 1973 -Gabriel Marcel (Parigi, 7 dicembre 1889 – Parigi, 8 ottobre 1973) è stato un filosofo e scrittore francese.
Studiò al Liceo Carnot ed alla Sorbona, dove risentì dell'influenza di Léon Brunschvicg e di Henri Bergson. Si laureò con una tesi su L'influence de Schelling sur les idées métaphisiques de Coleridge, svolse l'attività di professore di liceo fino al 1923, insegnando a Vendôme, Sens, Parigi e Montpellier.
Nel suo itinerario filosofico si è dovuto spesso confrontare con la riflessione filosofica di Heidegger e Jaspers, accogliendo alcune istanze della corrente esistenzialista, ma senza per questo riconoscersi del tutto in questo orientamento di pensiero. Nel 1927 ha pubblicato a Parigi il suo Giornale metafisico, una sorta di diario filosofico in cui è documentata e svolta in maniera personale la riscoperta dell'esistenza in senso religioso. Di religione ebraica, nel 1929 si è convertito al cattolicesimo trovando in esso l'orizzonte che cercava. Nel 1935 pubblica un'altra opera importante, introdotta dalla pubblicazione di poco precedente del saggio Posizione e approcci concreti del mistero ontologico: Essere e Avere, in cui approda al tema dell'esistenza in rapporto all'essere e all'avere, nonché alla distinzione tra problema e mistero. In tutta la sua opera è chiara l'ispirazione religiosa del suo pensiero, volto al rapporto tra uomo e uomo e tra uomo e Dio, e a rifiutare qualsiasi oggettivazione possibile di tali rapporti, in una logica che concepisce l'esistenza come dono e non come problema, aprendo l'uomo al mondo in una dimensione dell'essere che si può scorgere e cogliere nei due fondamentali momenti della fedeltà e dell'amore, che dunque fondano la soggettività rivolta verso l'altro e verso Dio.
La filosofia di Marcel: L'essere come mistero
Criticando la separazione di origine cartesiana tra soggetto ed oggetto, che ha portato l'uomo a pensare in maniera ingiusta di poter dominare il mondo, Marcel afferma che è necessario ricuperare l'unità fra soggetto ed oggetto, partendo dall'Io e dal corpo, che non è altro da me, in quanto "io sono il mio corpo". È errato considerare la domanda sull'essere come un problema e tentare di risolverlo in termini razionali; esso infatti è un mistero e come tale trascende l'analisi razionale. L'uomo può scegliere tra l'avere e l'essere. Il primo è l'atteggiamento errato di chi si affida in modo completo all'analisi empirica ed oggettivizzante la scienza; il secondo è proprio di chi accetta il mistero dell'essere e la sua trascendenza. Per potersi avvicinare ad esso sono necessari l'amore, come rapporto con un altro Io che è unico e differente da tutti gli altri (superando il Cogito ergo sum cartesiano che scinde il soggetto capace di conoscere e il soggetto vitale) e la fede in Dio, che Marcel definisce il Tu assoluto. Secondo Marcel, esiste una profonda differenza tra problema e mistero. Il primo si presenta oggettivamente come un qualcosa che si pone di fronte al soggetto; il soggetto, tuttavia, non è implicato nel problema stesso, cioè si trova in una posizione esterna, vede le cose dall'alto, e tenta una soluzione che possa essere intersoggettivamente condivisa; in questo caso la soluzione è in linea di principio distinta dal processo che ne ha permesso l'individuazione. Il mistero, invece, è un enigma che coinvolge in prima persona il soggetto, in quanto immerso nel mistero dell'essere; in questo caso la soluzione non è un procedimento scientifico oggettivante e a portata di mano, bensì un percorso personale che apre la strada alla trascendenza. La stessa distinzione si può quindi fare tra due diverse concezioni del sapere: quella scientifico-oggettivante e quella filosofico-esistenziale. Per la conoscenza scientifica, infatti, ciò che conta è il risultato, e una volta che questo sia stato raggiunto diventa irrilevante sia il percorso che si è fatto per ottenerlo, sia l'autore di tale percorso. Per fare un esempio: se uno scienziato scopre una formula chimica per ottenere una medicina, ciò che più conta è tale formula, mentre come ci si è arrivati e chi l'ha scoperta non servono ai fini dell'utilizzo di tale prodotto. In filosofia la questione cambia radicalmente: il percorso filosofico, intrapreso da un soggetto ricercante, non è separabile dal risultato raggiunto, anche perché questo è spesso parziale e, più che risolvere problemi, indica e suggerisce categorie interpretative. Il filosofo, inoltre, è esso stesso coinvolto nella propria riflessione, cosìcché qualsiasi teoria non può prescindere dal proprio autore, e dal cammino che egli ha svolto per approdare alla sua verità. Mentre era ancora in vita, gli studiosi etichettarono la riflessione di Marcel col nome di "esistenzialismo"; egli, però, rifiutò di considerare se stesso un esistenzialista (come del resto già faceva Heidegger) e preferì definire la sua filosofia "socratismo cristiano".
Opere
▪ Il sacro nell'età della tecnica
▪ Manifesti metodologici di una filosofia concreta
▪ Dal rifiuto all'invocazione, saggio di filosofia concreta 1940
▪ Homo viator
▪ Il declino della saggezza
▪ La dignità umana e le sue matrici esistenziali
▪ Dialogo sulla speranza
▪ Gli uomini contro l'umano
▪ Il mistero dell'essere 1951
Bibliografia
▪ Pietro Prini, Gabriel Marcel e la metodologia dell'inverificabile, Edizioni Studium, Roma 1977. ISBN 8838233705
▪ Marco Lancellotti, Marcel. Antinomie e metafisica, Edizioni Studium, Roma 2003. ISBN 8838239169
Sergio Labate, "Intimità e trascendenza. La questione dell'io a partire da Gabriel Marcel", Edizioni Scientifiche italiane, Napoli 2007. ISBN 8849514255
▪ 1985
- Riccardo Bacchelli (Bologna, 19 aprile 1891 – Monza, 8 ottobre 1985) è stato uno scrittore e drammaturgo italiano.
Bacchelli nacque a Bologna il 19 aprile 1891, primo di cinque fratelli. Il padre Giuseppe, amministratore cittadino di idee liberali, fu avvocato stimato, e la madre Anna Bumiller, sveva, aiutò Giosuè Carducci a imparare il tedesco.
Bacchelli compie il liceo classico e si iscrive alla Facoltà di Lettere, ma non porta a termine gli studi per seguire i propri interessi culturali. Il 16 dicembre 1940 l'Università di Bologna gli conferisce la laurea honoris causa in Lettere
Vicende biografiche
Si arruolò volontario alla scoppio della prima guerra mondiale come ufficiale di fanteria; fu congedato nel 1919. Trasferitosi a Milano nel 1926, si unì in matrimonio con Ada Fochessati. Dal 1941 al 1944 fece parte dell'Accademia d'Italia; era socio dell'Accademia Nazionale dei Lincei di Roma, dell'Accademia della Crusca e dell'Istituto lombardo di Scienze e Lettere. Ricevette la laurea honoris causa dalle Università di Bologna e di Milano. Il 17 aprile 1971 ricevette l'Archiginnasio d'oro, massimo riconoscimento del Comune di Bologna. Fu il primo italiano illustre a ricevere l'assegno vitalizio previsto dalla legge Bacchelli, dell'8 agosto 1985, che prende il nome proprio dal noto scrittore.
Attività
Il suo primo romanzo è Il filo meraviglioso di Lodovico Clo', 1911, cui seguono i Poemi lirici 1914. Nel 1918 si dedica al teatro con Amleto, emblema della difficoltà del moderno vivere. Segue nel 1923 Lo sa il tonno favola di genere filosofico-morale. La prima delle opere artisticamente fondamentali della produzione bacchelliana è Il diavolo al Pontelungo (1927) che rievoca idee, vicende e personaggi del mondo anarchico emiliano e italiano di fine Ottocento. Tra queste figure spicca quella epica di Bakunin, che si trova a Bologna per ispirare e patrocinare moralmente, con l'aiuto anche di Andrea Costa, i moti falliti del 1874. Il romanzo è attraversato da una sottile e garbata ironia.
Seguono La città degli amanti, 1929, Una passione coniugale, 1930, Oggi domani e mai, 1932, Mal d'Africa, 1935, Il rabdomante, 1936, Iride, 1937, fino a quella che è stata l'opera più vasta e che maggiore notorietà popolare ha dato a Bacchelli, Il mulino del Po, 1938-40. L'opera, che ha un posto di rilievo nella storia della letteratura italiana, composta di oltre duemila pagine e suddivisa in tre parti, ciascuna con singola titolazione, è frutto di un immane lavoro di ricerca nella cultura e nella storia locale e narra la saga di una famiglia ferrarese, dedita all'avventurosa professione di mugnai sulle rive ferraresi del fiume Po, sullo sfondo di uno scenario storico-sociale più che centenario che va dall'epoca napoleonica alla prima guerra mondiale. Nella vicenda rivivono figure e fatti della storia e della tradizione locale, inquadrati peraltro con rara sensibilità e competenza, a volte anche con richiami espliciti, nel più ampio contesto della storia nazionale. A questo romanzo si ispira l'omonimo sceneggiato televisivo prodotto dalla RAI e andato in onda nel 1963.
Altre opere
Nel 1941 appare Gioacchino Rossini, nel 1942 Il fiore della mirabilis. La produzione continua con Il pianto del figlio di Lais, 1945, di argomento biblico, Lo sguardo di Gesù, 1948, Il figlio di Stalin, 1953, Gli schiavi di Giulio Cesare, 1957, Non ti chiamerò più padre, 1959, narrante l'avventura di Francesco d’Assisi vista dalla parte del padre Bernardone. Seguono, tra il 1967 ed il 1978 altri romanzi quali Il rapporto segreto, Afrodite: un romanzo d'amore, Il progresso è un razzo, Il sommergibile.
Altrettanto prolifica fu la produzione saggistica, lirica e teatrale di Bacchelli, che ne fanno uno del più fecondi letterati italiani.
Egli collaborò con Sandro Bolchi alla sceneggiatura de I promessi sposi, sceneggiato televisivo RAI andato in onda nel 1967, ispirato all'omonimo romanzo di Alessandro Manzoni.
Dopo aver collaborato con le riviste La Voce di Firenze (1912-1916) e La Raccolta di Bologna (1918-1919), fu tra i fondatori della rivista romana La Ronda (1919-1923). A Milano fu critico teatrale per La Fiera Letteraria e fu corrispondente di altri giornali tra cui il Corriere della Sera.
Presso la Biblioteca comunale dell’Archiginnasio è l'archivio personale dello scrittore bolognese denominato fondo speciale Riccardo Bacchelli, comprendente documenti, fotografie, bozze, recensioni, appunti ed un ampio carteggio.
Morte e sepoltura
Bacchelli morì a Monza, nel 1985, alla veneranda età di anni 94 e fu sepolto nel cimitero di Bologna.
- Leon Klinghoffer (24 settembre 1916 – 8 ottobre 1985) è stato un cittadino statunitense di New York, di religione ebraica.
Disabile a causa di un ictus era obbligato a utilizzare una sedia a rotelle. Durante il sequestro della nave da crociera Achille Lauro venne ucciso e gettato in mare dai dirottatori palestinesi che avevano preso il controllo della nave. Dalla sua uccisione iniziò un delicato contenzioso tra i governi d'Italia e degli Stati Uniti che portò alla cosiddetta Crisi di Sigonella.
▪ 1992
- Willy Brandt, pseudonimo di Herbert Ernst Karl Frahm (Lubecca, 18 dicembre 1913 – Unkel, 8 ottobre 1992), è stato un politico tedesco membro del Partito socialdemocratico tedesco (Sozialdemokratische Partei Deutschlands - SPD).
È stato sindaco di Berlino dal 1957 al 1966, Ministro degli esteri e Vicecancelliere dal 1966 al 1969 e Cancelliere della Repubblica Federale Tedesca dal 21 ottobre 1969 al 6 maggio 1974, quando fu costretto a dimettersi dopo la scoperta di una rete di spionaggio a favore della Repubblica Democratica Tedesca. Il 10 dicembre 1971 gli venne conferito il Premio Nobel per la Pace.
Willy Brandt era figlio di Martha Frahm, cassiera di supermercato e ragazza madre. Fu allevato dalla madre e dal nonno; non conobbe il padre, e una volta cresciuto non volle mai incontrarlo pur sapendo dove dimorava. Nel 1929 entrò nella gioventù socialista e un anno dopo nella SPD. L'anno successivo 1931 passò al Partito Socialista dei Lavoratori (Sozialistische Arbeiterpartei - SAP).
Nel 1932 si diplomò a Lubecca. Dopo il 1933 e la presa di potere da parte di Adolf Hitler il partito fu dichiarato illegale. I suoi membri decisero di opporsi clandestinamente al nazionalsocialismo e Brandt fu incaricato di costituire una cellula di opposizione a Oslo, emigrò quindi in Norvegia assumendo nel 1934 il nome di copertura di Willy Brandt che nel 1949 divenne il suo nome ufficiale.
Con il nome di copertura di Gunnar Gaasland tornò in Germania da settembre a dicembre del 1936, in seguito si recò in Spagna come reporter di guerra nella guerra civile spagnola.
Nel 1938 il regime nazista lo espulse e lo privò della cittadinanza, Brandt fece quindi richiesta della cittadinanza norvegese. Durante l'occupazione tedesca della Norvegia nella seconda guerra mondiale fu per un breve periodo prigioniero tedesco, alla cattura indossava una divisa norvegese e non fu riconosciuto, dopo il rilascio fuggì in Svezia. Nell'agosto 1940 l'ambasciata norvegese di Stoccolma gli concesse la cittadinanza norvegese. Rimase a Stoccolma fino alla fine della guerra.
Nel 1945 tornò in Germania come corrispondente per alcuni giornali scandinavi e nel 1948 riacquistò la cittadinanza tedesca e l'anno successivo il nome Willy Brandt divenne il suo nome ufficiale.
La carriera politica
Berlino
La sua carriera politica cominciò nel 1949 come deputato della SPD per la città di Berlino presso il primo Bundestag tedesco. Nel complesso fece parte del Bundestag dal 1949 al 1957, dal 1961 fino al 27 dicembre 1961 e dal 1969 fino alla sua morte, in tutto per quasi 31 anni. Nel 1950 divenne membro della camera dei deputati di Berlino, mandato dal quale si dimise solo nel 1971, due anni dopo la sua elezione a cancelliere. Nel 1955 divenne presidente della Camera dei deputati di Berlino e dal 1957 al 1966 fu sindaco della città. Questa carica gli valse enorme popolarità per merito del suo atteggiamento deciso nei confronti dell'ultimatum di Khrushchev nel 1958 e durante la costruzione del muro nel 1961. Dal 1 novembre 1957 al 31 ottobre 1958 fu Presidente del Bundesrat.
Ministro e vicecancelliere
Nelle elezioni del 1961 Brandt fu il candidato cancelliere per il suo partito contro Konrad Adenauer ma fu sconfitto. Nel 1964 divenne presidente della SPD, posizione che mantenne fino al 1987. Nel corso delle elezioni del 1965 fu nuovamente sconfitto da Ludwig Erhard, dopo il ritiro di quest'ultimo, avvenuto nel 1966, divenne cancelliere Kurt Georg Kiesinger (CDU) che formò una coalizione allargata con la SPD. Brandt divenne ministro degli esteri e vicecancelliere.
Cancelliere
Dopo le elezioni del 1969 Willy Brandt formò una coalizione con la FDP, formando il primo governo Brandt. La coalizione disponeva di una maggioranza risicata (sei voti) e Brandt divenne il quarto cancelliere della storia della Repubblica Federale.
Il periodo di Brandt è caratterizzato dalla cosiddetta Ostpolitik finalizzata a ridurre la tensione della guerra fredda e che portò alla stipulazione di diversi trattati con l'Unione Sovietica e la Polonia e in seguito ad un trattato con la DDR. Furono il motivo principale per cui gli venne conferito il premio Nobel per la pace nel 1971.
Il 7 dicembre 1970 mentre si trovava a Varsavia per la firma del trattato, in occasione della visita al monumento in memoria della distruzione del ghetto di Varsavia Brandt si inginocchiò.
Il gesto che suscitò scalpore nel mondo fu valutato in modo controverso in patria.
Per sua dichiarazione successiva fu una silenziosa e dovuta ammissione di colpa da parte di una persona che pur esterna ed estranea all'accaduto se ne prendeva carico in quanto appartenente al popolo tedesco.
Poche ore dopo quest'episodio firmò il trattato di Varsavia con il quale la Germania riconobbe la Linea Oder-Neisse rinunciando a qualunque rivendicazione territoriale.
Benché gli storici attuali affermino che i trattati contribuirono al futuro crollo dei governi comunisti e che posero le basi per la riunificazione tedesca, ai tempi Brandt incontrò una forte opposizione da parte dei partiti conservatori che lo accusarono di aver conferito maggiore potere al governo della DDR tramite l'accordo di reciproco riconoscimento concluso nel 1972.
Dall'inizio della legislatura Brandt fino al 1972 aveva cambiato schieramento, passando dalla SPD e dalla FDP all'unione, un numero tale di parlamentari che la coalizione perse la maggioranza. Il capogruppo della CDU/CSU, Rainer Barzel ritenne quindi di poter sostituire Brandt utilizzando l'istituto della sfiducia costruttiva. Gli mancarono due voti per divenire cancelliere (in seguito venne appurato che almeno un deputato della CDU era stato corrotto dalla DDR). Anche la coalizione guidata da Brandt non aveva una maggioranza che le permettesse di operare per cui nel settembre del 1972 Brandt pose la mozione di fiducia, come consuetudine i ministri si astennero e la mozione risultò negativa, il presidente Gustav Heinemann sciolse quindi il Bundestag.
La campagna elettorale per le elezioni del '72 si trasformò in un vero e proprio referendum su Willy Brandt e la sua Ostpolitik, tanto che lo slogan elettorale dei socialdemocratici fu "Willy Brandt muss Kanzler bleiben!" (Willy Brandt deve rimanere Cancelliere!). Brandt vinse le elezioni con largo margine, facendo guadagnare alla SPD tre milioni di voti.
Confermato cancelliere, Brandt ebbe a disposizione una larga maggioranza nel Bundestag, e formò, sempre con i liberali, il secondo governo Brandt. Per la prima volta la SPD era il gruppo parlamentare più numeroso e quindi la ratifica dei trattati con i paesi dell'est era assicurata.
Il 6 maggio 1974 Brandt si dimise – sorprendendo l'opinione pubblica – a causa del coinvolgimento di un suo collaboratore, Günter Guillaume, in uno scandalo spionistico.
Gli storici e studiosi di politica sono attualmente giunti alla conclusione che lo scandalo fu solo un pretesto per le dimissioni, i veri motivi furono stanchezza e depressioni che portarono anche a critiche da parte del suo partito sulla sua guida sempre più caratterizzata dall'indecisione.
Il successore fu Helmut Schmidt, Willy Brandt rimase presidente della SPD.
Dopo le dimissioni
Nel 1976 Brandt divenne presidente dell'Internazionale socialista e lo rimase fino al 1992, fu membro del Parlamento Europeo dal 1979 fino al 1 marzo 1983. Nel 1987 si dimise dalla guida della SPD in seguito alle pesanti critiche ricevute per aver proposto Margarita Matthiopoulos come portavoce del partito.
Nel 1977 assunse la guida della Independent Commission for International Developmental Issues nota anche come Commissione Nord-Sud (North-South Commission) che il 12 febbraio 1980 presentò il proprio rapporto conclusivo (il cosiddetto Brandt-Report) al Segretario generale delle Nazioni Unite a New York.
Il 14 giugno 1987 fu nominato presidente onorario a vita della SPD, alla guida del partito gli successe Hans-Jochen Vogel.
Brandt continuava a far parte del Bundestag e come membro anziano presiedette, dopo le elezioni del 1987, la prima seduta della nuova legislatura, già nel 1983 il deputato anziano suo compagno di partito, Egon Franke gli aveva lasciato questo onore.
Nel 1990 Brandt aprì il primo Bundestag congiunto dopo la riunificazione. La riunificazione tedesca realizzò il suo sogno di una vita.
Morte e riconoscimenti
Nel 1991 gli fu diagnosticato un tumore all'intestino in stadio avanzato. Willy Brandt morì l'8 ottobre 1992 a Unkel. Aveva 80 anni.
È sepolto presso il Waldfriedhof Zehlendorf a Berlino-Nikolassee, a fianco di Ernst Reuter, suo (non immediato) predecessore come sindaco di Berlino. Sulla sua tomba, ha scritto come epitaffio "Ich habe es versucht", "Ci ho provato". Al suo funerale, per un momento venne intonato dalla banda un canto degli spartachisti tedeschi, a ricordare con delicatezza germanica la militanza di Willy Brandt nella resistenza.
▪ L'École nationale d'administration, gli ha dedicato il corso di laurea 2007\2008.
▪ Quando il suo partito, la SPD, trasferì la sede nazionale da Bonn a Berlino, nei primi anni novanta, gli ha dedicato la sede nazionale: il Willy-Brandt-Haus.
L'11 luglio 2008, il sindaco di Palermo Diego Cammarata, su proposta dell'assessore alla Toponomastica del Comune di Palermo, Carlo Vizzini, ha dedicato una via della città a Willy Brandt. Altre città hanno similmente operato.
- Romolo Deotto (Viadana, 1911 – 8 ottobre 1992) è stato un medico, accademico e rettore italiano. Docente di Microbiologia e poi rettore dell'Università Statale di Milano dal 1969 al 1972.
Romolo Deotto nacque a Viadana, provincia di Mantova nel 1911 e si laureò in medicina a Milano, dov'era stato allievo del professor Pietro Rondon.
Durante la seconda guerra mondiale fu capitano medico degli alpini nella divisione Tridentina e visse la ritirata di Russia, lo scrittore Giulio Bedeschi lo ricorda nella sua opera riguardante quel periodo.
Nel 1956 ricopre la cattedra di microbiologia a Sassari.
Nel 1968 viene nominato rettore della Statale, trovandosi all'improvviso coinvolto da quei moti che avrebbero segnato la storia di Milano degli anni settanta.
Dal 1972, anno in cui abbandonò la carica di rettore alla Statale, si dedicò nuovamente all'attività di ricerca.
È stato presidente dell'Associazione degli Amici dell'Università di Gerusalemme.
È deceduto a Milano l'8 ottobre 1992.