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Il calendario dell'11 aprile.

Eventi

- 1713 - Guerra di successione spagnola firma del Trattato di Utrecht

- 1775 - Germania: ultima esecuzione per un reato di stregoneria

- 1797 - Inizia la Battaglia di Montenotte

- 1803 - Francia il ministro degli Esteri Charles Talleyrand offre in vendita il territorio della Louisiana agli Stati Uniti

- 1814 - Francia - Resa di Napoleone che ripara all'isola d'Elba

- 1848 - Castelnuovo del garda strage ad opera degli occupatori austriaci

- 1868 - Giappone: abolizione dello Shogunato (Shogun)

- 1899 - Spagna: cessione di Porto Rico agli Stati Uniti

- 1912 - Cohb: Il Transatlantico Titanic parte dalla città portuale irlandese

- 1921 - Viene creato l'Emirato di Transgiordania

- 1941 - Seconda guerra mondiale: la Luftwaffe bombarda Coventry, Inghilterra

- 1945 - Seconda guerra mondiale: forze statunitensi liberano il campo di concentramento di Buchenwald

- 1951 - Guerra di Corea: il presidente americano Harry S. Truman esonera il generale Douglas MacArthur da ogni incarico di comando in Corea

- 1961 - USA: il cantante Bob Dylan debutta a New York

- 1963 - Vaticano: papa Giovanni XXIII pubblica l'enciclica Pacem in Terris, sulla pace fra tutte le genti

- 1965 - USA: una serie di tornado colpisce la zona centro-occidentale degli Stati Uniti provocando 256 vittime

- 1968

  1. - Germania il capo del movimento studentesco Rudi Dutschke viene ferito a colpi di pistola a Berlino da un fanatico filo-nazista
  2. - USA: il presidente Lyndon Johnson firma il Civil Rights Act del 1968 che proibisce ogni discriminazione nella vendita, nell'affitto e nel finanziamento nell'acquisto di una abitazione


- 1970 - USA: lancio dell'Apollo 13

- 1975 - Italia, riforma radiotelevisiva: lottizzati i telegiornali RAI ai partiti

- 1979 - Uganda: viene deposto il dittatore Idi Amin

- 1987 - Muore, probabilmente suicida, Primo Levi, cadendo o gettandosi dalle scale della sua casa di Torino

- 1991 - Iraq: fine della Prima guerra del Golfo

- 2001 - Cina: i componenti l'equipaggio di un aereo americano EP-3E atterrato ad Hainan dopo una collisione con un F-8 da combattimento vengono rilasciati dopo un periodo di prigionia

- 2002 - Venezuela: un golpe supportato dagli Stati Uniti e da importanti gruppi economici internazionali costringe il presidente Hugo Chavez alle dimissioni

- 2006
  1. - Italia: viene arrestato, dopo 43 anni di latitanza, il boss mafioso Bernardo Provenzano
  2. - Italia: risultati delle elezioni politiche. Vittoria risicata della coalizione di centrosinistra guidata da Romano Prodi

Anniversari

- 1903 - Gemma Galgani (Capannori, 12 marzo 1878 – Lucca, 11 aprile 1903) è stata una santa italiana, legata particolarmente all'ordine dei passionisti, al quale peraltro mai appartenne, ma alla cui spiritualità fu sempre conforme. Scomparsa a soli 25 anni, beatificata nel 1933, fu canonizzata da papa Pio XII nel 1940.
La sua memoria liturgica è, universalmente, l'11 aprile, giorno della sua morte, sebbene venga ricordata dall'ordine passionista e dalla diocesi di Lucca il 16 maggio..
Nata nel 1878 a Borgonuovo, frazione del comune di Capannori, presso Lucca, rimase orfana della madre a soli sette anni. Cresciuta col padre e i fratelli a Lucca studiò presso le Suore Oblate dello Spirito Santo fino al giorno in cui, a causa d'un fallimento, la sua famiglia perse ogni avere e si trasferì in una povera abitazione in via del Biscione (oggi via Santa Gemma Galgani) dove ricevette, secondo quanto ella stessa racconta, il dono delle stigmate[2], le piaghe che furono inferte sulle mani e sui piedi di Gesù Cristo durante la crocifissione.
Rifiutata dai monasteri della città, per vari motivi, venne adottata dalla ricca famiglia Giannini che le offrì vitto e alloggio nella propria casa, in via del Seminario a Lucca. Lì Gemma visse gli ultimi anni della sua giovane vita, assistita spiritualmente da monsignor Volpi, suo confessore, e dal passionista Germano Ruoppolo, che in seguito scrisse la sua prima biografia.
Affetta da tubercolosi venne allontata, per prevenzione, dall'abitazione dei Giannini e condotta in una casa vicina, in via della Rosa dove morì a soli 25 anni. Dopo la sua morte cominciò l'edificazione d'un monastero di passioniste a Lucca, come ella aveva ardentemente desiderato e dove ancora oggi riposano le sue spoglie.

- 1977 - Henri-Irénée Marrou (Marsiglia, 12 novembre 1904 – Bourg-la-Reine, 11 aprile 1977) è stato uno storico francese, specialista in storia del cristianesimo antico.
Nacque nel 1904 da genitori originari della Provenza. Diplomatosi brillantemente al liceo Adolphe Thiers di Marsiglia, nel 1925 entrò a l'École Normale Supérieure di Parigi e nel 1929 ottenne l'abilitazione per l'insegnamento di storia e geografia nelle scuole superiori. Nel 1930 su segnalazione del suo maestro Jérôme Carcopino entrò all'École française di Roma, dove lavorò alla sua tesi di dottorato su sant'Agostino e partecipò a scavi archeologici in Algeria.
Ammiratore di Teilhard de Chardin e di Charles Péguy, nel 1933 conobbe a Parigi Emmanuel Mounier, con cui collaborerà alla rivista Esprit fondata da Mounier nel 1932. Ottenuto il dottorato nel 1937 con una tesi su Sant'Agostino e la fine della cultura antica, accettò di essere nominato professore di lettere all'Università del Cairo dove rimase per circa un anno. Rientrato in Francia, Marrou fu nominato mâitre de conférences all'Università di Nancy. Amante della musica, firmò, con lo pseudonimo di « Henri Davenson »,degli articoli e dei saggi di musicologia.
L'11 settembre 1939 poco dopo lo scoppio della Seconda guerra mondiale, fu arruolato come ufficiale del servizio di sanità all'ospedale militare di Marsiglia. Congedato nel settembre del 1940, non poté tornare a Nancy situata nella zona occupata dai tedeschi e perciò fu nominato docente all'Università di Montpellier. Durante il suo soggiorno a Montpellier, Marrou aderì alla resistenza contro l'occupazione nazista. Nell'ottobre del 1941 Marrou fu nominato mâitre de conférences alla facoltà di lettere dell'Università di Lione. In quel periodo, affinché i giovani non fossero influenzati dalla propaganda del regime collaborazionista, Marrou accettò di dirigere un gruppo itinerante di studenti cui tenne delle conferenze. Egli fu attivo anche nell'opera di salvataggio dei membri della comunità ebraica lionese e non pochi fuggirono in Svizzera grazie al suo interessamento.
Nel 1945 Marrou venne nominato professore di storia del Cristianesimo antico all'Università della Sorbona di Parigi. Nel prestigioso ateneo parigino insegnerà per quasi trent'anni, durante i quali vedranno la luce tutte le sue opere più importanti. Egli fu uno dei primi collaboratori della collana Sources chrétiennes dell'editore parigino Du Cerf che pubblicava opere di Padri della Chiesa come la La lettera a Diogneto e Il pedagogo di Clemente Alessandrino. Oltre a opere dedicate al periodo della tarda antichità come Storia dell'educazione nell'antichità del 1948 e a Sant'Agostino come Agostino e l'agostinismo del 1955, Marrou scrisse due testi in cui rifletté sull'attività dello storico e sui rapporti tra storia e teologia: La conoscenza storica del 1954 e Teologia della storia del 1968.
Il 3 febbraio 1967 Henri-Irénée Marrou fu eletto membro dell'Académie des inscriptions et belles-lettres. Il mese di maggio del 1968 segnò l'inizio di un nuovo periodo della vita dello studioso: L'esasperazione degli studenti per le pessime condizioni dell'insegnamento era da lui compresa, ma non poteva condividere l'esito rivoluzionario di questa protesta. La riforma dell'università che seguì alle agitazioni portò alla divisione della Sorbona in diversi atenei: Marrou scelse d'insegnare all'Università di Parigi IV, non per ragioni politiche, ma perché non voleva separarsi dai latinisti ed ellenisti che lì avevano le loro cattedre. Quest'epoca di profonde trasformazioni riguardò anche la Chiesa cattolica che usciva dal Concilio Vaticano II, Marrou ed altri intellettuali cristiani cercarono con la rivista Les quatre fleuves uscita nel 1973 di ribadire quella che per loro era la vera meta della speranza cristiana contro le letture rivoluzionarie del cristianesimo molto in voga in quegli anni.
Alle soglie dei settant'anni, nell'autunno del 1973, Marrou fu sollevato dai corsi universitari e venne destinato al Centro di ricerche sul cristianesimo antico dove rimase dal 1º ottobre 1973 al 30 settembre 1975, mentre la sua cattedra venne affidata all'allievo Charles Pietri nell'ottobre del 1976. Intanto il 9 gennaio 1976 aveva perso la moglie Jeanne Bouchet, Marrou non si riprenderà più dal dispiacere per questa separazione. Il 15 marzo 1977 intervenne per l'ultima volta in pubblico, qualche giorno dopo si ammalò e in seguito a molte sofferenze morì la notte del 11 aprile 1977.

Opere
* Tristezza dello storico, Brescia, 1999 (orig. 1939);
* Fondamenti di una cultura cristiana, Roma, 1948;
* Sant'Agostino e la fine della cultura antica, Milano, 1987;
* Storia dell'educazione nell'antichità, Roma, 1950;
* La conoscenza storica, Bologna, 1988;
* Agostino e l'agostinismo, Brescia, 1990;
* Nuova storia della Chiesa, Torino, 1970;
* Teologia della storia, Milano, 1979;
* Decadenza romana o tarda antichità? III-VI sec., Milano 1979.

- Jacques Prévert (Neuilly-sur-Seine, 4 febbraio 1900 – Omonville-la-Petite, 11 aprile 1977) è stato un poeta e sceneggiatore francese.

Poetica
La poesia di Prévert è una poesia scritta per essere detta e quindi più parlata che scritta, fatta per entrare a far parte della nostra vita. Ciò che esce con prepotenza è il concetto di amore come unica salvezza del mondo, un amore implorato, sofferto, tradito, ma alla fine sempre ricercato. Una gioia che coincide con la nascita e con la vita, e a sua volta con la primavera le grand bal du printemps e anche con la figura del bambino, la sua semplicità e gioia che si ribella alle istituzioni, come la scuola, quel posto dove "si entra piangendo e si esce ridendo" . Come già detto il ribellarsi alle istituzioni e la voglia estrema di libertà si ritrova pienamente nell'immagine dell'uccello, più volte presente nella poesia di Prévert. L'amore non si può incatenare o forzare, è quanto di più spontaneo esista al mondo, chiunque provi ad istituzionalizzarlo o a sottometterlo finisce inevitabilmente per perderlo "je suis allé au marché aux esclaves mais je ne t'ai pas trouvée mon amour", anzi quando si prova l'amore, quello vero non vi è neanche il desiderio di incatenarlo, è spontaneo, libero, come quello de I ragazzi che si amano. Il germe della gioia c'è sempre, il male, per quanto possa aver preso il sopravvento in tutte le sue forme, la guerra la prima, non riesce ad essere totalizzante, "tout le monde ne peut pas tuer tout le monde et alors tout saccagé qu'il est le grand bal du printemps peut-etre ne fait que recommencer", e il poeta lo fa notare.

Il surrealismo
Quando apparve l'opera di Prévert in Francia si pensò che fosse nato il poeta che avrebbe risollevato le sorti della poesia francese moderna. Una poesia, quella di Prévert venuta alla luce sotto l'influenza del surrealismo e via via, durante il corso degli anni, modificatasi con continue accensioni di non facili qualità. Prévert passa nella sua poesia dal gioco attento dell'intelligenza al controllo della sensibilità, dall'uso scanzonato dell'ironia ad una semplicità di espressione che a volte, ad un lettore superficiale, può sembrare sfiorare la banalità. Egli partecipa in modo sentimentale ai climi poetici affrontati ma anche con rigorosa obbedienza ad un simbolismo di alta scuola francese, sempre alla ricerca di un ritmo che non si discosta mai dal linguaggio comune. La poesia prevertiana è di una facilità pericolosa perché ricca di ritmi interni, di giochi di parole, di diverse situazioni psicologiche che sono lo specchio di questo grande poeta francese.

Paroles
Quando nel 1946 apparve la sua opera più famosa, Paroles, tutti rimasero favorevolmente colpiti e non solo da parte della letteratura engagée che già conosceva la poesia di Prévert per averla letta in diverse occasioni, fin dal 1930, sulle pagine delle riviste letterarie, ma anche da parte di coloro che glorificando solamente la sua esperienza complementare, come quella del cinematografo, ritenevano il poeta non altro che un autore di versi per canzonette in voga. Le parole alle quali Prévert si affida sono audaci e l'accostamento che crea tra di esse può sembrare a volte brutale o polemico o blasfemo, ma invece è molto più saggio di quanto possa apparire. Anche i classici "inventaire" non sono banali ma costruiti su ritmi e sospensioni, su ragionamenti profondi che, pur alternando gli elementi più disparati, vengono fissati da una forte partecipazione e osservazione acuta del mondo che lo circonda. Una delle poesie più note di questa opera è I ragazzi che si amano.

Il motivo polemico
La poesia di Prévert parte sempre da un motivo polemico, e da una continua lotta al più deleterio conformismo, facendo nascere spesso una satira violenta soprattutto nelle poesie più impegnate dove non c'è posto per il sentimentalismo. Le parole di Prévert, che nascono spontanee dal suo umore, esprimono, a seconda delle occasioni, la forza del rimpianto, della violenza, dell'ironia, della tenerezza, della vendetta e dell'amore e non sono altro che le parole alle quali l'uomo comune dedica la propria vita.

L'humor
Le sue "histoires" sono sempre formulate attraverso un ben preciso gioco di parole che possono sembrare a volte strane, a volte banali, a volte coltissime, oppure tramite una imprevedibile improvvisazione che sfocia nell'humor. Ma, anche nei divertissement, Prévert ha la sua polemica da far valere a volte anche a scapito del risultato poetico, vizio tipico di quei poeti francesi rivoluzionari che non accettano compromessi letterari per difendere le loro idee, come il clochard non accetta compromessi sulla sua professione di clochard.

Il poeta anarchico
Prévert può considerarsi un anarchico che sconfina con le sue parole nel regno della bestemmia e dell'ingiuria, ma la sua non è altro che la voce del cittadino che protesta. I temi sono dunque quelli comuni come la collera istintiva contro chi comanda e fa le leggi, contro i finti moralisti, contro chi ama e vuole le guerre, contro chi giudica.

I personaggi
I personaggi delle poesie di Prévert sono quelli incontrati a Rue de Seine, sulle panchine delle Tuileries, nei bistrò, nelle squallide pensioni di Clichy, sui lungosenna, là dove sono di casa l'amore e la miseria, ma non sono mai personaggi anonimi perché ognuno ha il suo problema da risolvere entro la sera, la sua risata contro chi comanda, un figlio da piangere, un amore da ritrovare, un ricordo e una speranza.

Poesie-chansons
Le poesie di Prévert o meglio le sue "tranches de vie" si offrono facilmente ad una interpretazione musicale perché non si allontanano molto dallo schema tradizionale delle chanson tipicamente francesi senza far sì che questo ne diminuisca il valore soprattutto se si pensa che nei tabarins e nelle strade di Parigi hanno raccolto consensi Le Dormeur du Val di Arthur Rimbaud, Le pont Mirabeau e Les saltimbanques di Guillaume Apollinaire, Si tu t'imagines di Queneau.

Gran ballo di Primavera
Gran Bal du Printemps nasce dalla felice unione artistica di Prévert e del fotografo Israelis Bidermanas, un ebreo lituano arrivato ventenne a Parigi. A Iziz è intitolata la prima poesia della raccolta, ed Iziz era il soprannome dell'amico fotografo le cui immagini accompagnavano le poesie di Gran ballo di Primavera nella prima edizione del libro La Guilde du livre, edizione fuori commercio, Losanna, 1951. L'editore Gallimard nel 1976, riunì questa raccolta in Charmes de Londres (Incanti londinesi) privandola delle foto e facendone un libro di poesie autonomo. Prévert ed Izis non solo usavano mezzi comuni, dall'immagine visiva e verbale, ma condividono l'immagine di un mondo. L'immagine del "mercante d'immagini" e del "suonatore ambulante" della poesia in apertura del volume è Izis ma è prima di tutto il poeta stesso. Entrambe le raccolte, Il gran ballo di Primavera e Incanti londinesi, sono l'invito ad un viaggio non tanto della bellezza artistica, quanto di quella umana. Le poesie della raccolta Il gran ballo di Primavera sono pervase dalla musica ed è questa la musica di Parigi e di Londra, è la musica delle filastrocche per bambini, è quella dei carillon delle giostre e di tutte le voci anonime che si sentono ad ogni angolo di strada.

Fatras
Fatras apparve in Francia nel 1966 ed è uno degli ultimi libri di Prévert che conclude in modo ideale il lungo itinerario percorso.
Bibliografia
* Paroles, 1946
* Spectacles, 1951
* La pluie et le beau temps, 1951 trad. it. in Il Prévert di Prévert, 1967
* Histoires, et d'autres histoires, 1963
* Arbres, 1976
* Soleil de nuit, postumo, 1980

- 1985 - Enver Hoxha (IPA /?n'v?? 'h??a/) (Argirocastro, 16 ottobre 1908 – Tirana, 11 aprile 1985) è stato un politico albanese.
Guidò l'Albania dalla fine della seconda guerra mondiale fino alla sua morte nel 1985 come primo segretario del Partito del Lavoro d'Albania (partito comunista). Fu anche primo ministro dell'Albania dal 1944 al 1954 e ministro degli Affari Esteri dal 1946 al 1953.
Hoxha nacque ad Argirocastro, nel sud dell'Albania. Era figlio di un mercante albanese. Per gli studi liceali si trasferì a Korça, in un liceo francese. Nel 1930 andò a studiare, con una borsa di studio statale, all'Università di Montpellier in Francia, ma abbandonò presto. Dal 1934 al 1936 fu segretario al consolato albanese di Bruxelles. Studiò anche legge alla locale università (studi che non concluse). Ritornò in Albania nel 1936 e divenne insegnante a Coriza.
Hoxha fu rimosso dal suo posto di insegnante in seguito all'invasione italiana del 1939 per essersi rifiutato di iscriversi al partito fascista albanese. Lavorò in un negozio di tabacco a Tirana, dove ben presto cominciò a ritrovarsi un piccolo gruppo di comunisti. Sotto la guida e con l'aiuto dei comunisti jugoslavi prese la guida del Partito Comunista Albanese (chiamato successivamente Partito del Lavoro) dal novembre 1941, così come del movimento di resistenza (Esercito di Liberazione Nazionale).
Sotto la sua guida, il Partito Comunista Albanese prese il potere nel novembre del 1944, nonostante i continui attacchi subiti dalle componenti nazionaliste (Balli Kombetare), già vicine alle forze d'occupazione.
Hoxha si dichiarava un marxista-leninista ortodosso, grande ammiratore del dittatore sovietico Stalin. Prese come modello l'Unione Sovietica e irrigidì le relazioni con i suoi vecchi alleati, i comunisti jugoslavi, in seguito alla condanna della loro ideologia, decisa a Mosca nel 1948. Il suo ministro della difesa, Koçi Xoxe (/'k??i '????/), fu condannato a morte e giustiziato un anno dopo per attività pro-jugoslave.
Nella possibilità di un'invasione da parte dell'Europa Occidentale, dal 1950 Hoxha fece costruire in tutto il paese migliaia di bunker in cemento per una persona, per essere usati come posti di guardia e ricoveri di armi; il loro numero potrebbe essere superiore ai 500.000. La loro costruzione accelera quando nel 1968 esce ufficialmente dal Patto di Varsavia, aumentando il rischio di un attacco straniero.
Hoxha rimase un convinto stalinista nonostante la relazione del ventesimo congresso del Partito Comunista Sovietico, e questo significò l'isolamento dell'Albania dal resto dell'Europa orientale comunista. Hoxha era deciso di seguire la politica stalinista e criticando i revisionisti russi di aver cambiato il loro sistema economico. Nel 1960 Hoxha avvicinò l'Albania alla Repubblica Popolare Cinese in seguito alla crisi sino-sovietica, compromettendo le relazioni con Mosca negli anni seguenti. Nel 1968 l'Albania si ritirò dal Patto di Varsavia come reazione all'invasione sovietica della Cecoslovacchia.
Nel 1967, dopo due decenni di ateizzazione sempre più forte, Hoxha dichiarò trionfalmente che la nazione era il primo paese dove l'ateismo di stato era scritto nella Costituzione. In quella del 1976 l'articolo 37 recitava: "Lo Stato non riconosce alcuna religione e sostiene la propaganda atea per inculcare alle persone la visione scientifico-materialista del mondo", mentre il 55 proibiva la creazione "di ogni tipo di organizzazione di carattere fascista, anti-democratico, religioso o anti-socialista" e vietava "l'attività o propaganda fascista, anti-democratica, religiosa, guerrafondaia o anti-socialista, come pure l'incitazione all'odio nazionale o etnico". L'articolo 55 del codice penale del 1977 stabiliva la reclusione da 3 a 10 anni per propaganda religiosa e produzione, distribuzione o immagazzinamento di scritti religiosi. Parzialmente ispirato dalla Rivoluzione Culturale in Cina, egli procedette alla confisca di moschee, chiese, monasteri e sinagoghe. Molti di questi furono trasformati in musei o uffici pubblici, altri in officine meccaniche, magazzini, stalle o cinema. Ai genitori fu proibito dare nomi religiosi ai figli. I villaggi con nomi di santi furono rinominati con nomi non religiosi.
Secondo un rapporto di Amnesty International pubblicato nel 1984, lo stato dei diritti umani in Albania era cupo sotto Hoxha. A causa dell'isolamento e del deperimento dei rapporti con il blocco sovietico, alcuni diritti civili come la libertà di parola, di religione, di stampa e di associazione, sebbene la costituzione del 1976 li enunciasse, vennero sensibilmente compressi con una legge del 1977, per garantire stabilità ed ordine.
La morte di Mao nel 1976, e la sconfitta della Banda dei quattro nella successiva lotta intestina al partito comunista cinese nel 1977 e 1978 portò alla rottura tra Cina e Albania, che si ritirò in un isolamento politico, mentre Hoxha si ergeva a baluardo anti-revisionista criticando sia Mosca che Pechino.
Nel 1981 Hoxha ordinò l'arresto e l'esecuzione capitale di diversi dirigenti di partito e di governo accusati di corruzione e di attività controrivoluzionaria. Probabilmente per questo motivo il Primo ministro Mehmet Shehu, la seconda figura politica del regime, si suicidò nel dicembre 1981.
In seguito Hoxha si ritirò in gran parte dalla vita pubblica e attribuì molti incarichi di governo ad un dirigente più giovane, Ramiz Alia. La morte di Hoxha l'11 aprile 1985 comportò una certa distensione sia interna che in politica estera, sotto la guida del suo successore Ramiz Alia, mentre il potere del partito comunista si indeboliva come in altri paesi nell'Europa dell'Est, giungendo all'abbandono in Albania del regime a partito unico nel 1990, ed alla sconfitta del riformato Partito Socialista nelle elezioni del 1992. Dopo la fine del regime sono stati organizzati processi contro i familiari del Dittatore. Non sono risultati però processi di indebito arricchimento, simili a quelli di altri regimi totalitari. La figura di Hoxa quindi se si configura anche nei suoi aspetti drammatici e persino grotteschi di autoisolamento antidemocratico non è però quella di un tiranno corrotto o di un satrapo. Rappresenta probabilmente una vicenda esemplare delle luci e delle molte ombre di un governo prettamente ideologico.

La repressione politica sotto Hoxha
La repressione politica di Hoxha in Albania provocò migliaia di vittime. R. J. Rummel aveva ipotizzato 100.000 uccisioni (1945-87). Il Washington Times il 15 febbraio 1994 ha stimato da 5.000 a 25.000 esecuzioni politiche. Il WHPS ha parlato di 5.235 oppositori del regime giustiziati dal 1948 al 1952. L'ultima cifra, che appare come la più verosimile, è quella fornita l'8 agosto 1997 dal New York Times, che ha parlato di 5.000 esecuzioni politiche. Invece la prima cifra, quella di Rummel, sembra ormai data come esagerata.

- Primo Levi (Torino, 31 luglio 1919 – Torino, 11 aprile 1987) è stato uno scrittore italiano autore di racconti, memorie, poesie e romanzi.
Nel 1944 venne deportato nel campo di sterminio di Auschwitz. Il suo romanzo Se questo è un uomo, che racconta le sue esperienze nel lager nazista, è considerato un classico della letteratura mondiale.
Primo Levi venne trovato morto nell'aprile 1987 alla base della tromba delle scale di casa sua, dando adito a sospetti di suicidio.
Nato il 31 luglio 1919 da Ester Luzzati and Cesare Levi, appartenenti ad una famiglia di origini ebraiche proveniente dalla Provenza e dalla Spagna, Primo Levi vive un'infanzia turbata da alcune incomprensioni con il padre, dovute ad una notevole differenza di età e ad un differente carattere. Nel 1934 si iscrive al liceo classico "Massimo d'Azeglio" di Torino, noto per aver ospitato docenti illustri e oppositori del fascismo come Augusto Monti, Franco Antonicelli, Umberto Cosmo, Norberto Bobbio, Cesare Pavese, Massimo Mila, Leone Ginzburg e molti altri. Questi insegnanti furono però allontanati, e il clima politico lì presente si raffreddò.

Studi universitari e prime esperienze lavorative
Nel 1937 si diploma e si iscrive al corso di laurea in chimica presso l'Università di Torino. Nel novembre del 1938 entrano in vigore in Italia, dopo che in Germania l'antisemitismo si è manifestato attraverso atti di violenza e sopraffazione, le leggi razziali, che introducono gravi discriminazioni ai danni dei cittadini italiani che il regime fascista considera "di razza ebraica".
Le leggi razziali hanno un determinante influsso indiretto sul suo percorso universitario ed intellettuale. Scrive: "Nella mia famiglia si accettava, con qualche insofferenza, il fascismo. Mio padre si era iscritto al partito di malavoglia ma si era pur messo la camicia nera. Ed io fui balilla e poi avanguardista. Potrei dire che le leggi razziali restituirono a me, come ad altri, il libero arbitrio."
Le leggi razziali precludono l'accesso allo studio universitario agli ebrei, ma concedono di terminare gli studi a quelli che lo hanno già intrapreso. Levi è in regola con gli esami, ma, a causa delle leggi razziali, ha difficoltà a trovare un relatore per la sua tesi; si laurea comunque nel 1941, a pieni voti con lode, con una tesi in fisica. Il diploma di laurea riporta la precisazione «di razza ebraica». In quel periodo suo padre si ammala di tumore. Le conseguenti difficoltà economiche e le leggi razziali rendono affannosa la ricerca di un impiego. Viene assunto in maniera semi illegale in un'impresa che lo incarica di trovare un metodo economicamente conveniente per estrarre le tracce di nichel contenute nel materiale di scarto di una cava d'amianto. A questo periodo risalgono i primi esperimenti letterari, due brevi racconti pubblicati molti anni dopo all'interno del romanzo Il sistema periodico.
Nel 1942 si trasferisce a Milano, avendo trovato un impiego migliore presso una fabbrica svizzera di medicinali. Qui Levi, assieme ad alcuni amici, viene in contatto con ambienti antifascisti militanti ed entra nel Partito d'Azione clandestino.

Nel campo di Auschwitz
Nel 1943 si inserisce in un nucleo partigiano operante in Val d'Aosta. Poco dopo, nel dicembre 1943, viene arrestato dalla milizia fascista nel villaggio di Amay sul versante verso Saint-Vincent del Col de Joux (tra Saint-Vincent e Brusson) e trasferito nel campo di transito di Fossoli presso Carpi in provincia di Modena. Il 22 febbraio 1944, Levi ed altri 650 ebrei vengono stipati su un treno merci (oltre 50 individui per vagone) e destinati al campo di concentramento di Auschwitz in Polonia. Levi fu qui registrato (con il numero 174 517) e subito condotto al campo di Buna-Monowitz, allora conosciuto come Auschwitz III, dove rimase fino alla liberazione da parte dell'Armata Rossa. Fu uno dei venti sopravvissuti fra i 650 che erano arrivati con lui al campo. Levi attribuisce la sua sopravvivenza a una serie di incontri e coincidenze fortunate. Innanzitutto, leggendo pubblicazioni scientifiche durante i suoi studi, ha appreso un tedesco elementare. Di rilevante importanza è parimenti l'incontro con Lorenzo Perrone, un civile occupato come muratore, che, esponendosi a un grande rischio personale, gli fa avere regolarmente del cibo. In un secondo momento, verso la fine del 1944, viene esaminato da una commissione di selezione, incaricata di reclutare chimici per la Buna, una fabbrica per la produzione di gomma sintetica di proprietà del colosso chimico tedesco IG Farben. Insieme ad altri due prigionieri (entrambi poi deceduti durante la marcia di evacuazione) ottiene un posto presso il laboratorio della Buna, dove svolge mansioni non faticose e ha la possibilità di contrabbandare materiale con il quale effettuare transazioni per ottenere cibo. Nel far ciò si avvale della collaborazione di un altro prigioniero a cui è molto legato, Alberto, anch'egli italiano. Infine, nel gennaio del 1945, immediatamente prima della liberazione del campo da parte dell'Armata Rossa, si ammala di scarlattina e viene ricoverato nel "Ka-be" (dal tedesco Krankenbau, in italiano infermeria del campo) scampando così fortunosamente alla marcia di evacuazione da Auschwitz (nelle quali sarebbe morto Alberto, che Primo non aveva potuto contagiare con la scarlattina avendola quest'ultimo già contratta in età infantile).
Il viaggio di ritorno in Italia, narrato nel romanzo La tregua, sarà lungo e travagliato. Si protrarrà fino ad ottobre, attraverso Polonia, Bielorussia, Ucraina, Romania, Ungheria, Germania ed Austria.

Chimico e scrittore
L'esperienza nel campo di concentramento lo ha profondamente sconvolto fisicamente e psicologicamente. Giunto a Torino si riprende fisicamente e riallaccia i contatti con i familiari e gli amici superstiti dell'olocausto. Non trovando impiego si sposta a Milano, dove viene assunto da una fabbrica di vernici. Mosso dalla prorompente necessità di testimoniare l'incubo vissuto nel Lager, si getta febbrilmente nella scrittura di un romanzo testimonianza sulla sua esperienza ad Auschwitz, che verrà intitolato Se questo è un uomo. In questo periodo conosce e si innamora di Lucia Morpurgo, che diventerà sua moglie. Levi afferma come questo incontro sia stato fondamentale per la stesura di Se questo è un uomo, permettendogli di passare dalla prospettiva dolorosa di un convalescente a quella descritta dall'autore nel libro Il sistema periodico, con queste parole: «un'opera di chimico che pesa e divide, misura e giudica su prove certe, e s'industria di rispondere ai perché». Nel 1947 termina il manoscritto, ma molti editori, tra cui Einaudi, lo rifiutano. Viene pubblicato da un piccolo editore, De Silva. Nonostante la buona accoglienza della critica, inclusa una recensione favorevole di Italo Calvino su L'Unità, incontra uno scarso successo di vendita. Delle 2500 copie stampate, se ne vendono solo 1500, soprattutto a Torino.
In questo periodo Levi abbandona il mondo della letteratura e si dedica alla professione di chimico. Dopo una breve esperienza come lavoratore autonomo con un amico, trova impiego presso la Siva, una ditta di produzione di vernici di Settimo Torinese, di cui, in seguito, assumerà la direzione fino al pensionamento.
Nel 1956, a una mostra della deportazione a Torino, incontra un riscontro di pubblico straordinario. Riprende fiducia nei suoi mezzi espressivi. Partecipa a numerosi incontri pubblici (soprattutto nelle scuole) e ripropone Se questo è un uomo ad Einaudi che decide di pubblicarlo. Questa nuova edizione incontra un successo immediato.
Nel 1959 collabora alle traduzioni inglese e tedesca. Quest'ultima traduzione è particolarmente significativa per Levi. Uno degli obiettivi che si era proposto scrivendo il suo romanzo era far comprendere al popolo tedesco che cosa era stato fatto in loro nome, e di fargliene accettare una responsabilità almeno parziale.
Incoraggiato dal successo internazionale, nel 1962, quattordici anni dopo la stesura di Se questo è un uomo, incomincia a lavorare a un nuovo romanzo sull'odissea durante il ritorno da Auschwitz. Questo romanzo viene intitolato La tregua e vince la prima edizione del Premio Campiello, del 1963. Nella sua produzione letteraria successiva, prendendo spunto dalle sue esperienze come chimico, l'osservazione della natura e l'impatto della scienza e della tecnica sulla quotidianità diventano lo spunto per originali situazioni narrative.
Nel giugno 1971 è tra i firmatari dell'appello pubblicato su "L'espresso" che denunciavano il commissario Calabresi come «un torturatore», «responsabile della morte di Pinelli».
Nel 1975 decide di andare in pensione e di dedicarsi a tempo pieno alla sua attività di scrittore. Nello stesso anno esce la raccolta di racconti Il sistema periodico, in cui episodi autobiografici e racconti di fantasia vengono associati ciascuno ad un elemento chimico.
Nel 1978 pubblica La chiave a stella. Questo romanzo, concepito durante i suoi numerosi soggiorni lavorativi, rappresenta un omaggio al lavoro creativo, ed in particolare a quel gran numero di tecnici italiani che hanno lavorato in giro per il mondo a seguito dei grandi progetti di ingegneria civile portati avanti dall'industria italiana dell'epoca (anni sessanta e settanta). Nel Luglio del 1978 La chiave a stella vince il premio Strega.
Nel 1982 torna al tema della Seconda Guerra Mondiale raccontando in Se non ora, quando? le avventure picaresche di un gruppo di partigiani ebrei di origini polacche e russe, che tendono imboscate ai tedeschi sul fronte orientale e giungeranno ad attraversare i territori del Reich sconfitto, sino a Milano, da dove alcuni prenderanno la via della Palestina per partecipare alla costruzione dello stato di Israele.
Nel saggio I sommersi e i salvati (1986) torna per l'ultima volta sul tema dell'Olocausto.
Levi cerca di analizzare con distacco la sua esperienza, chiedendosi perché le persone si siano comportate in quel modo ad Auschwitz, e perché alcuni sono sopravvissuti e altri no. In particolare estende la sua analisi a quella a cui si riferisce come "la zona grigia", ovvero quegli ebrei che si erano prestati a lavorare per i tedeschi controllando gli altri prigionieri nei campi di concentramento.
L'11 aprile del 1987 Primo Levi muore cadendo dalla tromba delle scale della sua casa di Torino, dando adito al sospetto che si trattasse di un suicidio. Questa ipotesi è avvalorata dalla difficile situazione personale di Levi che si era fatto carico della madre e della suocera malate. Il pensiero ed il ricordo del lager avrebbero, inoltre, continuato a tormentare Levi anche decenni dopo la liberazione, sicché egli sarebbe in un qualche modo una vittima ritardata della detenzione ad Auschwitz. Il suicidio di Levi rimane comunque un'ipotesi contestata da molti, poiché lo scrittore non aveva dimostrato in alcun modo l'intenzione di uccidersi e anzi aveva dei piani in corso per l'immediato futuro.
Primo Levi abbandonò la fede ebraica dopo la terribile esperienza del lager: "C'è Auschwitz, quindi non c'è Dio" scrisse in un'appendice a Se questo è un uomo.

Lo stile letterario
Lo stile letterario di Primo Levi, come emerge dalle sue maggiori opere, è uno stile di stampo realista-descrittivo. Si tratta infatti di una narrazione asciutta, sintetica ed esauriente quanto basta per comprendere i sentimenti e lo sfondo sociale dell'ambientazione dell'opera: stile che ben si adatta al vasto pubblico a cui Levi intende rivolgersi, in special modo nella trattazione di un argomento di estrema importanza, come quello della prigionia in un Lager.

- 1990 - Natalino Sapegno (Aosta, 10 novembre 1901 – Roma, 11 aprile 1990) è stato un critico letterario e storico italiano, tra i maggiori studiosi del Trecento letterario italiano.
Si laureò a Torino nel 1922 con una tesi su Jacopone da Todi, in seguito pubblicata .
Di formazione inizialmente crociana, fu amico e sostenitore di Piero Gobetti e del suo periodico La Rivoluzione liberale.
Nel 1924 si trasferì a Ferrara, dove insegnò a lungo materie letterarie in istituti medi superiori.
Si dedicò in quel periodo particolarmente allo studio della letteratura italiana del Trecento, scrivendo il suo testo forse più noto: Il Trecento.
Dopo aver tenuto corsi negli Atenei di Bologna e Padova, fu chiamato nel 1936 all’Università di Palermo e, l’anno successivo, all’Università di Roma, dove ebbe la cattedra lasciata da Vittorio Rossi, che tenne fino al 1976.
Nel 1954 fu nominato accademico dei Lincei. Fece inoltre parte dell’Accademia dell'Arcadia, della Società Filologica Romana, della Societé Européenne de Culture, del Pen Club della Comunità Europea degli Scrittori.
Molte le sue voci nell’Enciclopedia Italiana Treccani. Diresse con Emilio Cecchi la Storia della letteratura italiana, pubblicata dell'editore Garzanti in nove volumi negli anni 1965-1969.
Nel 1971 sottoscrisse l'appello pubblicato sul settimanale L'Espresso contro il commissario Luigi Calabresi.
Fu infine medaglia d'oro per i benemeriti delle scienze e della cultura, e presidente della giuria del Premio Viareggio.
Riposa nel cimitero di Aosta.

- 2000 - Flaminio Piccoli (Kirchbichl, 28 dicembre 1915 – Roma, 11 aprile 2000) è stato un politico italiano della Democrazia Cristiana, deputato, senatore, ministro e parlamentare europeo.
Fratello minore di Nilo Piccoli, nacque a Kirchbichl, nel Tirolo austriaco, dove la famiglia di origine trentina era stata internata a causa della Grande Guerra.
È stato un esponente di primo piano - Segretario Nazionale - della Democrazia Cristiana e ha avuto incarichi di rilievo nell'Azione Cattolica.
Nel 1945 ha fondato il quotidiano locale Il popolo trentino, che dal 1951 si chiama L'Adige.
È stato deputato dal 1958 al 1992 e in seguito senatore per il collegio di Castellammare di Stabia, in provincia di Napoli.
È stato capogruppo della DC alla Camera nella VI (25 maggio 1972 al 4 luglio 1976) e nella VII Legislatura (dal 15 luglio 1976 al 2 ottobre 1978).
Fu ricevuto dal boss della Nuova Camorra Organizzata Raffaele Cutolo, a cui lo Stato chiese di intervenire per liberare l'assessore regionale democristiano Ciro Cirillo, rapito dalle Brigate Rosse.
Nell’VIII legislatura fu richiesta l'autorizzazione a procedere a suo carico per violazione delle norme per l’edificabilità dei suoli.
Contrario allo scioglimento della Democrazia Cristiana, nel 1994 non aderisce al Partito Popolare Italiano. Nel 1995 si avvicina al partito dei Cristiani Democratici Uniti, nato dal PPI ad iniziativa di Rocco Buttiglione. Tuttavia continua a dedicare gli ultimi anni della sua vita nel tentativo di far rinascere la DC. Con altri ex-democristiani fonda così nel 1997 il movimento per la Rinascita della Democrazia Cristiana collocandolo in una posizione di centro alternativa alla sinistra. Il movimento non ha grosse adesioni, ma partecipa, anche sotto diverse denominazioni, ad alcune consultazioni amministrative locali.
La morte lo coglie alla fine del 2000 e darà origine a una nuova diaspora degli esponenti che lo avevano seguito nel tentativo di far rinascere la DC. È sepolto al Cimitero Monumentale di Trento.

- 2007 - Sergio Bardotti (Pavia, 14 febbraio 1939 – Roma, 11 aprile 2007) è stato un paroliere italiano.
Per la qualità dei suoi testi - sempre caratterizzati da una intensa ricerca di poeticità - è considerato uno fra i maggiori autori di canzoni di musica leggera attivi a partire dagli anni sessanta.
Fra i riconoscimenti che gli sono stati assegnati in carriera figura il Premio Tenco, ricevuto nel 1983 per la sua attività di operatore culturale a tutto tondo.
Il debutto di Bardotti risale al 1961, con la pubblicazione di due 45 giri incisi con lo pseudonimo Sergio Dotti, che passano inosservati.
Inizia poi a collaborare con l'RCA Italiana come produttore ed autore di testi: il primo lavoro di cui si occupa, però, non è legato alla musica ma alla letteratura, in quanto cura la pubblicazione di una collana di dischi di poesie lette dagli stessi autori (fra gli altri Eugenio Montale, Giuseppe Ungaretti, Salvatore Quasimodo, Pierpaolo Pasolini e Alfonso Gatto).
Si occupa poi, dal 1963, di talenti emergenti come Rita Pavone, per cui scrisse Datemi un martello, cover del brano di Pete Seeger If I Had a Hammer.
Nel 1966 diventa direttore artistico della sotto-etichetta ARC, specializzata nello scoprire e lanciare nuovi talenti: fra essi Lucio Dalla, The Rokes, Dino, che incise come secondo disco la sua Te lo leggo negli occhi, Ricky Shayne e molti altri).
Altre sue collaborazioni artistiche in campo musicale furono quelle con Luigi Tenco, Gino Paoli e Sergio Endrigo, cui affidò uno dei suoi primi motivi di grande successo, Canzone per te, vincitore del festival di Sanremo 1968 (nel 1969 non gli riuscì di bissare il successo nonostante la buona canzone Lontano dagli occhi cantata da Endrigo in coppia con la cantante inglese Mary Hopkin e arrivata peraltro seconda). Ha poi rivinto il festival sanremese nel 1989 con il brano Ti lascerò eseguito dal duo Anna Oxa-Fausto Leali.
Bardotti ha scritto poi innumerevoli testi per altri cantanti, molti dei quali da lui stesso prodotti, fra cui Mina, Lucio Dalla e Patty Pravo (suo hit maggiore Se perdo te), Michele, Anna Identici, Ron, Ricchi e poveri e Mal and The Primitives. Insieme ad Antonello Venditti ha composto l'inno della squadra di calcio della Roma.
Successivamente, con la trasformazione del mercato discografico intervenuta negli anni settanta è diventato uno primi sostenitori della forma del concept album.
Sotto questo profilo, particolarmente interessanti sono risultate le sue collaborazioni con artisti quali i citati Dalla (Storie di casa mia, 1970) e New Trolls (Aldebaran, 1978, e l'album dell'anno successivo New Trolls), ma soprattutto quella con Fabrizio De André per il quale produsse l'album Non al denaro, non all'amore né al cielo insieme a Roberto Dané. Fra le sue canzoni più apprezzate si ricordano inoltre Occhi di ragazza (per Gianni Morandi, Amico è e Aria (per Dario Baldan Bembo), Piazza Grande, La casa in riva al mare e Itaca (per Lucio Dalla, queste ultime scritte in collaborazione con Gianfranco Baldazzi). Si spegne nel 2007 per arresto cardiaco a 68 anni.