Il calendario dell'1 Agosto
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Eventi
▪ 527 - Giustiniano I diventa Imperatore Bizantino.
▪ 1291 - Formazione della Confederazione Svizzera.
▪ 1492 - Ferdinando e Isabella cacciano gli Ebrei dalla Spagna.
▪ 1498 - Cristoforo Colombo scopre il Venezuela.
▪ 1519 - Carlo V viene eletto Imperatore di Germania.
▪ 1619 - I primi schiavi neri arrivano a Jamestown (Virginia).
▪ 1635 - Guadalupa diventa una colonia francese.
▪ 1754 - Papa Benedetto XIV pubblica la Lettera Enciclica Quod provinciale, sull'uso di nomi islamici da parte di cristiani.
▪ 1774 - Scoperta ufficiale dell'ossigeno ad opera di Joseph Priestley.
▪ 1776 - Firma formale della Dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti d'America.
▪ 1790 - Viene completato il primo censimento degli Stati Uniti. La popolazione totale dei 13 stati era di 3.929.214.
▪ 1798 - Battaglia del Nilo tra la flotta francese e quella britannica.
▪ 1831 - Apertura del London Bridge.
▪ 1834 - La schiavitù viene abolita nell'Impero Britannico.
▪ 1838 - Vittoria viene incoronata regina del Regno Unito.
▪ 1865 - In Italia esce il primo numero de Il Sole 24 Ore.
▪ 1873 - Il primo tram inizia il servizio a San Francisco.
▪ 1876 - Il Colorado diventa il 38º stato degli Stati Uniti d'America.
▪ 1894 - Scoppia la guerra tra Giappone e Cina, che si contendono la Corea.
▪ 1895 - El Salvador, Honduras e Nicaragua formano l'Unione Centro Americana.
▪ 1902 - Gli Stati Uniti acquistano dalla Francia i diritti sul Canale di Panama.
▪ 1914
- - Prima guerra mondiale: la Germania dichiara guerra alla Russia.
- - La rivista "Lacerba" pubblica il Manifesto dell'Architettura futurista.
▪ 1927 - Formazione dell'Esercito di Liberazione Popolare in Cina.
▪ 1931 - A Genova viene varato il transatlantico Rex, l'unica nave italiana a vincere il Nastro Azzurro. Terzo al mondo per stazza era lungo 268,20 metri e largo 29,50 metri, con un'altezza di 37 metri. L'apparato motore erogava 136.000 cavalli tramite quattro gruppi di turbine che azionavano quattro eliche di circa 5 metri di diametro.
▪ 1941 - Viene prodotta la prima Jeep.
▪ 1944
- - Anna Frank scrive l'ultimo brano del suo Diario.
- - Rivolta di Varsavia contro l'occupazione nazista.
▪ 1950 - Re Leopoldo III del Belgio abdica.
▪ 1960 - Il Dahomey, già colonia francese e parte dell'Africa Occidentale Francese, proclama la propria indipendenza e si dà il nome di Benin.
▪ 1964 - Imbarcazioni del Vietnam del Nord aprono il fuoco su una cacciatorpediniere americana nel Golfo del Tonchino.
▪ 1965 - Il Presidente statunitense Johnson autorizza il primo impiego di truppe di terra americane nella Guerra del Vietnam.
▪ 1967 - Israele si annette Gerusalemme Est.
▪ 1971 - Il Concerto per il Bangladesh organizzato a New York da George Harrison, vede l'esibizione, tra gli altri, di Bob Dylan, Eric Clapton, Ringo Starr e Leon Russell.
▪ 1990 - L'Iraq invade il Kuwait.
▪ 1991 - Il Primo Ministro israeliano Yitzhak Shamir accetta una formula per i colloqui di pace in Vicino Oriente.
▪ 2005 - Unione europea: entra in vigore il divieto di fare pubblicità al tabacco in radio, televisione, carta stampata e Internet.
Anniversari
▪ 1252 - Giovanni da Pian del Carpine (Pian del Carpine, 1180 – Antivari, 1° agosto 1252) è stato un esploratore italiano.
«Uomo familiare, spirituale, letterato e grande prolocutore» Salimbene de Adam, "Chronica"
Insieme a Benedykt Polak, il cui nome latino è Benedictus Polonus, un francescano polacco, fu il primo europeo ad entrare alla corte del Gran Khan dell'impero mongolo, che, in quel periodo, era Güyük Khan, nipote di Gengis.
Fu uno tra i primi discepoli di Francesco d'Assisi. Ricoprì la carica di Ministro Provinciale in Germania nel 1228 ed in Spagna nel 1230.
Missione in Mongolia
Nel 1245, l'allora pontefice Innocenzo IV lo spedì in Mongolia con il pretesto di sondare un'alleanza allo scopo di una guerra contro i Turchi per la liberazione della Terra Santa: in realtà si trattava di una missione esplorativa e di spionaggio, come risulta evidente dalla relazione che il frate ne fece, ricchissima di notizie geografiche, politiche, militari e conclusa con assennati e abbondanti consigli su come combattere i mongoli. C'è da dire infatti che il contenuto della lettera (il Gran Khan viene trattato come un inferiore, dall'alto il Papa impone ai Mongoli di pentirsi dei loro peccati, di smetterla di sterminare cristiani e di battezzarsi) che il Papa diede a frate Giovanni non era di certo il più adatto per ricercare una alleanza.
Opere
Al ritorno dalla sua missione il frate Magionese scrisse un'opera: l'Historia Mongalorum, opera che parla delle abitudini (analizzate sempre cercando di dare elementi utili alla cattolicità sul come comportarsi contro i mongoli nel caso di uno scontro militare) di quella popolazione, e, grazie al prestigio acquisito, diventò vescovo di Antivari.
▪ 1457 - Lorenzo Valla (Roma, 1405 o 1407 – Roma, 1º agosto 1457) è stato un presbitero, umanista e filologo italiano.
Si presentava anche con il nome latino Laurentius Vallensis
Nato a Roma nel 1405 da genitori di origini piacentine (il padre era l'avvocato Luca della Valle), ricevette la sua prima educazione a Roma e forse a Firenze, imparando il greco da Giovanni Aurispa e da Rinuccio Aretino. Lo guidava lo zio materno Melchiorre Scribani, un giurista funzionario in Curia.
La sua prima opera fu il De comparatione Ciceronis Quintilianique ("Confronto fra Cicerone e Quintiliano"), in cui elogiò il latino di Quintiliano a scapito di quello ciceroniano, andando contro all'idea corrente e mostrando già in questo primo scritto il suo gusto per la provocazione. Quando, nel 1429 morì lo zio, Lorenzo sperava di ottenere un impiego nella curia pontificia; ma i due autorevoli segretari Antonio Loschi e Poggio Bracciolini, ferventi ammiratori di Cicerone, si opposero all'assunzione, con la scusa che era troppo giovane.
Dopo questo insuccesso, il Valla si accontentò di fare il maestro di scuola a Piacenza. Nel 1431, grazie all'aiuto di Antonio Beccadelli, detto il Panormita, fu chiamato ad insegnare retorica all'università di Pavia, sostituendo il maestro bergamasco Gasparino Barzizza, da poco defunto.
Il periodo pavese
Da lì proseguì per Pavia, città nella quale ottenne la cattedra di eloquenza e dove rimase fino al 1433. Fondamentali furono per lui questi anni. La città era infatti un vivo centro culturale e Valla poté approfondire le sue conoscenze giuridiche, osservando inoltre l'efficacia del procedimento di analisi critica dei testi, che lo Studio pavese applicava con rigore.
A Pavia Valla acquisì una grande reputazione con il dialogo De Voluptate ("Il piacere"), nel quale egli si oppone fermamente alla morale stoica e all'ascetismo medievale, sostenendo la possibilità di conciliare il Cristianesimo, ricondotto alla sua originarietà, con l'edonismo, recuperando così il senso del pensiero di Epicuro e Lucrezio, che avevano sottolineato come tutta la vita dell'uomo sia fondamentalmente volta al piacere, inteso non come istintività, ma come calcolo dei vantaggi e svantaggi conseguenti ad ogni azione. A conclusione del dialogo, Valla sottolinea, però, come suprema voluttà sia per l'uomo la ricerca spirituale e la fede in Dio. Si tratta di uno scritto considerevole, poiché, per la prima volta, una tendenza filosofica che era rimasta confinata nell'ambito del paganesimo trovava espressione in un'opera di livello universitario e di valore filosofico, venendo rivalutata alla luce del pensiero cristiano. Le polemiche che seguirono alla pubblicazione del testo, però, costrinsero Valla a lasciare Pavia.
Il periodo napoletano
Da allora egli passò da un'università all'altra, accettando brevi incarichi e tenendo lezioni in diverse città. Durante questo periodo fece la conoscenza del re Alfonso V di Aragona, al cui servizio entrò nel 1435 e vi rimase fino al 1447. Alfonso ne fece il suo segretario, lo difese dagli attacchi dei suoi nemici e lo incoraggiò ad aprire una scuola a Napoli.
Nel 1440, durante il pontificato di Eugenio IV, scrisse un breve testo (pubblicato solo nel 1517), il De falso credita et ementita Constantini donatione. In esso Valla, con argomentazioni storiche e filologiche, dimostrò la falsità della Donazione di Costantino, documento apocrifo in base al quale la Chiesa giustificava la propria aspirazione al potere temporale: secondo questo documento, infatti, sarebbe stato lo stesso imperatore Costantino, trasferendo la sede dell'impero a Costantinopoli, a lasciare alla Chiesa il restante territorio dell'Impero romano (oggi si sa che la dimostrazione del Valla era giusta e che si tratta di uno scritto dell'VIII secolo o IX secolo).
Egli dimostrò che, anche la lettera ad Abgar V attribuita a Gesù era un falso e, sollevando dubbi sull'autenticità di altri documenti spurii e ponendo in discussione l'utilità della vita monastica e mettendone in luce anche l'ipocrisia nel De professione religionum ("La professione dei religiosi"), egli suscitò l'ira delle alte gerarchie ecclesiastiche. Fu obbligato, pertanto, a comparire davanti al tribunale dell'Inquisizione, alle cui accuse riuscì a sottrarsi soltanto grazie all'intervento del re Alfonso.
Nel 1444 visitò nuovamente Roma, dove i suoi avversari erano ancora molti e potenti. Riuscì a salvarsi da morte certa travestendosi e fuggendo a Barcellona, da dove fece poi ritorno a Napoli.
Sempre nel 1444 viene divulgato il De elegantiis linguae Latinae ("L'eleganza della lingua latina"), pubblicato poi postumo nel 1471. L'opera raccoglie una serie straordinaria di passi desunti dai più celebri scrittori latini (Publio Virgilio Marone, Cicerone, Livio), dallo studio dei quali, sostiene Valla, occorre codificare i canoni linguistici, stilistici e retorici della lingua latina. Il testo costituì la base scientifica del movimento umanista impegnato a riformare il latino cristiano sullo stile ciceroniano.
Tra il 1446 e il 1447 scrisse le "Emendationes sex librorum Titi Livi" in cui discute col suo modo di scrivere brillante e caustico correzioni ai libri 21-26 di Tito Livio in opposizione ad altri due intellettuali della corte napoletana il Panormita ed il Facio che non avevano il suo stesso spessore filologico.
L'ultima fase
Nel febbraio 1447, con la morte di papa Eugenio IV, la sua fortuna iniziò a volgere in meglio. Recatosi nuovamente a Roma, fu ricevuto dal nuovo pontefice Niccolò V, che lo nominò segretario apostolico; e poi assunse a partire dal 1450 il ruolo a lui più consono di professore di retorica.
Ma non perse nemmeno in Vaticano il suo spirito caustico e iniziò a ridicolizzare nel 1449 il latino della Vulgata, facendo confronti con l'originale greco e sminuendo il ruolo di traduttore di San Girolamo; accusò persino Sant'Agostino di eresia e giudicò spuria la corrispondenza tra Seneca e San Paolo.
Sotto papa Callisto III, Valla raggiunse il culmine della carriera, divenendo segretario apostolico.
Morì a Roma il 1 agosto 1457.
Note caratteriali
È quasi impossibile farsi un'idea precisa della vita privata e del carattere di Valla, a causa della parzialità e della scarsa obiettività che si accompagnano alle polemiche da lui sostenute. Egli appare comunque come persona orgogliosa, invidiosa e irascibile, caratteristiche cui però si affiancano le qualità di elegante umanista, critico acuto e scrittore pungente nella sua continua e violenta polemica sul potere temporale della Chiesa di Roma.
Importanza storica
Lorenzo Valla è un personaggio di eccezionale importanza non solo per la cultura italiana, ma soprattutto quale rappresentante del più puro umanesimo europeo. Con le sue spietate e giustificate critiche alla chiesa romana dell'epoca, fu un precursore e sostenitore ante litteram di Lutero, ma fu anche il promotore di molte revisioni ideologiche e stilistiche di testi cattolici.
La sua opera si basa su una profonda padronanza della lingua latina e sulla convinzione che sia stata proprio un'insufficiente conoscenza del latino la vera causa del linguaggio ermetico ed ambiguo di molti filosofi. Valla è convinto che l'uso corretto della lingua sia l'unico mezzo di comunicazione ed acculturazione: la grammatica ed un appropriato modo di esprimersi stanno alla base di ogni enunciato e, prima ancora, della sua formulazione intellettuale. Da questo punto di vista i suoi scritti sono tematicamente coerenti, in quanto ciascuno di essi si sofferma innanzitutto sulla lingua, sull'uso corretto della lingua e sulle erronee interpretazioni della grammatica latina. Oggi, il profondo distacco storico ci permette di distinguere le opere di Lorenzo Valla essenzialmente in due filoni, quello critico e quello filologico. Sebbene avesse saputo mostrare eccezionali doti di storico negli scritti critici, questa capacità non è però riscontrabile nell'unico lavoro definito storico, cioè nella biografia di Ferdinando d'Aragona, tutto sommato un modesto elenco di aneddoti e sentito dire.
Scritti filologici
Nel III secolo l'Impero Romano iniziava a tramontare, il che si palesava non solo nell'indebolimento delle forze politiche e militari, ma anche nello sfaldamento dell'ordinamento interno e soprattutto nell'imbarbarimento della cultura. La crisi generale e l'accettazione di molte genti non italiche tra i cittadini romani provocarono una lenta ma significativa deviazione dalla lingua latina ufficiale verso forme dialettali e meno sofisticate. Si evidenziò la necessità di uno "sviluppo" della lingua che presupponeva la canonizzazione della parlata popolare e della sua semplice grammatica. Erano i primi sintomi della nascita di una nuova lingua, quella italiana, che avrebbe necessitato di un millennio per svilupparsi pienamente. Durante questo lunghissimo tempo di transizione, in tutta la penisola ci fu un'enorme incertezza linguistica. Il latino classico stava lentamente cedendo il posto ad una mescolanza di nuovi idiomi che combattevano per la sopravvivenza e la supremazia.
Gli effetti di questo lungo periodo di transizione sono ben visibili soprattutto nelle traduzioni che via via nascevano dal latino verso l'italiano, proprio perché la linea di demarcazione tra le due lingue era fluttuante e perché nessuno dei traduttori poteva dirsi un vero esperto in materia. Lorenzo Valla fu il primo a stabilire un limite alla modernizzazione della lingua latina, decidendo che i cambiamenti oltre tale limite facessero già parte del processo di sviluppo della lingua italiana. In questo modo riuscì non solo a salvaguardare la purezza del latino, ma pose anche le basi per lo studio e la comprensione dell'italiano.
Scritti critici
Lorenzo Valla si pone tra i maggiori esponenti del Quattrocento italiano e dell'umanesimo europeo, non solo per il suo costante apporto di punti di vista assolutamente umanistici, bensì anche per la sua annosa avversione ai barbarismi della cultura scolastica. È indicativa ad esempio la sua tesi (in De Voluptate) sugli errori dello stoicismo praticato dagli asceti cristiani che non avrebbero preso in debita considerazione le leggi naturali, dunque divine; la morale consiglierebbe infatti un'esistenza allegra e godereccia che non potrebbe in alcun modo precludere l'aspirazione alle gioie postume del paradiso. Analogamente, nelle Dialecticae Disputationes Valla confuta il dogmatismo di Aristotele e la sua arida logica che non offre insegnamenti o consigli, bensì discute solo di parole senza raffrontarle con il loro significato nella vita reale. Altrettanto critico si dimostra (nelle Osservazioni) quando mostra la profonda padronanza del latino per provare che sono state le traduzioni maldestre di alcuni passi del Nuovo Testamento a causare incomprensioni ed eresie. Proprio quest'opera avrebbe potuto servire più tardi alla Chiesa cattolica nella diatriba ideologica con Martin Lutero, ma non venne considerata. Fu pubblicata per la prima volta solo sessant'anni più tardi da Erasmo da Rotterdam.
Fondazione Valla
È a lui dedicata la Fondazione Valla, che in collaborazione con la casa editrice Mondadori ha pubblicato sotto il nome Scrittori greci e latini edizioni critiche di molti testi classici.
▪ 1787 - Alfonso Maria de' Liguori (Napoli, 27 settembre 1696 – Nocera de' Pagani, 1º agosto 1787) è stato un vescovo cattolico e compositore italiano, fondatore della Congregazione del Santissimo Redentore e autore di opere letterarie popolari. È stato proclamato santo da papa Gregorio XVI nel 1839 e Dottore della Chiesa (Doctor Zelantissimus) nel 1871 da papa Pio IX.
Gli studi
Nacque nell'allora comune (oggi quartiere della città di Napoli) di Marianella in provincia di Napoli, dalla nobile famiglia Liguori, primo di otto figli nati da Giuseppe Liguori e Anna Maria Caterina Cavalieri originaria del brindisino. Alfonso usava anche firmarsi Ligorio[1] e Liguoro, ricordando l'originaria unità della sua famiglia. Alfonso Maria Liguori è conosciuto da sempre come Alfonso Maria de' Liguori, dove de' significa della famiglia intendendo quella nobile del ramo napoletano. Il padre, un nobile cavaliere del seggio di Portanova nonché ufficiale superiore della marina militare, lo affidò, sin da piccolo, a precettori di rango, tra cui, il pittore Francesco Solimena che gli insegnò i rudimenti della sua arte in cui, negli anni a venire, Alfonso diede prova di abilità.
All'età di soli dodici anni s'iscrisse all'Università di Napoli e, quattro anni dopo, nel 1713 conseguì il dottorato in diritto civile e canonico (dopo aver sostenuto un esame col grande filosofo e storico Giambattista Vico), cominciando ad esercitare la professione di avvocato già all'età di sedici anni grazie ad una speciale dispensa vicereale.
Nel 1718 ottenne la nomina a giudice del "Regio Portulano" di Napoli e, dopo pochi anni, era già ambasciatore del viceré cardinale Altan.
La vocazione e l'attività sacerdotale
Le sue frequentazioni alla Confraternita dei Dottori presso l'Oratorio dei Filippini con l'assunzione del compito di visitare e di assistere i malati del più grande ospedale di Napoli, chiamato degli Incurabili, furono l'occasione che gli permisero di avviarsi sul cammino verso il seminario.
Un cammino tuttavia non facile, vista l'opposizione del padre che lo voleva sposo di una lontana parente, ma facilitato dalla delusione professionale patita da Alfonso in seguito alla sconfitta in un processo di Filippo Orsini Gravina, da lui patrocinato, contro Cosimo III Granduca di Toscana.
Fu così che, il 27 agosto 1723, deponendo la sua spada da cavaliere ai piedi della statua della Madonna della Mercede, pronunciò le parole che lo portarono verso il sacerdozio: "Mi impegno a entrare fra i Padri dell'Oratorio".
Fu ordinato sacerdote il 17 dicembre 1726, all'età di trent'anni e, come risultato di un compromesso con il padre, sempre contrario alla sua scelta, non poté entrare nell'ordine dei Filippini, divenendo sacerdote diocesano con residenza nella casa paterna.
Non limitando la sua predicazione alle chiese, organizzò delle riunioni serali (le cosiddette "Cappelle serotine"), chiamando a raccolta i fedeli più umili a cui spiegava il Vangelo con modi semplici davanti alla Chiesa di Santa Teresa degli Scalzi. Le riunioni vennero inizialmente ostacolate dalle autorità civili e religiose ma, grazie alla caparbietà del sacerdote e dei fedeli, furono approvate dal cardinale Francesco Pignatelli.
Nel 1730, per riprendersi dai postumi di una malattia ai polmoni, fu inviato dai medici sulle alture di Scala e Ravello, nel salernitano, dove iniziò la sua opera di predicazione ai contadini poveri.
A seguito del terremoto del 1731 che aveva colpito la città di Foggia e che stava provocando l'allontanamento dei fedeli dalla Chiesa si recò, alcuni anni dopo, in Capitanata. Qui, secondo una leggenda devozionale, il 30 novembre 1735 mentre predicava sarebbe stato avvolto da un fascio di luce e sarebbe stato visto levitare da terra davanti a tutta la folla radunata nella Cattedrale della città, dove l'episodio è ricordato nella raffigurazione di una delle vetrate.
La Congregazione del Santissimo Redentore
Nel 1732, all'età di 36 anni, lasciò definitivamente Napoli ritirandosi nuovamente a Scala (Salerno), e poi a Villa degli Schiavi (Caserta), dove fondò la Congregazione del Santissimo Redentore, approvata nel 1749 da papa Benedetto XIV.
La vita della nuova Congregazione fu travagliata a causa dei divieti tipici di un'epoca alquanto ostile agli ordini religiosi, ma il sacerdote, forte della sua esperienza giuridica, escogitando la formula di Congregazione religiosa, pienamente legale nel Regno di Napoli, riuscì a reggere a tutte le pressioni contrarie.
I Redentoristi, con la loro predicazione improntata alla semplicità apostolica, valicarono con le loro missioni i confini del Regno giungendo sino in Italia centrale ed in Polonia.
Negli anni successivi alla fondazione della congregazione, Alfonso si dedicò alla stesura di numerose opere ascetiche, dogmatiche, morali ed apologetiche, tra cui la "Theologia moralis" 1753-1755 e La pratica del confessore 1755. Fu anche compositore di molte canzoni in lingua italiana e in Lingua napoletana, tra cui il celebre canto natalizio "Tu scendi dalle stelle", scritto e musicato durante una sua missione a Nola.
Vescovo
Nel 1762 papa Clemente XIII lo volle contro la sua volontà vescovo di una diocesi medio-piccola, Sant'Agata de' Goti. Durante la terribile carestia che colpì nel gennaio 1764 il Regno di Napoli, Liguori riuscì a limitare le sofferenze della popolazione del suo territorio. Si industriò, assieme ai governatori locali, ai sacerdoti della città e della diocesi, per accendere mutui e calmierare il prezzo del pane arrivato alle stelle, rilanciando l'economia bloccata per quasi due anni. Nel 1775 lasciò la carica vescovile per problemi di salute (soffriva di una forma di artrite che gli incurvò la spina dorsale).
I suoi agiografi raccontano che in questo periodo, in cui era vescovo di Sant'Agata de' Goti, nel 1774, andò in bilocazione a Roma per assistere papa Clemente XIV che stava morendo e partecipò ai suoi funerali. I suoi confratelli a Sant'Agata de' Goti lo videro, per due giorni consecutivi, fermo su una poltrona, immobile come una statua, a Roma invece lo vedevano intento a confortare il Papa che era in agonia.
Tra il 1770 ed il 1776 tentò più volte[4] di costruire una missione nel territorio di Martina Franca e scrisse in risposta ad alcune tesi dell'abbate Magli di Martina una piccola operetta: «Dichiarazione del sistema intorno alla regola delle azioni morali».
Si trasferì nella casa dei Redentoristi di Nocera de' Pagani (nella parte che oggi fa parte del comune di Pagani), dove rimase fino alla morte, il 1° agosto 1787.
Il culto
Fu beatificato nel 1816 e canonizzato nel 1839.
Papa Pio IX lo proclamò Dottore della Chiesa nel 1871 mentre Pio XII nel 1950 gli conferì il titolo di "celeste Patrono di tutti i confessori e moralisti".
Essendo stato proclamato Dottore della Chiesa a 84 anni dalla morte, è il più celere Dottore della Chiesa di sempre e l'unico cui il titolo sia stato attribuito a meno di un secolo dalla morte.
La sua memoria ricorre il 1º agosto. Il corpo di Sant'Alfonso riposa nell'omonima Basilica a Pagani(SA)
Principali opere
Sant'Alfonso fu autore di oltre 100 opere scritte. Produsse sia opere "popolari", quindi di spessore facilmente accessibile a tutti, sia opere esegetiche trattanti ad esempio la teologia (in particolare quella morale), l'apologetica, la dogmatica.
Ecco alcune delle sue opere più celebri:
▪ Massime eterne, 1728
▪ Pratica di amar Gesù Cristo, 1768
▪ Storia delle Eresie, 1768
▪ Canzoncine spirituali, 1732
▪ Visite al Ss. Sacramento, 1745
▪ Theologia moralis (I edizione), 1748
▪ Glorie di Maria, 1750
▪ Apparecchio alla morte, 1758
▪ Del Gran mezzo della preghiera, 1759
▪ Vera sposa di Gesù Cristo, 1760
▪ Considerazioni sopra la passione di Gesù Cristo, 1760
▪ Dell'uso moderato della opinione probabile, 1765
A tutt’oggi si calcola che le opere di Sant'Alfonso siano state tradotte in più di 70 lingue, e che abbiano avuto 21.000 edizioni.
Tra i componimenti musicali:
▪ Tu Scendi Dalle Stelle
▪ Quanne' Nascette Ninno
* Protesta della buona morte
▪ 1838 - Lorenzo Da Ponte, nato Emanuele Conegliano (Ceneda, 10 marzo 1749 – New York, 1° agosto 1838), è stato un filosofo, poeta e librettista italiano, noto soprattutto in quanto autore dei libretti di tre grandi opere di Mozart.
Emanuele Conegliano nacque da una famiglia di stirpe ebraica (allora a Ceneda fioriva una comunità israelitica), figlio di Geremia (poi Gaspare), conciatore di pelli piuttosto modesto, e Rachele (Ghella) Pincherle. Aveva due fratelli minori, Baruch (poi Girolamo, 1752-1783) e Anania (poi Luigi 1754-1781). Il 29 giugno 1763 il padre, rimasto vedovo e desideroso di sposare una giovane cristiana, la diciassettenne Orsola Pasqua Paietta, fece convertire tutta la famiglia: la cerimonia fu officiata dal vescovo di Ceneda Lorenzo Da Ponte, che impose all'intera famiglia il proprio cognome e ad Emanuele anche il nome. Grazie all'interessamento dello stesso vescovo, inoltre, i tre fratelli poterono studiare presso il seminario di Ceneda. Dopo la morte del prelato (1768), passarono al seminario di Portogruaro. Qui Lorenzo prese gli ordini minori (1770) e infine divenne sacerdote (27 marzo 1773).
Subito dopo si trasferì a Venezia, dove si mantenne impartendo lezioni di letteratura (latina, italiana e francese). Per il resto, dimostrò un carattere libertino e spregiudicato che gli procurò l'odio di benpensanti e rivali, ma anche delle stesse istituzioni: il 17 dicembre 1779 viene bandito per quindici anni dalla Repubblica di Venezia.
Riparato a Gorizia, allora austriaca, si guadagnò da vivere come scrittore, appoggiandosi agli ambienti nobiliari e culturali della città. Nel 1781 venne chiamato a Dresda da Caterino Mazzolà, "poeta della corte" sassone, che più tardi lavorerà alla Clemenza di Tito, lo inizia alla sua nuova attività.
Giunto a Vienna nel 1781, per interessamento di Antonio Salieri diventa poeta di corte dell'imperatore Giuseppe II. Va ricordato che in quegli anni era quasi d'obbligo che le opere avessero il libretto in italiano. Da Ponte scrisse per vari musicisti libretti che ottennero grande successo. È di questi anni la collaborazione con Mozart per la creazione di tre capolavori: Le nozze di Figaro (1786) dalla commedia di Beaumarchais, Don Giovanni (1787) (al libretto diede qualche contributo anche Giacomo Casanova) e Così fan tutte (1790). Dopo la morte di Giuseppe II nel 1790, Da Ponte cade in disgrazia presso la corte e nel 1791 si deve allontanare da Vienna.
Si dirige inizialmente a Praga (dove ritrova Giacomo Casanova) e poi a Dresda. Dall'autunno 1792 al 1805 vive a Londra dove scrive libretti per una compagnia operistica italiana e fa per dieci stagioni (1794-1804) l'impresario del King's Theatre allestendo 28 prime; si sposa con Nancy Grahl, di vent'anni più giovane. L'attività di impresario si risolve in un disastro finanziario, che Da Ponte addebiterà nelle sue memorie al suo compagno di affari Taylor. In ogni caso il precipitare degli eventi lo induce a lasciare il paese per trasferirsi negli Stati Uniti, seguito in breve dalla famiglia.
Inizialmente si stabilisce a New York, per trasferirsi poi a Filadelfia (dove fa l'insegnante di lingua e il negoziante) e, infine e definitivamente, a New York. Qui apre una libreria e si dedica all'insegnamento della lingua e della letteratura italiana, fino a divenire nel 1825 il primo professore di letteratura italiana nella storia del Columbia College (oggi Columbia University), che ha sede a Manhattan. Sempre nel 1825 organizza la prima americana del Don Giovanni e da quel momento cerca, ma con scarso successo, di promuovere la costituzione di un primo teatro operistico, promuovendo anche una tournée della nipote Giulia Da Ponte in cui vengono per la prima volta in USA proposte le musiche di Gioacchino Rossini.
Dal 1823 al 1827 pubblica le sue Memorie in 3 volumi; una loro stesura definitiva viene redatta dal 1829 al 1830. Nel 1828, a settantanove anni di età, viene naturalizzato cittadino degli Stati Uniti d'America. Dalle Memorie è stata tratta una lettura teatrale da parte di David Riondino, musicata dal pianista Stefano Bollani. Come già Mozart, anche il suo luogo di sepoltura non è noto: sepolto nel vecchio cimitero cattolico di Manhattan, dietro la Old Saint Patrick's Cathedral di Mulberry Street (nella Little Italy), i suoi resti si mescolarono ad altri quando, nel 1848, le salme furono trasferite al nuovo cimitero del Calvario a Queens, dove oggi lo ricorda un cenotafio.
Come era costume dell'epoca, le opere di Da Ponte sono quasi tutte adattamenti di testi pre-esistenti, tranne due eccezioni. Ad esempio, Le nozze di Figaro, sono basate su una trama di Pierre Beaumarchais, come Axur re d'Ormus, scritta per Salieri. Le due eccezioni sono "L'arbore di Diana", e "Così fan tutte", un lavoro originale scritto inizialmente con Salieri e terminato con Mozart.
Nel 2003, alcuni dei migliori musicisti dell'area mitteleuropea, con esperienza presso le più prestigiose orchestre d'Europa (Wiener e Berliner Philharmoniker, Concentus Musicus Wien, Budapest Festival Orchestra, London Philharmonic, Orchestra dell'Opera di Zurigo, Chamber Orchestra of Europe, etc.) hanno fondato l'Orchestra da Camera Lorenzo da Ponte, con sede ad Asolo. Al progetto dell'Orchestra hanno aderito solisti di fama internazionale, quali Salvatore Accardo, Alexander Janiczek, Alexander Lonquich, Viktoria Mullova. L'Orchestra è diretta da Roberto Zarpellon, ed è specializzata nel repertorio barocco e classico, eseguito sia con strumenti originali che moderni.
Nel 2005 Pierluigi Panza scrive il romanzo storico Italiani all'opera, ambientato a Vienna negli anni novanta del XVIII secolo e narrato in prima persona dalla voce del grande rivale di Da Ponte, Giovanni Battista Casti.
▪ 1866 - Luigi Carlo Farini (Russi, 22 ottobre 1812 – Quarto, 1º agosto 1866) è stato un medico, storico e politico italiano, per breve tempo Presidente del Consiglio dei ministri del Regno d'Italia tra il 1862 e il 1863.
La sua famiglia era di tradizioni patriottiche; suo padre era podestà di Russi. Da giovane aderì alla Carboneria e successivamente alla Giovine Italia. Si laureò in medicina, ma la passione della politica lo spinse a partecipare ai moti del 1843, che lo costrinsero all'esilio.
Dopo una breve permanenza a Parigi, nel 1844 tornò in Italia, stabilendosi in Toscana. Qui cominciò ad organizzare un movimento insurrezionale che doveva entrare in azione nello Stato pontificio. Ma di lì a poco si rese conto che tale progetto non sarebbe stato realizzabile. Invece dell'insurrezione, propose una serie di riforme di stampo moderato. Nell'estate del 1845 scrisse il Manifesto delle popolazioni dello Stato Romano ai Principi ed ai popoli d'Europa additando a tutti i governi e sovrani europei l'illiberalità delle Corti speciali, istituite dal governo dello Stato della Chiesa e chiedendo una maggiore libertà di azione politica a favore dei cittadini della Romagna. Il proclama divenne noto col nome di Manifesto di Rimini.
Nel 1848 si candidò alle elezioni del Parlamento dello Stato Pontificio e venne eletto nel collegio di Faenza e Lugo. A Roma entrò nel governo, con la carica di segretario generale al Ministero dell’Interno. Non partecipò ai moti del 1849; per questo, quando i mazziniani presero il potere, venne destituito.
Si rifugiò dapprima a Firenze, poi giunse a Torino. Ottenuta in poco tempo la cittadinanza piemontese, dal 1849 al 1856 fu deputato liberale e ministro con Massimo D'Azeglio, divenendo successivamente stretto collaboratore del Camillo Cavour. Nel 1852 andò ad abitare a Saluggia[1] (Vercelli).
Nel 1859, dopo la partenza del Duca Francesco V, fu nominato regio commissario di Modena. Doveva rientrare a Torino, ma riuscì a convincere il governo piemontese a rimanere [2].
Da commissario, il 9 novembre Farini assunse la carica di dittatore delle «Provincie provvisorie» (entità composta da ex Ducati ed ex Legazioni). Sotto il suo comando avvenne l'abolizione dei feudi, dei fidecommessi e della censura preventiva sulla stampa. Il 1º gennaio 1860 Farini divenne Governatore delle «Regie Provincie dell'Emilia». Come capo dell'esecutivo gestì i Plebisciti d'annessione al Regno di Sardegna (11-12 marzo 1860). Subito dopo si recò al Sud per gestire l'annessione del Mezzogiorno allo Stato sabaudo. Venne designato dittatore delle province meridionali dal principe Eugenio di Carignano.
Nel gennaio del 1861, dopo l'occupazione garibaldina di Napoli venne nominato da Vittorio Emanuele II Luogotenente di Napoli[3]. Rimase celebre il giudizio piuttosto feroce sulla città e sui suoi abitanti che riportò in uno dei suoi resoconti al presidente del Consiglio, Cavour:
«Altro che Italia! Questa è Affrica [sic]. I beduini, a riscontro di questi cafoni, sono fior di virtù civile![4] »
Tra l'8 dicembre 1862 e il 24 marzo 1863 fu a capo del Governo, ma dopo poche settimane rivelò i sintomi di una grave malattia mentale che, tuttavia, venne celata per non allarmare un gruppo finanziario con cui il governo aveva avviato delle trattative per un prestito. Fu comunque costretto alle dimissioni dopo un Consiglio dei ministri in cui, a seguito della rivolta polacca contro lo Zar di Russia, era arrivato a minacciare il Re con un coltello[5] [6] [7] per costringerlo a schierarsi con gli insorti e dichiarare guerra all'Impero russo. Morì in miseria tre anni più tardi.
Note
1. ^ Anche in memoria di questo evento Saluggia strinse il 5 marzo 1995 un gemellaggio con la città natale di Farini, Russi.
2. ^ La studiosa Angela Pellicciari ha scritto che, durante la sua permanenza nella città estense, Farini fu protagonista di un episodio indecoroso: impossessatosi di tutte le chiavi del castello, vi entrò e compì un vero saccheggio. Fece poi raccontare alla stampa che il Duca, fuggendo, aveva «menato seco tutta l’argenteria e tutti gli oggetti di qualche valore, lasciando vuote financo le cantine». Angela Pellicciari, La barbarie entra nelle ex capitali, La Padania, 28 settembre 2001.
3. ^ La carica fu temporanea, Farini fu poi sostituito dal principe di Carignano
4. ^ da "L'Italia del Risorgimento - Indro Montanelli - Rizzoli, Milano
5. ^ Storia d'Italia De Agostini, Novara 1991, pag. 148
6. ^ Storia del regno d'Italia di Indro Montanelli, vol. secondo, Il giornale, 1993
7. ^ Denis Mack Smith, I Savoia re d'Italia, Rizzoli editore,1990
▪ 1982 - Anna Maria Brizio (Sale, 29 settembre 1902 – Rapallo, 1 agosto 1982) è stata una storica dell'arte italiana, docente di Storia dell'Arte Medioevale e Moderna all'Università di Torino e all'Università Statale di Milano.
Si forma all'Università di Torino con Lionello Venturi, ricevendone l'esempio di una critica di impostazione crociana ma estesa anche all'arte contemporanea. Si laurea nel 1923 discutendo la tesi Defendente Ferrari pittore di Chivasso.
Si interessa soprattutto all'arte antica e ai pittori del Piemonte e frequenta, a Roma, la Scuola di Perfezionamento in Storia dell'Arte diretta da Adolfo Venturi. A Roma intesse i primi rapporti con la rivista L’Arte diretta da Adolfo Venturi pubblicando numerose recensioni nella rubrica Bollettino Bibliografico.
Tornata a Torino collabora attivamente con Lionello Venturi. Nel 1930 vince il concorso per la libera docenza in Storia Medievale e Moderna alla facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Torino e diventa redattrice responsabile della rivista L’Arte.
Collabora con la Società Piemontese di Archeologia e Belle Arti e con la casa editrice UTET redigendo per il Grande Dizionario Enciclopedico numerose biografie di pittori e scultori. Nel 1936 il Ministero dell’Educazione Nazionale le affida la direzione della Galleria Sabauda di Torino.
Nel 1939 pubblica il suo libro più famoso Ottocento Novecento che, per il taglio anticonformista rispetto alla politica culturale del regime fascista, le causerà l’allontanamento dall’insegnamento universitario. Nel 1942 pubblica il volume La pittura in Piemonte dall’età romanica al Cinquecento. Nel 1946 viene chiamata, come professore ordinario, alla cattedra di Storia dell’Arte alla facoltà di Magistero dell’ateneo torinese incarico che terrà fino al 1957 quando subentrerà a Paolo D'Ancona alla cattedra di Storia dell’Arte Medioevale e Moderna alla Statale di Milano. Nel 1971 fu tra i firmatari dell'appello contro il commissario Luigi Calabresi .
A Milano diventa Presidente dell’Ente Raccolta Vinciana grazie ai numerosi studi su Leonardo da Vinci. È attiva anche nell’organizzazione di importanti mostre storiche (Scapigliatura, Maestri di Brera, Divisionismo, Liberty) per il Comune di Milano. Viene collocata a riposo nel 1979 ma rimane a Milano dove presiede la Fondazione Corrente.
Si spegne a Rapallo nel 1982.
▪ 1990 - Norbert Elias (Breslavia, 22 giugno 1897 – Amsterdam, 1º agosto 1990) è stato un sociologo tedescodi origini ebraiche.
Norbert Elias viene oggi considerato uno dei più autorevoli sociologi tedeschi. Nonostante per lungo tempo non sia stato preso in considerazione e solo dopo la nomina (1962-1964) a professore presso l'Università Legon di Accra, nel Ghana, la sua opera venne riscoperta, durante gli anni settanta, prima in Olanda e poi in Germania e in altri paesi.
La sua opera più importante è Il processo di civilizzazione (Über den Prozeß der Zivilisation).
Quest'opera, scritta da Elias in Inghilterra, dove emigrò nel 1933 e dove visse fino ai primi anni 1960, venne pubblicata nel 1939.
La sua opera completa venne nel frattempo recepita a livello mondiali da storici e sociologi. La sua nuova descrizione sociologica dell'uomo lo ha portato ad occupare un posto centrale nell'ambito delle scienze sociali.
▪ 2009 - María Corazón Sumulong Cojuangco-Aquino (Tarlac, 25 gennaio 1933 – Manila, 1 agosto 2009) è stata una politica e rivoluzionaria filippina. Universalmente nota come Cory Aquino, è stata l'undicesimo Presidente delle Filippine, in carica dal 1986 al 1992, e primo presidente donna del continente asiatico. È succeduta, nella sua carica di Presidente, a Ferdinando Marcos e ha preceduto Fidel Valdez Ramos.
Nata da una ricca famiglia agricola della provincia di Tarlac, a nord di Manila, Maria Corazón segue gli studi negli Stati Uniti.
Nel 1955 si unisce in matrimonio a Benigno Aquino, all'epoca giovane e promettente uomo politico poi imprigionato sotto il regime di Ferdinando Marcos fra il 1972 e il 1980 e con il quale Maria Corazón condivide, dal 1980, l'esilio negli Stati Uniti imposto dallo stesso dittatore Marcos.
L'ingresso nella politica attiva delle Filippine di Cory Aquino segue l'assassinio, nel 1983, del marito Benigno che, rientrato in patria, viene ucciso da agenti militari investendo così la moglie della responsabilità di accentrare su di sé tutta l'attività delle opposizioni al regime.
La presidenza
Infatti nel 1986 quando Marcos, a sorpresa, indice elezioni democraticamente aperte, Cory Aquino si candida sostenuta dalle opposizioni unite; l'esito ufficiale delle elezioni presidenziali dà come vittorioso il presidente in carica ma la Aquino e lo stesso Marcos si accusano vicendevolmente di brogli elettorali.
Appoggiata dalle Forze Armate che respingono la vittoria elettorale di Marcos, Cory Aquino viene acclamata Presidente dal comandante delle Forze Armate Juan Ponce Enrile e da Fidel Ramos (già generale durante il governo di Marcos e successore della Aquino alla presidenza) che appoggiano la pretesa di vittoria di Cory Aquino.
Nel medesimo giorno, il 25 febbraio 1986, Marcos e la Aquino vengono entrambi proclamati Presidente dai rispettivi sostenitori ma il giorno stesso il dittatore lascia il Paese. Marcos morirà nel 1989, in esilio, alle isole Hawaii.
Malata di cancro al colon, Cory Aquino muore a Manila l'1 agosto 2009.
La presidente in carica, Gloria Arroyo, dichiara 10 giorni di lutto nazionale. Tutto il paese appende nastri gialli (il suo colore preferito) a macchine e alberi per commemorarla.