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Il calendario del 9 Agosto

Fonte:
CulturaCattolica.it

Eventi

▪ 48 a.C. - Guerra Civile Romana: Battaglia di Farsalo - Giulio Cesare impartisce una sconfitta decisiva a Pompeo che fugge in Egitto

▪ 378 - Battaglia di Adrianopoli: Una grossa armata romana, guidata dall'imperatore Valente, viene sconfitta dai Visigoti nell'odierna Turchia. Valente resta ucciso assieme a due terzi del suo esercito

▪ 1173 - A Pisa iniziano i lavori di costruzione della Torre. Secondo il calendario pisano, che iniziava il 25 marzo, correva l'anno 1174

▪ 1339 - re Giovanni di Boemia concede lo stemma dell'aquila fiammeggiante rappresentata sullo scudo di San Venceslao (patrono di Boemia) a Nicolò da Bruna, principe vescovo di Trento, per riunire il piccolo esercito del Principato di Trento sotto un unico emblema

▪ 1382 - Trieste chiede la protezione del duca d'Austria, è l'inizio di un legame plurisecolare

▪ 1842

  1. - Firma del Trattato Webster-Ashburton, che delinea il confine tra Stati Uniti e Canada ad est delle Montagne Rocciose.
  2. - Un gruppo di otto persone guidate dal parroco di Alagna Valsesia Giovanni Gnifetti raggiunge per la prima volta la Signal Kuppe, oggi punta Gnifetti, a 4559 metri sul Monte Rosa

▪ 1848 - firma dell'armistizio di Salasco, in Vigevano, che pose termine alla prima fase della Prima guerra di indipendenza.

▪ 1877 - Guerre Indiane: Battaglia di Big Hole - nei pressi del Fiume Big Hole in Montana, una piccola banda di Indiani Nasi Forati, che rifiutò gli ordini del governo di spostarsi in una Riserva, si scontra con l'Esercito statunitense. L'esercito perde 29 soldati, gli indiani perderanno 89 uomini

▪ 1892 - Thomas Edison ottiene il brevetto per il telegrafo bidirezionale

▪ 1902 - Edoardo VII viene incoronato re del Regno Unito

▪ 1918 - 11 Ansaldo S.V.A. dell'87ª squadriglia aeroplani "Serenissima" di D'Annunzio, lanciano manifesti sulla capitale dellImpero austro-ungarico, impresa che passerà alla storia come volo su Vienna

▪ 1930 - Betty Boop debutta nel cartone animato Dizzy Dishes

▪ 1936 - XI Olimpiade: Jesse Owens vince la sua quarta medaglia d'oro ai Giochi

▪ 1942
  1. - Mohandas Gandhi viene arrestato a Bombay dalle forze britanniche
  2. - Edith Stein Viene uccisa ad Auschwitz.

▪ 1945 - Seconda guerra mondiale, bombardamento atomico di Nagasaki: Una bomba atomica chiamata in codice Fat Man viene sganciata dal B-29 statunitense BOCKSCAR sulla città di Nagasaki in Giappone, alle 11:02 di mattina (ora locale). Esplose ad un'altitudine di 469 metri con una potenza pari a 22.000 tonnellate di TNT uccidendo all'istante 40.000 persone (25.000-60.000 verranno ferite). Si stima che morirono altre 40.000 persone per via delle malattie causate dal fallout nucleare e delle radiazioni.

▪ 1965
  1. - Un incendio nella base dei Titan, nei pressi di Little Rock (Arkansas), uccide 53 operai
  2. - Singapore proclama la sua indipendenza dalla Federazione Malese

▪ 1967 - Guerra del Vietnam: inizio dell'Operazione Cochise - i Marines americani iniziano una nuova operazione nella Valle di Que Son

▪ 1969 - Membri di una setta capeggiata da Charles Manson uccidono cinque persone, tra cui Sharon Tate, Jay Sebring e Abigail Folger

▪ 1973 - Viene lanciata la quattordicesima sonda verso Marte, nell'ambito della missione russa Mars 7: la sonda raggiungerà il pianeta il 9 marzo 1974 ed invierà alla Terra alcuni dati

▪ 1974 - Richard Nixon, 37° presidente degli Stati Uniti, si dimette dall'incarico. È la prima volta che un presidente presenta le dimissioni, con le quali vuole evitare di essere destituito tramite impeachment, per il ruolo svolto nello Scandalo Watergate. Il suo vice, Gerald Ford, presta giuramento e diventa il 38° presidente

▪ 1979 - Vasco Rossi al "Bussola Domani" di Viareggio canta per la prima volta la canzone "Alba chiara"

▪ 1986 - Alla Knebworth House di Knebworth i Queen eseguono il loro ultimo concerto con Freddie Mercury

▪ 1991 - A Campo Calabro un commando mafioso uccide il magistrato Antonio Scopelliti

▪ 1992 - Larry Bird il cestista annuncia il suo ritiro dalla NBA

▪ 1993 - Re Alberto II del Belgio presta giuramento nove giorni dopo la morte di suo fratello, Re Baldovino

▪ 1999 - Il presidente russo Boris Yeltsin licenzia il suo primo ministro, Sergei Stepashin, e per la quarta volta licenzia l'intero gabinetto

▪ 2001 - Il presidente statunitense George W. Bush annuncia il suo appoggio per il sovvenzionamento federale della ricerca limitata sulle cellule staminali

▪ 2005 - Dopo 99 anni di storia, fallisce il Torino Calcio. La Società Civile Campo Torino, attraverso il Lodo Petrucci, presenta alla FIGC la richiesta per ottenere l'assegnazione del titolo sportivo

▪ 2006 - Dopo l'approvazione con un referendum, entra definitivamente in vigore lo Statuto della Catalogna, Spagna, che amplia notevolmente l'autonomia della regione

▪ 2008 - I caccia russi bombardano le città georgiane di Tblisi, Gori e Poti, in risposta dell'offensiva dello stato caucasico contro l'Ossezia del Sud

▪ 2009 - A New York un Piper PA-32 e un elicottero da turismo si scontrano sul fiume Hudson, 9 le vittime tra cui 5 italiani.

Anniversari

▪ 1492 - Beatrice de Silva (Ceuta, 1426 – Toledo, 9 agosto 1492) è stata una religiosa portoghese, fondatrice dell'ordine delle monache concezioniste francescane: nel 1976 è stata proclamata santa da papa Paolo VI.
Nacque a Ceuta, all'epoca possedimento portoghese, dai nobili Ruy Gomez de Silva e Isabella de Menezes: suo fratello Amadeo fu frate e riformatore francescano, fondatore degli amadeiti. Nel 1447 fu chiamata a corte, come dama di compagnia di Isabella, nipote del re Giovanni I d'Aviz: quando la principessa sposò il futuro re di Castiglia Giovanni II, seguì Isabella in Spagna.
Attorno al 1454 si ritirò, senza abbracciare la vita religiosa, nel monastero delle domenicane di Toledo: Isabella di Castiglia le cedette un nuovo edificio perché vi edificasse un nuovo convento intitolato all'Immacolata e, con la bolla Inter universa del 30 aprile 1489, papa Innocenzo VIII ne concesse l'erezione.
Beatrice morì poco tempo dopo, prima della vestizione: il suo monastero adottò in seguito la regola delle clarisse (1494) e divenne la prima casa delle concezioniste.

Il culto
Onorata come beata sin dalla morte, il culto tributatole popolarmente venne approvato da papa Pio XI il 28 luglio 1926: Paolo VI la iscrisse nel catalogo dei santi il 3 ottobre del 1976.
Il Martirologio romano la nomina il 16 agosto.

Bibliografia
▪ B. Pandžić, Beatrice de Silva, in Dizionario degli istituti di perfezione, vol. I, Milano, Paoline 1974, coll. 1155-1156.

▪ 1916 - Guido Gozzano (Torino, 19 dicembre 1883 – Torino, 9 agosto 1916) è stato un poeta italiano.
Il nonno di Guido, il dottor Carlo Gozzano, medico nella guerra di Crimea, molto amico di Massimo D'Azeglio e appassionato della letteratura romantica del suo tempo, era un borghese benestante, proprietario di terre e di una villa in Agliè Canavese;[1] suo figlio Fausto (1839-1900), ingegnere, costruttore della ferrovia canavesana che congiunge Chivasso con Ivrea, dopo la morte della prima moglie, dalla quale aveva avuto già cinque figlie - Ida, Faustina, Alda, Bice e Teresa - sposò nel 1877 la diciannovenne alladiese Diodata Mautino (1858-1947).
Questa era una giovane con temperamento d'artista, amante del teatro e attrice dilettante, figlia del senatore Massimo, altro ricco possidente terriero, proprietario in Agliè di una vecchia e nobile casa e, nei pressi, della villa «Il Meleto», che vantava un piccolo parco racchiudente un laghetto nel cui mezzo sorgeva un isolotto: un tocco di esotismo era poi dato dal capanno, costruito di bambù intrecciati.[2] Da questo secondo matrimonio nacquero Erina (1878-1948), Arturo e Carlo, morti prematuramente, Guido e infine Renato (1893-1970).
Guido fu il quartogenito della famiglia: nato il 19 dicembre 1883 a Torino, nella casa che i genitori possedevano in via Bertolotti 2, venne battezzato nella vicina chiesa di Santa Barbara il 19 febbraio con i nomi di Guido, Davide, Gustavo e Riccardo. Gozzano abitò in quattro diverse case nella città natale: poco dopo la sua nascita, in un palazzo fiancheggiante quello di un altro grande torinese, da lui diversissimo, Piero Gobetti, che Guido certamente non conobbe. Frequentò la scuola elementare dei Barnabiti e poi la «Cesare Balbo», con l'aiuto, svogliato com'era, di un'insegnante privata.
Gli studi liceali furono ancora più travagliati: iscritto nel 1895 al Ginnasio-Liceo classico «Cavour», fu bocciato dopo due anni e venne allora mandato a studiare in un collegio di Chivasso; ritornò a studiare a Torino nel 1898 dove nel marzo del 1900 suo padre morì di polmonite: nella ricorrenza della sua morte, l'anno dopo Guido scrisse, dedicata alla madre, la sua prima poesia nota, Primavere romantiche, pubblicata postuma nel 1924. Le molte lettere all'amico e compagno di scuola Ettore Colla fanno comprendere i motivi delle difficoltà scolastiche di Gozzano, molto più interessato alle «monellerie» che allo studio.
Cambiate ancora due scuole, nell'ottobre del 1903 conseguì finalmente la maturità al Collegio Nazionale di Savigliano; è lo stesso anno in cui, sulla rivista torinese «Il venerdì della Contessa», pubblicò i primi versi, inevitabilmente dannunziani fin dal titolo: La vergine declinante, L'esortazione, Vas voluptatis, La parabola dell'Autunno, Suprema quies e Laus Matris, oltre al racconto La passeggiata.

Le poetiche letterarie di fine secolo
Con la presa di Roma nel 1870 e la sua elevazione a capitale del Regno, l'unificazione italiana sembrò sostanzialmente conclusa. Consapevole della fragilità delle strutture istituzionali, messe in discussione da una strisciante ribellione nelle regioni del Sud, della debolezza della sua industria che lentamente si costituiva soltanto in alcune regioni del Nord, dell'arretratezza della sua agricoltura e della complessità della questione sociale in atto, la conservatrice classe politica al potere si mosse prudentemente, accentrando fortemente lo Stato e mirando alla soluzione dei problemi economici più urgenti senza perdere di vista le esigenze di pareggio del bilancio statale.
L'azione dei governi si volse all'ordinaria amministrazione e alla rinuncia a una onerosa politica di potenza, che pure l'esempio dei successi imperialistici delle maggiori nazioni europee e la retorica tesa a esaltare le glorie militari di un passato lontanissimo avrebbero sollecitato. Quando poi il governo Crispi ritenne fosse giunto il momento di far svolgere all'Italia un compito internazionale che obiettivamente essa non era in grado di sostenere, il risultato fu disastroso, alimentando nella borghesia italiana e negli intellettuali che la rappresentavano, la frustrazione per una realtà rivelatasi più meschina di quanto le speranze risorgimentali avessero fatto intravedere e contrapponendo nelle loro menti un'Italia ideale all'Italia reale, un'Italia che poteva essere all'Italia che era.
In questa evasione dalla realtà storica e dal dominio dei dati della contingenza positivamente interpretati per assecondare l'anelito di indagine di un senso che trascenda la realtà fenomenica, sono già compresi una serie di atteggiamenti caratteristici del letterato decadente: il gusto del mistero e la ricerca di un significato nascosto nelle cose, la sfiducia nella ragione e perciò l'irrazionalismo, l'afflato religioso e il pessimismo, la sensazione di essere incompresi e perciò il contrasto fra l'individuo e la società, la solitudine, l'introspezione, l'esaltazione di sé, la volontà di fare della propria vita un'arte e l'abbassamento degli altri, concepiti spesso come folla bruta e indifferenziata. I riferimenti culturali di questa poetica si rintracciano in Poe e in Baudelaire, in Schopenhauer, in Nietzsche, in Wagner.
Nel luglio 1893 Gabriele D'Annunzio, sulle colonne del quotidiano romano «La Tribuna», decretava la fine del Naturalismo in letteratura e l'insufficienza del Positivismo: «La scienza è incapace di ripopolare il disertato cielo, di rendere la felicità alle anime in cui ella ha distrutto l'ingenua pace [....] non vogliamo più la verità. Dateci il sogno. Riposo non avremo se non nelle ombre dell'ignoto». Se D'Annunzio è la figura chiave del decadentismo italiano, che egli sviluppa in forme tematiche particolari - «poetica dell'orafo (Isotteo, la Chimera), poetica del convalescente (Poema paradisiaco), poetica del superuomo (i romanzi, le tragedie), poetica dell'eroe e del martire (le opere della guerra e del dopoguerra)» [3] - nelle quali resta comune il culto delle parole, rese «significative come persone viventi, carnali» [4] a lui s'affianca il Pascoli, il cui centro di interesse poetico è la resa immediata delle cose, osservate dal punto di vista del fanciullino, che ingrandisce le piccole e rende minime le grandi, circonfuse in aloni di stupore e di mistero espresso in una oratoria moraleggiante non priva di drammatiche incongruenze.

La Società della cultura
Per quanto si fosse iscritto alla Facoltà di legge, a parte la sala da ballo del circolo studentesco «Gaudeamus igitur», Gozzano preferì frequentare i corsi di letteratura, tenuti allora da Arturo Graf - il quale, oltre che nelle regolari lezioni riservate agli studenti, era impegnato anche in pubbliche conferenze tanto nelle aule universitarie, le cosiddette «sabatine», che nelle sedi della rivista «La donna» - e la Società della cultura, un circolo sito dapprima nella Galleria Nazionale di via Roma e poi, dal 1905, traslocato nell'attuale via Cesare Battisti, a fianco di Palazzo Carignano.
Fondata nel 1898 da un gruppo di intellettuali, tra i quali si ricordano Luigi Einaudi, Guglielmo Ferrero, Gaetano Mosca, Giovanni Vailati e l'astronomo Francesco Porro de' Somenzi, la Società voleva essere una biblioteca circolante che fornisse le pubblicazioni letterarie più recenti, una sala di lettura di giornali e riviste e un luogo di conferenze e di conversazione,[5] secondo una visione positivistica della circolazione della cultura, fatta d'intenti pedagogici e di scambi di esperienze professionali.
Tra i frequentatori più anziani o già affermati nel panorama culturale di quegli anni, si notano il critico letterario e direttore della Galleria d'Arte Moderna Enrico Thovez, gli scrittori Massimo Bontempelli,[6] Giovanni Cena, Francesco Pastonchi, Ernesto Ragazzoni, Carola Prosperi, il filologo Gustavo Balsamo Crivelli e i professori Zino Zini e Achille Loria; anche Pirandello vi farà qualche comparsa. Nell'immediato dopoguerra vi parteciperanno, con altro spirito e diverso intento, Piero Gobetti, Lionello Venturi e Felice Casorati.
Gozzano vi diviene, secondo la definizione dell'amico giornalista Mario Bassi, il capo di una «matta brigata» [7] di giovani - formata, tra gli altri, dai letterati Carlo Calcaterra, Salvator Gotta, Attilio Momigliano, Carlo Vallini, dal giornalista Mario Vugliano - che disturba la pace studiosa dei soci con il chiasso delle conversazioni a voce alta e l'impertinenza degl'improvvisati scherzi goliardici:: un'immagine di Gozzano che, per altro, sembra contrastare con quella, comunemente rilasciata, di giovane riservato, dai tratti aristocratici, molto gentile, sorridente ma che «non rideva mai, rideva quasi con sforzo».[8]
Se la considerazione di Gozzano per quel circolo non è in sé lusinghiera - «La Cultura! quando me ne parli, sento l'odore di certe fogne squartate per i restauri» [9] - è tuttavia per lui occasione di conoscenze che torneranno utili tanto al suo orientamento culturale quanto alla promozione dei suoi versi. Così, dal professore di filosofia Zino Zini sollecita indicazioni e chiarimenti sulle figure di un Nietzsche e di uno Schopenhauer, così consone al suo Decadentismo ribelle, nei quali ricercare «un vero che non fosse quello religioso».[10]
Tuttavia matura lentamente in lui, insieme con una più seria, per quanto disincantata, posizione di sé nelle relazioni mondane, una più attenta considerazione dei valori poetici della scrittura, favorito dalla conoscenza dei moderni poeti francesi e belgi, Francis Jammes, Maurice Maeterlinck, Jules Laforgue, Georges Rodenbach e Sully Prudhomme su tutti, oltre che dal Graf delle Rime della selva e dall'influsso del Pascoli.
[…]

La malattia
A turbare la soddisfazione del successo, è la diagnosi di una lesione polmonare all'apice destro (aprile 1907), che lo spinge al primo di una lunga serie di viaggi nella vana speranza di ottenere, in climi più caldi e marini, una soluzione del male. In aprile va in Liguria, per pochi giorni a Ruta, poi in una località frequentata fino al 1912, San Francesco d'Albaro, alloggiando nell'Albergo San Giuliano o La Marinetta, dove frequenta il gruppo di giovani poeti che lì si danno convegno e collaborano alla rivista La Rassegna Latina, nella quale Gozzano pubblica due recensioni dedicate a Mario Vugliano e ad Amalia Guglielminetti, con la quale, insieme a una relazione durata solo un paio d'anni, inizia una corrispondenza che si manterrà per tutta la vita.
Qui scrive il componimento Alle soglie che, siglato 30 maggio 1907 e successivamente modificato, farà parte della futura raccolta I colloqui. Scrive inoltre Nell'Abazia di S, Giuliano e Le golose, pubblicato il 28 luglio col titolo Le Signore che mangiano le paste nella Gazzetta del Popolo della Domenica.
Alla fine di giugno torna ad Agliè, poi passa l'agosto a Ceresole Reale e l'autunno ancora ad Agliè. A dicembre si ferma a Torino per stare con la Guglielminetti e poi, dal 23 dicembre, è nuovamente a San Francesco d'Albaro per trascorrerivi l'inverno.

«I colloqui»
Abbandonati gli studi giuridici nel 1908 si dedica completamente alla poesia e nel 1911 pubblica il suo più importante libro, I colloqui, i cui componimenti sono divisi, secondo un progetto ben preciso, in tre sezioni: Il giovenile errore, Alle soglie, Il reduce. Il successo avuto con "I colloqui" valse a Gozzano una grande richiesta di collaborazione giornalistica con importanti riviste e quotidiani, come La Stampa, La lettura, La Donna, sulle cui pagine pubblicò per tutto il 1911 sia prose che poesie.

L'aggravarsi della malattia e il viaggio in India
Nel 1912, aggravatosi il suo stato di salute, il poeta decise di compiere un lungo viaggio in India per cercare climi più adatti al suo stato di salute. La crociera, durata dal 6 febbraio 1912 fino al maggio seguente, compiuta in compagnia del suo amico Garrone non gli diede il beneficio sperato ma lo aiutò, comunque, a scrivere, con l'aiuto della fantasia e di molte letture, gli scritti in prosa dedicati al viaggio che saranno in seguito raccolti in volume e pubblicati postumi nel 1917 con il titolo Verso la cuna del mondo.

Le ultime attività prima della morte
Nel marzo 1914 pubblicò su "La Stampa" alcuni frammenti del poemetto le Farfalle, detto anche Epistole entomologiche, rimasto incompiuto. Nello stesso anno raccolse nel volume I tre talismani, sei deliziose fiabe che aveva scritto per il Corriere dei Piccoli. Si dimostrò sempre interessato al teatro e alla cinematografia lavorando alla riduzione di alcune novelle da lui scritte. Nel 1916, anno della sua morte, lavorò alla sceneggiatura di un film, che non vide mai la luce, su Francesco D'Assisi.

Poetica
Gozzano non assume pose da letterato e scrive le sue rime, segnate dalla tristezza e dal sentimento della morte, con ironico distacco.
Alla base dei suoi versi vi è un romantico desiderio di felicità e di amore che si scontra presto con la quotidiana presenza della malattia, della delusione amorosa, della malinconia che lo porta a desiderare vite appartate e ombrose e tranquilli interni casalinghi. La sua produzione è molto apprezzata da Montale che sottolinea il suo "far cozzare l'aulico col prosastico facendo scintille". I caratteri aulici sono però sempre presentati e come trasfigurati attraverso il filtro sottile dell'ironia, una "distanza" che egli mantiene anche rispetto alla gioia delle piccole cose o della quotidianità a differenza degli altri Crepuscolari.

I temi della sua poesia
La Torino d'altri tempi

Tra i temi essenziali al mondo poetico di Gozzano vi è l'immagine della città natale, di quella sua amata Torino alla quale egli costantemente ritornava. Torino raccoglieva tutti i suoi ricordi più mesti ed era l'ambiente fisico ed umano al quale egli sentiva di partecipare in modo intimo con sentimento ed ironia. Accanto alla Torino contemporanea era assai più cara al poeta la Torino dei tempi antichi, quella Torino antica e un po' polverosa che suscitava nel poeta quegli accenti lirici carichi di nostalgia melanconica.

L'ambiente canavesano e la natura
Accosto alla Torino gozzaniana viene proposto dal poeta il vicino ambiente canavesano, dove si ritrovano fondamentali immagini di contemplazione paesista e dal quale scaturiranno l'estremo mito lirico incarnato dal mondo della natura, che poteva dargli, come egli dice "la sola verità buona a sapersi" e le ultime "persone" della sua poesia, "l'archenio del cardo, la selce, l'orbettino, il macaone" e infine tutte le farfalle del suo poema incompiuto che gli faranno ritrovare la sua "grande tenerezza per le cose che vivono", non ultimo il fanciullo che era "tenero e antico".

La malattia e la morte
L'aggravarsi della tisi che condurrà il poeta alla morte a soli trentadue anni, nel 1916, lascia molte impronte in tutti i suoi versi e diventa occasione lirica come in Alle soglie, dove viene registrata anche la prova della schermografia
«Un fluido investe il torace, frugando il men peggio e il peggiore
trascorre, e senza dolore disegna su sfondo di brace
l'ossa e gli organi grami al modo che un lampo nel fosco
disegna il profilo d'un bosco, coi minimi intrichi dei rami» (da Alle soglie)

Le terre remote
Quando tra il febbraio e l'aprile del 1912 Gozzano si recò in India tenne la cronaca del suo viaggio che espresse a volte in forma appassionata ed esterna, a volte in forma intima e sofferta. Nacquero le "Lettere dall'India", che, composte tra il 1912 e il 1913, apparvero su "La Stampa" torinese del 1914 e vennero in seguito pubblicate in volume presso i Fratelli Treves, con prefazione di Borgese nel 1917. Con queste immagini di terre lontane nasceva la più alta della prosa di Gozzano pur rimanendo il suo mondo poetico, anche di fronte alle immagini suggestive di orizzonti sconosciuti e non abituali, sempre all'interno dei propri determinati e sicuri confini. Gozzano, descrivendo la sua esperienza di viaggio, affronta anche il tema dell'"altro viaggio", quello della morte.

La villa del Meleto
Guido Gozzano alternava i soggiorni nella capitale a lunghi periodi nella villa avita, il Meleto, immersa nel verde e circondata da un giardino romantico con un laghetto a due chilometri da Agliè. Qui ammalato di mal sottile diede vita ad una soave produzione poetica dai toni dannunziani prima, dell'ironia borghese e realistica e della scapigliatura poi. L'eleganza e l'estetismo non caratterizzarono solo la sua opera letteraria: la sua coerenza all'ideale di vita che lo spingeva a fondere vita e poesia, lasciò che il suo personaggio apparisse dandy e raffinato. In onore del luogo soave e delicato, circondato dallo stile liberty il poeta soleva scrivere:
«Ed anche qui le statue e le siepi
ed il busso ribelle alle cesoie
(Natali dell'infanzia, o buone gioie
quando n'ornavo i colli dei presepi!)
Ma sull'erme, suoi cori, sopra il busso
simmetrico sui lauri
sugli spessi
carpini, sulle rose, sui cipressi
sulle vestigia dell'antico lusso
da cento anni un folto si compose
di pomi, di peri
[...]
 Son l'ombre di una gran pace tranquilla:
 il sole, trasparente dall'intrico
segna la ghiaia del giardino antico
di monete, di lunule, d'armille.»
E dentro le stanze, il mondo racchiuso e silenzioso del Meleto, la sua camera, le vestigia di un'epoca e di un sogno, le altre camere, la sala da pranzo, la biblioteca arredate secondo il gusto liberty.

Note
1. ^ Gozzano lo ricorda nella «Via del rifugio», III: contento dei raccolti opimi / ti compiacevi dei tuoi libri onesti: il tuo Manzoni... Prati... Metastasio... / Le sere lunghe! E quelle tue malferme / dita sui libri che leggevi
2. ^ Ricordato in diverse poesie: per es.: Il piede ella volgea / allo stagno che l'isola circonda, in «Primavere romantiche», 1901
3. ^ W. Binni, La poetica del Decadentismo, pp. 5 e segg.
4. ^ W. Binni, ibidem
5. ^ Notizie e documenti in G. Bergami, La «Società di cultura» nella vita civile e intellettuale torinese, «Studi Piemontesi», Torino, VIII, 1979
6. ^ al quale dedica, in maggio, una sua tipica poesia decadente di quegli anni: amai stolidamente, come il Fabro, / le musiche composite e gl'inganni / di donne belle solo di cinabro
7. ^ G. Bergami, Gozzano e la «matta brigata», in «Guido Gozzano. I giorni, le opere», pp. 239-254
8. ^ La testimonianza è di Carola Prosperi, in F. Antonicelli, Capitoli gozzaniani, p. 58
9. ^ Lettera a Carlo Vallini del 20 dicembre 1907, in G. Gozzano, Lettere a Carlo Vallini, p. 48
10. ^ C. Calcaterra, Introduzione a G. Gozzano, Opere, p. XXVII
11. ^ La poetessa racconta nel suo diario la scena dell'incontro che in realtà fu, in quel primo momento, mancato: «Ci fissammo un momento con le pupille magnetizzate, poi egli s'alzò, mosse un passo verso di me come seguendo una coraggiosa deliberazione, ma il mio sguardo s'abbassò d'un tratto, il mio volto espresse un improvviso sgomento [...] ed egli non avanzò, deviò i suoi passi verso la porta, contraendo le labbra in una tenuissima smorfia d'ironia [...] ed uscì» La sera stessa Gozzano le telefonò a casa. In O. Benso, Una relazione letteraria, pp 31-32
12. ^ che comparve con «qualche errore antico di meno e qualche nuovo di più» e alcune varianti. Lettera di Gozzano a Carlo Vallini, 27 agosto 1907
13. ^ Una rassegna è in M. Masoero, «Un nuovo astro che sorge». Giudizi 'a caldo' sulla Via del rifugio
14. ^ Dalla poesia L'analfabeta, vv. 45-48
15. ^ In Ignorabimus, vv. 12-14
16. ^ In La morte del cardellino, vv. 12-14
17. ^ Gozzano ringraziò la Pierazzi con una lettera (in R. M. Pierazzi, ...e le ombre tornano, p. 165), salvo lamentarsi con l'amico Vallini per essere stato «imbrattato dalla Pierazzi in un'articolessa indecente»: cfr. G. Gozzano, Lettere a Carlo Vallini con altri inediti, p. 51.
18. ^ In M. Masoero, Guido Gozzano, Libri e lettere, pp. 65-68 e 95-99, dove dell'Angeloni è riportato il ricordo fuorviante dello scomparso Gozzano, scritto ancora ne «Il Momento» il 10 febbraio 1925, che delinea un percorso della vita del poeta procedente dalle «erronee vie della selva dantesca» a un suo presunto «disgusto della realtà dei sensi» e a una «nostalgica sua brama di un Bene», fino all'approdo a quella «Verità in cui credere e rinunciare è salvezza».
19. ^ In L'analfabea, v. 63
20. ^ In Le due strade, v. 71
21. ^ Ibidem, vv. 89-90
22. ^ Nel primo fascicolo della rivista, uscita il 1° giugno 1907
23. ^ In La via del rifugio, vv. 1-12 e 29-36
24. ^ L'amica di Nonna Speranza, vv. 103-104, 107-110, 113-114
25. ^ In L'analfabeta, vv. 113-114

▪ 1919 - Ruggero Leoncavallo (Napoli, 23 aprile 1857 – Montecatini Terme, 9 agosto 1919) è stato un compositore italiano, autore di opere liriche e operette.

▪ 1938 - Leo Frobenius (Berlino, 29 giugno 1873 – Biganzolo, 9 agosto 1938) è stato un etnologo tedesco che, più di ogni altro studioso, contribuì a svelare all'Europa il valore delle culture africane.
Con il materiale raccolto nel corso delle sue 12 spedizioni in Africa, sfatò definitivamente l'immagine colonialistica del "negro selvaggio", mostrando agli europei la molteplicità e la ricchezza delle arti e delle tradizioni africane.
Frobenius intraprese, fra l'altro, il rilevamento e lo studio sistematico delle figurazioni rupestri del Sahara, dell'Algeria, della Nubia e del Sudafrica. Trasferì, inoltre, sul piano storico l'attività creativa del simbolo: considerò cioè le antiche culture e quelle dei cosiddetti primitivi come il vasto repertorio di esperienze, comprensibili solo considerando il simbolo come elemento di una conoscenza commossa che trascende l'uomo ed è la determinante prima della civiltà.
Con questa teoria Frobenius sconfinava nella metafisica: era un tentativo di interpretare oggettivamente, in etnologia, l'esperienza psichica collettiva; così come, in psicologia, fece Carl Gustav Jung (già discepolo di Sigmund Freud) con la teoria dell'inconscio collettivo.
Nel 1898 fondò a Berlino l'Archivio africano; nel 1922 a Monaco l'Istituto di ricerca per al morfologia della civiltà, trasferito nel 1935 a Francoforte, e che dal 1945 prese il nome di Istituto Frobenius.
Nel 1923 fu nominato professore onorario di etnologia e storia delle civiltà all'università di Francoforte; nel 1934 divenne direttore del Museo etnografico di quella città.

▪ 1942 - Edith Stein (in religione Teresa Benedetta della Croce; Breslavia, 12 ottobre 1891 – Auschwitz, 9 agosto 1942) è stata una religiosa e filosofa tedesca dell'Ordine delle Carmelitane Scalze: convertitasi al cattolicesimo dall'ebraismo, venne arrestata dai nazisti e rinchiusa nel campo di concentramento di Auschwitz, dove trovò la morte. Nel 1998 papa Giovanni Paolo II l'ha proclamata santa e l'anno successivo l'ha dichiarata compatrona d'Europa.
Beatificata, canonizzata e dichiarata solennemente compatrona d’Europa dal Santo Padre Giovanni Paolo II, la carmelitana Teresa Benedetta della Croce, al secolo Edith Stein, è stata una figura davvero emblematica del ventesimo secolo, capace, come poche altre, di rappresentarne il tormento e la speranza, il dolore e la redenzione.

Edith Stein: la filosofa santa di Maurizio Schoepflin [Da "il Timone" n. 8, Luglio/Agosto 2000]

Edith Stein nacque a Breslavia il 12 ottobre 1891, settima figlia di due coniugi ebrei dalla profonda religiosità. Intorno ai vent’anni iniziò gli studi di filosofìa, e a Gottinga, sede di una prestigiosa università, diventò discepola di Edmund Husserl, uno dei maggiori filosofi contemporanei. Il primo gennaio del 1922 fu battezzata: il suggello alla sua conversione al cattolicesimo lo aveva posto la lettura di un’opera intitolata Vita di S. Teresa narrata da lei stessa, al termine della quale ella ebbe a esclamare: "questa è la verità!". Seguì un periodo in cui fu insegnante in una scuola retta dalle domenicane e presso l’università di Munster; di questo suo servizio di educatrice, una testimonianza preziosa proviene dalle sue stesse alunne, che dichiararono: "Intuivamo in lei qualcosa di molto raro: la perfetta armonia tra l’insegnamento e la vita personale". Il 14 ottobre del 1933 Edith entrò nel carmelo di Colonia; l’anno dopo ricevette l’abito e prese il nome di Teresa Benedetta della Croce; nel 1935 fece la professione temporanea e il 21 aprile del 1938 quella perpetua, maturando sempre di più la consapevolezza di essere vittima di espiazione. Alla fine del 1938 venne trasferita al carmelo di Echt, in Olanda: quattro anni dopo la Gestapo l’arrestò insieme alla sorella e la internò ad Auschwitz, ove il 9 agosto 1942 trovò la morte.

Edith Stein scrisse varie opere che possono essere suddivise nel modo seguente: scritti autobiografici, studi filosofici, opere sociali e tecnologico-spirituali. In campo filosofico, la Stein risentì profondamente del pensiero di Husserl, il padre della fenomenologia, una forma di speculazione fìlosofica che insegnò alla giovane ricercatrice la libertà dai pregiudizi e la capacità di guardare alle cose con sguardo puro e limpido. Dopo la tesi di laurea sul problema della immedesimazione, la Stein continuò ad occuparsi della fondazione fìlosofica della psicologia e delle scienze dello spirito. Assai importante per la giovane studiosa si rivelò l’incontro con la filosofia di san Tommaso, del quale tradusse le Ricerche sulla verità (Quaestiones disputatae de ventate); nel 1929 scrisse La fenomenologia di Husserl e la filosofia di san Tommaso d’Acquino, palesando un atteggiamento che le risultò particolarmente congeniale: quello della filosofia cristiana mediatrice tra il grande patrimonio della tradizione (sant’Agostino e san Tommaso) e le istanze del pensiero moderno, tra le quali spiccano quelle proprie della fenomenologia, che secondo la Stein non si trova in contraddizione con la fede. Certamente, la conversione fece sì che anche il suo orizzonte filosofico si dilatasse: di qui la necessità di andare oltre Husserl e di aprirsi alla lezione tomista, nella speranza di poter recuperare quella "filosofìa perenne", al centro della quale sta la decisiva questione dell’essere, che la Stein studiò a fondo nella celebre opera Essere finito e essere eterno.

Nell’ultimo scorcio della sua vita la Stein si dedicò alla teologia mistica, anche a motivo del fatto che l’Ordine carmelitano le aveva affidato l’incarico di redigere uno scritto celebrativo per il quarto centenario della nascita di san Giovanni della Croce: ella volse allora la sua attenzione alle opere di Dionigi Areopagita e alla sua teologia negativa che accentua il carattere oscuro di Dio al quale l’anima può unirsi misticamente. Teresa Benedetta si impegnò poi ad approfondire il mistero della Croce: sarà questo amore tutto carmelitano per il crocifisso il tratto caratteristico della sua spiritualità. Per lei "la vita interiore è la più profonda e pura fonte di felicità": in essa, nei suoi abissi silenziosi e a volte oscuri si impone la presenza di Dio. La santa affinò sempre di più la sua intensa interiorità spirituale: "Penso che il Signore ha preso la mia vita per tutti", scriveva in una lettera del 31 ottobre 1938; e riguardo alla sua conversione meditava: "Non si può neanche immaginare quanto sia importante, ogni mattina quando mi reco in cappella, ripetermi, alzando lo sguardo al crocifisso e all’effigie della Madonna: erano del mio stesso sangue"; e suggellava la sua radicale sequela di Cristo affermando: "Ho ricevuto il nome che avevo chiesto. Sotto la croce avevo capito il destino del popolo di Dio... oggi so meglio cosa voglia dire essere sposata con il Signore nel segno della croce".

"Non l’attività umana può aiutarci - si legge ancora nei suoi scritti - ma la passione di Cristo. Partecipare a questa è la mia aspirazione": fu esaudita, e la sua immolazione per amore di Cristo si presenta come un lampo di luce nella tenebra del male e del peccato. Così coronò la sua vita. Edith Stein, ebrea, filosofa, suora carmelitana con il nome di Teresa Benedetta della Croce, un giorno aveva annotato: "L’essenza dell’essere cristiano non è il sapere ma l’amore. Dio è amore. È per questo che essere afferrati da Dio vuol dire essere infiammati dall’amore".

Bibliografìa
Presso l’editrice Città Nuova di Roma è in corso di edizione l’intera opera della Stein, di cui sono stati pubblicati già alcuni volumi.
Maria Cecilia del Volto Santo, Edith Stein, un’ebrea testimone per la verità, San Paolo, Cinisello Bal.mo (MI) 1996.
P. Ricci Sindoni, Filosofia e preghiera mistica nel Novecento, EDB, Bologna 1997.
"Scritti spirituali", Mimep-Docete-edizioni Ocd, Pessano(MI) 1998.

▪ 1962 - Hermann Hesse (Calw, 2 luglio 1877 – Montagnola, 9 agosto 1962) è stato uno scrittore, poeta e pittore tedesco naturalizzato svizzero. Ha vinto il Premio Nobel per la Letteratura nel 1946.
La sua produzione, in versi ed in prosa, è vastissima e conta quindici raccolte di poesie e trentadue tra romanzi e raccolte di racconti. I suoi romanzi più famosi sono Peter Camenzind (1904), Il lupo della steppa (1927), Il gioco delle perle di vetro, (1943), Siddharta (1922), Narciso e Boccadoro (1930), Demian (1919).
I suoi lavori rispecchiano il suo interesse per l'esistenzialismo, lo spiritualismo, il misticismo, non meno della filosofia indù e buddhista.

▪ 1975 - Dmitrij Dmitrievič Šostakovič (in russo, Дмитрий Дмитриевич Шостакович) (San Pietroburgo, 25 settembre 1906 – Mosca, 9 agosto 1975) è stato un compositore russo.
Fu una delle più importanti figure della musica moderna russa e ricevette diversi riconoscimenti sia a livello nazionale che internazionale. Ebbe un travagliato rapporto con il governo sovietico: subì infatti due denunce ufficiali a causa delle sue composizioni (la prima nel 1936, la seconda nel 1948) e i suoi lavori furono periodicamente censurati (i balletti furono criticati per le tematiche troppo "disimpegnate"). Rimase tuttavia il compositore sovietico più popolare della propria generazione, ricevette numerosi riconoscimenti e servì il consiglio supremo sovietico.

▪ 1991 - Antonino Scopelliti (Campo Calabro, 20 gennaio 1935 – Piale, 9 agosto 1991) è stato un magistrato italiano.
Entrato in magistratura a soli 24 anni, ha svolto la carriera di magistrato requirente, iniziando come Pubblico Ministero presso la Procura della Repubblica di Roma, poi presso la Procura della Repubblica di Milano. Procuratore generale presso la corte d'Appello quindi, Sostituto Procuratore Generale presso la Suprema Corte di Cassazione. Seguì una eccezionale carriera, che lo portò ad essere il numero uno dei sostituti procuratori generali italiani presso la Corte di Cassazione. Si è occupato di vari maxi processi, di mafia e di terrorismo.
Il giudice solo, così definito dal giornalista Antonio Prestifilippo, nel libro che ricostruisce la vita del magistrato, fu ucciso il 9 agosto 1991, mentre era in vacanza in Calabria, sua terra d'origine, presso Piale, sulla strada provinciale tra Villa San Giovanni e Campo Calabro.
Senza scorta, metodico nei suoi movimenti, Scopelliti venne intercettato dai suoi assassini mentre, a bordo della sua automobile, rientrava in paese dopo avere trascorso la giornata al mare. L'agguato avvenne all'altezza di una curva, poco prima del rettilineo che immette nell'abitato di Campo Calabro. Gli assassini, almeno due persone a bordo di una moto, appostati lungo la strada, spararono con fucili calibro 12 caricati a pallettoni. La morte del magistrato, colpito alla testa ed al torace, fu istantanea.
L'automobile, priva di controllo, finì in un terrapieno. In un primo tempo si pensò che Scopelliti fosse rimasto coinvolto in un incidente stradale. L'esame esterno del cadavere e la scoperta delle ferite da arma da fuoco fecero emergere la verità sulla morte del magistrato.
Quando fu ucciso stava preparando, in sede di legittimità, il rigetto dei ricorsi per Cassazione avanzati dalle difese dei più pericolosi esponenti mafiosi condannati nel primo maxiprocesso a Cosa Nostra. Si ritiene che per la sua esecuzione si siano mosse insieme la 'ndrangheta e Cosa Nostra, dopo che il magistrato rifiutò 5 miliardi di lire italiane per sospendere il suo lavoro.
Secondo i pentiti della 'ndrangheta Giacomo Lauro e Filippo Barreca, sarebbe stata la cupola di Cosa Nostra siciliana a chiedere alla 'ndrangheta di uccidere Scopelliti, che avrebbe rappresentato la pubblica accusa in Cassazione nel maxi processo a Cosa nostra. Cosa nostra, in cambio del favore ricevuto, sarebbe intervenuta per fare cessare la guerra di mafia che si protraeva a Reggio Calabria dall'ottobre 1985, quando fu assassinato il boss Paolo De Stefano. Nell'abitazione del padre di Scopelliti, dove il magistrato soggiornava durante le vacanze, fu trovato il fascicolo del processo alla Cupola di Cosa nostra.
Come mandante fu condannato in primo grado Pietro Aglieri, successivamente assolto nel 1999 dalla Corte di Cassazione perché accusato da soli pentiti.
Nel 2001, la Corte d' Assise d'Appello di Reggio Calabria assolve Bernardo Provenzano, Giuseppe e Filippo Graviano, Raffaele Ganci, Giuseppe Farinella, Antonino Giuffre' e Benedetto Santapaola dall'accusa di essere stati i mandanti. L'omicidio Scopelliti rimane quindi impunito.
Gli è stata dedicata una strada nel suo paese natale, Campo Calabro, ed una nella contigua Villa San Giovanni.
Nel 2007, su iniziativa della figlia, Rosanna Scopelliti, è stata costituita una fondazione intitolata all'Alto magistrato.

Bibliografia
Antonio Prestifilippo, Morte di un giudice solo. Il delitto Scopelliti, Città del Sole, 2008, ISBN 9788873512035

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