Il calendario del 6 Ottobre

Fonte:
CulturaCattolica.it
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Eventi

▪ 3761 a.C. - Inizia l'anno 1 del calendario ebraico

▪ 1111 - Baldovino VII diventa conte delle Fiandre

▪ 1499 - Luigi XII di Francia occupa la città di Milano

▪ 1582 - Questo giorno non esiste nel calendario gregoriano: per riallineare il calendario alle stagioni, i giorni dal 5 al 14 ottobre 1582 sono saltati

▪ 1683 - I primi coloni olandesi di fede mennonita arrivano in Pennsylvania

▪ 1789 - Il popolo di Francia fa irruzione nella reggia di Versailles, viene placato dall'apparizione sul balcone della regina Maria Antonietta

▪ 1799 - Nella battaglia di Castricum una coalizione franco-olandese sconfigge la coalizione anglo-russa durante il periodo della Seconda coalizione

▪ 1889 - Thomas Edison mostra il suo primo film

▪ 1889 - A Parigi apre i battenti il Moulin Rouge

▪ 1908 - L'Austria si annette Bosnia e Erzegovina

▪ 1924 - L'Italia inizia le trasmissioni radiofoniche

▪ 1928 - Chiang Kai-Shek diventa Presidente della Repubblica Cinese

▪ 1929 - In nove città viene giocata la prima giornata del primo Campionato di calcio di Serie A a girone unico

▪ 1938 - Il Gran Consiglio del Fascismo sulle leggi razziali pubblica la "Dichiarazione sulla razza"

▪ 1943 - La città di Lanciano, unica in Abruzzo e nell'Italia centrale si ribella alla truppe tedesche (la rivolta dei Martiri ottobrini)

▪ 1944 - Battaglia di Dukla (Carpati). L'armata Rossa entra in Slovacchia

▪ 1956 - Il medico polacco Albert Bruce Sabin scopre il vaccino per la poliomielite

▪ 1966 - L'LSD viene dichiarato illegale negli Stati Uniti

▪ 1973 - Scoppia la guerra del Kippur

▪ 1976 - La cosiddetta Banda dei quattro in Cina viene arrestata accusata di un tentato colpo di Stato

▪ 1981 - Nel corso di un attentato viene ucciso il presidente egiziano Anwar Sadat

▪ 1987 - Il colonnello Sitiveni Rabuka, dopo un colpo di Stato, proclama le isole Figi una repubblica

▪ 1990

  1. - Elio e le Storie Tese tentano di entrare nel Guinness dei primati suonando per 12 ore consecutive "Cara, ti amo", una canzone dal testo improvvisato, accompagnati da molti artisti
  2. - La sonda spaziale Ulysses viene lanciata verso il Sole

▪ 1995 - Viene scoperta la stella 51 Pegasi, la prima stella grazie alla quale viene avvistato il primo pianeta extrasolare

▪ 2000 - Slobodan Milošević si dimette

▪ 2002
  1. - Attentato alla petroliera francese Limburg, nello Yemen
  2. - Il fondatore dell'Opus Dei Josemaría Escrivá, è canonizzato dal Vaticano

• 2008 - la crisi delle borse continua, bruciati 450 miliardi di euro, con perdite nelle borse europee da -7 a -9%

Anniversari

* 1932 - Lucien Laberthonnière (Chazelet, 5 ottobre 1860 – Parigi, 6 ottobre 1932) è stato un filosofo e teologo francese.
Nato da una famiglia modesta, studiò nel seminario di Saint-Gaultier dal 1873 al 1880 e poi in quello di Bourges fino al 1885. Ordinato prete nel 1886, entrò nell'Oratorio, una congregazione fondata dal cardinal Pierre de Bérulle nel 1611. Nel 1892 si iscrisse alla Sorbona, laureandosi in filosofia nel 1896.
Divenne intimo di Maurice Blondel dopo aver conosciuto la sua opera più importante, L'Action. Dal 1898 seguì a Parigi la Crypte, un centro culturale e religioso fondato da Marc Sangnier, futuro animatore del movimento democratico diffuso in Francia con il nome di Sillon. Direttore della rivista Annales de philosophie chrétienne dal 1905 al 1913), fu attaccato da diversi teologi finché, nel 1906, i suoi Éssais de philosophie religieuse vengono condannati dalla Chiesa cattolica.
Nel settembre 1907 papa Pio X promulgò l'enciclica Pascendi, condannando il modernismo; anche al Laberthonnière, nel 1913, fu proibita ogni pubblicazione. All’inizio degli anni Venti i rapporti fra Laberthonnière e Blondel, che aveva abbandonato il movimento modernista, si fecero difficili e dal 1928 cessarono del tutto.

La filosofia di Laberthonnière
Laberthonnière concepiva la fede non già come sottomissione a un’autorità esterna ma come un’esperienza di vita che comprende in sé la bontà, la grazia che permette di partecipare alla vita divina: una tesi che prefigura il Concilio Vaticano II e i movimenti carismatici allora giudicati inammissibili dalle autorità ecclesiastiche.
Denunciò con vigore l’influsso nocivo del pensiero greco sul pensiero cristiano, attaccando il tomismo, accusato di aristotelismo, sottolineando l’abisso che separa il dio di Aristotele, logico, egoista e impersonale, dal dio cristiano, amorevole, sapiente, creatore e caritatevole. Il dio di Tommaso d'Aquino è, secondo Laberthonnière, una mescolanza improponibile, illogica e contraddittoria, persino «mostruosa», giungendo a parlare di un «anticristianesimo del tomismo». Una tale critica radicale non poteva che provocare i fulmini del Vaticano, allora in piena restaurazione neotomista.
Laberthonnière non esitò nemmeno ad attaccare l’agnosticismo cartesiano che vorrebbe evitare Dio ma, non potendolo completamente, «non ha potuto impedirsi di attribuirgli il gesto di mettere in moto il mondo, dopo di che non ha saputo più che farsene di Dio». Laberthonnière condanna la secolarizzazione del mondo iniziata con Cartesio: per lui, le verità non esistono se non nella misura in cui noi le facciamo nostre; è ciò che egli chiama dogmatismo morale e pertanto la filosofia non è una scienza ma è lo sforzo del nostro spirito di conoscere ragione e senso delle cose.
Allo stesso modo la rivelazione ha senso solo in quanto ricerca in sé stessi: solo in questo modo si può incontrare Dio, che è principio dell'uomo - anche se l'uomo non lo riconoscesse come tale - cosa possibile solo in virtù dell’intervento della grazia. Denunciò vigorosamente la confusione della Chiesa con la gerarchia ecclesiastica, la concezione assolutista dell’autorità che idolatra le verità dogmatiche ma trascura le virtù cristiane della carità. L’autentica verità è irradiata dalla bontà e Cristo stesso ci mostra la strada: l’autorità suprema della Chiesa è la carità divina in atto.
L'intelletto deve sottostare allo spirito, l’idea all’atto, l’ordine della conoscenza a quello della carità. Laberthonnière non rifiuta le verità dogmatiche in quanto tali ma le subordina all’amore del prossimo, che è il dono di sé, la carità incondizionata che Cristo ha manifestato a tutta l’umanità; queste sono concezioni tipiche del modernismo e come tali furono condannate dal Vaticano.

Opere
▪ Théorie de l'éducation, 1901
▪ Essais de philosophie religieuse, 1903
▪ Le réalisme chrétien et l'idéalisme grec, 1904
▪ Positivisme et catholicisme, 1911
▪ Autour de l'Action française, 1911
▪ Le témoignage des martyrs, 1912
▪ Sur le chemin du catholicisme, 1913
▪ Études sur Descartes, 2 voll., 1935
▪ Étude de philosophie catésienne e Premiers écrits philosophiques, 1937
▪ Esquisse d'une philosophie personnaliste, 1945
▪ Pangermanisme et christianisme, 1945
▪ Critique du laïcisme, 1948
▪ La notion chrétienne de l'autorité, 1955

Bibliografia
▪ L. Pazzaglia, Rinnovamento religioso e prospettive educative in Laberthonnière, ISU, Milano, 2005, ISBN 8883113608

▪ 1976 - Gilbert Ryle (Brighton, 19 agosto 1900 – Whitby, 6 ottobre 1976) è stato un filosofo britannico.
Ryle fece parte della generazione di filosofi del linguaggio comune influenzati da Ludwig Wittgenstein ed è conosciuto soprattutto per la sua critica del dualismo cartesiano, per il quale coniò l'espressione "il fantasma nella macchina" ("the ghost in the machine").
Alcune delle sue idee nella filosofia della mente sono considerate "comportamentiste" (da non confondersi con il comportamentismo psicologico di Skinner e Watson).
Il giovane Ryle crebbe in un ambiente intellettualmente stimolante. Suo padre coltivava interessi in filosofia e astronomia e lasciò in eredità ai figli una vasta biblioteca.
Ryle inizialmente studiò al Brighton College. Nel 1919 si trasferì al Queen's College a Oxford, per studiare lingue classiche, ma fu presto attratto dalla filosofia. Si laureò come primo della sua classe nel 1924 e fu nominato lettore in filosofia a Christ Church, Oxford. L'anno successivo fu nominato tutore. Ryle rimase a Christ Church fino alla seconda guerra mondiale.[1]
In quanto capace linguista, fu reclutato nell'intelligence militare durante la guerra, dopodiché fece ritorno a Oxford e fu eletto Waynflete Professor of Metaphysical Philosophy e fellow del Magdalen College, Oxford. Lì pubblicò la sua opera principale, "The Concept of Mind" nel 1949. Fu presidente della Aristotelian Society dal 1945 al 1946, e curatore della rivista filosofica Mind dal 1947 al 1971.[1]

La filosofia come cartografia
La filosofia tradizionale concepiva il compito del filosofo come lo studio degli oggetti mentali invece che fisici. Ryle sostenne che non fosse più possibile per i filosofi credere ciò. Invece di questo, Ryle osservò la tendenza dei filosofi di investigare gli oggetti la cui natura non fosse né fisica né mentale. Ryle credette invece che "i problemi filosofici sono problemi di un tipo particolare, non sono problemi ordinari riguardo a enti speciali".[1]
Ryle propone l'analogia della filosofia come cartografia. Chi ha competenze in un certo linguaggio, secondo Ryle, sta a un filosofo come gli abitanti di un villaggio a un cartografo. Gli abitanti del villaggio hanno una certa competenza riguardo al proprio villaggio, conoscono abitanti e dintorni. Se venisse loro chiesto di consultare una mappa per desumerne lo stesso tipo di conoscenze, incontrerebbero problemi finché non riuscirebbero a correlare e tradurre le loro conoscenze pratiche in simboli cartografici. L'abitante del villaggio concepisce il villaggio in termini pratici e personali, mentre il cartografo lo concepisce in termini neutrali, pubblici e astratti.[2]
Stilando una "mappa" delle parole e delle frasi contenute in determinate espressioni, i filosofi possono generare quello che Ryle chiama "fili d'implicazione". In altre parole, ogni parola e frase di un'espressione contribuisce all'espressione in modo tale che, se le parole o frasi fossero mutate, l'espressione avrebbe un'implicazione diversa. Il filosofo deve mostrare le direzioni e i limiti dei diversi "fili d'implicazione" che un "concetto contribuisce alle espressioni in cui compare". Per mostrare ciò, deve "strattonare" i fili contigui, che, a loro volta, propagano gli "strattoni". La filosofia quindi investiga il significato di questi fili d'implicazione nelle espressioni in cui sono usati.[3]

The Concept of Mind
In The Concept of Mind (1949), Ryle sviluppa una critica del dualismo mente-corpo, diffuso nella filosofia occidentale da Cartesio in poi. L'idea di una mente come entità indipendente, che inabita e controlla il corpo, va refutata come un rimasuglio superfluo di un periodo antecedente lo sviluppo della biologia moderna e che non può più essere preso alla lettera. Parlare di una mente e un corpo come entità separate può avere solo la funzione di descrivere metaforicamente le abilità di organismi complessi, come strategie per la risoluzione di problemi, capacità di astrazione e generalizzazione, di generare ipotesi e metterle alla prova, eccetera, in relazione al loro comportamento.
Attacca l'idea di pensatori del XVII e XVIII secolo (in particolare Cartesio) della natura come una macchina complessa, e dell'uomo parimenti come una macchina con un inesplicabile "fantasma" al suo interno, per riuscire a spiegare intelligenza, spontaneità eccetera. L'idea di un fantasma nella macchina porta a problemi insuperabili e contraddizioni interne: come si potrebbe mai capire se all'interno di altri corpi ci siano "fantasmi" come il nostro? Che senso ha postulare un "fantasma" immateriale e senza proprietà causali o spaziali "in" un corpo esteso come suo principio motore? Quindi, mentre una terminologia "mentalista" gioca un ruolo importante nella descrizione del comportamento umano, gli esseri umani non sono analoghi a delle macchine, né esiste una necessità filosofica di postulare principi nascosti per spiegare capacità che vanno oltre le possibilità meccaniche.
Ryle asserisce che le operazioni della mente non sono distinte da quelle del corpo. Il vocabolario mentale è semplicemente una maniera differente di descrivere un'azione. Le motivazioni di una persona sono definite in parte dalle sue disposizioni ad agire in certe sitazioni. Non ci sono esplicitamente sentimenti, dolori o atti di vanità: ci sono solo certe azioni sussunte sotto una tendeza comportamentale indicata come, ad esempio, "vanità".
Scrittori, storici e giornalisti non hanno alcun problema nell'ascrivere motivazioni e valori morali alle azioni delle persone. Il problema si pone solo quando i filosofi insistono ad attribuire tali qualità a un dominio mentale o spirituale a sè stante. Ryle inoltre propose l'argomento classico contro il cognitivismo, il regresso di Ryle.

Influenza e critica
Al suo apparire "The Concept of Mind" fu riconosciuto come un contributo importante alla psicologia filosofica alla filosofia del linguaggio comune. Però, negli anni 1960 e 1970 l'influenza delle teorie cognitiviste di Noam Chomsky, Herbert Simon, Jerry Fodor e altri nella scuola neo-cartesiana ebbero il sopravvento. Chomsky perfino scrisse un libro titolato Cartesian Linguistics. Nel dopoguerra le due maggiori scuole nella filosofia della mente, il rappresentazionalismo di Fodor e il funzionalismo di Wilfrid Sellars postulavano esattamente il tipo di stati cognitivi "interni" contro cui Ryle aveva argomentato. Comunque, come un suo influente studente Daniel Dennett dimostra, tendenze recenti nella psicologia come embodied cognition, discursive psychology, situated cognition e altre nella tradizione post-cognitivista hanno rinnovato l'interesse in Ryle. Dennett ha scritto una prefazione molto positiva per la nuova edizione di The Concept of Mind.[4] Ryle rimane un imporatente rappresentante della possibilità di dare un'interpretazione sensata alle attività complesse dell'uomo, senza ricorrere a un'entità come un'anima o mente astratta.
Il concetto di descrizione densa sviluppato da Ryle in "Il pensare i pensieri: Cosa sta facendo 'Il Pensatore'?" ("The Thinking of Thoughts: What is 'Le Penseur' Doing?")[5] e in "Pensare e Riflettere" ("Thinking and Reflecting"), ha avuto un'influenza consistente su antropologi sociali quali Clifford Geertz.[6]
Allan Bloom, classicista noto per il suo controverso The Closing of the American Mind, aspro critico di Ryle, scrisse:
«In themselves Ryle's opinions are beneath consideration, but they do deserve diagnosis as a symptom of a sickness which is corrupting our understanding of old writers and depriving a generation of their liberating influence [...] Such scholarship should give us pause, for Ryle is held by many to be one of the preeminent professors of philosophy in the Anglo-Saxon world.»(Bloom 1970[7])
La critica di Bloom accusa Ryle di "aristotelizzare" anacronisticamente i testi di Platone, facendoli passare attraverso un "colino analitico". Secondo Bloom, questa mediazione vizia i contenuti dei testi platonici "torturandoli fino a farli conformare a un principio dogmatico", piuttosto che accedervi nel modo più naturale.

Opere
▪ The Concept of Mind (1949), trad. it. e cura di Ferruccio Rossi-Landi, Lo spirito come comportamento, Torino: Einaudi, 1955, poi Roma-Bari: Laterza, 1982; poi come Il concetto di mente, trad. di Gianfranco Pellegrino, prefazione di Daniel C. Dennett, ivi, 2007. ISBN 9788842074823
▪ Dilemmas (1954), trad. it. di Enrico Mistretta, Dilemmi, Roma: Astrolabio Ubaldini, 1968. ISBN 8834002059
▪ Plato's Progress (1966), trad. it. Mario Stefanoni, Per una lettura di Platone , Milano: Guerini, 1991. ISBN 8878022837
▪ On Thinking (1979), trad. it. e cura di Grazia Melilli Ramoino, Pensare pensieri, Roma: Armando, 1990. ISBN 8871441052
▪ A Rational Animal, trad. it. e introduzione di E. Riverso, Animale ragionevole, Roma: Armando, 1977 (contiene Autobiografia)
▪ Can virtue be taught?, trad. it. di e in Grazia Ramoino Melilli, Gilbert Ryle: itinerari concettuali, Pisa: Ets, 1997. ISBN 8846700457

Note
1. ^ a b c Tanney, Julia (Winter 2003). "Gilbert Ryle". Stanford Encyclopedia of Philosophy. Stanford, CA: The Metaphysics Research Lab. Link visitato il 2008-03-05.
2. ^ Gilbert Ryle, Abstractions in Collected Papers, London, Hutchinson, 1971. 440–442
3. ^ Gilbert Ryle, Abstractions in Collected Papers, London, Hutchinson, 1971. 444–445
4. ^ Dennett, Daniel C. (2002) Re-Introducing The Concept of Mind'. Electronic Journal of Analytic Philosophy (7). URL consultato il 2007-12-20.
5. ^ Ryle, Gilbert (1968). The Thinking of Thoughts: What is 'Le Penseur' Doing?. University Lectures,. URL consultato il 2008-06-25.. Ripubblicato in Collected Papers, London, Hutchinson, 1971. 480–496, e in (1996). . Studies in Anthropology 11. URL consultato il 2008-06-25.
6. ^ Clifford Geertz, Thick Description: Toward an Interpretive Theory of Culture in The Interpretation of Cultures: Selected Essays , New-York, Basic Books, 1973. 3–30
7. ^ Bloom, Allan (1970). Plato. The New York Review of Books 14 (7). URL consultato il 2008-04-08.

* 1981 - Muhammad Anwar al-Sādāt (Mit Abu al-Kum, 25 dicembre 1918 – Il Cairo, 6 ottobre 1981) è stato un politico e militare egiziano, nonché Presidente della Repubblica dal 1970 al 1981.
Durante la seconda guerra mondiale fu imprigionato dai Britannici a causa dei suoi sforzi per ottenere aiuto dalle Potenze dell'Asse, per poter espellere le forze di occupazione britanniche.
Partecipò nel 1952 al colpo di Stato con cui i Liberi Ufficiali del gen. Muhammad Neghib e il col. Gamāl 'Abd al-Nāsser detronizzarono Re Faruq I.
Nel 1969, dopo aver ricoperto diversi incarichi nel governo egiziano, venne scelto come Vice Presidente dal Presidente Gamāl 'Abd al-Nāsser. Quando questi morì, l'anno seguente, Sādāt divenne Presidente.
Nel 1973 Sādāt, assieme alla Siria, guidò l'Egitto nella guerra del Ramadan (o guerra del Kippur) contro Israele, in seguito alla quale Sādāt fu poi noto come l'"eroe dell'attraversamento". Malgrado l'attacco che colse di sorpresa l'esercito, Israele riuscì a riorganizzarsi e fermare l'avanzata degli egiziani, che comunque recuperarono buona parte del Sinai.
Con l'attacco l'Egitto poté rivendicare di aver "lavato l'onta" della sconfitta del 1967 e ne derivò una legittimazione a gestire la politica estera in modo autonomo dal nasserismo: la adoperò per firmare la pace di Camp David.
Nel settembre del 1981, Sādāt colpì duramente le organizzazioni musulmane, comprese quelle studentesche, e le organizzazioni copte, ordinando quasi 1600 arresti. Nel frattempo il sostegno internazionale a Sādāt si affievolì a causa del suo modo autoritario di governare, della crisi economica e della repressione dei dissidenti. Ancor peggio, le politiche economiche di Sādāt accentuarono il divario tra ricchi e poveri in Egitto.
Il 6 ottobre dello stesso anno, Sādāt venne assassinato durante una parata al Cairo da Khalid al-Islambuli facente parte del gruppo al-Jihad. Gli succedette il Vice Presidente Hosnī Mubārak.

Legami familiari
Sādāt si sposò due volte. Divorziò da Ehsan Madi per sposare l'egiziano-britannica Jehan Raouf, appena sedicenne, il 29 maggio 1949. Ebbero tre figlie ed un figlio. La signora Sādāt - che ha dato il suo nome a una legge estremamente progredita nel campo dell'uguaglianza dei diritti fra i sessi - ha ricevuto nel 2001 il Premio Pearl S. Buck.
L'autobiografia di Sādāt, In Search of Identity venne pubblicata nel 1973.

▪ 1984 - Giovanni Moioli (Vimercate, 4 maggio 1931 – Vimercate, 6 ottobre 1984) è stato un presbitero e teologo italiano.
Giovanni Moioli visse il cammino formativo nei seminari milanesi e fu ordinato sacerdote dal card. Alfredo Ildefonso Schuster il 27 giugno 1954. Dal 1954 al 1956 studiò alla Pontificia Università Gregoriana risiedendo presso il Pontificio Seminario Lombardo.
Conseguì la laurea in teologia nel 1958, con la tesi Teologia della devozione bérulliana al Verbo incarnato, sotto la direzione dei professori A. Liuima e K. Truhlar.
Nel 1956 fu nominato direttore spirituale nel Seminario Arcivescovile di Milano, presso la sede del seminario minore di Masnago (Varese). Con il medesimo incarico fu trasferito prima a Seveso (Milano) nel 1959, poi a Venegono Inferiore (Varese) nel 1961. Da quello stesso anno insegnò teologia spirituale (nella stessa sede); dall'anno successivo insegnò teologia dogmatica. Dal 1969 si aggiunse l'insegnamento di teologia sistematica e teologia spirituale presso la nascente Facoltà Teologica dell'Italia Settentrionale. Nel 1974 divenne professore ordinario presso la stessa Facoltà. Dal 27 aprile al 6 ottobre (giorno della morte) fu Direttore della Sezione parallela della Facoltà presso il Seminario Arcivescovile di Milano.
Promosse una riflessione metodologica sulla teologia spirituale arrivando a qualificarla come insegnamento autenticamente teologico della vita cristiana.
Nell'insegnamento di teologia sistematica privilegiò la cristologia, dedicandosi con passione e frutto: propose un forte orientamento cristocentrico dell’intera teologia, adoperandosi per il riconoscimento della singolarità di Gesù.
I manoscritti sono custoditi nell'apposito Archivio sito presso il Centro Giovanni Moioli per lo studio della teologia spirituale.

* 1989 - Bette Davis, pseudonimo di Ruth Elizabeth Davis (Lowell, 5 aprile 1908 – Neuilly-sur-Seine, 6 ottobre 1989), è stata un'attrice statunitense.
[…]

Da comprimaria alla Universal a diva della Warner
Nonostante avesse vinto nel 1930 un premio come "migliore attrice giovane dell'anno", il produttore Samuel Goldwyn si rifiutò categoricamente di scritturarla, considerandola "troppo brutta"; tuttavia, nel 1931, Bette fece il suo debutto cinematografico con la casa produttrice Universal, come protagonista nel film Bad Sister.
L'anno successivo stipulò un contratto di sette anni con Jack Warner il quale, al momento della firma, le rivolse queste parole: "Hai il fascino di Stanlio e Ollio messi assieme, ma ti prendo per il tuo talento". Sarà proprio alla Warner Brothers, uno dei più importanti studios di Hollywood, che l'attrice trascorrerà il periodo migliore della sua carriera, ma dovrà combattere non poco (talvolta anche per vie legali) per ottenere dai produttori la meritata attenzione.
Il suo caratterino darà filo da torcere anche a chi lavora con lei, come ad esempio ad Humphrey Bogart (lei non sopportava l'odore di alcol che l'attore emanava già nelle prime ore del mattino, e lui la considerava troppo pretenziosa e stravagante). Farà storia l'aperta dichiarazione di odio di Bette Davis nei confronti di Joan Crawford, diva della MGM, sentimento che quest'ultima ricambiava con fervore.
Nel 1934 la Davis ottenne il suo primo grande successo interpretando, per la RKO, il melodramma Schiavo d'amore (Of Human Bondage) di John Cromwell, in cui impersonò con superba cattiveria una cameriera che sfrutta l'amore e la dedizione di uno studente.

Due volte Premio Oscar
Alla metà degli anni trenta, il successo di Bette Davis era ormai consolidato, tanto che nel 1936 l'attrice vinse il suo primo Oscar come miglior attrice protagonista per il film Paura d'amare (Dangerous, 1935). A detta della stessa Davis, tale premio fu una sorta di atto riparatorio, poiché l'Oscar le era stato negato l'anno prima, per la sua interpretazione in Schiavo d'amore.
Ormai affermatasi come stella di prima grandezza, l'attrice iniziò a selezionare i copioni più adatti al suo talento e al suo temperamento, rifiutando invece ruoli convenzionali. L'unica parte che non riuscì ad ottenere fu quella di Rossella O'Hara in Via col vento (Gone with the Wind, 1939), dato il suo rifiuto di avere come partner Errol Flynn. La scelta definitiva cadde poi su Vivien Leigh e Clark Gable.
Nel 1938, per una sorta di ripicca, l'attrice si fece costruire una parte su misura (ossia quella di una testarda donna del Sud) nel sontuoso film in costume Figlia del vento (Jezebel), diretto da William Wyler, facendosi addirittura modellare un vistoso abito di colore rosso, stretto in vita e molto scollato, che la rese quanto mai seducente.
Figlia del vento ottenne un grande successo, e per la sua interpretazione Bette Davis ricevette il suo secondo Oscar.

Anni quaranta
Durante i primi anni quaranta Bette Davis conobbe un susseguirsi di trionfi: fu una moglie fedifraga e assassina in Ombre malesi (The Letter, 1940), una perfida donna del Sud, avida di denaro in Piccole volpi (The Little Foxes, 1941), entrambi diretti da William Wyler, e un'aristocratica - prima bruttina ed insicura poi bella e disinvolta - in Perdutamente tua (Now, Voyager, 1942) di Irving Rapper. Tuttavia, verso la fine del decennio, l'attrice si rese conto che la Warner Brothers le proponeva ormai solo film di modesta levatura, cosicché decise di lasciare definitivamente lo Studio presso cui aveva lavorato per ben diciotto anni.
Dopo un breve periodo di oscurità artistica, nel 1950 Bette Davis tornò alla ribalta grazie alla mirabile interpretazione di Margo Channing, una passionale e arguta diva teatrale sul viale del tramonto in Eva contro Eva (All About Eve) di Joseph L. Mankiewicz, film sul mondo del teatro, che le valse una nomination all'Oscar e una Palma d'oro al festival di Cannes. Negli anni seguenti, trovandosi ancora coinvolta in film di medio livello, tornò a dedicarsi al teatro.

Una singolare inserzione e un ritorno "sanguinario"
Iniziò un periodo poco felice per Bette Davis: non riuscendo a trovare una scrittura decente, nel 1962 l'attrice fece pubblicare un amaro e ironico annuncio in una rivista cinematografica:
- "Madre di tre bambini di 10, 11 e 15 anni, divorziata, americana, trent'anni di esperienza come attrice cinematografica, versatile e più affabile di quanto si dica, cerca impiego stabile a Hollywood. Bette Davis, c/o Martin Baum, Gac. Referenze a richiesta"-.
Nello stesso anno si riscattò grazie a Che fine ha fatto Baby Jane? (What Ever Happened to Baby Jane?), diretto da Robert Aldrich, capolavoro in stile Grand Guignol in cui fu strepitosa grazie al suo travolgente istrionismo, nel ruolo di una nevrotica ex-bambina prodigio che vessa crudelmente la sorella (interpretata dalla sua storica nemica, Joan Crawford), paralizzata in seguito ad un incidente. Il film ottenne un grandissimo successo internazionale, e l'interpretazione dell'attrice fu apprezzatissima sia dal pubblico che dalla critica, tanto da meritare una nomination all'Oscar.
Nel 1964 la Davis ottenne un nuovo successo con la sua performance nell'horror gotico Piano... piano, dolce Carlotta (Hush... Hush, Sweet Charlotte), sempre per la regia di Aldrich, in cui impersonò una anziana bellezza del Sud che si crede colpevole dell'omicidio del suo ex-fidanzato.
Successivamente l'attrice riceverà poche proposte di alto livello, e quasi tutte per parti secondarie in film del terrore. A partire dagli anni settanta si dedicò soprattutto alla televisione. Tra le sue sporadiche apparizioni cinematografiche di questi anni, vanno ricordate quelle in Assassinio sul Nilo (Death on the Nile, 1978) di John Guillermin, e Le balene d'agosto (The Whales of August, 1987) di Lindsay Anderson, toccante film in cui apparve accanto a tre vecchie glorie del cinema, Lillian Gish, Vincent Price e Ann Sothern.
Nel 1972 girò in Italia Lo scopone scientifico con Alberto Sordi; anche con lui ebbe modo di mettere in luce il suo pessimo carattere: definirà Sordi antipatico, maleducato e provinciale.

Vita privata
Bette Davis si è sposata quattro volte: la prima con Harmon Nelson, che sposò nel 1932 (nel 1933 abortì per non compromettere la sua carriera) e da cui divorziò nel 1939; la seconda con Arthur Farnsworth nel 1940 (lui morì nel 1943); la terza con William Grant Sherry (dal quale avrà una figlia, Barbara) dal 1945 al 1950; e infine la quarta con l'attore Gary Merrill, sposato nel 1950 e assieme al quale adottò due figli, Michael e Margot; i due divorzieranno dieci anni dopo.
Nel 1985 la figlia Barbara Davis Hyman scrisse il libro My Mother's Keeper, descrivendo la madre come un'isterica alcolizzata. La Davis rimase molto colpita e nel 1987 replicò a sua volta, quasi come in risposta, pubblicando l'autobiografico This'n'That (Questo e quello), in collaborazione con Michael Herskowitz.
Sulla sua solitudine di donna e, spesso, anche di artista, la Davis aveva già precedentemente fatto pubblicare, nel 1962, una prima autobiografia, The Lonely Life: an Autobiografy.
Negli ultimi anni di vita la Davis fu afflitta da diversi problemi di salute: dapprima sviluppò una osteomielite, che riuscì a curare; nel 1983 venne operata di un tumore al seno, mentre in rapida successione fu colpita da un ictus e poi da un infarto.
Nel 1988 partecipò ancora a un film, Wicked Stepmother (Strega per un giorno) nel ruolo di Miranda, una vecchia strega.
Morì a Parigi il 6 ottobre 1989, all'età di 81 anni, per l'aggravarsi del suo male. Pochi giorni prima aveva ritirato un premio alla carriera al Festival cinematografico di San Sebastiano.
Le sue spoglie riposano nel cimitero di Forest Lawn (Hollywood, Los Angeles).

▪ 1999 - Amália da Piedade Rebordão Rodrigues (Lisbona, 23 luglio 1920 – Lisbona, 6 ottobre 1999) fu una cantante e attrice portoghese, considerata la miglior esponente del genere canoro noto come fado e, a livello internazionale, riconosciuta come la voce del Portogallo; attiva per sessant'anni, dopo la sua morte, avvenuta nel 1999, fu inumata nel Pantheon nazionale tra altre personalità che hanno dato lustro al suo Paese.
Nacque in una famiglia numerosa di poveri immigrati dalla regione della Beira Baixa nel quartiere operaio di Alcantara, in un imprecisato giorno del 1920, nella "stagione delle ciliegie". Il suo stato civile infatti riporta come data di nascita il 23 luglio, ma la cantante ha sempre festeggiato il proprio compleanno il 1º luglio
Fu allevata dai nonni materni e frequentò solo tre anni di scuola elementare, iniziando presto a lavorare come venditrice di arance, poi in una pasticceria di Lisbona. Intanto cantava da sola, sognando malinconicamente le storie che riusciva a vedere al cinema e modificando e rielaborando testi e musiche secondo la propria sensibilità. Poco a poco si fa notare per la sua voce in piccole manifestazioni locali alle quali prende parte facendosi chiamare col cognome della madre: Rebordão. A diciannove anni, con la complicità di una zia, riesce a farsi ascoltare dal proprietario di un famoso locale di Lisbona e comincia una straordinaria carriera che la porta quasi subito a livelli altissimi di notorietà e di cachet. Sposa immediatamente, contro il parere dei familiari, Francisco Cruz, un operaio che si dilettava con la chitarra e dal quale si separerà dopo tre anni (si risposerà, quindici anni dopo e per tutta la vita, con l'ingegnere brasiliano César Séabra che la precederà nella tomba di qualche anno) e diventa subito famosa come "Amália Rodrigues, a Alma do Fado". Entro un anno è già pagata venti volte di più che i maggiori artisti del momento ed è una vedette del teatro di rivista e perfino del cinema, ma per i primi sei anni della sua carriera non incide neppure un disco, per l'opposizione del suo agente che lo ritiene controproducente
Pur avendo inciso i suoi primi dischi a 78 giri solo nel 1945, gode già di una certa notorietà anche all'estero (Spagna, Italia, Brasile, Stati Uniti) quando il film Les amants du Tage, di Henri Verneuil, le apre le porte del mitico teatro Olympia di Parigi, dove ottiene un trionfo che la consacra diva internazionale di prima grandezza. La sua popolarità in tutto il mondo è già immensa quando, nel 1960, si risposa e pensa di lasciare le scene. Dopo due anni, tuttavia, è già di ritorno con un repertorio nuovo, creato su misura dal geniale musicista franco-portoghese Alain Oulman che mette in musica per lei i testi dei migliori poeti portoghesi. Questa nuova fase della sua carriera la impone anche all'attenzione della critica e la consacra fra le grandi artiste di tutti i tempi. Al suo repertorio originario, composto quasi unicamente di Fado, aggiunge ben presto le canzoni popolari e folcloristiche, scatenando in tutta Europa il revival di questo genere.
La sua carriera durerà più di cinquanta anni, con centinaia di concerti in tutto il mondo ed almeno 170 LP pubblicati. Il pubblico internazionale è soggiogato dal fascino della sua voce e dall'espressività delle sue interpretazioni al punto da non aver neppure bisogno di capire la lingua portoghese per captarne il messaggio emotivo. Innumerevoli sono le persone che si accostano, per interesse verso di lei, alla lingua ed alla cultura portoghesi.
Alla metà degli anni settanta, la "Rivoluzione dei garofani" la prende a bersaglio e la discrimina duramente per esser stata, pur senza sua colpa, un simbolo del Portogallo di Salazar. Amália, praticamente esiliata, intensifica le tournée all'estero fino al momento in cui scopre di essere affetta da un tumore. Pur riabilitata - dopo dieci anni - dal nuovo governo socialista, dovrà rassegnarsi a lasciare il palcoscenico e vivrà i suoi ultimi anni in ritiro nella sua celebre casa di Rua S. Bento, a Lisbona, dove morirà la mattina del 6 ottobre 1999. Alla sua morte vengono proclamati tre giorni di lutto nazionale e i suoi funerali vedono la commossa partecipazione di decine di migliaia di persone. Attualmente riposa fra i grandi portoghesi di tutti i tempi nel Pantheon di Lisbona, ma lei avrebbe certamente preferito essere tumulata fra le rose del Monastero dos Jerónimos, che tanto amava.
Amália Rodrigues sarà per sempre conosciuta come la "Regina del fado". La sua inconfondibile voce si evolverà gradualmente dall'agile timbro cristallino della giovinezza, attraverso il recupero del colore speciale dei suoi suoni gravi, fino al timbro rugginoso, lacerato della tarda età, inconfondibilmente "suo" e incrinato da una ferita mai rimarginata: la malattia del vivere. Un suono remoto, metafisico, declinato dagli accordi della chitarra che scivola su melodie intrise di nostalgia: Tudo isto é fado, come titola una delle sue canzoni-manifesto: cioè tutto questo è fado. Un modo di vivere, l'espressione più autentica dello spirito lusitano. Il suo testamento spirituale è contenuto nelle parole della splendida Cansaço, ma ancor più nei testi che lai stessa aveva composto, fin dai primissimi anni: emblematica la sua Estranha Forma de Vida; ma imperdibili anche Ai, esta pena de mim, Ai, as gentes; ai, a vida!, Grito e soprattutto Lágrima, ormai divenuta un classico che tutti hanno cantato e canteranno. Non lascia eredi alla sua corona, sebbene tutte le cantanti degli ultimi decenni la abbiano imitata e nonostante i mass media tentino con monotona regolarità di attribuire a questa o a quella nuova voce l'etichetta di "erede di Amália". Nel 1929 lo scrittore portoghese Fernando Pessoa scriveva :
«Il fado non è né allegro né triste, è la stanchezza dell'anima forte, l'occhiata di disprezzo del Portogallo a quel Dio cui ha creduto e che poi l'ha abbandonato: nel fado gli dei ritornano, legittimi e lontani...»
Amália diceva invece, più semplicemente, che il fado "è destino" (dal termine latino fatum, fato). Da qui il fatalismo, la melanconia e la saudade – una forma sublimata di nostalgia che fa emergere un sentimento "cosmico".
La radice ancestrale di questo sentimento Amália lo descriveva così: Non sono io che canto il fado, è il fado che canta me.
Oltre al fado, Amália ha prestato la sua voce anche alla musica italiana, interpretando brani moderni come La tramontana di Antoine, ma soprattutto la musica popolare come La bella Gigogin, inno del Risorgimento italiano, brani siciliani come Vitti 'na crozza e Ciuri ciuri e napoletani come La tarantella e i due splendidi duetti con Roberto Murolo, Dicitincello vuje e Anema e core.
Nel 2001 il regista spagnolo Pedro Almodovar apre la sceneggiatura del film Parla con lei (Hable con ella) con una citazione di Amália:
«Quando morirò, voglio che la gente pianga per me.»