Il calendario del 5 Ottobre
- Autore:
- Curatore:
- Fonte:
- Email:
Eventi
▪ 1143 - Indipendenza Portoghese
▪ 1273 Carlo I d'Angiò sancisce col diploma di Alife la suddivisione dell'Abruzzo: a nord il Giustizierato d'Abruzzo Ulteriore (Ultra flumine Piscaria) ed a sud il Giustizierato d'Abruzzo Citeriore (Citra flumine Piscaria)
▪ 1450 - Ludovico IX di Baviera fa espellere tutti gli Ebrei che rifiutano il battesimo cristiano dal suo territorio
▪ 1465 - Luigi XI di Francia firma il trattato di pace con la Lega del bene pubblico
▪ 1582 - Questo giorno non esiste nel calendario gregoriano: per riallineare il calendario alle stagioni, i giorni dal 5 al 14 ottobre 1582 vengono saltati
▪ 1795 - Insurrezione realista del 13 vendemmiaio, a Parigi, repressa dalla truppa comandata dal giovane Napoleone Buonaparte nominato nello stesso giorno, all'improvviso, comandante della piazza di Parigi, con l'incarico di salvare la Convenzione Nazionale dalla minaccia dei monarchici
▪ 1864 - Calcutta viene quasi completamente distrutta da un ciclone, circa 60.000 i morti
▪ 1908 - La Bulgaria dichiara l'indipendenza dall'Impero Ottomano- Ferdinando I di Bulgaria diventa zar
▪ 1930 - Il dirigibile britannico R101c si schianta in Francia, mentre effettua il suo volo inaugurale verso l'India
▪ 1944 - In Francia per la prima volta è concesso il voto alle donne
▪ 1947 - Il presidente statunitense Harry Truman tiene il primo discorso televisivo dalla Casa Bianca
▪ 1948 - Ad Ashgabat, Turkmenistan, un terribile terremoto causa 110.000 morti
▪ 1954 - I governi di Italia, Regno Unito, Stati Uniti e Jugoslavia firmano il Memorandum di Londra, Trieste verrà restituita all'Italia il 26 ottobre dello stesso anno
▪ 1962
- - Esce nel Regno Unito il primo singolo a 45 giri dei Beatles, Love Me Do
- - Esce nel Regno Unito il primo film della serie dell'Agente 007, James Bond
▪ 1966 - Nei pressi di Detroit un sistema di raffreddamento malfunzionante causa una parziale fusione del nucleo alla Centrale elettronucleare Enrico Fermi. La radiazione venne tuttavia contenuta
▪ 1970 - Montreal (Canada), Il commissario britannico al commercio James Cross viene rapito da membri del gruppo terroristico Fronte di Liberazione del Québec (FLQ)
▪ 1973 - Firma della Convenzione europea sui brevetti
▪ 1981 - Raoul Wallenberg diventa cittadino onorario degli Stati Uniti
▪ 1984 - Marc Garneau diventa il primo canadese nello spazio, a bordo dello Space Shuttle Challenger
▪ 1991 - Linus Torvalds pubblica la prima versione del kernel Linux
▪ 1993 - Papa Giovanni Paolo II pubblica l'enciclica Veritatis splendor
▪ 1994 - Omicidio di massa in Svizzera di 48 membri dell' Ordine del Tempio Solare
▪ 1999 - Nel disastro ferroviario di Ladbroke Glove in Inghilterra muoiono 31 persone
▪ 2000 - Dimostrazioni di massa a Belgrado portano alle dimissioni di Slobodan Milošević
▪ 2003
- - Akhmad Kadyrov viene eletto presidente della Cecenia
- - In Somalia, a Borama (Somaliland), viene uccisa Annalena Tonelli, missionaria italiana, forlivese, presso l'ospedale da lei fondato
Anniversari
▪ 1926 - Bartolo Longo (Latiano, 10 febbraio 1841 – Pompei, 5 ottobre 1926) è stato fondatore e benefattore del Santuario della Beata Vergine del Rosario di Pompei. Fu beatificato da papa Giovanni Paolo II nel 26 ottobre 1980.
«Il mio unico desiderio è quello di vedere Maria, che mi ha salvato e mi salverà dalle grinfie di Satana.»(Beato Bartolo Longo, le sue ultime parole.[1])
I primi anni e il periodo universitario
Figlio di Bartolomeo, medico, e di Antonia Luparelli, fu battezzato tre giorni dopo la nascita, il 13 febbraio 1841.[2]
Di fisico minuto ma di acuta intelligenza, Bartolo Longo fu posto nel collegio dei Padri Scolopi di Francavilla Fontana, all'età di 5 anni, come era d'uso a quell'epoca. «Ero, dice, un diavoletto vivace e impertinente, un po' birichino».[3] Lasciò il collegio nel 1858, dopo aver conseguito il titolo di studio che lo abilitava all'insegnamento di “rudimenti grammaticali”.
Di agiate condizioni economiche il giovane Bartolo Longo si dedicò appassionatamente al ballo, alla musica e alla scherma. Completò nel frattempo gli studi superiori in forma privata a Lecce.
Avvenuta l'annessione del Regno delle due Sicilie al Regno d'Italia, con la legge Casati estesa a tutto il Regno d'Italia, gli studi subirono un forte mutamento, per cui i titoli conseguiti finora non gli erano riconosciuti. Per tale ragione, dovette iscriversi presso la Regia Università di Napoli negli studi di giurisprudenza.
In quegli anni, a Napoli, soprattutto nell'ambiente accademico, vi era un forte anticlericalismo. Bartolo Longo, dopo la lettura del libro Le Vie de Jesus del filosofo francese Ernest Renan, aderì completamente alla contestazione anticlericale; egli seguì in quel periodo anche le lezioni di Lettere e Filosofia di alcuni professori apertamente anticattolici come Augusto Vera, Bertrando Spaventa e Luigi Settembrini, lezioni improntate al positivismo dominante, e quindi alla negazione del soprannaturale. Si avvicinò quindi a un movimento spiritista di tipo satanico che in quel tempo era molto diffuso nel napoletano. [4] e si impegnò in modo tale che divenne per circa un anno e mezzo un “sacerdote satanista”.
La nuova vita
Con il passare del tempo tuttavia si verificò in lui una profonda crisi; una vera e propria depressione psichica e fisica, forse indotta anche dai riti del satanismo che comportavano lunghi periodi di digiuno e che gli danneggiarono anche l'apparato digerente; ma fortunatamente questa grave depressione non lo portò al suicidio, come invece accadde purtroppo ad un suo caro amico.
La sua vita ebbe allora una svolta totale, dopo una notte di incubi, egli si rivolse al Prof. Vincenzo Pepe. Pepe suo compaesano e uomo molto religioso, fu per lui un vero amico, e lo inviò alla direzione spirituale di Padre Radente appartenente all'ordine dei Domenicani. Padre Radente dopo poco tempo riuscì a farlo aggregare al Terzo Ordine di San Domenico. Proprio nell'Ordine Domenicano è presente una particolare attenzione per la preghiera del Santo Rosario e quindi per la Madonna del Rosario; una devozione molto antica che affonda le sue radici all'epoca dell'istituzione stessa dei Domenicani cioè nel XII secolo. Bartolo Longo sviluppò nel tempo una forte devozione per il Santo Rosario e trovandone notevole giovamento spirituale volle ritornare dai suoi ex-compagni di spiritismo per tentare invano di portarli sulla retta via e convertirli, ma non riuscì nel suo intento, e dai satanisti fu largamente deriso.
Nel 1864 si laureò in giurisprudenza, tornò al paese natìo, abbandonò la professione di avvocato, si prodigò in opere assistenziali, fece voto di castità seguendo anche le indicazioni del venerabile Emanuele Ribera redentorista che gli aveva preannunciato una probabile alta missione da compiere per la cristianità. Grazie alla divisione patrimoniale familiare, aveva ottenuto una cospicua somma di denaro e notevoli beni immobili che gli garantivano una rendita annua di oltre 5.000 lire, una elevata somma per l'epoca, che gli consentì di assegnare vitalizi e sostenere periodiche spese di ammalati e bisognosi.
La contessa De Fusco
Per seguire questa vocazione ad aiutare i bisognosi, tornò a Napoli dove conobbe il futuro beato Ludovico da Casoria e la futura santa Caterina Volpicelli. Nella Casa Centrale che la Volpicelli aveva aperto a Napoli, Bartolo conobbe la contessa Marianna Farnararo De Fusco (Monopoli, 13 dicembre 1836 – Pompei, 9 febbraio 1924), donna impegnata fortemente in opere caritatevoli ed assistenziali. Questa nel 1864 era rimasta vedova del conte Albenzio De Fusco di Lettere (Italia), i cui possedimenti si estendevano anche nella Valle di Pompei. Alla contessa, vedova di soli 27 anni con cinque figli in tenera età, serviva un amministratore per i beni De Fusco, nonché un precettore per i figli. Fu così che Bartolo accettò di stabilirsi in una residenza dei De Fusco per assolvere a tali compiti. Questa conoscenza segnò una svolta fondamentale nella vita di Bartolo Longo, poiché egli ne divenne l'inseparabile compagno nelle opere caritatevoli. Tale amicizia tuttavia diede luogo a parecchie maldicenze, per cui dopo un'udienza da Papa Leone XIII, i due nel 1885 decisero di sposarsi, con il proposito però di vivere come buoni amici, in amore fraterno, come avevano fatto fino ad allora. Il matrimonio fu celebrato senza gli atti civili e le pubblicazioni di rito.
L'incontro con Pompei
Il primo vero contatto di Bartolo Longo con i Pompeiani avvenne nel 1872, quando egli si recò nella Valle di Pompei per sistemare i rapporti economici tra la contessa De Fusco e gli affittuari dei suoi possedimenti. In tale occasione ebbe modo di notare lo stato di abbandono in cui i circa 1.000 abitanti della zona vivevano e notò in quale stato di rovina si trovava la Parrocchia del SS. Salvatore, umile e antica chiesa, le cui origini risalivano al 1093, ed intorno alla quale si raggrupparono i primi abitanti dell'Agro pompeiano. Un giorno, vagando per quei campi, in contrada Arpaia, Bartolo sentì una voce misteriosa che gli diceva: “Se propaghi il Rosario, sarai salvo!”. E subito dopo udì l'eco di una campana lontana, che suonava l'Angelus di mezzogiorno; egli allora si inginocchiò sulla nuda terra a pregare fino al raggiungimento di una grande pace interiore, mai provata prima. A quel punto ebbe ancora più chiara la missione da compiere. Iniziò così a progettare la costituzione di una “pia società” intitolata al Santo Rosario, da realizzarsi proprio lì, in quella valle abbandonata.
Il quadro della Madonna
Nei tre anni successivi tornò tra i Pompeiani più volte per diffondere la devozione al Santo Rosario, ma ben presto si rese conto, che a tale scopo, gli occorreva un quadro della Madonna del Rosario, dipinto ad olio, come si confaceva meglio all'uso liturgico. Il 13 novembre 1875 si recò così a Napoli avendo in mente di acquistarne uno già visto in un negozio, ma le cose non andarono come egli aveva pensato. Per puro caso infatti incontrò in Via Toledo Padre Radente che allo scopo gli suggerì di andare al Conservatorio del Rosario di Portamedina e di chiedere, in suo nome, a Suor Maria Concetta De Litala un vecchio quadro del Rosario che egli stesso le aveva affidato dieci anni prima. Bartolo seguì tale suggerimento, ma fu presto preso da sgomento quando la suora gli mostrò il quadro: una tela corrosa dalle tarme e logorata dal tempo, che mancava in più parti di pezzi di colore, con la Madonna in atteggiamento antistorico, cioè con la Vergine che porge la corona a Santa Rosa, anziché a Santa Caterina da Siena, come nella tradizione domenicana. Bartolo Longo fu sul punto di declinare l'offerta, ma ritirò comunque il dono per l'insistenza della stessa suora.
Nel tardo pomeriggio del 13 novembre 1875, l'immagine della Madonna giunse così a Pompei, su un carretto guidato dal carrettiere Angelo Tortora e altre volte adibito al trasporto di letame. Fu scaricata con la sua lurida copertura di fronte alla fatiscente Parrocchia del SS. Salvatore, dove ad aspettarla c'erano l'anziano parroco Cirillo, Bartolo e altri pochi abitanti. Lo sgomento iniziale di Bartolo colse anche tutti gli altri presenti quando, tolta la coperta, fu mostrato il quadro. Furono tutti d'accordo che l'immagine non si poteva esporre, per timore di interdetto, prima di un restauro anche solo parziale. Al primo restauro, nel corso degli anni, ne seguirono altri e per i primi tre anni il quadro fu esposto nella Parrocchia del SS. Salvatore.
La Nuova Chiesa e la Nuova Città
Di fronte a tanto interesse religioso e devozionale, il vescovo di Nola (nella cui diocesi era compresa allora anche la Valle di Pompei) suggerì a Bartolo Longo di iniziare la costruzione di una nuova chiesa, in un terreno indicato dallo stesso vescovo. Iniziarono così le peregrinazioni di Bartolo Longo e della contessa in cerca dei fondi necessari, mediante la sottoscrizione di “un soldo al mese”.
Il 13 febbraio 1876, giorno in cui per la prima volta il quadro della Madonna veniva esposto, dopo il restauro, alla pubblica venerazione, si verificò il primo prodigio: la completa guarigione della dodicenne Clorinda, giudicata inguaribile dal celebre professore Antonio Cardarelli, e per la cui salvezza la zia Anna aveva aderito alle offerte per la nascente chiesa. Era il primo di una lunga serie di miracoli e grazie nella storia del Santuario di Pompei. Da Napoli e successivamente da molte altre parti del mondo iniziarono a giungere offerte per la costruzione della nuova chiesa la cui prima pietra fu posta l'8 maggio 1876. Il quadro fu quindi posto su un altare provvisorio in una cappella (detta poi di Santa Caterina), nella erigenda chiesa. L'architetto Antonio Cua si offrì gratuitamente di redigere il progetto e dirigere i lavori della nuova chiesa.
Nel 1877 Bartolo Longo scrisse e divulgò la pratica dei "Quindici Sabati". Due anni dopo, guarì lui stesso da una grave malattia grazie alla recita della Novena, da lui composta e della quale ci furono, immediatamente, novecento edizioni, in ventidue lingue. Il 14 ottobre 1883, ventimila pellegrini, riuniti a Pompei recitarono, per la prima volta, la Supplica alla Vergine del Rosario, scritta da Bartolo Longo, in risposta all'Enciclica Supremi Apostolatus Officio (1º settembre 1883), con la quale Leone XIII, di fronte ai mali della società, additava come rimedio la recita del Rosario.
Nel 1884 fondò il periodico “Il Rosario e la Nuova Pompei”, tuttora stampato e diffuso in tutto il mondo. Nel frattempo intorno al grande cantiere per la chiesa, Bartolo Longo diede forma alla nuova città, con le case per gli operai (primo esempio di edilizia sociale), il telegrafo, un piccolo ospedale, l'osservatorio meteorologico e quello geodinamico.
Nel 1887 fondò l'Orfanotrofio Femminile, la prima delle sue opere di carità a favore dei minori.
Il 6 maggio 1891 il cardinale Raffaele Monaco La Valletta consacrò il nuovo Tempio. Nel 1898 Bartolo Longo fece ricostruire la Parrocchia del SS. Salvatore, tale quale oggi è, in modo che potesse continuare la sua esistenza in modo autonomo dalla nascente chiesa, divenuta sin dal 1894, Basilica Pontificia.
In questo periodo Bartolo Longo maturò la sua intuizione più originale e cioè: non solo credere nella possibilità del recupero dei figli dei carcerati, ma scommettere sul fatto che essi, a loro volta, avrebbero potuto salvare i loro genitori dalla disperazione. Nel 1892 veniva così collocata la prima pietra dell'Ospizio per i figli dei carcerati, retto, a partire dal 1907, dai Fratelli delle Scuole Cristiane di San Giovanni Battista de La Salle. Dopo appena sei anni gli allievi erano oltre cento. In seguito accolse anche le figlie dei carcerati che affidò alla cura delle Suore Domenicane Figlie del Santo Rosario di Pompei, da lui fondate nel 1897. Si trattava di un'opera difficile perché combattuta dalla cultura e dalla scienza positivista del tempo, che non riconosceva l'educabilità del figlio di un delinquente. L'opera di Bartolo Longo dimostrò il contrario. Queste opere miravano ad accogliere ed educare tutti i bambini e ragazzi orfani o abbandonati e che quindi non avevano punti di riferimento familiari per la propria crescita umana e sociale.
Il 5 maggio 1901 fu così inaugurata la facciata del Santuario della Beata Vergine del Rosario di Pompei, frutto di offerte proveniente da tutto il mondo e dedicata alla Pace Universale. In tale occasione Bartolo Longo promise ai Pompeiani che un giorno la Basilica sarebbe stata visitata dal Papa, cosa che si è poi verificata per ben tre volte: il 21 ottobre 1979 e il 7 ottobre 2003, da parte di Giovanni Paolo II, e il 19 ottobre 2008, da parte di Benedetto XVI. Su Bartolo tuttavia caddero ingiurie e calunnie che arrivarono fin sul tavolo di Papa Pio X. Bartolo e la Contessa decisero così, il 12 settembre 1906, di donare l'Opera di Pompei al Papa. Papa Pio X, venuto a conoscenza della verità, mostrò grande stima per il Fondatore della nuova Pompei e approvò la Pia Unione Universale per la recita del Rosario in comune e nelle famiglie, proposta dal Longo, volendo esserne il primo iscritto.
L'opera di Bartolo Longo così si arricchì ulteriormente con l'istituzione della Supplica alla madonna di Pompei (da egli stesso scritta) l'8 maggio e la Prima domenica di ottobre, la promozione del Movimento Assunzionista per ottenere la definizione del dogma dell'Assunzione di Maria, l'Orfanotrofio Femminile, l'Istituto per i Figli dei Carcerati, l'Istituto per le Figlie dei Carcerati, la Congregazione femminile delle Suore Domenicane Figlie del S. Rosario di Pompei, con lo scopo primario di assistenza e di educazione dei bambini e delle ragazze delle Opere, le Case Operaie per i dipendenti, la tipografia con annessa legatoria anche artistica, le officine, la scuola di arti e mestieri e la scuola serale, la stazione ferroviaria per la quale offrì il terreno. Bartolo Longo tuttavia intuì che la nascente città avrebbe avuto una forte vocazione turistica sia per l'interesse archeologico verso gli Scavi dell'antica Pompei, sia per il sempre maggiore interesse religioso che portava ormai migliaia di pellegrini presso la Basilica. Si adoperò pertanto affinché nella città sorgessero farmacie, luoghi di ristoro ed accoglienza per i visitatori, nonché una stazione ferroviaria con annessa piazza antistante (per le quali offrì il suolo), un ufficio postale, nuove strade e tutto quanto potesse rendere la città più bella e funzionale. Trasformato quindi una valle desolata, in penoso stato di abbandono e degrado, in una moderna bella città a forte vocazione turistica, dotata di tutti i confort e servizi.
Gli ultimi anni
La contessa De Fusco morì il 9 febbraio 1924. Ciò provocò giorni di terribile sofferenza a Bartolo Longo che, per sfuggire alle possibili ritorsioni da parte degli eredi della nobildonna, si trasferì prima a Napoli, presso il nipote ingegnere, poi, dopo un mese, a Latiano. Infatti poco dopo, a tutela del patrimonio, gli ufficiali del Tribunale di Salerno entrarono nella casa che fu della contessa e di Bartolo ed inventariarono mobili e beni. Il 23 aprile 1925, dopo quattordici mesi e molte sollecitazioni da parte dei pompeiani, Bartolo tornò a Pompei. E lo fece come quando vi era giunto per la prima volta nel 1872: senza possedere più nulla, ma stavolta trovando una città in festa ad aspettarlo. Il 30 maggio 1925 fu insignito del titolo di Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme.
Negli ultimi mesi di vita, Bartolo Longo poté godere della splendida amicizia del dottor Giuseppe Moscati (proclamato santo il 25 ottobre 1987 da papa Giovanni Paolo II) che spesso vedeva per consulti medici. I due strinsero una filiale amicizia che si concluse solo quando, nella mattinata del 5 ottobre 1926, il Moscati andò a Pompei per assisterlo per l'ultima volta. Nel pomeriggio di quel giorno, infatti, tornando a Napoli, senza saper nulla di quello che accadeva a Pompei, disse ai suoi familiari: «Don Bartolo è passato in cielo». Bartolo Longo così morì poverissimo, potendo disporre soltanto del proprio lettino poiché tutto il mobilio dell'appartamento era stato inventariato e vincolato da un sequestro conservativo ottenuto contro di lui da parenti in agguato.
Due anni dopo, grazie all'interessamento di Fratel Adriano di Maria, dei Fratelli delle Scuole Cristiane, che continuò l'opera dell'avvocato, Pompei fu riconosciuta come comune autonomo.
L'opera del Longo ha avuto il suo solenne riconoscimento con la Beatificazione da parte di Giovanni Paolo II, avvenuta il 26 ottobre 1980. Le sue spoglie riposano, insieme a quelle della contessa, di Padre Radente e di Suor Maria Concetta de Litala, nell'ampia cripta sottostante la Basilica. Negli ultimi suoi anni di vita disse: "Un giorno da quella loggia si affaccirà un uomo vestito di bianco e benedirà le genti convenute a Pompei". Dopo 53 anni questo suo desiderio si concretizzò, Giovanni Paolo II giunse a Pompei per affidare alla Madonna del Rosario il suo Pontificato. Nel 2002 con l'effige originale della Beata Vergine del Santo Rosario di Pompei Giovanni Paolo II sul sagrato di Piazza San Pietro inaugurò l'anno del Rosario. Il 7 ottobre del 2003 Giovanni Paolo II ormai segnato dalla malattia volle recarsi per la seconda volta al Santuario della Madonna del Rosario di Pompei per ringraziare la Madonna per averlo protetto e sostenuto in questi 25 anni di Pontificato e per concludere l'anno del Rosario proprio in quel luogo dove viene venerata la Madonna del Rosario. Lo stretto rapporto della città mariana con i pontefici si è consolidato ulteriormente, il 19 ottobre 2008 quando il Sommo Pontefice Benedetto XVI si è recato al Santuario di Pompei e ha sostato in preghiera dinanzi le spoglie del Beato Bartolo Longo mentre tali immagini venivano televisivamente inviate in mondovisione, esaltando così le qualità umane e spirituali di questo grande uomo di fede.
Note
1. ^ http://www.ordinesantosepolcro.org/articoli/14.asp
2. ^ Questa data divenne sacra per lui al punto tale che a Pompei non festeggiava mai l'anniversario della sua nascita, bensì l'anniversario del suo battesimo e perciò volle che il 13 febbraio segnasse anche la data d'inizio del pubblico culto alla SS. Vergine del Rosario
3. ^ http://www.clairval.com/lettres/it/1999/01/17/6130199.htm
4. ^ [1]
* 1938 - Maria Faustina Kowalska, al secolo Elena Kowalska (Głogowiec, 25 agosto 1905 – Cracovia, 5 ottobre 1938), fu propagatrice della devozione a Gesù misericordioso; nel 2000 è stata canonizzata da papa Giovanni Paolo II.
Nacque in Polonia da Marianna Kowalska e Stanislao Kowalski, terza di dieci figli, fu battezzata col nome di Elena nella chiesa parrocchiale di San Casimiro.
La famiglia era molto religiosa ed Elena fu educata cristianamente. La sua vocazione religiosa si manifestò fin dall'età di sette anni. Poté frequentare una scuola solo per poco più di tre anni. Ancora adolescente lasciò la famiglia per lavorare come domestica ad Aleksandròw e a Łódź, provvedendo così al proprio sostentamento e aiutando la famiglia.
A 18 anni chiede ai genitori il permesso di entrare in convento, ma la famiglia necessitava del suo aiuto e quindi non acconsentirono.
Faustina cercò di ubbidire ai genitori e partecipò alla vita mondana trascurando le ispirazioni interiori della grazia. Nel suo Diario racconta che un giorno mentre era ad un ballo insieme alla sorella ebbe una visione di Gesù flagellato che le disse: «Quanto tempo ancora ti dovrò sopportare? Fino a quando mi ingannerai?» [1]. Subito dopo si decise per la vita religiosa.
Dopo essere stata respinta da molti conventi, finalmente, il 1º agosto 1925, fu ammessa nella Congregazione delle Suore della Beata Vergine Maria della Misericordia a Varsavia. Il 30 aprile del 1926 iniziò il noviziato ricevendo l'abito e il nome di "Suor Maria Faustina".
Nella Congregazione visse tredici anni, soggiornando in diverse case, in particolare a Cracovia, Plock, e Vilnius. Svolse mansioni di cuoca, giardiniera e portinaia e osservò fedelmente la regola religiosa. Adottò uno stile di vita severo e i digiuni indebolirono la sua, già cagionevole, salute. Si ammalò di tubercolosi e dovette essere ricoverata due volte, in un sanatorio vicino a Cracovia. Di carattere riservato, visse, senza esteriorizzarla, un'intensa vita mistica. La morte la colse nella pienezza della maturità spirituale e misticamente unita a Dio, il 5 ottobre 1938 a Cracovia, alle ore 22.45, all'età di 33 anni.
Beatificazione e canonizzazione
Tra il 1965 e il 1967 si svolse a Cracovia il processo informativo relativo alla sua vita e alle sue virtù, la sua causa fu promossa dall’allora vescovo ausiliare di Cracovia, Karol Wojtyła. Nel 1968 iniziò a Roma il processo di beatificazione che si concluse nel dicembre del 1992. Fu beatificata da Giovanni Paolo II in piazza San Pietro a Roma il 18 aprile 1993 e proclamata santa il 30 aprile 2000. Le sue reliquie si trovano nel "Santuario della Divina Misericordia" a Cracovia.
La Divina Misericordia
La fama della sua santità crebbe insieme alla diffusione del culto alla Divina Misericordia e per le grazie ottenute tramite la sua intercessione.
Il 22 febbraio 1931 suor Faustina scriveva nel suo Diario: «La sera, stando nella mia cella, vidi il Signore Gesù vestito di una veste bianca: una mano alzata per benedire, mentre l'altra toccava sul petto la veste, che ivi leggermente scostata lasciava uscire due grandi raggi, rosso l'uno e l'altro pallido [...] Gesù mi disse: "Dipingi un'immagine secondo il modello che vedi, con sotto la scritta: Gesù confido in te! Desidero che quest'immagine venga venerata [...] nel mondo intero. Prometto che l'anima che venererà quest'immagine non perirà. [...] Voglio che l'immagine [...] venga solennemente benedetta nella prima domenica dopo Pasqua: questa domenica deve essere la festa della Misericordia.»[2]
Gesù misericordioso.
Papa Giovanni Paolo II scrisse una enciclica: Dives in Misericordia, la seconda del suo pontificato (1980), interamente dedicata alla devozione appresa dall'umile suora polacca ed è stato lui che l'ha proclamata santa, il 30 aprile 2000. In quell'occasione il Papa ha stabilito per la prima volta la Festa della Divina Misericordia, da celebrarsi ogni anno nella prima domenica dopo Pasqua.
La Coroncina alla Divina Misericordia
In una "rivelazione privata" nel 1935 Gesù avrebbe richiesto a Suor Faustina una particolare forma di preghiera detta "Coroncina alla Divina Misericordia". La misericordia di Dio, la grazia della conversione e del perdono dei peccati, soprattutto nell'ora della morte, sarebbero stati concessi all'anima che avesse recitato la coroncina della divina misericordia[3]:«La mia misericordia avvolgerà in vita e specialmente nell'ora della morte le anime che reciteranno questa coroncina»[4].
Note
1. ^ Faustina M. Kowalska, Diario. La misericordia divina nella mia anima, p.44
2. ^ Diario, p. 74-75
3. ^ La coroncina
4. ^ La storia della coroncina
▪ 1994 - Nini Rosso, pseudonimo di Celeste Raffaele Rosso (San Michele Mondovì, 19 settembre 1926 – Roma, 5 ottobre 1994), è stato un trombettista italiano.
Dopo una discreta carriera jazzistica ed orchestrale (nell'orchestra del maestro Cinico Angelini) decide di lanciarsi come solista leggero, firmando un contratto con la Titanus (casa discografica distribuita dalla Durium, come anche la successiva Sprint).
Il suo primo disco, Ballata per una Tromba, riscosse un discreto successo; nel 1963, partecipa alla colonna sonora del film L'amore difficile, scritta dal maestro Piero Umiliani con il brano Vicolo dell'amore 43.
Il colpo della sua vita avvenne nel 1964 con Il silenzio, versione leggera del "Silenzio fuori ordinanza" suonato nelle caserme. Il brano fu inciso per caso: in un concerto al Palaeur di Roma di fronte a un pubblico militare decise di eseguirlo con una malinconica parte recitata nella quale descrive bene la solitudine del militare di leva che dà una romantica buonanotte alla sua fidanzata lontana, e l'accoglienza fu esplosiva.
Il disco vendette dieci milioni di copie, con picchi di successo anche nel nord Europa e in Giappone, dove Nini Rosso fece numerose tournée.
Nello stesso anno partecipò al Cantagiro con Sono qui ad aspettarti, mentre l'anno seguente apparve nella trilogia di film musicarello Viale della canzone, 008 Operazione ritmo e Questi pazzi, pazzi italiani, diretti da Tullio Piacentini.
Nel 1966 partecipò a Un disco per l'estate con Concerto per un amore.
Altro buon successo fu, nel 1967, un altro brano dai toni malinconici, Uomo solo, utilizzato come sigla iniziale e finale della celebre serie televisiva Tenente Sheridan squadra omicidi, cinque telefilm con il popolarissimo Ubaldo Lay diretti da Leonardo Cortese, considerati tra i migliori della lunga serie del personaggio creato da Mario Casacci e Alberto Ciambricco.
Nini Rosso fu anche attore, generalmente facendo la parte del trombettista, in alcuni musicarelli italiani degli anni sessanta: Sanremo, la grande sfida, In ginocchio da te, Little Rita nel far West, Canzoni bulli e pupe. Ha anche partecipato con il suo complesso al programma "La Macchina Meravigliosa" di Piero Angela (più precisamente la prima puntata dedicata all'orecchio). Muore per un tumore del polmone.
▪ 1998 - Federico Zeri (Roma, 12 agosto 1921 – Mentana, 5 ottobre 1998) è stato un critico d'arte italiano.
Il padre era medico, ma dopo gli studi di botanica e chimica, nel 1943 Federico decise di seguire gli studi sulla storia dell'arte del professore Pietro Toesca.
Nel 1944 venne arrestato dai fascisti accusato di appartenere alla Resistenza italiana, ma fu poi rilasciato.
[...]
Critica
La sua fama leggendaria di conoscitore ha varcato i confini italiani, rendendolo, anche grazie ai suoi lunghi soggiorni in Inghilterra e in America e ai numerosi scritti in inglese, il più famoso e stimato storico dell'arte italiano nel mondo, noto per le fondamentali ricostruzioni di personalità pittoriche dimenticate da secoli.
Nel suo paese invece, per la sua estraneità al mondo universitario, per l'originalità del suo metodo conoscitivo e per le sue coraggiose denunce dei "mali culturali" e dell'incompetenza degli storici e funzionari nostrani, fu emarginato dal mondo della cultura, restando una figura solitaria che spiccava ancora di più per la sua eccellenza. Famose le sue apparizioni televisive, sempre pronto a denunciare con veemenza ciò che altri - troppi - tacevano.
Innumerevoli i suoi articoli su riviste scientifiche, poi raccolti in cinque volumi dall'editore Allemandi nel 1988.
Tra i testi teorici, scritti sempre nel suo stile sobrio, estraneo ad orpelli ed arzigogoli verbali, ma attento alla precisione e alla brevità, fondamentale lo studio del 1955 Pittura e controriforma, che riscoprì l'arte dei pittori manieristi romani. Al contempo, però, emergeva dai suoi scritti una straordinaria erudizione[3], che alimentava interessi che spaziavano dalla botanica ai francobolli; in particolare, era certamente uno dei massimi conoscitori delle vicende storiche e archeologiche di Roma antica.
Raccolse nella sua villa di Mentana, appositamente costruita negli anni sessanta, una ricca biblioteca e una fototeca di 290.000 pezzi, considerata la più importante del mondo per la storia dell'arte italiana; entrambe le donò per testamento all'Università di Bologna (che lo aveva laureato Honoris Causa - unico riconoscimento pubblico in Italia), ove è oggi aperta una Fondazione Zeri. Lasciò anche diverse opere d'arte ai Musei Vaticani, al Museo Poldi Pezzoli di Milano, e alla Accademia Carrara di Bergamo, restando nella sua linea di apprezzamento per le isituzioni museali estranee all'amministrazione dello Stato italiano.
Molto colpito dal terremoto in Marche ed Umbria del 1997, che devastò luoghi a lui molto cari, partecipò a un documentario del regista Nino Criscenti, in cui rivisitava, camminando a fatica per la salute malferma, le chiese e i Musei sconquassati dal sisma. Fece in tempo anche a visitare il Cenacolo di Leonardo a Milano resuscitato da un trentennale restauro, poco prima di morire improvvisamente per infarto nella sua casa di Mentana.
▪ 2003 - Neil Postman (New York, 8 marzo 1931 – New York, 5 ottobre 2003) è stato un sociologo statunitense, professore universitario, teorico dei media e critico della cultura contemporanea.
Per più di quarant'anni è stato professore associato dell'università di New York.
È famoso al pubblico soprattutto per il suo libro del 1985 sulla televisione intitolato Divertirsi da morire. Il discorso pubblico nell'era dello spettacolo.
Studi e carriera
Postman nacque a New York dove trascorse la maggior parte della sua vita. Nel 1953 si diplomò nell'Università Statale di New York a Fredonia. Conseguì il master nel 1955 e il dottorato di ricerca nel 1958, entrambi presso la Columbia University. Nel 1959 iniziò ad insegnare presso l'Università di New York.
Nel 1971 fondò il programma di ecologia dei media presso la stessa università. Nel 1993 venne nominato professore universitario, e divenne direttore del dipartimento di cultura e comunicazione fino al 2002.
Tra i suoi studenti; Jib Fowles, Dennis Smith, e Paul Levinson.
Altri progetti
Neil Postman nasce l’otto Marzo 1931 a New York City da una famiglia di origini ebraiche. Nel 1953 si laurea alla “State University” di New York, successivamente, nel 1958, raggiunge il dottorato presso la “Columbia University”. Nel 1959 inizia ad insegnare alla “New York University”, di cui sarà presidente del Dipartimento di Cultura e Comunicazione dal 1993 fino al 2002, fondando, nel 1971, il corso da lui denominato “Media Ecology”. Durante la sua lunga carriera accademica ha scritto diciotto libri, molti dei quali tradotti in diverse lingue, centinaia di articoli per riviste e giornali (anche esteri). Ha collaborato con il New York Times, The Atlantic Monthly, Time Magazine, The Saturday Review, The Harvard Education Review, The Washington Post, Los Angeles Times, Stern, Le Monde. All’estero è maggiormente conosciuto per “Amusing Ourselves to Death” libro edito nel 1985, tradotto in otto lingue che ha venduto più di duecento mila copie. Colto da un male incurabile Postman si è spento a New York il cinque Ottobre del 2003, all’età di settantadue anni.
CENNI AL SUO PROGETTO: MEDIA ECOLOGY
“Io mi considero un narratore (sezione non fiction), non avanzo alcuna pretesa di essere uno scienziato, non mi sento offeso se i miei saggi vengono definiti polemici”. ( “La scienza sociale come teologia morale “1988). È con queste righe che, forse, è più opportuno presentare la figura di Neil Postman, studioso di sociologia della comunicazione o, secondo la denominazione della New York University, “Ecologia dei media”. Egli ha infatti passato buona parte della sua carriera accademica a studiare come i media influiscano sulle nostre forme d'organizzazione sociale, sui nostri abiti mentali, sulle nostre concezioni politiche. Da qui il costante richiamo dell’ecologia dei media, primo grande parto postmaniano alla domanda lasciatagli(ci) in eredità da McLuhan (1911-1980) (del quale è stato un allievo): quali conseguenze sociali, culturali e politiche porta l’introduzione di una nuova tecnologia della comunicazione? McLuhan sosteneva che ogni medium crea un ambiente e cambia il modo di pensare e di vivere delle persone che a quell’ambiente appartengono. Così è stato per l’invenzione della scrittura piuttosto che con l’invenzione della stampa; e analogo procedimento sta avvenendo, o più propriamente parlando è oggi già avvenuto, con l’introduzione della televisione e dei nuovi media. Sono queste le idee (domande) che, riprese sistematicamente da Postman in ogni suo scritto, possono meglio rappresentare il debito intellettuale nei confronti del professore di Toronto.
- Annalena Tonelli (Forlì, 2 aprile 1943 – Borama, 5 ottobre 2003) è stata una missionaria italiana cattolica.
Annalena fu insignita dall'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati del prestigioso premio Nansen per l'assistenza ai profughi (Nansen Refugee Award), il 25 giugno 2003[1]. Annalena Tonelli spese circa 33 anni della sua vita come volontaria in Africa prima di venir uccisa il 5 ottobre 2003 da un commando islamico nel centro assistenziale che dirigeva in Somalia.
«Scelsi che ero una bambina di essere per gli altri, i poveri, i sofferenti, gli abbandonati, i non amati, e così sono stata e confido di continuare fino alla fine della mia vita; volevo seguire solo Gesù Cristo, null'altro mi interessava così fortemente: Lui e i poveri per Lui.(Annalena Tonelli)»
Nata a Forlì nel 1943, dopo il liceo classico e la laurea in legge e dopo "sei anni di servizio ai poveri di uno dei bassifondi della mia città natale, ai bambini del brefotrofio, alle bambine con handicap mentale e vittime di grossi traumi di una casa-famiglia"[2], nel 1969, Annalena Tonelli, a 25 anni, si sposta in Africa grazie alle attività del Comitato per la lotta contro la fame del mondo di Forlì che aveva contribuito a fondare e che ancora oggi è attivo[3].
Inizialmente lavora come insegnante in una scuola superiore governativa a Wajir, nell'estremo Nord-Est del Kenya, regione semidesertica ove risiedono popolazioni di origine somala. Le precarie condizioni igieniche-sanitarie locali la spingono ad approfondire le sue conoscenze mediche consegueno certificati e diplomi di controllo della tubercolosi in Kenya, di Medicina tropicale e comunitaria in Inghilterra, di cura della lebbra in Spagna.
Già nel 1976, Annalena Tonelli diviene responsabile di un progetto pilota dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) per la cura della tubercolosi nelle popolazioni nomadi. Quindi, Annalena invita i nomadi tubercolotici ad accamparsi per la terapia di fronte al Rehabilitation Centre for Disabled (Centro di Riabilitazione per Disabili), dove Annalena Tonelli lavorava insieme ad altre volontarie che nel frattempo si erano unite a lei nella cura dei poliomielitici, ma che accoglieva anche: ciechi, sordomuti, handicappati fisici e mentali. Il sistema garantisce l'assunzione della terapia per i circa sei mesi necessari, ed è stata adottata dall'OMS col nome di DOTS (Directly Observed Therapy Short) [4].
Nel 1984, a seguito di lotte politico-tribali intestine, l'esercito del Kenya compie azioni repressive sulle tribù somale intorno a Wajir [5]. Le denunce pubbliche di Annalena Tonelli aiutano a fermare le uccisioni. Arrestata e portata davanti alla corte marziale, si sente dire che l'essere scampata a due imboscate non era garanzia di sopravvivere anche alla seguente ed è costratta ad abbandonare il Kenya.
Annalena Tonelli si sposta allora in Somalia, prima a Merca (dove nel 1995 fu assassinata il medico della Caritas Italiana Dr. Graziella Fumagalli) e poi a Borama nelSomaliland. Qui le sue attività includono: un ospedale di 250 posti letto (centro di riferimento di tutta la regione, inclusi Etiopia e Gibuti), una scuola di Educazione Speciale per bambini (263 studenti) [6] sordi, ciechi e disabili (unica in tutta la Somalia), un programma contro le mutilazioni genitali femminili (infibulazione), cura e prevenzione HIV/AIDS, assistenza ai fuori casta, orfani, poveri.
Nel giugno 2003, Annalena Tonelli è insignita dall'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati del prestigioso premio Nansen per l'assistenza ai profughi (Nansen Refugee Award).
Il 5 ottobre 2003, Annalena Tonelli è uccisa a Borama, in Somalia, a colpi d'arma da fuoco nell'ospedale da lei stessa fondato da un commando islamico somalo (chiamato Al-Itihaad al-Islamiya) [7].
Due settimane dopo, lo stesso gruppo di fuoco assassina Dick e Enid Eyeington, operatori umanitari britannici nella scuola dove lavorano SOS Sheikh Secondary nel nord-ovest della Somalia.[8]
Note
1. ^ UNHCR - Italian woman wins Nansen Refugee Award for work in Somalia
2. ^ http://www.centroannalenatonelli.it/pdf/tonelli.pdf
3. ^ Comitato .html
4. ^ WHO | Pursue high-quality DOTS expansion and enhancement
5. ^ US and UK Government International Intervention Since 1945: Kenya
6. ^ Awdalnews
7. ^ Bandits murdered two aid workers, BBC (23 December, 2005)
8. ^ issue 200
▪ 2008 - Leopoldo Elia (Fano, 4 novembre 1925 – Roma, 5 ottobre 2008) è stato un politico e giurista italiano.
Il padre fu segretario del Partito popolare a Fano nel primo dopoguerra e senatore DC nelle prime due legislature della Repubblica. Ai tempi dell'università fu iscritto alla FUCI, nella quale fu anche il condirettore della rivista Ricerca. Nell'immediato dopoguerra Elia aderì al gruppo dossettiano, collaborando a Cronache sociali, ed intrecciando legami con autorevoli esponenti del cattolicesimo politico della sua generazione (dai coniugi Glisenti a Carlo Alfredo Moro a Pietro Scoppola), che lo avrebbero accompagnato per tutta la vita.
Si laureò il 25 novembre del 1947 in giurisprudenza all'Università La Sapienza di Roma. Funzionario del Senato dal 1º febbraio 1950 al 30 novembre 1962. Nel periodo in cui lavorò al Servizio studi di Palazzo Madama, apprestò la segreteria della Giunta delle elezioni. Ne trasse utili spunti di approfondimento scientifico, che riversò nella voce Elezioni politiche (contenzioso) dell’Enciclopedia del diritto, nel 1965. Fu segretario del Gruppo dei Parlamentari Italiani al Consiglio d'Europa ed all'Assemblea Comune della CECA, e svolse successivamente funzioni direttive nel Segretariato dell'Assemblea, incaricato di formulare una costituzione per l'Europa. Libero docente di diritto costituzionale, ordinario dal 1962, insegnò istituzioni di diritto pubblico nella facoltà di economia e commercio dell'Università di Urbino (sede di Ancona) dal 1960 al 1963 e, come professore ordinario, diritto costituzionale nella facoltà di giurisprudenza dell'Università di Ferrara nell'anno accademico 1962-1963, dell'Università di Torino dal 1963 al 1970 e dell'Università La Sapienza di Roma dal 1970 al 1997. Durante gli anni torinesi (1963-1970) si formò attorno a lui una vera e propria scuola, composta da Gustavo Zagrebelsky, Alfonso Di Giovine, Mario Dogliani, e Francesco Pizzetti. Nel periodo romano (1970-1976) ha avuto come allievo Carlo Mezzanotte.
Fu Giuseppe Dossetti a presentarlo al costituzionalista Costantino Mortati; di cui Elia divenne allievo. Negli anni sessanta la sua attività di riflessione si concentrò attorno a due poli: l'organizzazione costituzionale e le libertà civili. Il suo saggio sulla forma di governo per l'Enciclopedia del Diritto del 1970 è forse il saggio più citato nel dopoguerra sull'argomento[2]. Fu sua la celebre formula conventio ad excludendum, per qualificare la regola non scritta secondo cui l'Italia del dopoguerra era una democrazia bloccata, in cui l'alternanza al governo era di fatto impossibile a causa della presenza nel sistema politico del più forte partito comunista d'occidente.
Fu eletto dal Parlamento giudice della Corte Costituzionale il 30 aprile 1976, giurò il 7 maggio 1976. Dal 21 settembre 1981 fu Presidente e venne rieletto il 24 settembre 1984. Cessò dalla carica di Presidente il 7 maggio 1985. Il suo periodo alla presidenza, 4 anni, fu uno dei mandati più lunghi. Nel primo periodo alla Corte costituzionale (1976-1981) ha avuto come assistente di studio Augusto Cerri.
Cessato l'incarico, ricoprì sempre ruoli di primo piano:
▪ Senatore nella X Legislatura (1987-1992), eletto nelle liste della DC
▪ dal 28 aprile 1993 al 10 maggio 1994 fu Ministro per le Riforme elettorali e istituzionali nel Governo Ciampi; dal 19 aprile al 10 maggio 1994 fu anche Ministro degli Esteri ad interim, prendendo il posto di Nino Andreatta dimissionario perché candidato alle Elezioni europee
▪ Deputato nella XII Legislatura (1994-1996)
▪ Di nuovo senatore nella XIII Legislatura candidandosi nel Partito Popolare nel collegio di Milano (Baggio - Quarto Oggiaro). Fu presidente del gruppo del Partito popolare al Senato.
▪ Elia è stato anche vicepresidente della Commissione per il riordino del settore radiotelevisivo. Leopoldo Elia è stato socio fondatore del Laboratorio per la polis, rete di cultura e formazione all'impegno civile (2001).
▪ 2009 - Luigi Giugni, meglio conosciuto col diminutivo di Gino (Genova, 1º agosto 1927 – Roma, 5 ottobre 2009), è stato un politico italiano che ha ricoperto un ruolo chiave nella stesura dello Statuto dei lavoratori.
Studi e attività professionale ed accademica
Nato nel 1927 a Genova, a diciotti anni nel 1945 si iscrive al Partito Socialista Italiano. Laureatosi in giurisprudenza con una tesi sul diritto di sciopero (relatore Giuliano Vassalli), si specializza poi negli Stati Uniti.
Dopo un breve impiego all'ENI in Italia, inizia la carriera universitaria e la collaborazione col gruppo editoriale Il Mulino e con La Repubblica. Giugni ha esercitato la professione di avvocato ed insegnato diritto del lavoro presso l'Università di Bari, Università di Roma La Sapienza e la LUISS Guido Carli. È stato visiting professor nelle Università di Nanterre, Parigi, UCLA (Los Angeles), Buenos Aires e Columbia University di New York.
Il suo saggio "Introduzione allo studio dell'autonomia collettiva" (1960) è stato uno dei primi lavori accademici a dare dignità ed autonomia al diritto sindacale.
Stesura dello Statuto dei Lavoratori
Giugni è ricordato come il "padre" dello Statuto dei lavoratori. Nel 1969 Giacomo Brodolini istituì una Commissione nazionale con l'incarico di stendere una bozza dello Statuto dei diritti dei lavoratori. Tale commissione era composta da personaggi di notevole spessore e a capo Brodolini vi mise Giugni, all'epoca solo un professore universitario, seppur già molto noto.
Lo Statuto permise di far entrare la Costituzione italiana nelle fabbriche, nel periodo dell'autunno caldo e della nascita della lotta armata. Su quel periodo Giugni sostenne:
«Fu un momento eccezionale, forse l'unico nella storia del diritto in Italia: era la prima volta che i giuristi non si limitavano a svolgere il loro ufficio di "segretari del Principe", da tecnici al servizio dell'istituzione, ma riuscivano ad operare come autentici specialisti della razionalizzazione sociale, elaborando una proposta politica del diritto»
Giugni è anche stato l'inventore del trattamento di fine rapporto (TFR), riformando il sistema delle liquidazioni dei lavoratori italiani, introducendo una sorta di sistema contributivo.
Senatore del PSI e bersaglio delle Brigate Rosse
Il 3 maggio 1983, mentre stava camminando a Roma, venne "gambizzato" da una donna. L'attentato fu rivendicato dalle Brigate Rosse, e fu anche il primo di un cambio di strategia da parte di quella organizzazione terroristica. Tale nuova strategia, infatti, consisteva non più nel colpire il "cuore" dello Stato attraverso i suoi poliziotti, magistrati o alti dirigenti politici (strategia rivelatasi perdente), bensì nel prendere di mira i cosiddetti "cervelli" dello Stato (come appunto Giugni, ed in seguito Massimo D'Antona e Marco Biagi) ossia l'anello di congiunzione tra le istituzioni e il mondo economico.
Nel 1983 venne anche eletto senatore nelle liste del Partito Socialista Italiano: fu presidente della Commissione per il lavoro e la sicurezza sociale, e membro della Commissione parlamentare inquirente sulla Loggia Massonica P2.
Al termine delle elezioni politiche del 1987 confermò sia il suo seggio a Palazzo Madama sia la presidenza della Commissione Lavoro.
Nel 1992 fu candidato alla Presidenza della Repubblica per il PSI. La votazione a favore di Oscar Luigi Scalfaro fu accelerata dalla strage di Capaci.
Ministro del Lavoro (1993-94)
Dal 1993 al 1994 è presidente del PSI, e nello stesso arco di tempo divenne Ministro del Lavoro del governo Ciampi.
Con il Protocollo del luglio 1993 allo Statuto dei Lavoratori, ha scritto assieme a Ciampi un importante aggiornamento della normativa sulle relazioni sindacali.
Dopo l'inchiesta Mani Pulite ed il conseguenziale disfacimento del PSI aderisce ai Socialisti Italiani di Enrico Boselli, ed alle elezioni politiche del 1994 viene eletto deputato tra le file dei Progressisti.
Ultimi anni
Negli ultimi anni si allontanò dalla politica preferendo l'insegnamento, anche a causa della malattia: divenne professore ordinario della facoltà di Economia dell'università "La Sapienza" di Roma.
Nel 1997 viene incaricato da Romano Prodi di indicare le modalità per una possibile nuova riforma dei contratti collettivi.
Nel 2005 prese la tessera dei Socialisti Democratici Italiani, insieme a Nerio Nesi.
In seguito aderì al Partito Democratico ed, insieme ad altri personaggi famosi, firmò un manifesto in favore della candidatura di Walter Veltroni
Al termine della sua autobiografia, La memoria di un riformista, Giugni si augurava:
«Pensando al futuro, spero che il centrosinistra riesca a costruire un progetto politico riformista credibile, che possa portare davvero a una nuova stagione della politica italiana. Mi auguro, almeno, di non vedere più un partito socialista schierato con la destra»
Giugni muore ad 82 anni, la notte di domenica 4 ottobre 2009, a Roma, al termine di una lunga malattia.
Bibliografia
▪ La memoria di un riformista, Il Mulino, Bologna, 2007
▪ Diritto sindacale (con Lauralba Bellardi, Pietro Curzio e Mario Giovanni Garofalo), Cacucci, Bari, 2006
▪ La lunga marcia della concertazione. Conversazioni con Paola Ferrari e Carmen La Macchia , Il Mulino, Bologna, 2003
▪ Socialismo: l'eredità difficile, Il Mulino, Bologna, 1996
▪ Fondata sul lavoro? (con Alberto Orioli) , Ediesse, Roma, 1994
▪ Lavoro, legge, contratti, Il Mulino, Bologna, 1989
▪ Il trattamento di fine rapporto (con Raffaele De Luca Tamajo e Giuseppe Ferraro), CEDAM, Padova, 1984
▪ DOTTRINA e Giurisprudenza di diritto del lavoro, UTET, Torino, 1984
▪ Diritto sindacale (con Mario Giovanni Garofalo e Pietro Curzio), Cacucci, ari, 1984
▪ Diritto sindacale (con Mario Giovanni Garofalo e Francesco Liso), Cacucci, Bari, 1980
▪ Aspetti istituzionali della giungla retributiva, Guida, Napoli, 1979
▪ Lo STATUTO dei lavoratori. Commentario, Giuffrè, Milano, 1979
▪ Codice di diritto del lavoro, Cacucci, Bari, 1977
▪ Socialismo e democrazia economica : il ruolo dell'impresa e del sindacato (a cura di Giuseppe La Ganga), FrancoAngeli, Milano, 1977
▪ ASCESA e crisi del riformismo in fabbrica : Le qualifiche in Italia dalla Job Evaluation all'inquadramento unico, De Donato, Bari, 1976
▪ Gli anni della conflittualità permanente : rapporto sulle relazioni industriali in Italia nel 1970-1971, FrancoAngeli, Milano, 1976
▪ Il sindacato tra contratti e riforme : 1969-1973, De Donato, Bari, 1973
▪ Lo Statuto dei lavoratori : commento alla legge 20 maggio 1970, n.300 (con Antonino Freni), Giuffrè, Milano, 1971
▪ Appunti di diritto sindacale, Cacucci, Bari, 1965
▪ L'evoluzione della contrattazione collettiva nelle industrie siderurgica e mineraria : (1953-1963), Giuffrè, Milano, 1964
▪ Mansioni e qualifica nel rapporto di lavoro, Jovene, Napoli, 1963
▪ Introduzione allo studio dell'autonomia collettiva, Giuffrè, Milano, 1960