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Il calendario del 5 Luglio

Fonte:
CulturaCattolica.it

Eventi

▪ 1294 - Dopo 27 mesi di Conclave viene eletto papa Celestino V

▪ 1687 - Viene pubblicato il Philosophiae Naturalis Principia Mathematica di Isaac Newton

▪ 1803 - La convenzione di Artlenburg porta all'occupazione francese di Hannover (che era governata dai monarchi britannici)

▪ 1810 - Bologna, Italia: viene inaugurata l'Arena del Sole

▪ 1811 - Il Venezuela è la prima nazione Sud Americana a dichiarare l'indipendenza dalla Spagna

▪ 1830 - I francesi, sbarcati a Sidi Ferrudj il 14 giugno, entrano in Algeri e prendono il potere in Algeria

▪ 1841 - Nascita del turismo organizzato: Thomas Cook, organizza il primo pacchetto turistico modernamente inteso

▪ 1865 - William Booth fonda la Missione Cristiana (in seguito rinominata in Esercito della salvezza)

▪ 1884 - La Germania prende possesso del Camerun

▪ 1903 - Parte dalla periferia di Parigi il primo Tour de France

▪ 1928 - Arturo Ferrarin e Carlo Del Prete, a bordo di un Savoia-Marchetti S.64, si aggiudicano il primato di volo su distanza in linea retta volando, per 7.188 km, tra Montecelio (Roma) e Port Natal (Brasile).

▪ 1940 - Seconda guerra mondiale: Il Regno Unito e la Francia di Vichy interrompono le relazioni diplomatiche

▪ 1941 - Seconda guerra mondiale: le truppe tedesce raggiungono il fiume Dnepr

▪ 1943

  1. - Seconda guerra mondiale: Battaglia di Kursk - Inizia il più grande scontro tra carri armati della storia
  2. - Seconda guerra mondiale: la flotta di invasione alleata naviga verso la Sicilia

▪ 1945 - Seconda guerra mondiale: viene dichiarata la liberazione delle Filippine

▪ 1946 - Nasce il bikini ad opera del sarto francese Louis Réard a Parigi (introdotto ufficialmente il 5 luglio). Il nome richiama l'atollo di Bikini nelle Isole Marshall, nel quale negli stessi anni gli Stati Uniti conducevano test nucleari: Reard riteneva che l'introduzione del nuovo tipo di costume avrebbe avuto effetti esplosivi e dirompenti.

▪ 1950
  1. - Guerra di Corea: Task Force Smith - Primo scontro tra forze statunitensi e nordcoreane
  2. - Sionismo: La Knesset passa la Legge del ritorno che garantisce a tutti gli ebrei il diritto di immigrare in Israele

▪ 1951 - William Shockley inventa il transistor a giunzione

▪ 1960 - Liscata, durante uno sciopero la polizia spara sulla folla uccidendo Vincenzo Napoli (25 anni)

▪ 1962 - L'Algeria ottiene l'indipendenza dalla Francia. Ahmed Ben Bella è il nuovo capo dello Stato

▪ 1971 - diritto al voto: L'età minima per votare negli Stati Uniti viene portata da 18 a 21 anni (effetto del XXVI emendamento certificato formalmente in questo giorno dal Presidente Richard Nixon)

▪ 1975 - Capo Verde ottiene l'indipendenza dal Portogallo

▪ 1986 - La Statua della libertà viene riaperta al pubblico dopo un ampio restauro

▪ 1989 - Scandalo Iran-Contra: Oliver North viene condannato dal giudice distrettuale statunitense Gerhard A. Gesell, a tre anni con la condizionale, due di libertà vigilata, 150.000 di multa e 1.200 ore di servizio comunitario

▪ 1996 - Edimburgo - Nei laboratori del Roslin Institute nasce la pecora Dolly, il primo mammifero frutto di clonazione

▪ 1998
  1. - In Algeria entra in vigore una severa legge sull'arabizzazione, (legge n° 91-05 del 16 gennaio 1991), "congelata" sotto la presidenza Boudiaf ma fatta entrare in vigore il 5 luglio 1998. Vieta l'uso del francese e del berbero nella scuola, nell'amministrazione e nei media, oltre che all'interno di qualunque associazione o partito politico (con il paradosso che secondo questa legge perfino delle associazioni culturali berbere, formate da berberi di regione berberofone, dovrebbero tenere i verbali delle proprie assemblee in arabo classico).
  2. - Il Giappone lancia una sonda spaziale verso Marte, e si unisce a USA e Russia, tra le nazioni che hanno esplorato lo spazio

▪ 2003 - Taiwan è l'ultimo territorio ad essere rimosso dalla lista delle aree affette dalla SARS stilata dal WHO

▪ 2004 - Prime elezioni presidenziali in Indonesia

▪ 2005 - Il giornale britannico The Indipendent pubblica lo studio sulle orme di Homo sapiens trovate vicino al lago Valsequillo, in Messico, nel novembre 2003. I ricercatori delle Università di Liverpool e Bournesmouth dichiarano che le orme risalgono 38-39 mila anni fa, mentre si era sempre creduto che l'America non fosse stata colonizzata prima di 11.500 anni fa

Anniversari

▪ 1539 - Antonio Maria Zaccaria (Cremona, 1502 – Cremona, 5 luglio 1539) è stato un presbitero e medico italiano, "fondatore non solo, insieme a Giacomo Antonio Morigia (1497-1546) ed a Bartolomeo Ferrari (1499-1544), della "Congregazione dei Clerici Regolari di san Paolo", meglio noti col nome di Barnabiti dalla Chiesa milanese di S. Barnaba, loro prima sede; ma anche, insieme alla contessa Ludovica Torelli di Guastalla (1499-1569), delle Angeliche di Paolo converso; ed, infine, dei Maritati di San Paolo. Si tratta, di tre congregazioni, rispettivamente, com’è intuibile, maschile, femminile e laicale, che S. Antonio Maria vuole strumenti di risveglio religioso e morale, in particolare contro il grande nemico costituito dalla tiepidità e dall’indifferenza": papa Leone XIII lo ha proclamato santo nel 1897.
Antonio Maria Zaccaria nacque da una famiglia di antica nobiltà genovese. Rimasto orfano di padre, la sua educazione venne curata dalla madre, Antonietta Pescaroli. Della sua infanzia si hanno pochissime notizie, ci sono anche dubbi se abbia studiato a Pavia o a Cremona. La prima notizia certa è che nel 1520 si trasferì a Padova per studiare filosofia e medicina. Pochi giorni prima di partire fece testamento rinunciando a tutti i suoi beni in favore della madre.
Nel 1524, dopo essersi laureato, tornò nella natia Cremona dove, invece di esercitare la professione medica, su consiglio di un misterioso padre domenicano, intraprese il cammino spirituale. Nei giorni festivi, iniziò a radunare, nella chiesa di San Vitale, dapprima bambini a cui teneva lezioni di catechismo, poi anche adulti, con i quali meditava sulle scritture. Sempre su indicazione della sua guida, poco dopo iniziò gli studi ecclesiastici. Sotto la guida dei domenicani, iniziò a studiare la Bibbia, i santi padri e i dottori della Chiesa. Il 20 febbraio 1529 ricevette l’ordinazione sacerdotale.
Divenuto sacerdote, continuò la sua attività di formazione spirituale in San Vitale. Il gruppo dei suoi ascoltatori si trasformò in uno dei tanti oratori di riforma che si stavano diffondendo in quel periodo. Fra i suoi seguaci va ricordata una sua lontana parente, Valeria degli Alieri, la quale, dietro suo suggerimento, radunò nella sua casa un gruppo di ragazze, che, dopo la morte di lui, chiesero di costituirsi in monastero di Angeliche. Oltre alla formazione e alla direzione spirituale, si dedicò a un'intensa azione caritativa verso i poveri e gli ammalati, specialmente in occasione della peste del 1528. Per questa opera i concittadini a lui devoti gli tributarono il titolo di "padre della patria".
Poco tempo dopo lasciò Cremona per trasferirsi a Guastalla dove diventò il cappellano della contessa Ludovica Torelli(1500 – 1569). Nel 1530, insieme alla nobildonna, si trasferì a Milano, dove entrò in contatto con l’Oratorio dell’Eterna Sapienza. Qui lo Zaccaria conobbe i due nobili milanesi Giacomo Antonio Morigia (1497 – 1546) e Bartolomeo Ferrari (1499 – 1544), insieme ai quali, alla fine del 1532, progettò la trasformazione dell’oratorio, ormai in crisi, in qualcosa di nuovo, la Compagnia dei Figlioli e delle Figliole di Paolo Santo (o “Congregazione di san Paolo”), una formazione religiosa originale, formata da “tre collegi”, uno di sacerdoti, uno di religiose e l’altro di laici.
Il collegio maschile venne approvato il 18 febbraio 1533, con il breve apostolico Vota per quae di Clemente VII. Con la bolla Dudum felicis recordationis di papa Paolo III del 25 luglio 1535 i nuovi religiosi ricevettero una nuova approvazione e la qualifica di chierici regolari. Anche la contessa Torelli aveva iniziato a raccogliere nella propria casa alcune giovani che volevano intraprendere la vita monastica ed il cui confessore e padre spirituale era proprio Antonio Maria. Da questo nucleo nacque il primo collegio femminile. Paolo III con la bolla Debitum pastoralis del 15 gennaio 1535, le autorizzò a costituirsi in monastero e le pose sotto la regola di sant'Agostino. Queste religiose si diedero il nome di "Angeliche". Lo Zaccaria si fece promotore anche del “terzo collegio”, un gruppo di laici che condivideva la stessa spiritualità delle due famiglie religiose: furono chiamati "Coniugati" o "Maritati di san Paolo".
I tre collegi della nuova famiglia spirituale fecero subito parlare di sé per le loro pratiche, le loro penitenze, il loro modo di vestire, la loro predicazione talvolta provocatoria. Fra le iniziative, che si devono a loro e che sono continuate nel tempo, va ricordata l’usanza di suonare le campane alle tre del venerdì pomeriggio, in ricordo della morte di Gesù, e l’esposizione solenne dell’Eucaristia, a turno chiese della città (le cosiddette Quarantore). Lo zelo del nuovo movimento però infastidiva qualcuno. I suoi aderenti furono pubblicamente minacciati; venivano accusati di pelagianesimo, di essere seguaci di fra' Battista da Crema (morto il 1 gennaio 1534) e sospettati di seguire le eresie delle Beghine e dei Poveri di Lione. Le autorità civili ed ecclesiastiche di Milano indagarono su di loro e istruirono due processi. Il primo, svoltosi il 5 ottobre 1534, si concluse senza alcuna sentenza. Il secondo, iniziato nel giugno 1536, si concluse il 21 agosto 1537 con una sentenza di piena assoluzione. Proprio come prova di forza, alla vigilia del primo processo, i Barnabiti iniziarono a vivere insieme in povertà. E, nel 1537, prima che finisse il secondo processo, lo Zaccaria, accettando l’invito del vescovo di Vicenza, cardinale Nicolò Ridolfi, mandò in missione un gruppo di barnabiti, angeliche e coniugati, che si dedicarono alla riforma dei monasteri vicentini.
Nel 1539 tornò a Guastalla per pacificare quella contea colpita dall’interdetto pontificio a causa delle contese fra due nipoti della Torelli e per seguire le pratiche di vendita di quel feudo ai Gonzaga. Gli strapazzi e il clima della Bassa padana aggravarono le sue già precarie condizioni di salute. In giugno, capendo che stava per morire, chiese di tornare a Cremona, nella casa natale. Circondato dalla mamma e dai suoi più fedeli discepoli, fece le sue ultime raccomandazioni ai presenti, ricevette i sacramenti e spirò nel primo pomeriggio del 5 luglio 1539.

Il culto
Dopo il funerale celebrato a Cremona, il suo corpo venne traslato a Milano e inumato nel monastero di San Paolo delle Angeliche. L’8 maggio 1891 le sue reliquie furono riesumate e spostate nella chiesa di San Barnaba.
Fu da subito venerato come beato, fino al 1634, quando con un decreto di Urbano VIII perse il titolo. Il 3 gennaio 1890 venne reintegrato il suo culto. Il 27 maggio 1897 fu canonizzato da Leone XIII.

▪ 1871 - Cristina Trivulzio Belgiojoso (Milano, 28 giugno 1808 – Milano, 5 luglio 1871) è stata una patriota italiana che partecipò attivamente al Risorgimento italiano. Fu editrice di giornali rivoluzionari, scrittrice e giornalista.
Il suo nome completo era: Maria Cristina Beatrice Teresa Barbara Leopolda Clotilde Melchiora Camilla Giulia Margherita Laura Trivulzio.
Cristina, figlia di Gerolamo Trivulzio e Vittoria dei Marchesi Gherardini, rimase orfana di padre molto presto. La madre si risposò poco tempo dopo con Alessandro Visconti D'Aragona ed ebbe un figlio maschio e tre altre figlie femmine. Cristina fu molto attaccata ai suoi fratelli e sorelle (Alberto, Virginia "Valentina", Giulia, Teresa).
Non si sa molto della storia di Cristina da bambina. Le poche informazioni che si hanno sono tratte da una lettera in cui lei si descrive alla sua amica Ernesta Bisi, contrariando un frenologo che pretendeva di conoscere le persone solamente dalla forma del loro corpo. Una versione di quel periodo dei chiaroveggenti e simili. Cristina stessa dice: "Ero una bambina melanconica, seria, introversa, tranquilla, talmente timida che mi accadeva spesso di scoppiare in singhiozzi nel salotto di mia madre perché credevo di accorgermi che mi stavano guardando o che volevano farmi parlare". (Dal Malvezzi, vedi bibliografia)
Ernesta Bisi era la sua maestra di disegno. A quel tempo usava insegnare alle giovinette di nobile famiglia il canto, il disegno e altre forme d'arte. Nonostante la differenza d'età, rimasero grandi amiche per sempre e le confidenze più intime saranno fatte proprio a lei.

L'attività come patriota
Ernesta la introdusse nel mondo della "cospirazione", attraverso le sue amiche. Il momento più importante della giovinezza di Cristina è il matrimonio con il bello e giovane principe Emilio Barbiano di Belgiojoso. Molti cercarono di dissuaderla, conoscendo le abitudini libertine di Emilio, ma alla fine il matrimonio si fece. Ci furono grandi invitati nella chiesa di S. Fedele a Milano il 24 settembre 1824. La più ricca ereditiera d'Italia si portava una dote di 400.000 lire austriache (più di 4.000.000 di € odierni). Aveva solo 16 anni quando acquistò il titolo di principessa.
Il matrimonio non durò molto. Ufficialmente non divorziarono mai, ma in realtà si separarono pochi anni dopo, rimanendo buoni amici (con qualche alto e basso) fino alla morte. Il marito continuò la sua vita libertina, accompagnandosi con la contessa Anna Berthier di Wagram per dieci anni nella sua villa sul lago di Como Villa Pliniana.
Alla fine degli anni venti Cristina, dopo l'arresto del patrigno si avvicinò alle persone più coinvolte con i movimenti per la liberazione. Gli austriaci, che dominavano la Lombardia dal 1815 e specialmente il capo della polizia Torresani iniziarono la loro opera di spionaggio che durò fino all'unità d'Italia. Era bella, potente, e poteva dare molto fastidio. Fortunatamente la sua fama,la sua posizione sociale, e la sua solerzia alla fuga, la salvarono da arresti facili. Agli austriaci non andava di sembrare "cattivi" con l'élite milanese, e faceva loro comodo chiudere un occhio sulle sue frequentazioni. Non va inoltre dimenticato, che il nonno di Cristina, il Marchese Maurizio dei Gherardini, fu Gran Ciambellano dell'Imperatore d'Austria e poi, fino alla sua morte a Torino, anche Ministro Plenipotenziario d'Austria presso il Regno Sabaudo. Un arresto della nipote avrebbe ulteriormente ingigantito lo scandalo.
Nonostante ciò, con la dovuta cautela, il governo di Vienna le mise comunque i bastoni fra le ruote, e sentendosi costantemente minacciata, Cristina scappò nel sud della Francia. Il racconto di questa fuga è stato raccontato da alcuni biografi con aspetti rocamboleschi. È sicuro in ogni caso, che lei si sia trovata in Provenza sola e senza soldi. Tutti i suoi averi erano stati congelati dalla polizia austriaca e per molto tempo non poté attingere alcun denaro. L'ultima liquidità era stata infatti impegnata a pagare i debiti del marito, in cambio della sua libertà.
Si ritrovò sola ed ospite di amici nel paesino di Carqueiranne. Qui entrò in scena un nuovo amico, tale Pietro Bolognini detto "il Bianchi", ex notaio di Reggio Emilia, a cui le spie austriache assegnarono subito il ruolo di amante. Qui conobbe Augustin Thierry, uno storico divenuto da poco tempo cieco, che le rimarrà amico fino alla morte. Dopo alcuni mesi, nonostante la mancanza di soldi, sbarcò a Parigi e si trovò un appartamentino vicino a la Madeleine.
Si arrangiò con pochi soldi per alcuni mesi. Si cucinò per la prima volta da sola i suoi pasti e si guadagnò da vivere cucendo pizzi e coccarde. Una vita un po' diversa da quella a cui era abituata a Milano; eppure quando aveva iniziato quest'avventura, non aveva riflettuto molto prima di agire, anche se sapeva di dover così affrontare tempi difficili. Sarebbe stato semplice recuperare i suoi soldi e stare comoda nei suoi palazzi a Locate o a Milano. Le sarebbe bastato star tranquilla e non alzare troppa polvere di fronte al Torresani. Persino il governatore austriaco Hartig ed il Metternich in persona si scambiavano lettere riguardo alla principessa e placavano il loro capo della polizia, che l'avrebbe invece volentieri incarcerata.
Dopo poco tempo, un po' con i soldi inviati dalla madre e un po' con quelli recuperati dai suoi redditi, riuscì a cambiare casa e ad organizzare uno di quei salotti d'aristocrazia, dove riuniva esiliati italiani e borghesia europea.
Negli anni trenta frequentò il poeta tedesco Heinrich Heine, il compositore ungherese Franz Liszt, lo storico francese Francois Mignet, il poeta francese Alfred De Musset e tanti altri. Ebbe anche una fitta corrispondenza con l'"eroe di due mondi" La Fayette, vecchio generale protagonista della rivoluzione francese. Le attribuirono tanti amanti, un po' come ci si aspetterebbe oggi da una bella donna ricca in una situazione del genere. Aveva ancora rapporti di amicizia con il marito, con cui condivideva però il pensiero politico e nient'altro. In questi dieci anni continuò a contribuire alla causa italiana, cercando di influenzare i potenti, scrivendo articoli e diventando addirittura editore di giornali politici, quando nessuno le voleva pubblicare nulla di pericoloso.
Le continueranno ad arrivare richieste di soldi, e lei cercherà di distribuirne tantissimi, in modo da aiutare i poveri esuli italiani, di cui lei era ormai diventata la referente parigina, e investendo in sommosse o addirittura organizzando movimenti di armi per i "ribelli" italiani. Nel 1834, ad esempio, donò 30 000 lire (su un budget complessivo di centomila) per finanziare il colpo di mano mazziniano nel Regno di Sardegna, in cui peraltro perse la vita Giovanni Battista Scapaccino, considerato la prima Medaglia d'Oro al Valor Militare del futuro esercito italiano. Per l'occasione, la nobildonna aveva persino ricamato con le proprie mani le bandiere degli insorti.
Nel 1838 la sua vita avrà una grossa svolta. Nascerà Maria, la suo prima figlia. Il padre naturale non era sicuramente il marito, che non frequentava. È stato ipotizzato fosse il suo amico Francois Mignet o il suo segretario Bolognini.
Da quel momento lascerà i suoi salotti ed i suoi ricevimenti e cominceranno alcuni anni di semi-isolamento. Andò in vacanza in inghilterra con i suoi fratelli e sorelle, e lì andò a trovare Napoleone III in esilio. Riuscì a strappargli una promessa: appena sistemata la Francia, vedrà di mettere a posto la situazione anche in Italia ma, una volta andato al potere in Francia, farà esattamente il contrario, e lei ne rimarrà molto dispiaciuta.
Poi, tornerà a Parigi per un annetto, per poi tornare finalmente nella sua Locate, dove inizierà le sue opere sociali. Qui creerà asili, scuole, trasformerà il suo palazzo in un falansterio, ovvero il centro di una comunità come idealizzata da Fourier, con alcune modifiche da lei create. Crea uno scaldatoio pubblico e dona delle doti alle sposine più povere. Vorrebbe modificare anche gli insegnamenti religiosi, che non ritiene del tutte esatti, ma non si muove a tanto.
Continuò la sua opera politica cercando di convincere tutti che l'unica soluzione per muoversi verso l'unione italiana era di supportare Carlo Alberto e quindi il ritorno della dinastia dei Savoia. Il suo obiettivo non era una monarchia, ma una repubblica come quella francese, ma, se per arrivare alla repubblica bisognava prima unire l'Italia, l'unico mezzo era attraverso la monarchia dei Savoia.
Trovandosi a Napoli durante l'insurrezione che portò alle cinque giornate di Milano del 1848, partì subito e pagò il viaggio ai circa 200 napoletani che vollero seguirla, tra gli oltre 10.000 patrioti che si erano assiepati sul molo per augurarle buona fortuna.
Per qualche mese si respirò aria di libertà ma anche di discordie interne sul proseguimento della lotta. Pochi mesi dopo gli austriaci ritorneranno a Milano e lei, come molti altri, fu costretta all'esilio per salvarsi la vita. Si calcolò che almeno un terzo degli abitanti di Milano espatriò prima dell'arrivo degli austriaci.
Passato un anno, si ritrovò in prima linea nel momento dell'insurrezione romana del 1849. Le assegnarono l'organizzazione degli ospedali e lei si distinse ancora prima della famosa Florence Nightingale.
Anche a Roma la rivolta è sedata e per di più proprio con l'aiuto dei francesi tanto amati da Cristina. Sfumata anche questa speranza di libertà e tradita dal suo stesso amico Napoleone III salpò su una nave diretta a Malta. Iniziò così un viaggio che la porterà in Grecia per finire in Asia Minore, nella sperduta e desolata valle di Ciaq Maq Oglù, vicino alla odierna Ankara, Turchia.
Qui, sola con la figlia Maria e pochi altri esuli italiani, senza soldi e solo a credito, stabilì una azienda agricola. Da qui scrisse articoli e racconti delle sue peripezie orientali riuscendo così a tirar su un po' di soldi e continuare a vivere per quasi cinque anni. Nel 1855, grazie ad una amnistia riottenne i permessi dalla burocrazia austriaca e tornò finalmente a Locate.
Nel 1858 morì il suo ancora legale marito Emilio e pochi anni dopo riuscì finalmente a far legittimare sua figlia Maria. Nel 1860, dopo il matrimonio di sua figlia con il buon Ludovico Trotti Bentivoglio , inizia una vita da suocera. Ormai può lasciare la politica serenamente, perché nel 1861 si formava finalmente una Italia unita, da lei tanto desiderata.
Da questo momento visse appartata tra Milano, Locate ed il lago di Como. Acquistò una villetta a Blevio dove si trasferì con il suo fedele Budoz, il servo turco che l'aveva seguita ormai da vent'anni e Miss Parker, la governante inglese che aveva vissuto con lei fin dal viaggio del 1839 in inghilterra.
Morì nel 1871, a soli 63 anni. Aveva avuto una vita con molte peripezie e aveva sempre sofferto di varie malattie, nonché un tentativo di omicidio che le aveva lasciato diverse ferite. Fu seppellita a Locate, dove la sua tomba si trova tuttora.

▪ 1907 - Ernst Kuno Berthold Fischer (Sandewalde bei Góra, 23 luglio 1824 – Heidelberg, 5 luglio 1907) è stato un filosofo tedesco.
Una dei maggiori contributi di Fischer alla filosofia fu la distinzione tra empirismo e del razionalismo e la categorizzazione dei filosofi, in particolare quelli del XVII e XVIII secolo. John Locke, George Berkeley e David Hume furono classificati empiristi mentre René Descartes, Baruch Spinoza e Gottfried Leibniz razionalisti.
L'empirismo, sosteneva Fischer, ritiene che la conoscenza derivi dall'esperienza sensibile mentre, il razionalismo, sostiene che la conoscenza possa essere acquisita senza esperienza ma attraverso dei principi o categorie. Anche se la suddetta categorizzazione ebbe un grande successo a quei tempi, la distinzione di Fisher viene messa in questione dalla filosofia contemporanea maggiormente interessata alla chiara comprensione del pensiero e del metodo di ciascun pensatore.
Uno dei sui allievi più noti fu Wilhelm Windelband.

* 1948
- Georges Bernanos (Parigi, 20 febbraio 1888 – Neuilly-sur-Seine, 5 luglio 1948) è stato uno scrittore francese.
Georges Bernanos, nato a Parigi il 20 febbraio 1888 e morto a Neuilly-sur-Seine il 5 luglio 1948, è uno scrittore francese. È sepolto nel cimitero di famiglia di Pellevoisin, nella regione dell’Indre.
È padre dello scrittore Michel Bernanos. Si deve inoltre al figlio minore Jean-Loup Bernanos (morto nel 2003) la presenza di una biografia e di un'iconografia di riferimento riguardo a Georges Bernanos.
Il padre Emile Bernanos era un tappezziere-decoratore originario della Lorena; la madre Hermance Moreau proveniva da Pellevoisin, nella regione del Berry (Francia centrale), ed era cresciuta in una famiglia di origine contadina. Ricevette un'educazione profondamente cattolica e legata alle convinzioni monarchiche. Trascorre le vacanze a Fressin, nell'Artois. Questa regione del Nord della Francia lo segnerà profondamente nel corso di tutta la sua infanzia e adolescenza, tanto che farà da sfondo alla maggior parte dei suoi romanzi. Sconvolto dalle successive arrendevolezze di Francia e Regno Unito nei confronti della Germania di Hitler, culminanti nell'Accordo di Monaco (1938), esiliò in Brasile, da dove sarà poi uno dei primi ispiratori della Resistenza in Francia. Prima di morire scrisse un ultimo manoscritto: La Francia contro la civiltà degli automi, pubblicato nel 1947.

I primi anni
Fervente cattolico e nazionalista convinto, militò sin da giovanissimo nell'Action française e partecipò – negli anni dei suoi studi in lettere – alle attività dei “Camelots du roi”, movimento di giovani monarchici; negli anni precedenti l'inizio della Grande Guerra fu direttore del settimanale L'Avant-Garde de Normandie. Allo scoppio della I guerra mondiale, nonostante fosse già stato riformato per varie ragioni di salute, riuscì comunque a farsi arruolare volontario nel 6º Reggimento Dragoni (cavalleria) e riportò numerose ferite sul campo d'onore. Alla fine della guerra si allontanò da un'attività militante nell'Action française, a cui però si riavvicinò in seguito alla condanna del movimento da parte di Pio XI nel 1926, partecipando ad alcune delle sue attività culturali. Nel 1932 la sua collaborazione con il giornale del profumiere François Coty Le Figaro generò una violenta polemica con l'Action française, la quale culminò nella rottura definitiva con Charles Maurras.

Le prime opere
Negli anni ‘20 lavora presso una compagnia di assicurazione, ma il successo del suo primo romanzo Sotto il sole di Satana (Sous le soleil de Satan") (1926) lo spinge ad intraprendere la carriera letteraria. Nel 1917 sposa Jehanne Talbert d'Arc, lontana discendente di un fratello di Giovanna d'Arco, con cui avrà poi sei figli. La famiglia numerosa e la fragile salute della moglie rendono la situazione economica difficile e precaria. Nell'arco di soli dieci anni si concentra l'essenziale della sua produzione letteraria, nella quale Bernanos dà voce alle sue ossessioni: i peccati dell'umanità, la potenza del male e l'aiuto della Grazia divina.

Diario di un curato di campagna
Nel 1936 viene pubblicato Diario di un curato di campagna ("Journal d'un curé de campagne") : insignito del Grand prix dell'Académie Française, da esso è stato tratto il film omonimo di Robert Bresson (1950). Nel libro sono presenti e convergono/si armonizzano chiaramente due diverse sensibilità spirituali: quella del curato d'Ars e quella di Santa Teresa del Bambin Gesù, entrambi santificati da Pio XI nel 1925. Similmente a Giovanni Maria Vianney, il giovane prete protagonista del romanzo è divorato da un forte zelo apostolico, totalmente dedito alla santificazione del gregge a lui affidato. Di Teresa invece segue la via dell'”infanzia spirituale”. Anche il “Tutto è grazia” con cui il romanzo si chiude non è una frase di Bernanos, bensì della famosa Santa. È importante inoltre segnalare che per gran parte delle riflessioni che arricchiscono il romanzo Bernanos attinge al romanzo di Ernest Hello, L'uomo (L'Homme).

L'esilio
Nelle Baleari Bernanos assiste allo scoppio della guerra civile in Spagna e all'insurrezione franchista. In un primo momento appoggia il franchismo poi, rivedendo la sua posizione, pubblicherà I grandi cimiteri sotto la luna, pamphlet in cui prende pubblicamente e definitivamente le distanze dai suoi vecchi amici dell'Action française (è necessario precisare che la rottura con Maurras, avvenuta già nel 1927, era rimasta segreta fino a quel momento). In tale opera Bernanos condanna da un lato i massacri e le atrocità commesse dalla Falange prendendo a pretesto il nome del Cristo, dall'altro l'appoggio da parte di Maurras e dell'Action française di cui godevano i nazionalisti spagnoli. Le parole di Eugenio Pacelli, futuro papa Pio XII, in risposta ai cardinali vicini al fascismo che chiedevano di mettere al bando il pamphlet mettono in evidenza la scomodità e al tempo stesso il carattere di irrinunciabile denuncia di quest'opera di Bernanos: “Brucia ma illumina”.
Nel marzo del 1937 lascia la Spagna per tornare in Francia, dove rimarrà per breve tempo, poiché già l'anno successivo, il 20 luglio 1938, parte per l'America Latina. Inizialmente programma di andare in Paraguay, ma poi nell'agosto 1938 fa scalo a Rio de Janeiro, in Brasile. Qui rimarrà in esilio dal 1938 al 1945. Nell'agosto del 1940 si trasferisce a Bebacena, in una piccola casa ai piedi di una collina chiamata Cruz das almas, cioè “Croce delle anime”.
In questo periodo Bernanos mette da parte la produzione romanzesca per dedicarsi completamente a scritti di carattere fortemente politico, pubblicando diversi saggi sulla situazione politica europea e collaborando sia con i giornali di Rio de Janeiro che con i bollettini della Francia libera. In questi suoi « Essais et écrits de combat » Bernanos risente certamente dell'influenza di Charles Péguy. Durante la Seconda guerra mondiale Bernanos partecipa dunque attivamente all'attività di Resistenza e della Francia libera, scrivendo numerosi articoli nei quali dà pieno sfogo alla sua vena polemica e pamphlettista.
Nel 1941 il figlio Yves si unisce al movimento della Francia libera a Londra, mentre Michel, il figlio minore, considerato troppo giovane dal Comitato della Francia libera di Rio, partirà l'anno successivo.
Al momento del suo ritorno in Francia si rivolge al popolo brasiliano con queste parole:
«Per quanto mi riguarda, il mio cuore ha un unico, grande, profondo desiderio, che è anche il più doloroso: desidero rivedervi tutti, rivedere il vostro paese. Desidero trovare riposo in quella terra in cui ho tanto sofferto e sperato per la Francia; là desidero attendere la resurrezione, così come ho atteso la vittoria.»

La Liberazione
Dopo la Liberazione continua a condurre una vita errante (nella sua vita Bernanos si è spostato una trentina di volte). Nel 1945, su sollecitazione di Charles de Gaulle che gli propone un posto in parlamento o all'Académie française, rientra in Francia lasciando per sempre il Brasile, paese che ha profondamente amato, arrivando a considerarlo sua seconda patria.
Decide poi di trasferirsi in Tunisia, dove passerà gli ultimi anni della sua vita (per poi ritornare, gravemente malato, a Parigi; morì a Neuilly-sur-Seine) e scriverà l'adattamento teatrale del racconto della scrittrice tedesca Gertrud von Le Fort intitolato L'ultima al patibolo, la cui vicenda si rifà alla storia vera di sedici Carmelitane di Compiègne (beatificate poi da Papa Pio X nel 1906) ghigliottinate sulla piazza del Trono-Rovesciato (attualmente Place de la Nation) durante la Rivoluzione Francese.
Tale opera, intitolata Dialoghi delle Carmelitane e nella quale Bernanos introduce anche il personaggio fittizio di Blanche de la Force (traslitterazione di "von le Fort"), farà poi da libretto all'opera omonima del compositore Francis Poulenc, composta nel 1956. Padre Bruckberger ne ha condotto inoltre la realizzazione cinematografica. Tra gli altri, fondamentali sono in quest'ultima opera i temi della Grazia, della paura e del martirio sempre cari a Bernanos.

Le opere - La produzione romanzesca
Bernanos ambienta spesso i propri romanzi nei villaggi della sua regione natale, l'Artois, portandone alla luce gli aspetti più nascosti e più oscuri. La figura del prete, attorno alla quale gravitano notabili del luogo (nobili castellani e borghesi), piccoli commercianti e contadini, è molto presente nell'opera di Bernanos, anche come personaggio principale (è il caso di Diario di un curato di campagna). Il divino e il soprannaturale sono chiamati più volte in causa nei suoi romanzi, così come troviamo una profonda caratterizzazione psicologica dei personaggi, impegnati in una perenne lotta interiore tra il Bene e il Male. Tale lotta descritta da Bernanos non si trasforma però in una “diabolizzazione” dei personaggi ma piuttosto esprime, come in Mauriac, l'ansia di capire fino in fondo e al di là di ogni apparenza esteriore le profondità dell'animo umano.
Solitario e isolato nella sua denuncia – quantomeno in Francia, Bernanos si era scagliato contro i tradimenti tanto dello Stato francese che di quei cattolici e di quel clero che avevano appoggiato il franchismo con complicità criminale (I grandi cimiteri sotto la luna).
Nei saggi di Bernanos la parola « imbéciles » (imbecilli, usata al plurale) è usata molto di frequente: con quella che lui chiamava «offesa fraterna» manifestava la sua “pietà” per i “ cancri della nuova generazione realista” (i neo-sostenitori di Maurras negli anni trenta) e, più tardi, per i “detestabili e pedanti borghesi di sinistra” (i comunisti e i democratici cristiani) ma anche per tutti quelli che avevano sostituito alla forza dell'esperienza umana diretta e concreta la propaganda dei media e la poca capacità di coraggio personale. Sul piano formale il suo stile non può dirsi “parlato”, nonostante egli si rivolga spesso ad un lettore immaginario: la lettura della sua opera, sicuramente ricca e appassionante – e ciò che scrive sul Brasile o su Hitler non può lasciare indifferenti – necessita però di una buona conoscenza della storia di Francia.
Per quanto riguarda l'atteggiamento di Bernanos nei confronti dell'antisemitismo, è necessario non limitarsi alla lettura dei pochi scritti da lui pubblicati negli anni trenta nel libro La grande paura dei benpensanti, che possono lasciare non poco contraddetti, ma leggere anche i testi apparsi subito prima dell'inizio della guerra o durante la guerra, nei quali egli denuncia le compagne antisemite in Francia, lo sterminio degli ebrei, l'omicidio di Georges Mandel, ecc…: attraverso questi scritti si può capire meglio l'evoluzione di Bernanos riguardo a tale questione. È significativo ad esempio un suo articolo del maggio 1944, nel quale si può leggere la frase seguente: “antisemitismo: considero questa parola sempre più ripugnante. Hitler l'ha disonorata per sempre”. Come si può vedere, in questo testo Bernanos, diversamente dalle più svariate interpretazioni che ne sono state donate, si riferisce alla parola “antisemita” e non al fatto in sé. Sempre riguardo all'antisemitismo, Elie Wiesel, in un'intervista apparsa nel 1987 sulla rivista Nouvelles Cités, riassumeva il percorso di Bernanos, descrivendolo come colui che si era “a poco a poco avvicinato agli ebrei” e che “ha avuto il coraggio di opporsi al fascismo, di denunciare l'antisemitismo e di dire quello che ha detto e scritto sulla bellezza e sull'onore dell'essere ebrei”.
In seguito poi alle accuse di antisemitismo mosse dall'editore Jean-Paul Enthoven nei confronti di Bernanos, il giornalista di Libération, Philippe Lançon, scrive un articolo intitolato “Bernanos e i benpensanti”, nel quale accusa quelli che, come Enthoven, lui definisce “cacciatori mondani di antisemiti”.

Elenco degli scritti
▪ Sotto il sole di Satana, 1926
▪ Diario di un curato di campagna, 1936
▪ Un delitto
▪ Dialoghi delle carmelitane
▪ Rivoluzione e libertà
▪ Il signor Ouine
▪ Pensieri, parole, profezie
▪ I grandi cimiteri sotto la luna
▪ L'impostura
▪ Quasi una vita di Gesù

▪ 1950 - Salvatore Giuliano (Montelepre, 16 novembre 1922 – Castelvetrano, 5 luglio 1950) è stato un bandito siciliano, capo di un gruppo di separatisti indipendentisti attivo principalmente a partire dalla fine della seconda guerra mondiale.

Il padre, suo omonimo, costretto ad emigrare negli Stati Uniti, a più riprese riuscì a comprare diversi pezzi di terra nei dintorni del paese. Infine rimpatriò per occuparsi della loro coltivazione.
Il giovane Salvatore, finite le elementari, andò ad aiutare il padre. In verità avrebbe preferito il commercio, ma non si sottraeva al suo dovere anzi trovava il tempo per continuare gli studi. Spesso finito il lavoro, andava dal prete del paese o da un suo ex insegnante.
Fu una figura molto controversa: di umili origini, la sua latitanza inizia nel 1943 quando, fermato ad un posto di blocco mentre trasporta due sacchi di frumento (80 kg) caricati su un cavallo, gli vengono sequestrati cavallo e frumento e, lasciato solo, tenta di allontanarsi, ma i militari gli sparano sei colpi di moschetto. Due proiettili lo colpiscono al fianco destro. Un militare gli si avvicina per dargli il colpo di grazia. Salvatore Giuliano reagisce uccidendo il giovane carabiniere con un colpo di pistola, e si dà alla macchia.
Dal 1945 le sue imprese furono anche di natura politica di ispirazione separatistica grazie ai contatti inizialmente con il Movimento Indipendentista Siciliano (MIS), entrando, poi, spinto da esponenti dell'intelligence U.S.A. nell'E.V.I.S. (Esercito Volontario per la Indipendenza Siciliana) il cui maggiore esponente era l'avv. Antonio Canepa ucciso il 17 giugno 1945 in uno scontro con i Carabinieri a Randazzo. Fu Concetto Gallo a portare Giuliano nell'EVIS, che vi ebbe il grado di colonnello. L'E.V.I.S. operò contro l'esercito italiano nel biennio 1945-46.
Il M.I.S. decise di entrare nella legalità e di partecipare alle elezioni per il parlamento nazionale dopo, però, avere avute le garanzie del riconoscimento dello Statuto Speciale Siciliano conferito da Re Umberto II alla Sicilia nel 1945, ben 17 giorni prima del referendum che trasformerà l'Italia in Repubblica e che divenne parte integrante della Costituzione Italiana (legge costituzionale n° 2 del 26/02/1948). Giuliano non accettò l'accordo e continuò la lotta con la sua banda. Le imprese di Giuliano, da allora, furono trasmesse all'opinione pubblica come veri e propri atti di criminalità comune, di "brigantaggio". Molti membri delle forze dell'ordine caddero in agguati ed imboscate.
Fu accusato della strage di Portella della Ginestra del 1947, presso Piana degli Albanesi (PA), contro duemila lavoratori, in prevalenza contadini, riunitisi per manifestare contro il latifondismo ed a favore dell'occupazione delle terre incolte, oltre che per festeggiare la vittoria del Blocco del Popolo nelle recenti elezioni per l'Assemblea Regionale Siciliana, svoltesi il 20 aprile di quell'anno e nelle quali la coalizione PSI - PCI aveva conquistato 29 rappresentanti (con il 29% circa dei voti) contro i soli 21 della DC (crollata al 20% circa).
La strage era in programma, da circa un anno prima, nel caso in cui le sinistre avessero avuto la maggioranza. Il temuto sorpasso avvenne con 29 seggi alle sinistre e 24 alla DC. Lo scopo dell'azione era il monito della DC e dell'America che mandò degli agenti della CIA, muniti di lancia granate, a lanciare sulla folla le "armi speciali".
Dopo questa ed altre "imprese", Giuliano divenne personaggio scomodo, probabilmente anche per coloro che lo avevano utilizzato e protetto (ipotesi suffragate dagli studi di Giuseppe Casarrubea, Nicola Tranfaglia e Aldo Giannuli che sono state presentate anche in trasmissioni televisive sull'argomento) non escludendo che a sparare non siano stati solo gli uomini di Giuliano. Infatti perizie balistiche ed analisi di proiettili e schegge di granate conficcati ancora nel corpo dei sopravvissuti portano alla conclusione che furono usate anche armi non in dotazione agli uomini di Giuliano.
La desecretazione di documenti riservati sui quali Nicola Tranfaglia ha scritto il libro Come nasce la Repubblica?, considerato un caposaldo per gli storici che si occupano dell'argomento, avrebbe dimostrato un coinvolgimento di uomini appartenenti ai reparti del battaglione Vega della Decima Mas nelle vicende siciliane. L'uso stesso di lanciagranate conforterebbe tale ipotesi proprio perché i lanciagranate non erano in dotazione al gruppo Giuliano ma erano molto usati dagli uomini della Decima Mas. È risaputo che Junio Valerio Borghese divenne dopo la fine della seconda guerra mondiale un agente americano, nella pratica, come tantissimi ex criminali di guerra nazifascisti, e sempre secondo gli studi ed i documenti presentati da Nicola Tranfaglia è realistico che i servizi segreti USA usassero anche gruppi neofascisti per arginare il periodo di forti tensioni sociali nell'isola in chiave anti social-comunista. L'ipotesi è suffragata dal fatto che con la vicenda siciliana è pure entrato in contatto il principe Valerio Pignatelli uno degli organizzatori di gruppi neofascisti a livello nazionale dopo la seconda guerra mondiale che fra l'altro ebbe stretti contatti con Nando di Nardo, altro noto riorganizzattore di gruppi neofascisti nel periodo e dopo.
Operò ancora per alcuni anni in contesti sempre più ristretti, prima di essere trovato ucciso nel cortile dell'avvocato De Maria in via Mannone a Castelvetrano (TP) il 5 luglio 1950, dove era andato attratto dal luogotenente Gaspare Pisciotta che avrebbe dovuto farlo imbarcare su un sommergibile USA per farlo riparare negli Stati Uniti. Dell'omicidio venne accusato Gaspare Pisciotta, che fu poi avvelenato nel carcere dell'Ucciardone, con un caffè alla stricnina, prima di rendere la sua testimonianza sulla strage di Portella della Ginestra al procuratore Pietro Scaglione (che verrà assassinato dalla Mafia nel 1971).
Gaspare Pisciotta sosteneva di aver raggiunto un accordo con il colonnello Ugo Luca, comandante delle forze antibanditismo in Sicilia, di collaborare e uccidere Giuliano, a condizione che non fosse condannato e che Luca sarebbe intervenuto in suo favore qualora fosse stato arrestato. Il colonnello Luca sarebbe stato autorizzato a accettare tale accordo dal Ministro dell'Interno Mario Scelba.
Al processo per il massacro di Portella della Ginestra, Pisciotta dichiaro': "Coloro che ci avevano fatto le promesse si chiamavano così: il deputato DC Bernardo Mattarella, il principe Alliata, l'onorevole monarchico Marchesano e anche il signor Scelba… Furono Marchesano, il principe Alliata, l'onorevole Mattarella a ordinare la strage di Portella della Ginestra... Prima del massacro incontrarono Giuliano..." [4]. Ciononostante Mattarella, Alliata e Marchesano, in un processo sul loro supposto ruolo nell' evento, furono dichiarati innocenti dalla Corte di Appello di Palermo. Durante il processo Pisciotta non pote' confermare le accuse presenti nella documentazione di Giuliano nella quale questi nominava il Governo Italiano, gli alti ufficiali dei Carabinieri e i mafiosi coinvolti nella sua banda.
Sulla morte di Giuliano esistono almeno cinque differenti versioni ed il segreto di stato fino al 2016. Alcuni addirittura sostengono che il Giuliano morto in Sicilia fosse in realtà un suo fratello, e che il vero Salvatore divenne latitante e fu ucciso solo alcuni anni più tardi, in un bar di Napoli, con un caffè al cianuro.
«L'attestato di benemerenza rilasciato al separatista Gaspare Pisciotta a firma del ministro Mario Scelba
Il nominato Gaspare Pisciotta di Salvatore e di Lombardo Rosalia, nato a Montelepre il 5 marzo 1924, raffigurato nella fotografia in calce al presente, si sta attivamente adoperando - come da formale assicurazione fornitami nel mio ufficio in data 24 giugno c. dal colonnello Luca - per restituire alla zona di Montelepre e comuni vicini la tranquillità e la concordia, cooperando per il totale ripristino della legge. Assicuro e garantisco fin d'ora che la sua preziosa ed apprezzata opera sarà tenuta nella massima considerazione anche per l'avvenire e verrà da me segnalata alla competente Autorità Giudiziaria perché - anche sulla base delle giustificazioni e dei chiarimenti che egli fornirà - voglia riesaminare quanto gli è stato addebitato, vagliando attentamente e minuziosamente tutte le circostanze dei vari episodi, al fine che nulla sia trascurato per porre in chiara luce ogni elemento a lui favorevole. Il Col. Luca, unico mio fiduciario, raccoglierà intanto ogni dato utile al riesame della sua posizione, tenendomi informato dei risultati conseguiti. Il Ministro Mario Scelba.»

▪ 2007 - Eros Macchi (Milano, 2 agosto 1920 – Rocca di Papa, 5 luglio 2007) è stato un regista italiano.
Insieme a Daniele D'Anza, Mario Landi, Franco Enriquez, Piero Turchetti e Guglielmo Morandi è stato tra i primi registi della televisione italiana.
Dopo essersi dedicato alla cinematografia (dal 1949) con una serie di documentari, è passato alla televisione realizzando nel periodo delle trasmissioni sperimentali il rotocalco d'informazione Avvenimenti d'oggi: ha inoltre curato la rubrica di musica leggera Orchestra delle 15, presentata da Febo Conti e andata in onda il giorno dell'inizio ufficiale delle trasmissioni (3 gennaio 1954).
Si è cimentato in tutti i generi televisivi, dimostrando grandi capacità inventive. Fin dal 1955, con Via delle sette note e Un due tre si è accostato al varietà: ha firmato diverse edizioni di Canzonissima ('61, '71, '74), dal 1963 al 1966 i varietà serali di cui era protagonista Dorelli, Johnny 7 e Johnny sera, Adriano Clan (1964), il gioco a premi condotto da Corrado Su e giù (1968), Doppia coppia (1969) con Alighiero Noschese e Bice Valori, Signore e signora (1970) con l'"amore litigarello" di Delia Scala e Lando Buzzanca, Formula due (1973), in cui ha tenuto a battesimo Loretta Goggi come soubrette; e ancora, Settimo anno (1978), Luna Park (1979), Zim Zum Zam (1981), Le regine (1982), Io a modo mio (1985), sorta di riedizione del Mattatore costruita sulle performance di Gigi Proietti.
Per Rete 4 (nel periodo in cui l'emittente era controllata da Mondadori) ha curato la regia di Un milione al secondo, game show condotto da Pippo Baudo.
Nella fiction, dopo alcuni polizieschi - L'arma del delitto (1958), Sospetto (1959) - si è distinto per la messa in scena di importanti testi della letteratura mondiale: se si eccettua la versione un po' edulcorata di Tom Jones (1960), si è trattato sempre di trasposizioni rigorose che rendevano pienamente la forza comunicativa delle opere da cui erano tratte.
Tra le prove migliori: La tua mano (1962) da Tennessee Williams, La luna è tramontata (1962) da Steinbeck, La bella addormentata (1963) da Charles Perrault, Erano tutti figli miei (1965) da Arthur Miller, È mezzanotte dottor Schweitzer (1966) da Cesbron, Candida (1969) da Shaw.
Ha affrontato anche testi meno impegnativi, come Invito a pranzo e Sheila si sposa (1958), Capitano tutte a me (1960), Tutto da rifare pover'uomo (1961), La volpe fortunata (1963), Le buffa solitudini (1976), La superspia (1977).

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