Il calendario del 4 Marzo

Fonte:
CulturaCattolica.it
Vai a "Giorno per giorno"

Eventi

▪ 303 o 304 - Martirio di sant'Adriano di Nicomedia

▪ 1152 - Federico I Barbarossa viene eletto re dei tedeschi

▪ 1665 - Inizia la Seconda guerra Anglo-Olandese

▪ 1681 - Carlo II d'Inghilterra assegna una concessione a William Penn per l'area che diverrà in seguito la Pennsylvania

▪ 1789 - A New York si riunisce il primo Congresso degli Stati Uniti e dichiara l'entrata in vigore della Costituzione

▪ 1790 - La Francia viene divisa in 83 dipartimenti, che frammentano le vecchie province, nel tentativo di rimpiazzare le vecchie lealtà basate sulla proprietà della terra da parte della nobiltà

▪ 1848 - Carlo Alberto emana lo Statuto Albertino

▪ 1861 - Gli Stati Confederati d'America adottano la Stars and Bars o "Prima Bandiera Nazionale" come loro bandiera

▪ 1865 - Gli Stati Confederati d'America adottano la "Terza Bandiera Nazionale" come loro bandiera

▪ 1871 - In Valtellina viene fondata la Banca Popolare di Sondrio

▪ 1877 - Emile Berliner inventa il microfono

▪ 1904 - Guerra russo-giapponese: le truppe russe in Corea si ritirano verso la Manciuria inseguite da 100.000 soldati giapponesi

▪ 1917 - Jeannette Rankin del Montana diventa la prima donna a far parte della Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti

▪ 1947 - Eseguita l'ultima esecuzione in Italia. I nomi dei condannati erano: Francesco La Barbera, Giovanni Puleo, Giovanni D’Ignoti

▪ 1963 - A Parigi sei persone sono condannate a morte per il tentato assassinio del presidente Charles de Gaulle

▪ 1966 - John Lennon pronuncia la celebre frase: "I Beatles sono più famosi di Gesù"

▪ 1975 - Charlie Chaplin viene nominato cavaliere dalla regina Elisabetta II del Regno Unito

▪ 1977 - Un terremoto in Romania provoca più di 1.500 vittime

▪ 1979 - Papa Giovanni Paolo II pubblica la lettera enciclica Redemptor Hominis, «ai venerati fratelli nell'episcopato, ai sacerdoti e alle famiglie religiose, ai figli e figlie della Chiesa e a tutti gli uomini di buona volontà all'inizio del suo ministero pontificale»

▪ 1989 - Time, Inc. e Warner Communications annunciano i piani di fusione della Time Warner

▪ 1991 - L'esercito USA distrugge un bunker iracheno dove sono custodite 7 tonnellate di gas nervino

▪ 1993 - Le autorità statunitensi annunciano l'arresto di Mohammad Salameh, cospiratore dell'Attentato al World Trade Center

▪ 1994 - Quattro terroristi vengono condannati per il loro ruolo nell'Attentato al World Trade Center che provocò sei morti e più di mille feriti

▪ 1995 - Il Summit Mondiale sullo Sviluppo Sociale si apre a Copenaghen

▪ 1997 - Il presidente statunitense Bill Clinton vieta le sovvenzioni federali per qualsiasi ricerca sulla clonazione umana

▪ 1998 - La Corte Suprema degli Stati Uniti stabilisce che le leggi federali che sanzionano le molestie sessuali sul luogo di lavoro sono valide anche quando entrambe le parti in causa sono dello stesso sesso

▪ 1999 - Il Capitano Richard Ashby dei Marines viene assolto dall'accusa di aver causato la morte di 20 sciatori sul Cermis, recidendo il cavo di una funivia col suo aereo

▪ 2004 - La FIFA svela la sua lista dei 100 più grandi calciatori viventi (altrimenti nota come FIFA 100)

▪ 2005 - Muore Nicola Calipari, funzionario del Sismi, mentre tentava di riportare in Italia la giornalista Giuliana Sgrena

Anniversari

▪ 1799 - Károly Esterházy (o Eszterházy: vi è oscillazione nella grafia, dipendente dal luogo, dalla lingua usata e dall'epoca) (Bratislava, 4 maggio 1725 – Eger, 4 marzo 1799) è stato un vescovo cattolico ungherese.
A Vác diede il via ai lavori di costruzione della nuova basilica cattedrale (ma sarà il successore (e predecessore) Cristoforo Migazzi a realizzare l'opera in stile neoclassico con un nuovo progetto).
Nella città di Eger lasciò un segno profondo, riorganizzando l'assetto urbano, facendo costruire l'imponente edificio del così detto Lyceum (che dotò di una fornitissima biblioteca ed un moderno osservatorio astronomico, così da poter ospitare - almeno nei piani di Esterhazy - un centro universitario per tutta l'Ungheria orientale). Il 5 novembre 1769 riuscì ad aprire la prima accademia medica del paese danubiano. A tutta questa sua attività si deve l'elevazione di Eger al rango di sede arcivescovile. Durante gli anni trascorsi a Eger, non si dimenticò però della cittadina di Pápa, della quale era anche signore. Qui fece erigere un ospedale e una delle più importanti chiese del paese, decorate dal grande pittore danubiano Franz Anton Maulbertsch usando come modelli varie opere classiche italiane (soprattutto rinascimentali e barocche). Tra il 1759 ed il 1799 fu anche signore di Devecser, dove fece ricostruire il locale palazzo signorile in stile barocco.
Alla sua attività di promotore delle arti si deve anche la costruzione delle chiese di Bakonyszentiván, Bakonyszücs, Balatonarács, Béb, Csót, Devecser, Fenyőfő, Hidegkút, Pápanyőgér, Pápateszér, Ugod e Kővágóörs.
In Italia, ed in particolare a Roma (dove aveva studiato), ebbe sempre molti estimatori, amici e corrispondenti, ai quali amava mandare bottiglie del pregiatissimo vino Tokaj. A Roma aveva un suo "agente" personale, al quale commissinava opere d'arte in continuazione. Su richiesta di amici, Esterhazy intervenne a Roma finanziando anche opere di restauro (per esempio nella chiesa del Gesù).
Uomo di grande cultura, legato ad una visione controriformista della chiesa cattolica, ebbe a scontrarsi duramente con l'imperatore Giuseppe II, che voleva concedere alcune libertà anche ai protestanti.
Alla sua memoria è stato intitolato l'istituto superiore di pedagogia della città Eszterházy Károly Főiskola di Eger, che ha sede nel Lyceum fatto costruire dallo stesso Károly nel XVIII secolo.

▪ 1832 - Jean François Champollion detto Champollion il Giovane (Figeac, 23 dicembre 1790 – Parigi, 4 marzo 1832) è stato un archeologo ed egittologo francese.
Decifratore dei geroglifici con la traduzione della stele di Rosetta, è considerato il padre dell'Egittologia.
Diceva di sé stesso: "Sono tutto dell'Egitto e l'Egitto è tutto per me".

Nacque a Figeac, nel dipartimento di Lot in Francia, figlio del libraio Jaques Champollion (1744-1821) e di Jeanne-Françoise Gualieu (1744 - 1807) e ultimo di sette fratelli, nel pieno della rivoluzione francese(la repubblica venne proclamata a Figeac nel settembre del 1792).
All'età di soli cinque anni riuscì ad associare la scrittura stampata alle parole apprese grazie ad una quanto mai duttile memoria, imparando così a leggere da solo. Allievo fuori del comune, studiò prima a Figeac e poi a Grenoble il latino, il greco e l'ebraico, ma anche l'arabo e l'aramaico, con l'aiuto del fratello maggiore, Jean Jacques Champollion (detto Champollion Figeac, 1778-1867), che gli procurava i testi.
A 17 anni lesse la prefazione del suo L'Egitto sotto i Faraoni dinanzi all'Accademia di Grenoble, sostenendo che il copto derivi dall'antica lingua egiziana, con il risultato di essere eletto all'unanimità membro dell'Accademia stessa. Continua i suoi studi fino ad avere una completa conoscenza del copto, tale da comporre in questa lingua.
Si trasferì poco tempo dopo a Parigi per frequentare dei corsi di lingue presso l'École spéciale des langues orientales ("Scuola speciale delle lingue orientali", fondata nel 1795, oggi Institut National des Langues et Civilisations Orientales).
All'età di venti anni era perfettamente padrone di molte lingue, tra cui il latino, il greco, l'ebraico, il sanscrito, l'arabo, il siriaco, il caldeo, il persiano, il cinese ed altre, oltre alla sua lingua madre.
Il 10 luglio del 1809 fu nominato professore di Storia a Grenoble e nel 1810 uscirono le sue prime pubblicazioni: riaffermava l'origine comune delle tre scritture conosciute, geroglifica, Scrittura ieratica e demotica, e trattava del carattere non solo simbolico ma anche fonetico dei geroglifici. Continuò inoltre lo studio della lingua copta, della quale compose le grammatiche dei due principali dialetti e un dizionario. In quest'epoca scrisse al fratello:
"Mi dedico interamente al copto. Voglio sapere l'egiziano come il mio francese, poiché sono certo che su questa lingua sarà basato il mio grande lavoro sui papiri egiziani" .
Incontrò casualmente Napoleone Bonaparte (suo fratello Jacques ne era un sostenitore) mentre questi passava da Grenoble nella sua ascesa verso Parigi ed ebbe l'occasione di parlare con lui dei propri studi, affascinandolo.
Nel 1818 sposò a Grenoble Rosine Blanc, che gli darà nel 1824 l'unica figlia, Zoraide.
Il 27 agosto del 1821 presentò all'Académie des inscriptions et belles-lettres ("Accademia delle iscrizioni e belle lettere") di Parigi la tavola di corrispondenza tra i segni della scrittura ieratica e geroglifica e della scrittura demotica che derivano dai primi.
Champollion sperimentò il sistema elaborato sui cartigli con i nomi degli antichi faraoni ricopiati dai monumenti di Abu Simbel, identificando i nomi di Ramses e Thutmose. Nel 1823 insieme all'amico Jean Joseph Dubois iniziò la pubblicazione del "Pantheon egiziano" in 15 volumi completati nel 1831).
Nel 1824 uscì infine il "Resoconto del sistema geroglifico degli antichi Egizi" aprendo le porte all'egittologia scientifica.
Nel libro riferiva dell'insieme delle sue ricerche sui nomi degli dei e dei re egiziani, esponendo l'organizzazione di insieme della scrittura in segni fonetici ed ideografici. I segni fonetici sono i 25 segni che indicano una consonante, il primo vero alfabeto della storia dell'umanità, a cui si aggiungono i segni per i gruppi di due o tre consonanti. I segni ideografici designano direttamente l'oggetto o sono determinativi per distinguere parole formate dalle stesse consonanti ma di diverso significato.
Nel 1826 fu nominato direttore della sezione egiziana del Museo del Louvre e si occupò della classificazione degli oggetti riportati in Francia dalla spedizione di Napoleone in Egitto.
Tra il 1828 e il 1830 coronò il suo sogno partecipando ad una missione scientifica franco-italiana in Egitto, insieme a Ippolito Rosellini, da cui riportò un'enorme massa di note, traduzioni, testi e materiali. Al ritorno venne eletto membro dell'Accademia delle Iscrizioni e delle Belle Lettere (Académie des inscriptions et belles-lettres) e ottenne la cattedra di Antichità egiziane al Collegio di Francia (Collège de France).
Morì a Parigi il 4 marzo del 1832, a soli 41 anni, e fu seppellito nel cimitero del Père Lachaise. Il suo nome fu dato ad un liceo di Grenoble.
In onore di Champollion è stato battezzato, in età moderna, il cratere Champollion, sulla superficie della Luna.

▪ 1861 - Ippolito Nievo (Padova, 30 novembre 1831 – mar Tirreno, 4 marzo 1861) è stato uno scrittore e patriota italiano dell'Ottocento.
Ippolito Nievo nasce a Padova, primogenito di Antonio, un magistrato della piccola nobiltà mantovana, e di Adele Marin, figlia della contessa friulana Ippolita di Colloredo e del patrizio veneziano Carlo Marin, intendente di finanza a Verona. I Marin sono titolari del feudo di Monte Albano, dove sorge il castello di Colloredo, a mezza strada tra Tricesimo e San Daniele, luoghi frequentati nell'infanzia da Ippolito quando, nel 1837, il padre viene trasferito da Soave nella pretura di Udine.
Nel 1841 Ippolito viene iscritto nel collegio del seminario di Sant'Anastasia di Verona come convittore interno poi, non sopportandone la disciplina, dal 1843 vi frequenta il Ginnasio come esterno. La sua solitudine è alleviata dalle visite del nonno Carlo, uomo colto, amico del Pindemonte e amante della letteratura, che diviene, per la lontananza dei genitori, la figura di riferimento e al quale dedica il quaderno dei suoi Poetici componimenti fatti l’anno 1846-1847, semplici poesie scolastiche in stile classicista. Nel 1847 il padre viene trasferito alla pretura di Sabbioneta e Ippolito torna nella famiglia che ha preso domicilio nella vicina Mantova, città dove è andato a stabilirsi, a trascorrervi gli anni della pensione, anche il nonno Carlo Marin.
Qui prosegue gli studi liceali, compagno di Attilio Magri (1830-1898) il quale, innamorato di Orsola Ferrari, ne frequenta la casa e vi introduce anche Ippolito, che vi conosce la sorella maggiore, Matilde (1830-1868), il suo primo amore.
Nel 1848 il giovane Ippolito, affascinato dal programma democratico di Mazzini e Cattaneo, partecipa alla fallita insurrezione di Mantova. Prudentemente, continua a Cremona gli studi con l'amico Attilio Magri e, l'anno dopo, la famiglia ritiene opportuno che si allontani per qualche tempo dalla Lombardia e si trasferisce in Toscana, prima a Firenze e poi a Pisa. Qui entra in contatto con gli esponenti del partito democratico di Guerrazzi: anche la Toscana è scossa dai moti risorgimentale e forse Ippolito partecipa a Livorno al moto del 10 maggio 1849 contro gli Austriaci, intervenuti per favorire il ritorno del granduca Leopoldo fuggito quattro mesi prima da Firenze.
Ritornato in settembre a Mantova, va a continuare gli studi a Cremona, dove nell'agosto del 1850 consegue la licenza liceale. In autunno si iscrive alla Facoltà di Legge dell'Università di Pavia e mantiene continui rapporti epistolari con Matilde Ferrari: le 69 lettere scritte dal 1850 ai primi del 1851, più che essere una sincera e spontanea comunicazione di un innamorato lontano, appaiono dettate da un'intima necessità di espressione lirica e scritte con lo sguardo rivolto a canoni letterari, finendo così per interessare «soprattutto per il modo in cui la materia sentimentale, sollevata talora a toni di enfasi appassionata, si atteggia in formule di chiara matrice letteraria, fin quasi a definirsi in un’autonoma sequenza di romanzo epistolare, aperta alle suggestioni che provenivano dai consacrati modelli del genere, dall’Ortis di Foscolo e dalla Nouvelle Heloïse di Rousseau».
Ai primi del 1851, la relazione s'interrompe e contro di lei scrive un breve romanzo, Antiafrodisiaco per l'amor platonico, lasciato manoscritto e pubblicato per la prima volta nel 1956. Inutile dire che Matilde - Morosina nel romanzo - non è più l'«anima pura», né lo «specchio delle immagini più caste, dei pensieri più angelici e soavi» delle lettere, ma una scipita ragazza che rideva molto e parlava poco «perché è molto più facile colle labbra far delle smorfie, che dei bei discorsi», un'ipocrita che «nascondeva sotto le spoglie del vergine affetto quei codardi istinti, che il Tartufo di Moliere nascondeva sotto la tonaca del gesuita», mentre naturalmente Ippolito è l'ingenuo ragazzo che si è lasciato «minchionare da buonissimo diavolo, battezzando per amore celestiale e divino, una voglia e un prurito irresistibile di marito».
La conclusione è di prendere «l'amore senza astrazione», senza preoccuparsi dei possibili «inconvenienti alla simmetria della fronte»: vi è tuttavia nel romanzo una freschezza e una disinvoltura d'invenzione nelle digressioni frequenti della vicenda che ricordano un poco lo Sterne, e vi traspare l'interesse ai personaggi minori disegnati «con un gusto felicemente caricaturale che sembra preludere ai più maturi esiti della ritrattistica neviana».

L'inizio dell'attività letteraria: i «Versi»
Il romanzo risente di un impianto teatrale: non è pertanto casuale che in quello stesso anno Ippolito scriva anche la commedia Emanuele dedicata all’amico e compagno di studi Emanuele Ottolenghi, che non sarà mai rappresentata, e nel gennaio del 1852 inizia un'attività di pubblicista nel quotidiano bresciano «La Sferza». Alla fine dell'anno si iscrive all'Università di Padova, riaperta dal governo austriaco dopo le agitazioni liberali e, andando spesso in Friuli, collabora con la rivista «L'Alchimista Friulano», dove pubblica anche poesie che, raccolte in volume, vengono pubblicate nel 1854 dall'editore Vendrame di Udine: una seconda raccolta viene pubblicata l'anno dopo. Questi Versi, che rimangono ignorati dal pubblico, sono scritti a imitazione del Giusti, dal quale riprende metrica e linguaggio transitante dal popolare al letterario, e si rivolgono contro l'accademia classicista e le svenevolezze romantiche, critiche apprezzate nella recensione del «Il Crepuscolo», la rivista di un critico importante come Carlo Tenca
Ma se con il primo volume dei versi Nievo voleva presentare un impegno civile diretto e popolare e rifiutare motivi arcadici e lirici, nel secondo volume pubblicato l’anno successivo egli conserva bensì i motivi della partecipazione civile ma affinati da un tono più raccolto e meditato e nobilitati da richiami a poeti della tempra di Dante, di Parini, di Foscolo e di Leopardi.

La poetica: gli «Studii sulla poesia popolare e civile»
In aprile viene rappresentato senza successo il suo dramma Gli ultimi anni di Galileo Galilei e poi il saggio Studii sulla poesia popolare e civile massimamente in Italia che era precedentemente uscito in sei puntate su "L'Alchimista Friulano" dal 9 luglio al 15 agosto 1854.
Nel saggio, che risulta quasi una messa a punto della sua polemica contro l'attuale letteratura, il Nievo tracciava un ampio panorama storico che dalle origini delle letterature romanze arrivava fino ai tempi presenti. Quello che egli cercava nella letteratura romantica era una letteratura nuova che, partendo dal rispetto della tradizione e rifacendosi a Dante, risalisse lungo i secoli per attingere dall'insegnamento virile di Alfieri e di Parini, in parte di Foscolo fino a Manzoni.
Il saggio si concludeva con un elogio al Giusti del quale egli lodava non solo i valori morali che la sua poesia aveva espresso, ma anche la lingua vigorosa e parlata.
Nel 1855, deluso dalla situazione politica italiana, lo scrittore si ritira a Colloredo di Montalbano e si dedica attivamente alla produzione letteraria delineando nella mente quello che sarà il suo capolavoro, Le confessioni d'un Italiano.
Continua intanto la sua attività di pubblicista e si avvicina al giornalismo militante milanese collaborando al settimanale "Il Caffè".

Il soggiorno a Milano
Nel 1856, a causa di un racconto intitolato "L'Avvocatino" pubblicato sul foglio milanese "Il Panorama universale", viene accusato di vilipendio nei confronti delle guardie imperiali austriache e subisce un processo.
 Sarà questa l'occasione per trascorrere lunghi periodi a Milano dove avrà modo di partecipare agli stimolanti dibattiti letterari e politici che si svolgevano e di apprezzare il vivace clima culturale di quella città.

La stesura del romanzo
Tra il 1857 e il 1858 Nievo, ritornato a Colloredo, si dedica intensamente, alla stesura del suo grande romanzo, "Le confessioni d'un italiano", che verrà pubblicato postumo nel 1867 dall'editore Le Monnier con il titolo rivisto "Le confessioni di un ottuagenario".
Gli eventi del 1859 e del 1860 rendono più intensa la sua attività giornalistica e ne sollecitano i primi due saggi politici, l'opuscolo "Venezia e la libertà d'Italia" ispirato dalla mancata liberazione della città, e il "Frammento sulla rivoluzione nazionale".

Al servizio di Garibaldi
Nel 1859 è tra i Cacciatori delle Alpi di Garibaldi e l'anno seguente partecipa alla Spedizione dei Mille. Unendosi alle truppe garibaldine il 5 maggio del 1860 salpa da Quarto a bordo del Lombardo insieme a Nino Bixio e Cesare Abba.
Distintosi a Calatafimi e a Palermo gli viene affidata la nomina di "Intendente di prima classe" dell'impresa dei Mille con incarichi amministrativi e ne sarà anche attento cronista ("Diario della spedizione dal 5 al 28 maggio" e "Lettere garibaldine").

Il naufragio e la morte
Avendo ricevuto l'incarico di riportare da Palermo i documenti amministrativi della spedizione, trova la morte durante il viaggio di ritorno dalla Sicilia, nella notte tra il 4 e il 5 marzo 1861, nel naufragio avvenuto al largo della costa sorrentina in vista del golfo di Napoli del vapore Ercole sul quale viaggiava.

▪ 1946 - Daniel Dajani (Blinisht, 2 dicembre 1906 – Scutari, 4 marzo 1946) è stato un gesuita albanese.
L'8 luglio 1926 entrò come novizio presso i gesuiti a Gorizia, da lì passò poi nel periodo 1931-1933 a Chieri dove compì gli studi di filosofia. Docente al seminario di Scutari nel 1934-1935, ritornò a Chieri nel 1937-1939 a studiare teologia e il 15 luglio 1938 fu ordinato sacerdote; infine nel 1940 tornò a Scutari come insegnante.
Dopo il ritiro dei tedeschi dal territorio albanese, nel 1944, la situazione per il clero cattolico cominciò a farsi difficile a causa dell'atteggiamento ostile dei partigiani comunisti di Enver Hoxha.
Dajani fu nominato rettore del Seminario Pontificio nel settembre 1945, ma il 31 dicembre 1945 fu arrestato, insieme a Giovanni Fausti, vice provinciale dei gesuiti in Albania. Furono entrambi processati come traditori e spie del Vaticano, condannati a morte il 22 febbraio 1946 e fucilati il 4 marzo 1946 dietro il cimitero cattolico di Scutari. Il 10 novembre 2002 la Chiesa cattolica li ha inclusi nel processo di beatificazione di quaranta martiri albanesi.

▪ 2005 - Nicola Calipari (Reggio Calabria, 23 giugno 1953 – Baghdad, 4 marzo 2005) è stato un agente segreto italiano ucciso da soldati statunitensi in Iraq, nelle fasi immediatamente successive alla liberazione della giornalista de il manifesto Giuliana Sgrena.
Calipari operava in Iraq con il grado di capo dipartimento del Servizio per le Informazioni e la Sicurezza Militare (SISMI): di fatto si trattava del numero due (secondo solo al Direttore Generale) nell'ambito del Servizio segreto e del numero uno per le operazioni estere. A seguito delle circostanze della sua morte, a Nicola Calipari è stata conferita motu proprio il 22 marzo 2005 dal Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, la medaglia d'oro al valor militare alla memoria.
La sua morte ha causato attriti diplomatici fra Italia e Stati Uniti d'America (tanto che molti hanno subito richiamato la strage del Cermis, che pure portò ad attriti tra i due paesi), e la magistratura italiana ha aperto un'inchiesta sulla vicenda, incriminando il soldato USA Mario Lozano per l'omicidio consumato ai danni di Calipari e il tentato omicidio di Giuliana Sgrena e dell'autista, Andrea Carpani, un maggiore dei Carabinieri in forza al SISMI, del mezzo sul quale l'alto funzionario viaggiava quando venne ucciso, entrambi rimasti feriti.
Nicola Calipari entrò a far parte degli scout nel reparto «Aspromonte» del gruppo Reggio Calabria 1 dell'Associazione Scouts Cattolici Italiani (ASCI). Dal 1965 seguì tutto il percorso educativo fino a diventare, nel 1973, un capo scout nei gruppo Reggio Calabria 1 e Reggio Calabria 3. E' stato un valente funzionario di polizia, che dopo oltre 20 anni di servizio nel Corpo (si era arruolato nel 1979) fu richiesto dal SISMI nel 2002 e fu assegnato ad uffici operativi. Calipari era già stato mediatore, sempre nei territori dell'Iraq, nelle trattative felicemente concluse per la liberazione di Simona Pari e Simona Torretta. È stato descritto come persona di particolari intelligenza e capacità.
La moglie Rosa Maria Villecco è attualmente senatrice per il Partito Democratico.

L'incidente
La sera del 4 marzo 2005 un'autovettura dei servizi segreti italiani con a bordo Giuliana Sgrena e Nicola Calipari, giunta nei pressi dell'aeroporto di Baghdad transitava in direzione di un posto di blocco statunitense. La giornalista era stata appena rilasciata dai rapitori, a conclusione di una lunga trattativa condotta in prima persona dal Calipari (che aveva appena comunicato telefonicamente ad uffici del governo di Roma il felice esito dell'operazione e ne aveva informato anche l'ambasciata). La strada su cui si trovavano, la Route Irish, era presidiata a causa delle frequenti azioni ostili nella zona (135 da novembre a marzo, per la maggior parte fra le 19 e le 21, l'ora in cui transitava l'auto del SISMI), ma soprattutto per il previsto passaggio dell'allora governatore di Baghdad.
All'approssimarsi del veicolo alla zona vigilata, lo stesso fu oggetto di numerosi colpi d'arma da fuoco; Calipari si protese per fare scudo col suo corpo alla giornalista e rimase ucciso da una pallottola che lo colpì alla testa. Anche la giornalista e l'autista del mezzo rimasero feriti.
A sparare è stato Mario Lozano (New York, Bronx, 1969), addetto alla mitragliatrice al posto di blocco, appartente alla 42a divisione della New York Army National Guard. Si è sospettato che anche altri soldati possano aver sparato.
Al Palazzo del Consiglio Regionale della Calabria, sito in Reggio Calabria, è stata intitolata una sala alla sua memoria denominata appunto "Sala Calipari".
Sono state prodotte due versioni dell'accaduto, una italiana ed una americana, fra loro contrastanti in molti punti.

Ricostruzione italiana
Dei sopravvissuti all'episodio le testimonianze sono principalmente quelle di Giuliana Sgrena, giacché l'autista, anch'egli appartenente al SISMI, non ha ovviamente rilasciato dichiarazioni pubbliche, sebbene abbia riferito dell'accaduto per via gerarchica.
Come riferito da autorità governative, Sgrena ha sostenuto di aver visto, dopo una curva (che li avrebbe fatti rallentare fino ad una velocità massima di circa 50 km/h), una luce accecante e poi di aver udito subito dopo l'esplodere di numerosi colpi d'arma da fuoco (diverse centinaia, secondo la giornalista, protrattisi per 10-15 secondi a dire dell'autista).
Giuliana Sgrena ha aggiunto che non si trattava di un posto di blocco e che la pattuglia dei soldati USA non aveva fatto alcun segnale per identificarsi o per intimare l'"alt", come era invece regolarmente accaduto negli altri posti di controllo precedentemente attraversati, iniziando decisamente a sparare contro la loro automobile.
La giornalista dichiarò inoltre che i sequestratori, poco prima della liberazione, le avevano detto che gli statunitensi non volevano che tornasse viva in patria.

Ricostruzione statunitense
Secondo il governo statunitense, la cui versione è stata diffusa il 1 maggio 2005, l'auto su cui viaggiava la Sgrena viaggiava ad una velocità prossima ai 100 km/h. I militari del check-point 541 avrebbero seguito la procedura delle quattro S.
Nel corso della sparatoria, alcuni dei proiettili sarebbero stati accidentalmente deviati ed uno avrebbe centrato alla testa Calipari, protesosi in avanti per proteggere con il suo corpo la giornalista.
I funzionari statunitensi hanno inoltre asserito che nessuno era a conoscenza dell'operazione condotta dal SISMI, né dell'identità delle persone a bordo di quell'auto, regolarmente presa a nolo all'aeroporto di Baghdad.
Il rapporto americano era inizialmente uscito con numerose censure (per circa un terzo dell'elaborato), che mascheravano sotto strisce nere i nomi dei soldati implicati ed altri dettagli; pubblicato ufficialmente su Internet in formato .pdf, il documento fu decifrato con una certa semplicità (bastava effettuare il copia-e-incolla del testo) in quanto non era stato protetto dalla copia.
L'inchiesta effettuata dai militari statunitensi ha concluso che la sparatoria avvenuta il 4 marzo 2005 al posto di blocco presso l'aeroporto di Baghdad è stata «un tragico incidente».

Differenze tra le ricostruzioni
La differenza principale, fra le due versioni, è costituita dalla velocità alla quale il veicolo italiano si muoveva, che secondo gli statunitensi era di circa 100 km/h, mentre secondo gli italiani era di circa la metà. L'importanza di questo fattore risiede nella motivazione dell'azione dei soldati, che - se fosse davvero stato veloce - lo avrebbero potuto confondere con un possibile attacco mediante auto-bomba, tecnica peraltro davvero in uso da quelle parti.
Un'altra divergenza riguarda la richiesta di arresto del mezzo per controllo, che secondo gli statunitensi sarebbe stata operata correttamente, mentre secondo Giuliana Sgrena non vi sarebbe stata affatto, mancando la segnaletica e non essendovi stati cenni o altre indicazioni in questo senso.
Secondo gli italiani le forze americane erano state correttamente avvertite; dall'altra parte si è ribattuto che gli italiani non avevano invece dato avviso alcuno delle loro attività nella zona.

Video
L'8 maggio 2007, durante il notiziario serale del TG5, è stato trasmesso in esclusiva un video contenente alcune immagini dei primi momenti successivi alla sparatoria. Il video è stato girato dallo stesso Mario Lozano. Dalla visione del video emergono due punti chiave:
- I fari della Toyota Corolla su cui viaggiava il funzionario del SISMI erano accesi, mentre i soldati americani hanno testimoniato fossero spenti. Questo è considerato un punto chiave: il fatto che i fari fossero spenti avrebbe potuto far immaginare che gli occupanti dell'automobile stessero attuando un attentato.
- L'auto è ferma ad almeno 50 metri dal carro armato americano, il che fa supporre che l'auto al momento dei primi spari si trovasse ad una distanza almeno superiore ai 50 metri, dal momento che è necessario un tempo di frenata. I soldati coinvolti invece hanno sempre sostenuto di aver sparato perché l'auto era molto vicina e di non avere scelta.

Sospetti
Mentre la morte di Calipari veniva elevata ad atto eroico anche dal papa Giovanni Paolo II, la vicenda scatenava reazioni accese da più parti.
Era noto infatti che già il governo americano si era espresso in senso fortemente critico nei confronti dei servizi segreti italiani, che non avevano esitato (si sostiene da quella parte) a pagare ingenti riscatti per la liberazione di altri sequestrati in Iraq; tale condotta, si è sostenuto, costituirebbe un pericoloso incentivo per le bande criminali a compiere altri sequestri di persona. Lo stesso Calipari, nel caso, sarebbe stato diretto destinatario di tali critiche, vista la centralità del suo ruolo in trattative tenute per precedenti rapimenti.
Ma anche volendo supporre che non vi fosse una volontà di colpire proprio Calipari (o Giuliana Sgrena, cui i rapitori, liberandola, avevano peraltro segnalato che gli Stati Uniti non avrebbero gradito un suo ritorno a casa), si è sospettato che l'accaduto fosse frutto di una disinvoltura tutta americana nelle faccende di armi.
Va detto che un'efficace analisi del tutto matematica, effettuata a tavolino sulle possibili tempistiche verificabili con l'una e con l'altra delle velocità rispettivamente dichiarate, condurrebbe alla conclusione che se anche vi fosse stato avviso, non si sarebbe lasciato ai malcapitati il tempo di arrestarsi prima che venisse aperto il fuoco.
Da molte parti si è poi avanzata una ferma richiesta di rispetto della dignità nazionale, già - a dire di alcuni - vilipesa dalla condotta delle istituzioni statunitensi nel caso della strage del Cermis, i cui responsabili erano stati tutti assolti o condannati a pene considerate irrisorie. Si richiese, in pratica, che se in questo caso si fossero accertate responsabilità, gli eventuali colpevoli fossero, stavolta, davvero sanzionati.
Inchieste
Al fine di stabilire cosa sia veramente accaduto, negli Stati Uniti è stata istituita una commissione d'inchiesta, ai cui lavori sono stati ammessi osservatori italiani nell'intento di produrre una relazione conclusiva comune, che potesse fugare qualsiasi dubbio circa la correttezza nei rapporti fra le due nazioni, giusta quanto ora detto circa gli umori popolari in Italia.
In Italia, la magistratura ha incontrato difficoltà ed impedimenti nello svolgimento della funzione inquirente a causa del particolare status della zona in cui si sono svolti i fatti, che risultava essere territorio iracheno sottoposto a controllo militare e sovranità di fatto statunitense; negato dagli Stati Uniti il permesso di far analizzare a tecnici della polizia scientifica italiana il veicolo su cui viaggiava Calipari, i giudici hanno dovuto attendere la conclusione dei rilievi statunitensi per poter avere a disposizione il mezzo. Il diniego, motivato con esigenze di natura militare, ha di fatto provocato lo scadimento del valore probatorio del reperto, rendendo l'esame del medesimo assai meno attendibile.
Degna di nota è un'inchiesta parallela iniziata nel 2005 dalla Procura di Roma in merito alle dichiarazioni e alle vicende di Gianluca Preite, un ingegnere informatico che, lavorando per il Sismi, avrebbe intercettato una comunicazione satellitare la sera del 4 marzo 2005.
Da questa intercettazione si evincerebbe come la morte di Nicola Calipari non sia stata causata da un incidente, ma da un disegno criminoso ben preciso al quale avrebbero partecipato anche degli alti ufficiali militari italiani. Sull'intercettazione telefonica sono state affettuate varie perizie, una ordinata dai Magistrati del Pool Antiterrorismo della Procura della Repubblica di Roma (Franco Ionta, Pietro Saviotti ed Erminio Amelio), l'altra effettuata per conto della difesa del Preite, tuttora impegnato nel processo che lo vede posto a giudizio per accesso abusivo ad un sistema informatico e altri reati connessi, nonostante in sede processuale sia stato già accertato il suo lavoro per il Sismi. Il processo è ancora in corso presso il Trubunale Penale di Roma, nel quale Gianluca Preite è difeso dal noto penalista Carlo Taormina.

Rinvio a giudizio, Sentenza della Corte d'Assise di Roma e Sentenza della Corte di Cassazione
La Procura della Repubblica di Roma il 19 giugno 2006 ha formalizzato la richiesta di rinvio a giudizio per il militare americano Mario Lozano, imputato per la morte di Nicola Calipari e per il ferimento della giornalista Giuliana Sgrena: il processo contro Lozano sarebbe possibile, secondo la Procura di Roma, essendo stata ipotizzata a suo carico la responsabilità in un "delitto politico che lede le istituzioni dello Stato italiano", un fattispecie riconducibile all'articolo 8 del Codice di procedura penale che consente di procedere contro chi abbia arrecato offesa a interessi politici dello Stato. L'iniziativa è stata assunta in quanto Mario Lozano risulta irreperibile ed è mancata la collaborazione richiesta e non ottenuta dagli USA, avendo le Autorità americane respinto anche una rogatoria internazionale presentata dalla Procura di Roma.
Del caso Calipari l'allora ministro degli Esteri Massimo D'Alema ha parlato con il segretario di Stato Condoleezza Rice, nel corso della sua visita a Washington del giugno 2006, lamentando una «collaborazione insufficiente fino a questo momento» da parte degli statunitensi sulla vicenda; il portavoce del Dipartimento di Stato Adam Ereli ha così commentato: «Se gli italiani hanno preoccupazioni, le affronteremo».
Il 25 ottobre 2007, la Terza Corte d'Assise di Roma ha prosciolto l'imputato Mario Lozano, dichiarando il non doversi procedere per difetto di giurisdizione. Secondo il giudice italiano, difatti, le forze multinazionali in Iraq ricadono sotto la giurisdizione penale esclusiva dei rispettivi paesi d'invio.
Ciò secondo una consuetudine internazionale, detta "legge dello zaino", che derogherebbe alla norma italiana sull’esercizio dell’azione penale. La sentenza è stata successivamente impugnata dalla Procura di Roma avanti la Corte di Cassazione.
Con sentenza del 19 giugno 2008, la I Sezione penale della Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della Procura di Roma ( Sentenza n. 31171 del 19 giugno – 24 luglio 2008 ), confermando la mancanza di giurisdizione italiana sul caso. La Suprema Corte, tuttavia, si è in parte distanziata dalle motivazioni addotte dalla Corte d’Assise, considerando «davvero inadeguata» l’interpretazione resa dal giudice di primo grado.
Difatti, secondo la Cassazione, al momento dei fatti la missione militare internazionale in Iraq non operava in regime di occupazione (come invece sostenuto dalla Corte d’Assise per giustificare l’assenza di giurisdizione), e, in ogni caso, Calipari non faceva parte di detta missione. L’assenza di giurisdizione viene invece motivata con l’esistenza di un’ulteriore consuetudine (diversa dalla "legge dello zaino"), che garantirebbe l’immunità funzionale (ratione materiae), dalla giurisdizione interna dello Stato straniero (nel caso di specie, quello italiano) del funzionario statale (ossia il soldato USA Lozano) che abbia agito iure imperii (cioè esercitando poteri autoritativi). Secondo la Corte, l'immunità in parola verrebbe meno soltanto in presenza di una “grave violazione” del diritto internazionale umanitario (ossia al verificarsi di un crimine di guerra o di un crimine contro l’umanità), non riscontrata però nel caso di specie.

Citazioni
Il cantautore Samuele Bersani, nella canzone Occhiali rotti, brano dell'album L'aldiquà (2006), fa un riferimento indiretto alla vicenda di Nicola Calipari:
«E chissà che poi non capita che ad uccidermi
sia per caso la pallottola amica di un marine» (Samuele Bersani, L'aldiquà)

▪ 2008 - Augusta Bassi (coniugata Lagostena) detta Tina Lagostena Bassi (Milano, 2 marzo 1926 – Roma, 4 marzo 2008) è stata un avvocato italiano.
Diventa nota nei tribunali italiani come uno dei principali e più agguerriti avvocati per la difesa dei diritti delle donne, a tal proposito celebre l'aver difeso i diritti di Donatella Colasanti contro Angelo Izzo nel processo sul Massacro del Circeo, e della vittima di stupro nel primo Processo per stupro ad essere filmato e mandato in onda dalla RAI.
Celebri le sue arringhe in cui, con termini asciutti, descriveva la violenza subita dalle sue assistite rompendo così un muro di silenzio che esisteva sia nella società sia nel mondo dei tribunali sulla questione della violenza sessuale. In linea con il suo impegno per le cause femminili diventa una delle socie fondatrici del Telefono Rosa.
Dal 1994 al 1995 ha ricoperto il ruolo di Presidente della Commissione Nazionale parità e pari opportunità uomo-donna presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri essendo inoltre componente del gruppo sulle pari opportunità della Comunità Europea.
Ha ricoperto l'incarico di Capo delegazione per l'Italia nei lavori preparatori della IV Conferenza Mondiale ONU sui diritti della donna svoltasi a Pechino nel 1995. Nel 1994 si è candidata alla Camera dei deputati sostenuta dal Polo per le Libertà sia nel collegio uninominale Firenze 2 sia in quello proporzionale XII-Toscana, venendo eletta nel secondo ma ottenendo solo il 19,9% dei voti nel primo, venendo quindi sconfitta dall'esponente dei Progressisti Sandra Bonsanti. Nella XII legislatura è stata membro della Commissione Giustizia della Camera dei Deputati e coautrice nel 1996 della legge contro la violenza sessuale n. 66/96.
Dal 2006 è stata Rettore Magnifico Onorario dell'Università Popolare degli Studi di Milano. Malata da tempo di un tumore al seno, si spegne in una casa di cura privata a Roma la sera del 4 marzo 2008, dopo essere stata colpita da un'emorragia cerebrale; aveva compiuto 82 anni 2 giorni prima del decesso. I suoi amici la ricordano dedicandole una puntata di Forum intitolata "Ciao Tina!"

▪ 2009 - Salvatore Samperi (Padova, 26 luglio 1944 – Roma, 4 marzo 2009) è stato un regista e sceneggiatore italiano. Nei suoi film si è spesso occupato anche del casting e del soggetto.
Nel 1971 fu tra i firmatari del documento pubblicato sul settimanale L'espresso contro il commissario Luigi Calabresi.
Nel 1976 Samperi realizza due progetti: il primo di questi, Scandalo (storia di una giovane donna che diventa schiava d'amore), viene offuscato dal successo del secondo, Sturmtruppen. Qui il regista non si limita a trasportare le strisce di Bonvi sul grande schermo, ma arricchisce il fumetto originario con una comicità umoristico-satirica e con una buona dose di anti-militarismo che si perderà nel barzellettistico seguito, Sturmtruppen 2 - Tutti al fronte (1982).