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Il calendario del 4 Luglio

Fonte:
CulturaCattolica.it

Eventi

▪ 1054 - Esplode la supernova che porterà alla formazione della Nebulosa del Granchio. Secondo le cronache cinesi del tempo, la supernova restò visibile in pieno giorno per parecchi mesi

▪ 1187 - Saladino sconfigge Guido di Lusignano, Re di Gerusalemme, nella Battaglia di Hattin

▪ 1300 - Durante i festeggiamenti del Carnevale, a casa Capuleti, Romeo Montecchi e Giulietta Capuleti si conoscono e s’innamorano.

▪ 1776 - Rivoluzione americana: Il Congresso Continentale approva la Dichiarazione d'indipendenza dal Regno Unito, formando gli Stati Uniti d'America

▪ 1802 - A West Point (New York) apre l'Accademia Militare degli Stati Uniti

▪ 1817 - A Rome (New York), inizia la costruzione del Canale Erie

▪ 1837 - Grand Junction Railway, la prima ferrovia a lunga distanza del mondo, apre tra Birmingham e Liverpool

▪ 1840 - Il battello a vapore della Cunard Line RMS Britannia parte da Liverpool diretto ad Halifax (Nuova Scozia), per la prima traversata atlantica di una nave passeggeri

▪ 1863 - Guerra di secessione americana: Battaglia di Vicksburg - Ulysses S. Grant e l'esercito dell'Unione, dopo 47 giorni di assedio, catturano la città confederata di Vicksburg (Mississippi), che si arrende

▪ 1865 - Viene pubblicato Alice nel paese delle meraviglie

▪ 1866 - La Prussia sconfigge l'Austria a Sadowa

▪ 1894 - Sanford B. Dole proclama la Repubblica delle Hawaii; avrà vita breve

▪ 1909 - A Edolo viene inaugurata la linea ferroviaria per Breno, tratto finale della Ferrovia Brescia Iseo Edolo

▪ 1910 - Il pugile Afroamericano Jack Johnson manda k.o. il pugile bianco Jim Jeffries, durante un incontro dei pesi massimi, innescando delle rivolte razziali in tutti gli USA

▪ 1918 - I Bolscevichi uccidono lo Zar Nicola II di Russia e la sua famiglia (data del Calendario giuliano)

▪ 1934 - Il pugile Joe Louis vince il suo primo incontro da professionista

▪ 1941 - Omicidio in massa di scienziati e scrittori polacchi, commesso dai nazisti nella città occupata di Lvov

▪ 1944 - Stragi naziste nel comune di Cavriglia (Arezzo), nei paesi di Meleto Valdarno (94 morti) e Castelnuovo dei Sabbioni (73)

▪ 1946 - Dopo 400 anni, le Filippine ottengono la piena indipendenza

▪ 1950 - Prima trasmissione di Radio Free Europe

▪ 1957 - Viene presentata al pubblico la Nuova 500 della Fiat

▪ 1959 - Con l'ammissione dell'Alaska come 49° stato, avvenuta all'inizio dell'anno, la bandiera statunitense a 49 stelle debutta a Filadelfia (Pennsylvania)

▪ 1960 - Con l'ammissione delle Hawaii come 50° stato, avvenuta all'inizio dell'anno, la bandiera statunitense a 50 stelle debutta a Filadelfia (Pennsylvania)

▪ 1966 - Il presidente statunitense Lyndon B. Johnson tramuta in legge il Freedom of Information Act. L'atto entrerà in vigore l'anno seguente

▪ 1970 - Tonga ottiene l'indipendenza e perde lo status di protettorato britannico

▪ 1976 - Commando di Israele effettuano un raid nell'aeroporto di Entebbe, in Uganda, salvando la maggior parte dei passeggeri e dell'equipaggio di un aereo dell'Air France, preso da dirottatori pro-Palestinesi

▪ 1987 - In Francia, l'ex ufficiale della Gestapo Klaus Barbie (noto come il "macellaio di Lione") viene dichiarato colpevole di crimini contro l'umanità e condannato all'ergastolo

▪ 1991 - la finlandese Radiolinja lancia la prima rete commerciale GSM

▪ 1997 - La sonda spaziale Pathfinder, della NASA, atterra sulla superficie di Marte

▪ 2003 -

  1. - La rivista Physical Review Letters pubblica un articolo sull'evidenza sperimentale dei pentaquark, la cui esistenza era stata ipotizzata sin dal 1986.
  2. - Il Papa Giovanni Paolo II pubblica la Lettera Enciclica "Ecclesia de Eucharistia", sull'Eucarestia nel suo rapporto con la Chiesa

▪ 2004
  1. - La nazionale di calcio greca, sbaragliando ogni pronostico, è campione d'Europa per la prima volta, dopo aver battuto in finale il Portogallo a Lisbona per 1-0
  2. - Viene distribuito in contemporanea mondiale nelle sale cinematografiche il film Harry Potter e il Prigioniero di Azkaban

▪ 2005- Alle 7,52 (ora italiana) il modulo Impactor della sonda spaziale Deep Impact raggiunge e colpisce la cometa Tempel 1: l'impatto è avvenuto alla velocità di 13 mila chilometri orari. L'esplosione scaturita è paragonabile a quella di 5 tonnellate di tritolo, ed ha liberato nello spazio una nube di ghiaccio, polveri e detriti. Proprio questo era l'obiettivo della missione: analizzare i componenti di una cometa per avere più informazioni sui materiali presenti nello spazio.

▪ 2007 - Con uno spettacolare show sul Po viene lanciata dalla Fiat la Nuova 500

Anniversari

▪ 1541 - Pedro de Alvarado y Contreras (conosciuto come Don Pedro de Alvarado e Tonatiuh dai nativi messicani; Badajoz, incerto 1485 - 1495 circa – Guadalajara, 4 luglio 1541) è stato un condottiero spagnolo e governatore del Guatemala.
Il soprannome Tonatiuh (letteralmente "figlio del sole") era dovuto ai suoi capelli biondi e al suo carattere esuberante e spaccone. Durante i combattimenti diventava però diffidente e crudele oltre misura, e fu spesso rimproverato dallo stesso Cortés.
Nel 1519 fece parte della terza spedizione di Hernán Cortés nel Messico.
Partecipò alla conquista dell'Impero degli Aztechi e fu uno dei cinque spagnoli che insieme con Cortés fecero prigioniero l'imperatore Montezuma nella sua reggia.
Alvarado era l'uomo di fiducia di Hernan Cortès, il quale, costretto ad allontanarsi dal Messico per affrontare le truppe inviate dal governatore di Cuba contro di lui, affidò ad Alvarado il comando degli uomini.
Alvarado non si dimostrò all'altezza del suo astuto e calcolatore comandante, massacrò infatti un gruppo di Aztechi durante una cerimonia religiosa nel Templo Mayor di Tenochtitlán, facendo scoppiare una rivolta che causò la morte di molti soldati iberici. Cortés al suo ritorno redarguì aspramente Alvarado, non riuscendo più a ristabilire la pace con gli offesi aztechi. Fu anzi costretto a fuggire da Tenochtitlán con gravi perdite, in una notte (30 giugno - 1º luglio 1520) ricordata dai Conquistadores come "La Noche Triste", la triste notte della sconfitta.
Durante gli scontri notturni tra conquistadores ed indigeni, Alvarado sistematosi con pochi uomini a guardia degli argini che portavano da Tenochtitlán alla terraferma, tenne a bada per ore migliaia di guerrieri aztechi e venne perciò soprannominato dai nemici stessi "Tonatiuh", figlio del Sole.
Durante la conquista della capitale divenne famoso con el salto de Alvarado. Circondato dai nemici e con alle spalle un canale, puntò la sua lancia nell'acqua e, a mo' di primitivo salto con l'asta, raggiunse con un balzo la sponda di fronte, lasciando sbalorditi gli avversari.
Nel 1523 Alvarado intraprese la campagna di occupazione del Guatemala. Fu uno degli artefici della conquista della parte settentrionale dell'America centrale (attuali Stati di Guatemala, di El Salvador e dell'Honduras), insieme ad Hernán Cortés, suo diretto superiore, a Diego de Rojas e al proprio fratello Gonzalo de Alvarado.
Nel 1527 si recò in Spagna richiamato da Carlo V, che, in virtù dei servigi resi alla Corona, lo nominò governatore e capitano generale del Guatemala.
Morì cadendo in un precipizio, mentre combatteva per sedare una ribellione di Indios messicani.
Dai cronisti dell'epoca viene descritto come un uomo energico e crudele.

▪ 1826
- John Adams (Braintree, 30 ottobre 1735 – Quincy, 4 luglio 1826) è stato un politico statunitense, secondo presidente degli Stati Uniti d'America, dal 1797 al 1801.
Dopo la laurea in legge, ottenuta ad Harvard nel 1755, Adams intraprese la carriera forense e si mise in luce come ottimo oratore ed abile avvocato.
Negli anni che precedettero la guerra d'indipendenza americana si avvicinò alla politica e pubblicò alcuni saggi sui tipi di organizzazione sociale e politica delle comunità di coloni nel Nuovo Mondo. Nel 1774 e nel 1775 fu il delegato del Massachusetts al primo e al secondo Congresso continentale e fece parte del comitato di redazione che preparò la Dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti d'America.
Nel 1778 Adams raggiunse Benjamin Franklin in Europa, in qualità di rappresentante diplomatico, e tra il 1782 e il 1783 insieme negoziarono il trattato di Parigi, che mise fine alla guerra con la Gran Bretagna. Nel 1785 Adams fu nominato ambasciatore in Gran Bretagna e nel 1789, rientrato negli Stati Uniti, venne eletto come primo vicepresidente del paese, a fianco del presidente George Washington.
Nel 1796 successe a Washington nella carica di presidente e in quella di uomo politico federalista più in vista. La minaccia di un'imminente guerra con la Francia e la polemica che accompagnò l'approvazione degli Alien and Sedition Acts dominarono gli anni della sua amministrazione: Adams riuscì a risolvere i contrasti con la Francia per via diplomatica (ottenne tra l'altro da Napoleone il dominio sulla Florida), ma accettò di ratificare un pacchetto di quattro leggi largamente impopolari che limitavano i diritti degli stranieri e che determinarono la sconfitta sua e del Partito federalista americano che lo sosteneva nelle elezioni del 1800.
Negli ultimi anni della sua vita si dedicò all'educazione del figlio John Quincy Adams, che divenne nel 1825 il sesto presidente degli Stati Uniti d'America.)

- Thomas Jefferson (Shadwell, 13 aprile 1743 – Charlottesville, 4 luglio 1826) è stato un politico, scienziato e architetto statunitense. È stato il terzo presidente degli Stati Uniti d'America ed è inoltre considerato uno dei padri fondatori della nazione. Il suo volto è ritratto sul Monte Rushmore accanto a quelli di George Washington, Abraham Lincoln e Theodore Roosevelt. Fu il principale autore della dichiarazione d'indipendenza del 4 luglio 1776 ed uno dei fondatori del Partito Democratico-Repubblicano degli Stati Uniti.
Fortemente segnato dal pensiero illuminista fu un fautore di uno Stato laico e liberale. Fu inoltre anche un intellettuale di grande spessore. Fondatore della Università della Virginia, ebbe un ruolo centrale nello sviluppo e nella costruzione di questa istituzione. Fu infine anche un architetto. Suoi sono ad esempio i progetti per il Campidoglio di Richmond, il campus dell'Università della Virginia e la sua casa di Monticello, i quali fanno parte del patrimonio dell'UNESCO dal 1987.
«Riteniamo che alcune verità siano di per sé evidenti: che tutti gli uomini sono stati creati uguali; che dal loro Creatore sono stati dotati di alcuni diritti inalienabili; che fra questi ci siano la vita, la libertà e la ricerca della felicità.» (Thomas Jefferson fece parte del comitato che stilò la Dichiarazione d'indipendenza, di cui questo celebre brano, tratto dal secondo paragrafo, è una testimonianza eloquente.)

Ideali
Il pensiero di Jefferson fu fortemente influenzato dall'Illuminismo, al punto che egli stesso definì John Locke, Francis Bacon e Isaac Newton, i tre più grandi uomini della storia. Fu inoltre un convinto sostenitore di un'America libera, composta da agricoltori liberi, fatto che lo spinse ad impegnarsi affinché ogni cittadino americano potesse acquisire un pezzo di terreno. Jefferson fu anche un convinto sostenitore del libero mercato. Durante il suo periodo in Europa, in veste di emissario, aveva ratificato un accordo di commercio con la Prussia. La sua ferma convezione che il liberismo fosse il futuro migliore per la neo-fondata nazione fu però anche alla base delle numerose divergenze avute con Hamilton. Hamilton, che aveva una visione più conservatrice e che vantava origini newyorkesi, si era dichiarato disposto a proteggere il settore manifatturiero americano anche a costo di introdurre dazi sui beni importati. Questa controversia fu infine alla base della Guerra di secessione, se pure talora trascurata a favore di altre cause. Inoltre tale disputo fu anche alla base delle differenze tra gli stati del nord e quelli del sud; I primi per lo più industrializzati e privi di una componente agricola, mentre i secondi invece fortemente legati all'agricoltura e privi di grandi complessi industriali e manifatturieri.
Jefferson fu anche uno dei principali sostenitori del pensiero democratico e del riconoscimento dei diritti umani. Una visione che probabilmente aveva maturato durante il suo periodo di diplomatico a Parigi, quando fu coinvolto nella rivoluzione francese.
Per quanto riguardava la politica interna, Jefferson fu un instancabile fautore del sistema federalista, nel quale i singoli Stati potessero godere di ampi margini di autodeterminazione. Egli stesso affermò, in occasione della Resolution of Kentucky, che gli Stati Uniti erano una confederazione di singoli Stati indipendenti, uniti da un unico potere centrale, il quale poteva essere esercitato in ottemperanza agli articoli della costituzione e solo nei casi in cui la costituzione esplicitamente lo avesse previsto. La convinzione al riguardo di questo argomento da parte di Jefferson fu così forte che, qualora una decisione del congresso non fosse stata prontamente sostenuta da un articolo della costituzione, egli era propenso ad annullarla.
La visione di Jefferson si spinse fino al punto di sostenere che il potere centrale non potesse interferire con il potere legislativo dei singoli Stati, come d'altronde previsto dai primi accordi confederali che dettero vita agli Stati Uniti d'America. Tale posizione ebbe inoltre un'importanza non secondaria nella futura Guerra di secessione e diede spunto ad innumerevoli dibattitit politici riguardo il potere centrale.
L'interpretazione estremamente restrittiva di Jefferson riguardo la costituzione americana fu però anche alla base degli Alien and Sedition Acts, con i quali egli si oppose in modo deciso alla creazione di una Banca Centrale. Nonostante questa forte opposizione da parte sua, Jefferson non applicò mai durante i suoi otto anni di mandato la costituzione con eccessivo rigore, come aveva richiesto invece si facesse nel periodo in cui era all'opposizione, tanto che, durante il suo primo mandato di presidente, permise l'acquisto della Louisiana senza prima modificare la costituzione. Altrettanto fece alla fine del suo mandato, quando tentò di decretare l'embargo nei confronti degli Stati europei, concedendo poteri eccezionali a esercito e marina, che consentissero loro di perquisire i cittadini americani senza un mandato: azione che era in palese contrasto con il Bill of Rights. Atteggiamento che era stato da lui stesso criticato quando esso era stato adottato dalle forze armate britanniche nei confronti dei coloni americani. A causa di queste discrepanze tra ideali e politica reale, il sentimento americano nei confronti di Jefferson fu fortemente contrastante, tanto che si arrivò anche al punto di odiarlo. Ciò nonostante alla fine prevalse un sentimento positivo nei suoi confronti che gli permise di essere ancor oggi considerato uno dei più importanti presidenti degli Stati Uniti.
Frase celebre: «I popoli non dovrebbero aver paura dei propri governi, sono i governi che dovrebbero aver paura dei popoli»

L'opinione di Jefferson riguardo la schiavitù
Come molti ricchi terrieri dell'epoca, anche Jefferson possedeva moltissimi schiavi. Nonostante fosse un convinto sostenitore dei diritti umani riesce difficile capire per quali motivi si opponesse in modo deciso a qualsiasi tentativo di abolire la schiavitù. Appare paradossale che egli negasse ai propri schiavi il diritto alla libertà: diritto che a sua volta egli stesso aveva affermato essere il diritto fondamentale di ogni singolo individuo. Per comprendere queste forti discrepanze tra ideali e vita reale si dovrà ricordare come numerosi dei padri fondatori degli Stati Uniti fossero ricchi proprietari terrieri e proprietari di moltissimi schiavi. Fra essi spiccano, ad esempio, Benjamin Franklin, James Madison e George Washington. Si ricorderà inoltre come la cultura dell'epoca considerasse gli schiavi di colore come esseri inferiori, tanto da non essere paragonabili a esseri umani.
Lo stesso Jefferson era consapevole di tale paradosso e, in un'occasione pubblica, affermò che mantenere in vigore la schiavitù era come tenere un lupo per le orecchie: si vorrebbe lasciare la presa ma non lo si può fare per paura di essere divorati. Egli stesso, nei primi anni della sua carriera politica, quando era ancora deputato nella Camera Bassa della Virginia, aveva incitato la popolazione a liberare gli schiavi, malgrado egli in tale occasione non ne liberasse alcuno. Particolarmente forte appare la discrepanza tra teoria e prassi nel suo libro Notes on the State of Virginia, nel quale attaccava apertamente la schiavitù ma sostiene contemporaneamente la tesi che la popolazione di colore fosse inferiore alla popolazione caucasica. Particolarmente controversa risulta infine la vicenda circa la relazione avuta con la schiava Sally Hemings, probabilmente sorellastra della moglie Martha Wayles, dalla quale ebbe più di un figlio. Già all'epoca tale vicenda aveva suscitato scalpore nell'opinione pubblica. Da alcune ricerche condotte negli ultimi anni con l'ausilio della prova del DNA si ha la quasi certezza che Jefferson fosse il padre dei figli di Sally Hemmings.

L'opinione di Jefferson riguardo i nativi americani
L'espansione degli Stati Uniti verso occidente vide nell'acquisto della Louisiana messo in opera da Jefferson uno dei suoi momenti certamente più significativi. Inevitabilmente però si scatenarono conflitti tra le popolazioni native che abitavano quei territori e i coloni venuti da oriente. Jefferson nutrì da subito un grande interesse verso la cultura di queste popolazioni, tanto da definire un discorso tenuto dal capotribù Logan equivalente ai discorsi di Demostene e Cicerone. Dal 1780 iniziò a collezionare una lista di parole indiane, ma allo stesso tempo definì (a causa del loro stile di vita seminomade) le tribù indiane che vivevano nel nord del paese come tribù barbariche e selvagge. In completo contrasto con l'opinione di molti suoi contemporanei, sostenne anche che i nativi americani fossero intellettualmente alla pari degli europei. Fortissimo fu poi il tentativo di integrare gli indiani nella società per evitare la loro estinzione. Per accelerare questo processo, inviò (analogamente a quanto avevano fatto i suoi predecessori) numerosi pastori nelle terre appena conquistate per convertire gli indiani al Cristianesimo. Nonostante tutti i suoi sforzi, la sua politica fallì a causa dell'elevatissimo numero di coloni che si espansero nelle nuove terre a scapito delle popolazioni indiane indigene.

L'atteggiamento di Jefferson nei confronti della religione
Meno controverso fu l'atteggiamento di Jefferson nei confronti della religione e del rapporto tra Chiesa e Stato. Jefferson fu un grande fautore di uno Stato laico. In una lettera pubblica sostenne che nessun uomo deve rendere conto ad altri per la sua fede e per le sue convinzioni religiose. Jefferson fu inoltre l'autore dell'opera Virginia Statute for Religious Freedom pubblicata nel 1779.
Fino alla sua morte Jefferson fu inoltre membro della chiesa episcopale. Cercò anche di pubblicare una nuova traduzione del Nuovo Testamento che risultava drasticamente più corta del testo originale. Questa versione del Nuovo Testamento fu infine pubblicata dopo la sua morte sotto il titolo di Jefferson Bible.

Jefferson come scienziato ed inventore
Jefferson non fu solamente un politico ma fu, se pure in modo marginale, anche uno scienziato e un inventore. A partire dal 1780 fu membro della American Philosophical Society. della quale fu presidente dal 1787 fino al 1815. Inoltre Jefferson è ritenuto uno dei pionieri della archeologia statunitense. Fu il primo a studiare e a condurre ricerche sulle tombe degli indiani nei pressi della sua tenuta di Monticello. Fu quindi anche uno dei primi ad utilizzare un metodo ritenuto oggi precursore della Dendrocronologia, studiando l'età degli alberi che si trovavano sui tumuli sotto i quali erano stati sepolti i nativi. Fu inoltre un appassionato biologo. Nel 1799 fu nominato in suo onore il Megalonyx jeffersoni, un antico antenato del odierno bradipo ormai completamente estinto.
Jefferson fu anche un appassionato architetto e, oltre alla costruzione dell'Università della Virginia ed alla ristrutturazione della sua tenuta di Monticello, partecipò anche alla progettazione del Campidoglio di Richmond, in Virginia. Se pure i suoi contributi nel campo dell'architettura sono stati relativamente modesti rispetto a quelli prodotti in molti altri campi, Jefferson viene spesso ritenuto il padre fondatore dell'architettura negli Stati Uniti.
Inoltre Jefferson si mise in luce anche come inventore. Oltre al poligrafo da lui prodotto, inventò un attaccapanni ancora oggi utilizzato. Tra le sue invenzioni più famose spicca certamente un cifrario, noto con il nome di Wheel Cypher, più tardi divenuto anche famoso come Rullo di Jefferson. Lui stesso non utilizzò mai questo apparecchio ma fino alla seconda guerra mondiale il rullo di Jefferson fece da base per molti apparecchi usati dalla US-Army per cifrare e decifrare i messaggi in codice.
Jefferson fu anche un entusiasta viticoltore, anche se in questo campo non ebbe troppo successo. Ritornato dalla Francia, Jefferson avrebbe cercato di avviare una tenuta vitivinicola a Monticello, ma con scarso successo. Inoltre sempre durante la sua permanenza in Francia egli avrebbe acquistato una enorme collezione di pregiatissime bottiglie di vino che egli stesso avrebbe poi successivamente marcato con le proprie iniziali. Alcune delle bottiglie sono giunte fino ai giorni nostri e sono di proprietà di alcuni collezionisti, anche se non è del tutto escluso che si tratti di falsi. Infine Jefferson fu anche un accanito lettore e la sua biblioteca privata a Monticello comprendeva oltre 6.500 volumi. Dopo l'incendio del 1812 avvenuto nel corso della guerra anglo americana e nel quale andò quasi completamente distrutta l'intera Biblioteca del Congresso, Jefferson offrì al Congresso di vendere la sua biblioteca privata che vantava oltre il doppio dei volumi della Library of Congress di Washington D.C.

L'eredità intellettuale di Jefferson
Jefferson fu sottoposto, già dai suoi contemporanei, a forti critiche, che raggiunsero l'acme dopo la sua morte. Allo stesso tempo fu però anche elogiato da molti. In particolare da Andrew Jackson che, a capo del Partito Democratico, lo vide come il fondatore di questo partito e lo fece apparire come l'idolo dei democratici. Paradossalmente però il Partito Democratico non era l'unico partito a rivendicare l'eredità di Jefferson. Allo stesso tempo nel periodo tra il 1820 e il 1830 anche il partito Whig rivendicava gli ideali di Jefferson.
La sua figura divenne di centrale importanza durante un'importante crisi politica nel corso del 1832/33 circa i poteri e i diritti dei singoli Stati nei confronti del potere federale centrale. Le posizioni sostenuta da Jefferson durante la sua vicepresidenza e la sua stretta interpretazione della Costituzione avevano spinto alla formazione di un gruppo di parlamentari detti anche "i nullificatori", i quali tentarono sistematicamente di annullare tutte le decisioni prese dal Congresso rifacendosi a quanto detto da Jefferson e sostenendo che il Congresso avesse solo una sua competenza solo nel caso in cui la Costituzione lo prevedesse esplicitamente. Come esempio furono prese dai nullificatori le Kentucky Resolutions del 1789 nelle quali Jefferson citò esplicitamente il diritto di autodeterminazione dei singoli Stati. Se pure successivamente lo stesso Jefferson intervenne per scongiurare il pericolo di un ostruzionismo da parte dei nullificatori, che avrebbe portato alla paralisi della macchina burocratica, smentendo quanto affermato dai nullificatori e sostenendo che tali azioni erano in palese contrasto con quanto da lui sostenuto, le Kentucky Resolutions furono più tardi anche strumentalizzate dagli Stati secessionisti per giustificare la guerra di secessione.
Oltre al Partito Democratico e a quello Whig, anche il neo fondato Partito Repubblicano, nonostante fosse composto da molti ex-federalisti, rivendicò all'atto della propria fondazione nel 1854 gli ideali di Jefferson e la sua eredità intellettuale. Paradossalmente il Partito Repubblicano si identificò con le condanne di Jefferson nei confronti della schiavitù.
Infine gli stessi Stati secessionisti durante la guerra di secessione si appoggiarono agli ideali di Jefferson, citando l'autodeterminazione dei singoli Stati nei confronti del potere centrale come motivo per la secessione. Tale ideale era talmente radicato in molti secessionisti, che, ad esempio, lo stesso Copperhead Clement Vallandigham ritenne di aver seguito alla lettera gli insegnamenti di Jefferson.
L'immagine di Jefferson ricevette apprezzamenti anche in Europa, dove egli fu visto come un antagonista dei sistemi totalitari vigenti in numerosi stati. La sua popolarità si espresse significativamente con la costruzione del Jefferson Memorial a Washington nel 1943 e con la scultura della sua immagine sul monte Rushmore.

Jefferson scrittore
Oltre ad essersi messo in luce come statista, inventore e scienziato, Jefferson fu anche l'autore di un discreto numero di opere letterarie, quali lettere, diari e saggi che pubblicò nel corso della sua vita. L'opera più nota di Jefferson è certamente il suo diario di viaggio intitolato Viaggio nel sud della Francia e nel nord d'Italia scritto nel 1787 e che originariamente sarebbe dovuto essere una guida enologica per due sue amici, Thomas Lee Shippen e John Rutledge, nel quale Jefferson intendeva annotare minuziosamente i diversi vini che ebbe occasione di degustare durante il suo viaggio.
Tra le opere di natura politica una di quelle più note è il già citato saggio Summary View of the Rights of the British America scritto da Jefferson nel 1774 e pubblicato nelle colonie ancora prima della dichiarazione di indipendenza, nel quale il giovane Jefferson volle motivare le ragioni per una rivoluzione e i motivi che avevano causato la Boston tea Party. L'opera come già menzionato precedentemente doveva anche fungere da manuale per i deputati della Virginia inviati presso il congresso continentale. Successivamente questo primo saggio fu completato da un documento intitolato Declaration of the Causes and Necessity of Taking Up Arms che fu scritto dal secondo congresso continentale con un importante contributo da parte di Jefferson e pubblicato per la prima volta il 6 luglio 1775. Sempre tra le opere di natura politica va anche citato il libro Notes on the State of Virginia scritto completamente da Jefferson stesso nel 1781 e successivamente completato sempre da lui ed integrato nel corso del 1782-83. Il libro venne pubblicato nel 1784 in forma anonima a Parigi in poche centinaia di copie, mentre la prima versione in lingua inglese apparve solo nel 1787 a Londra pubblicata da John Stockdale. Notes on the State of Virginia fu assieme al manuale Manual of Parliamentary Practice for the Use of the Senate of the United States anche semplicemente noto come Jefferson's Manual, pubblicato nel 1801, l'unico libro scritto da Jefferson che fu pubblicato in forma completa quando egli era ancora in vita. Notes on the State of Virginia è una raccolta di risposte che Jefferson si era preparato per rispondere alle domande di François Barbé-Marbois, segretario della lega francese nella città di Philadelphia.
Infine sempre tra le opere più importanti scritte da Jefferson spicca ancora una bibbia comunemente nota come Bibbia di Jefferson o anche nota con come The Life and Morals of Jesus of Nazareth. L'opera di origine religiosa, era stata concepita da Jefferson per esaltare gli insegnamenti di Gesù, rimuovendo alcune delle parti del nuovo testamento contenenti descrizioni di eventi soprannaturali, la cui origine secondo Jefferson era data dall'incomprensione di tali eventi da parte dei quattro evangelisti.

Aspetti controversi
Molti furono gli aspetti controversi e molte furono le critiche rivoltegli anche dopo la sua morte. Tra quelle più note spicca certamente la Dichiarazione del 1776 nella quale Jefferson delineò il profilo della nuova nazione americana, definendo gli indiani d'America come "spietati selvaggi" da eliminare o addomesticare.
Altro aspetto controverso è l'inserimento all'interno della Dichiarazione d'indipendenza del 1776 del secondo paragrafo secondo cui "tutti gli uomini sono stati creati uguali ..." che Jefferson scrisse di suo pugno, pur essendo uno schiavista e possedendo più di 200 schiavi di cui rifiutò la liberazione perfino nell'atto testamentario con cui invece dispose la loro vendita a pagamento dei debiti lasciati in sospeso. Nel 1814 respinse inoltre sdegnato la richiesta da parte di John Quincy Adams di esprimere il sostegno pubblico alla causa antischiavista. Scandaloso per l'epoca fu inoltre il suo rapporto sentimentale con la sua schiava Sally Hammings, che causò numerosi scandali e fu alla base di accesi dibattiti riguardanti la questione se i figli della Hammings fossero o meno di Jefferson.
Quasi dimenticata fu infine la figura di Jefferson negli anni che seguirono la fine della guerra di secessione, quando ormai molti membri del Partito Repubblicano riscoprirono le idee dell'avversario politico di Jefferson, Alexander Hamilton, la cui figura dopo la sua morte nel duello con Burr era caduta in lungo periodo di oblio. Le idee di Jefferson di un America composta da agricoltori liberi pareva ormai nel mezzo della rivoluzione industriale superate. Solo a partire dall'inizio del XX secolo la figura di Jefferson fu lentamente riscoperta. Di centrale importanza per la sua riscoperta a livello politico fu la sua visione di un sistema scolastico pubblico, della quale il partito democratico fece il proprio cavallo di battaglia.
Durante il mandato di Woodrow Wilson la figura di Jefferson vide con una reinterpretazione in chiave contemporanea delle sue idee una costante crescita della propria popolarità che raggiunse l'apice sotta la presidenza di Franklin Delano Roosevelt. Se pure i metodi di Roosevelt ricordassero a tratti più gli ideali di Hamilton che quelli di Jefferson, molti contemporanei videro nel presidente Roosevelt l'innovazione e la continuazione delle idee di Jefferson.
Nonostante a partire dal XX secolo l'immagine di Jefferson avesse riacquistato popolarità ed importanza alcuni aspetti controversi continuarono a gettare ombre sulla sua figura. Con la formazione del Civil Rights Movement e con il movimento per il riconoscimento dei diritti degli afroamericani nel 1955, la sua posizione irremovibile di fronte alla questione della schiavitù fu nuovamente oggetto di critiche tanto quanto la sua relazione con Sally Hammings.

Cinematografia
▪ Jefferson in Paris - film di James Ivory (1995)
▪ Sally Hemings: An American Scandal - miniserie televisiva della CBS (2000)
* John Adams - miniserie televisiva della HBO (2008)

* 1831 - James Monroe (28 aprile 1758 – 4 luglio 1831) è stato un politico statunitense. È stato il quinto (1817 - 1825) presidente degli Stati Uniti.
A lui viene accreditato lo sviluppo della Dottrina Monroe, che incentrava la sua ideologia nella frase "l'America agli americani". Questa dottrina verrà ripresa poi da Theodore Roosevelt per quanto riguarda il famoso "Corollario Roosevelt".
Monroe è meglio noto per la sua Dottrina Monroe, che presentò nel suo messaggio al Congresso del 2 dicembre 1823. In essa, proclamò che le Americhe dovevano essere libere da future colonizzazioni europee e libere dall'interferenza europea negli affari delle nazioni sovrane. Dichiarò inoltre l'intenzione statunitense di rimanere neutrale nelle guerre europee e nelle guerre tra le potenze europee e le loro colonie, ma di considerare ogni nuova colonia o interferenza con nazioni indipendenti nelle Americhe come un atto ostile nei confronti degli Stati Uniti.
Durante la sua amministrazione fu acquisita la Florida (1819).

* 1855 - Pietro Fortunato Calvi (noto anche come Pier Fortunato C.; Briana di Noale, 15 febbraio 1817 – Mantova, 4 luglio 1855) è stato un patriota italiano del XIX secolo.
Visse nel Regno Lombardo-Veneto della prima metà dell'Ottocento,sotto dominazione austriaca degli Asburgo. Il padre di Pietro era commissario di Polizia e fedele suddito dell’Austria e quando venne trasferito a Padova portò con sè la famiglia, per cui Pietro venne iscritto al Ginnasio di Padova. Quando il padre ottenne per lui un posto gratuito presso il Collegio Militare del Genio di Vienna (Neustadt), Pietro si trasferì nella capitale dell’impero e a 19 anni uscì come Alfiere dell’esercito asburgico, distinguendosi per le grandi doti,che lo portarono in 11 anni di carriera a capitano mentre era di stanza a Wimpffen. Da qui venne inviato a Venezia, ma qui il comando dell'esercito austro-ungarico ebbe sentore che il giovane Calvi seguisse qualche appartenente ad alcune sette massoniche e nel 1846 venne trasferito a Gratz.

Moti rivoluzionari del Cadore nel 1848
Nei primi mesi del 1848 seppe del risorgere della Repubblica Veneta e perciò presentò lettera di dimissioni dall'esercito austriaco e evase in quanto considerato traditore a Trieste, per passare all'esercito di Venezia su invito di Daniele Manin e Niccolò Tommaseo con i quali era in contatto mentre si trovava di stanza nella città lagunare.
Daniele Manin, capo del Governo rivoluzionario veneziano, inviò Calvi a combattere in Cadore poiché, essendo territorio di confine con l’Austria e porta per raggiungere la città, avrebbe subito forti attacchi dall’Impero e necessitava, quindi, di un abile comandante nella difesa. Il 14 aprile 1848 Pietro Fortunato assunse ufficialmente il comando delle operazioni in quella zona. Per un mese Calvi con i cadorini, valorosi ma inesperti d'armi, tenne a bada il nemico tramite tecniche di guerriglia, riuscendo a battersi con un avversario enormemente superiore per numero ed efficacia delle armi. Quando, tuttavia, la difesa risultò impossibile, per evitare inutile spargimento di sangue sciolse il giuramento di fedeltà dei suoi soldati ed accorse a Venezia, dove la difesa disperata durò fino all’agosto del 1849.

Esilio a Torino
Caduta Venezia e ripristinato il governo austriaco sul Lombardo-Veneto, Calvi - come molti altri rivoluzionari - fuggì in esilio, prima in Grecia presso Patrasso e poi a Torino. Qui entrò in contatto con il cadorino Talamini Minotto e condusse tre anni di vita miserevole, grazie al povero sostentamento che il governo locale donava agli esuli, al lavoro saltuario di traduttore dal tedesco e alle donazioni del fratello Luigi. Alle difficoltà economiche si aggiungeva anche l’interruzione di qualsiasi rapporto con il padre, che lo considerava un traditore. A Torino, tuttavia, ebbe modo di incontrare altri esuli ed entrare in contatto con due dei più grandi rivoluzionari del tempo, Giuseppe Mazzini e l’ungherese Lajos Kossuth. Con la loro collaborazione Calvi organizzò un rientro in Cadore, da effettuarsi sul finire dell’estate del 1853, per accertarsi della possibilità o meno di portare nuovamente la rivoluzione. . A questo scopo alla fine dell'agosto del ’53 scelse quattro compagni, tra cui il padovano Roberto Marin e dalla Svizzera, paese nel quale era stato costretto a rifugiarsi a causa del suo coinvogimento nei moti di Milano del 6 febbraio, iniziò il cammino verso il Veneto, non sapendo che la polizia austriaca tramite una spia, conosceva il suo progetto e i suoi spostamenti.

Arresto e processo
Varcato il confine austriaco nei pressi della Valtellina il gruppo riuscì involontariamente a far perdere le tracce alla polizia austriaca. Giunti però a Cogolo, in Val di Sole (TN), il 17 settembre 1853, i cinque rivoluzionari si fermarono in un’osteria e qui i gendarmi, venuti a sapere che nel paesino si trovavano dei forestieri, scoprirono i passaporti falsi e una notevole quantità di armi, tale da giustificare il loro immediato arresto. Da qui furono trasferiti a Cles, Trento, Innsbruck, e infine Verona,per poi essere condotti nel castello di San Giorgio a Mantova dove vennero processati secondo due riti: il primo militare (Corte Marziale) estremamente duro, durante il quale subirono torture; il secondo condotto dall’autorità civile (Corte Speciale di Giustizia). Durante entrambi i processi, Pietro Calvi dimostrò una straordinaria forza d'animo, cercando di addossarsi tutte le responsabilità del piano rivoluzionario al fine di evitare ai quattro compagni la condanna a morte con l’accusa di “alto tradimento”. Questo comportamento salvò Morati, Chinelli, Fontana, Marin e Barozzi che furono condannati a qualche anno di carcere mentre a Calvi, reo confesso, fu negata la Grazia Sovrana e venne condannato alla pena di morte tramite impiccagione, eseguita il 4 luglio 1855. Al padre scrisse due giorni prima di morire affermando che “se tutti gli uomini venissero mossi da una sola opinione, il nostro soggiorno quaggiù sarebbe comparativamente, un Paradiso”.

Curiosità
Molto benvoluto dai suoi uomini, a lui sono dedicati tre monumenti:il primo a Noale in Piazza Castello e il secondo sotto i portici di Palazzo della Loggia ove sono contenute le sue ceneri. Infine Pieve di Cadore, cittadina che guadagnò la Medaglia d'Oro al valore per i fatti del '48, nel 1875 lo omaggiò di un busto sulla strada che conduce alle fortificazioni di Monte Ricco ad opera dello scultore Valentino Besarel.
Pietro Calvi è il nome di due sommergibili a lui intitolati, di cui il primo ha prestato servizio nella Regia Marina ed il secondo nella Marina Militare.
Al patriota veneziano sono inoltre dedicate alcune strofe dell'ode Cadore scritta da Giosuè Carducci nel 1892.

Fonti
▪ Renato Zanolli, Cadore e suoi dintorni, Matteo editore s.p.a
▪ Riccardo Berto, "Pietro Fortunato Calvi, da soldato a uomo", CLEUP Padova, 2005

▪ 1902 - Narendranath Dutta, conosciuto come Swami Vivekananda (Calcutta, 12 gennaio 1863 – Cossipore, 4 luglio 1902), è stato un mistico indiano.
Considerato in India alla stregua di un santo, è stato il principale discepolo del guru Ramakrishna, e secondo le sue istruzioni, fondò nel 1897 la Ramakrishna Mission, allo scopo di "promuovere il miglioramento delle condizioni spirituali e materiali dell'umanità intera, senza alcuna distinzione di casta, credo, razza, nazionalità, genere e religione", e di promuovere la fratellanza fra gli adepti delle diverse religioni, nella consapevolezza che si tratta di forme differenti di unica Religione eterna ed universale.
Di tradizione e cultura induista, fu un grande ammiratore e conoscitore di differenti religioni, in modo particolare del Cristianesimo.
Poeta, filosofo e grande pensatore fu autore di molti testi spirituali, ma non solo; scrisse vari pensieri con la finalità di integrare la cultura occidentale con quella orientale, un filone ripreso poi da vari asceti indiani.
 Come mistico si dice che possedesse la diretta esperienza della realtà e dell'assoluta "Verità" e una naturale tendenza a trascendere il mondo e perdersi nella contemplazione dell'assoluto.
Vivekananda inoltre si prodigò molto in campo sociale, tanto che ancora oggi è ricordato per le sue innumerevoli attività rivolte al prossimo.

▪ 1906 - Giuseppe Candido (Lecce, 28 ottobre 1837 – Ischia, 4 luglio 1906) è stato un vescovo cattolico, fisico e inventore italiano.
Giuseppe Candido dopo essere entrato a 10 anni nel Collegio Reale dei Gesuiti dove manifestò grande entusiasmo per lo studio dell'elettricità grazie soprattutto al suo maestro p. Nicola Miozzi, conseguì a Napoli la laurea in matematica e fisica.

Attività tecniche a Lecce
Ritornato nella città natale realizzò numerosi apparecchi elettrici utilizzati nelle abitazioni private della città, ma il suo impegno principale in campo elettrico è rappresentato dalla rete di orologi pubblici elettrici sincroni a Lecce negli anni compresi tra il 1868 e il 1874. Quest'opera che egli stesso costruì dopo averla progettata non aveva precedenti in Italia e fu una delle prime in Europa, rimanendo in funzione fino al 1937.

Invenzioni
Tra le sue invenzioni annoveriamo la pila a diaframma regolatore, il pendolo elettromagnetico sessagesimale ed il brevetto di un gassogeno automatico.

▪ 1910 - Giovanni Virginio Schiaparelli (Savigliano, 14 marzo 1835 – Milano, 4 luglio 1910) è stato un astronomo e storico della scienza italiano.
Fu inoltre senatore del Regno d'Italia, membro dell'Accademia dei Lincei, dell'Accademia delle Scienze di Torino e del Regio Istituto Lombardo, ed è noto particolarmente per i suoi studi su Marte.
Laureatosi in ingegneria all'Università di Torino nel 1854, studiò astronomia all'Osservatorio di Berlino sotto Johann Franz Encke e all'Osservatorio di Pulkovo sotto Otto Struve. Rientrato in Italia nel 1860, venne nominato "secondo astronomo" all'Osservatorio di Brera e, nel 1862, direttore. Nel 1867 pubblicò la memoria "Note e riflessioni intorno alla teoria astronomica delle stelle cadenti", nella quale teorizzò il nesso tra meteore e comete. Nel 1877 iniziò i suoi studi su Marte, cui è legata la celebre vicenda dei canali del pianeta rosso e della loro germinazione. Importanti anche i suoi studi di storia dell'astronomia.

Attività astronomica
Compì undicimila misure tra le stelle doppie ossia quelle stelle che, al telescopio ottico, appaiono molto ravvicinate tra loro nel cielo. Le stelle doppie ottiche possono essere due stelle che orbitano effettivamente attorno ad un baricentro comune (binarie visuali) oppure delle coppie apparenti: due stelle senza alcune connessione fisica, ma che appaiono molto ravvicinate dalla prospettiva di osservazione terrestre.
Tra i risultati astronomici, vi fu la scoperta dell'asteroide 69 Hesperia, il 26 aprile 1861, e la dimostrazione dell'associazione degli sciami meteorici delle Perseidi e delle Leonidi con le comete. Schiaparelli verificò, per esempio, che l'orbita dello sciame meteorico delle Leonidi coincideva con quella della cometa Tempel-Tuttle. Queste osservazioni condussero l'astronomo a formulare l'ipotesi, molto successivamente rivelatasi esatta, che gli sciami meteorici potessero essere residui cometari.

Storia della scienza
Schiaparelli fu uno dei maggiori studiosi del suo secolo della storia dell'astronomia antica. Fu tra l'altro il primo a capire che le sfere omocentriche di Eudosso di Cnido e di Callippo di Cizico, a differenza di quelle usate da molti astronomi di epoche successive, non erano concepite come sfere materiali, ma solo come elementi di un algoritmo di calcolo analogo alla moderna serie di Fourier. Propose inoltre un'ingegnosa ricostruzione del sistema planetario di Callippo, che è ancora la base degli studi su questo argomento.

I canali di Marte
Molto popolari presso il grande pubblico furono le osservazioni al telescopio del pianeta Marte compendiate da Schiaparelli in tre pubblicazioni: "Il pianeta Marte" (1893), "La vita sul pianeta Marte" (1895) e "Il pianeta Marte" del 1909. Durante la grande opposizione del 1877, Schiaparelli osservò sulla superficie del pianeta una fitta rete di strutture lineari che chiamò "canali". I canali di Marte divennero ben presto famosi, dando origine a una ridda di ipotesi, polemiche, speculazioni e folklore sulle possibilità che il pianeta rosso potesse ospitare forme di vita senzienti.
L'autore scriveva:
«Piuttosto che veri canali della forma a noi più familiare, dobbiamo immaginarci depressioni del suolo non molto profonde, estese in direzione rettilinea per migliaia di chilometri, sopra larghezza di 100, 200 chilometri od anche più. Io ho già fatto notare altra volta, che, mancando sopra Marte le piogge, questi canali probabilmente costituiscono il meccanismo principale, con cui l'acqua (e con essa la vita organica) può diffondersi sulla superficie asciutta del pianeta» (Giovanni Schiaparelli, La vita sul pianeta Marte, estratto dal fascicolo N.° 11 - Anno IV° della rivista Natura ed Arte, maggio 1895, cap. I)

La maggior parte delle speculazioni sull'esistenza di una civiltà aliena su Marte fu favorita da un'errata traduzione in inglese del lavoro di Schiaparelli. La parola «canali» fu, infatti, tradotta con il termine «canals» invece del più corretto «channels». Mentre la prima parola indica una costruzione artificiale, il secondo termine definisce una conformazione del terreno che può essere anche di origine naturale. L'astronomo statunitense Percival Lowell fu uno dei più ferventi sostenitori della natura artificiale dei canali marziani e condusse una dettagliata serie di osservazioni (compendiata nelle pubblicazioni: "Mars", 1895; "Mars and Its Canals", 1906; "Mars As the Abode of Life", 1908) a sostegno dell'ipotesi che i canali fossero delle imponenti opere di ingegneria idraulica progettate dai marziani per meglio gestire le scarse risorse idriche del pianeta.
Tra gli scienziati che contestarono l'esistenza dei canali, vi furono l'astronomo italiano Vincenzo Cerulli (tra i primi ad avanzare l'ipotesi che le strutture di Schiaparelli fossero illusioni ottiche come successivamente dimostrato), l'astronomo inglese Edward Walter Maunder (che condusse degli esperimenti visivi al fine di dimostrare la natura illusoria dei canali) e il naturalista inglese Alfred Russel Wallace che, nel libro "Is Mars Habitable?" del 1907, criticò aspramente le tesi di Lowell affermando che la temperatura e la pressione atmosferica del pianeta erano troppo basse perché potesse esistere acqua in forma liquida, e che tutte le analisi spettroscopiche effettuate fino a quel momento avevano escluso la presenza di vapore acqueo nell'atmosfera marziana.
Le prime foto della superficie del pianeta scattate dalla sonda spaziale Mariner 4, nel 1965, e la prima mappatura realizzata da Mariner 9, nel 1971, misero fine alla disputa rivelando una superficie arida e desertica butterata da crateri da impatto, profonde incisioni e formazioni di origine vulcanica.

Riconoscimenti
In suo onore furono battezzati l'asteroide 4062 Schiaparelli, il cratere Schiaparelli sulla Luna, il cratere Schiaparelli su Marte e lo Schiaparelli Dorsum, una catena montuosa sulla superficie di Mercurio.
Per la scoperta del legame tra comete e sciami meteorici Schiaparelli fu insignito, nel 1872, della Medaglia d'Oro della Royal Astronomical Society[1]. Nel 1902, ricevette la Medaglia Bruce della Astronomical Society of the Pacific.
È attualmente sepolto nel Cimitero monumentale di Milano.

▪ 1925 - Pier Giorgio Frassati (Torino, 6 aprile 1901 – Torino, 4 luglio 1925) è stato uno studente italiano, membro del terz'ordine domenicano, della Fuci e di Azione Cattolica: è stato proclamato beato nel 1990 da papa Giovanni Paolo II.

La famiglia
Pier Giorgio Frassati nacque il 6 aprile, Sabato Santo, da una delle famiglie più in vista dell'alta borghesia della Torino sabauda.
Il padre, Alfredo Frassati, si laureò in legge e vinse il concorso statale per la libera docenza in diritto penale presso l’Università di Sassari. Tuttavia preferì dedicarsi alla carriera giornalistica, che rappresentò poi la sua fortuna; nel 1895 rilevò la redazione del quotidiano “Gazzetta Piemontese”. Il 1º gennaio dell’anno successivo, la “Gazzetta Piemontese” apparve con una nuova testata: “La Stampa”.
Alfredo Frassati, assumendo la piena proprietà nel 1902, ne fu subito vicedirettore e poi, dal 1900 al 1920, direttore a tutti gli effetti.
Oltre ad essere fondatore e direttore di uno dei quotidiani più importanti della Penisola, fu anche un insigne uomo politico al fianco del liberale Giovanni Giolitti, che lo nominò prima Senatore del Regno e poi, nel 1913, Ambasciatore in Germania.
Il 5 settembre 1898 prese in moglie la cugina Adelaide Ametis. Allieva del Delleani, fu una pittrice valente ed apprezzata: riuscì addirittura a far esporre alcune sue opere alla Biennale di Venezia e una di esse venne acquistata dal Re Vittorio Emanuele III.
Luciana Frassati, sorella di Pier Giorgio, più giovane di lui di un anno, definirà entrambi due genitori autorevoli e ingombranti.
Lo status economico e sociale della famiglia era dunque notevole.
Più complicati furono però i rapporti interni: infatti i coniugi Frassati, forse per troppa somiglianza caratteriale, spesso litigavano e andavano poco d'accordo; tuttavia, non giunsero mai ad una separazione, anche se i rapporti, in alcuni casi, furono molto tesi.
L'educazione che i due fratelli Frassati ricevettero in famiglia fu improntata su metodi e principi piuttosto rigidi, che Luciana ha definito addirittura “spartani”; ella ha raccontato che "La casa signorile in cui vivevamo sembrava una caserma".
La famiglia quindi trasmise ai figli un duro sistema di regole e doveri, basato sul rispetto, l'ordine, la disciplina e l'onore. La fede fu impartita unicamente dalla madre.

Davanti alla Prima Guerra Mondiale
Nel 1914 l'Europa fu insanguinata dalla Grande Guerra e l'anno seguente l'Italia entrò nel conflitto muovendo guerra all'Austria.
La famiglia Frassati (giolittiana e liberale) era neutralista.
Allo scoppio della guerra, Pier Giorgio, anche se molto giovane, si impegnò alacremente per rendersi utile; per esempio, per aiutare i contadini, volle conseguire il diploma in agraria.
Inoltre inviava regolarmente ai soldati e alle loro famiglie i suoi piccoli risparmi.

Gli studi
Pier Giorgio e Luciana, nonostante la differenza di un anno d'età, furono avviati insieme agli studi.
Come era usanza nelle famiglie signorili di un tempo, la prima istruzione venne loro impartita privatamente, in casa. Poi frequentano le scuole statali ma Pier Giorgio non dimostrava molto entusiasmo per lo studio e subì una bocciatura.
Dopo aver conseguito la licenza elementare, vennero entrambi iscritti al Regio ginnasio-liceo “Massimo d’Azeglio” di Torino; tuttavia l'iter scolastico di Pier Giorgio fu rallentato da due bocciature in latino.
Venne poi iscritto dai genitori all' Istituto Sociale di Torino, un ginnasio-liceo retto dai padri della Compagnia di Gesù, dove si avvicinò anche alla spiritualità cristiana.
Pier Giorgio conseguì la maturità classica nell'ottobre del 1918.

Università
Il mese successivo, si iscrisse alla facoltà di Ingegneria meccanica (specializzazione in mineraria) presso il Regio Politecnico di Torino.
Motivò questa scelta universitaria con l'intenzione di poter lavorare a fianco dei minatori (la classe dei lavoratori a quel tempo più disagiata), per aiutarli a migliorare le loro condizioni di lavoro.
Però, nonostante i suoi sforzi e il suo impegno, Pier Giorgio non riuscì mai a conseguire la laurea, perché morì improvvisamente a due soli esami dalla sospirata mèta.

Vita associazionistica
All'Università ebbe per lui inizio un periodo di intensa attività all'interno di numerose associazioni di stampo cattolico, come la Fuci e il Circolo “Cesare Balbo”, affluente alla Fuci stessa, a cui si iscrisse nel 1919.
Inoltre aderì anche alla Società San Vincenzo De Paoli del “Cesare Balbo”, profondendo un impareggiabile impegno in favore dei poveri e dei più bisognosi.

La montagna
Pier Giorgio era un ragazzo molto vivace, solare, sempre allegro e ricco di energie.
Praticò numerosi sport, ma furono soprattutto le escursioni in montagna a costituire la sua più grande passione (esistono molte fotografie che lo ritraggono intento in scalate ed escursioni).
Si iscrisse per questo a svariate associazioni alpinistiche, partecipando attivamente a circa una quarantina di gite ed escursioni. La sua più notevole ascensione è stata la difficile vetta della Grivola (tuttora riservata ad alpinisti esperti); tra le altre montagne scalò anche l'Uia di Ciamarella il 20 luglio 1924 insieme agli amici dell'associazione "Giovane Montagna".
Fu poi proprio la stessa passione per la montagna che gli fece conoscere Laura Hidalgo, una ragazza orfana e di modeste origini sociali: Pier Giorgio se ne innamorò, anche se non confessò mai all'amica il proprio sentimento, “per non turbarla”, come scrisse ad un amico.
La ragione per cui non le dichiarò il suo amore fu la netta opposizione della famiglia di lui, che non avrebbe mai accettato per l'erede della fortuna dei Frassati una consorte che non fosse stata d'altolocata e prestigiosa provenienza sociale.
Rinunciò quindi a questo amore per non suscitare pesanti discussioni in casa, che avrebbero incrinato fatalmente l'equilibrio fra i genitori (che si trovavano in quel momento in gravi difficoltà nei rapporti coniugali).
Tuttavia questa scelta fu per Pier Giorgio causa di sofferenza, ma lui seppe trovare il modo di aggirarla, come scrisse all'amico Isidoro Bonini il 6 marzo del 1925: «Nelle mie lotte interne mi sono spesse volte domandato perché dovrei io essere triste? Dovrei soffrire, sopportare a malincuore questo sacrificio? Ho forse io perso la Fede? No, grazie a Dio, la mia Fede è ancora abbastanza salda ed allora rinforziamo, rinsaldiamo questa che è l'unica Gioia, di cui uno possa essere pago in questo mondo. Ogni sacrificio vale solo per essa».

La Compagnia o Società dei Tipi Loschi
Nonostante la sua attivissima partecipazione a numerose associazioni di quell'epoca, con i suoi più cari amici fondò, il 18 maggio 1924 con tanto di “Proclama”, durante una gita al Pian della Mussa, la Compagnia o Società dei Tipi Loschi; un'associazione caratterizzata da un sano spirito d'amicizia e d'allegria.
Ma dietro le apparenze scherzose e goliardiche, la Compagnia dei Tipi Loschi nascondeva l'aspirazione ad un'amicizia profonda, fondata sul vincolo della preghiera e della fede.
«Io vorrei che noi giurassimo un patto che non conosce confini terreni né limiti temporali: l'unione nella preghiera», scrisse Pier Giorgio ad uno dei suoi amici il 15 gennaio 1925.
Ed era proprio il vincolo della preghiera a legare i “lestofanti” e le “lestofantesse” (come scherzosamente si denominavano fra di loro) di questa singolare Compagnia.
Oltre ad essere un'intuizione quasi profetica (il cattolicesimo vissuto nella sua interezza anche nelle circostanze ordinarie della vita, senza separazioni e divisioni, in uno spirito di cristiana gioia) fu la occasione di indimenticabili gite in montagna, buffi proclami in stile rivoluzionario e fonte di simpatici soprannomi dei suoi membri.
Dietro l'apparente facezia si celava però il progetto di un'amicizia cristiana a tutto tondo, capace di valere per tutti gli ambiti della vita.

Pier Giorgio e i poveri
Nonostante le ricchezze della famiglia (che venivano elargite ai figli con grande parsimonia), Pier Giorgio era spesso al verde perché il più delle volte i pochi soldi di cui disponeva venivano da lui generosamente dati ai poveri e ai bisognosi che incontrava o andava a visitare. Non di rado gli amici lo vedevano tornare a casa a piedi perché aveva dato a qualche povero i soldi che avrebbe dovuto utilizzare per il tram. Come già accennato, fece attivamente parte della Conferenza di San Vincenzo, aiutando un numero indefinito di persone che spesso non avevano di che vivere. «Aiutare i bisognosi - rispose un giorno alla sorella Luciana - è aiutare Gesù». In famiglia nessuno sapeva nulla delle sue opere caritative, perché non compresero mai appieno chi fosse veramente Pier Giorgio, questo figlio così diverso dal cliché alto-borghese di famiglia, sempre pronto ad andare in chiesa e mai a prendere parte alla vita mondana del proprio ceto.

Gli ultimi giorni di vita
È probabilmente visitando i poveri nelle loro abitazioni che Pier Giorgio contrasse una poliomielite fulminante che lo portò repentinamente alla morte in meno di una settimana, dal 29 giugno al 4 luglio, giorno in cui spirò.
La mattina del 30 giugno 1925, Pier Giorgio accusò una strana emicrania e anche un'insolita inappetenza. Nessuno però diede molto peso al suo malessere, pensando a comuni sintomi influenzali.
Inoltre, in quegli stessi giorni, tutta l'attenzione dei familiari era rivolta all'anziana nonna materna, Linda Ametis, che morì pochi giorni dopo, il 3 luglio.
La notte prima della morte della nonna, come ricorda Luciana, non potendo prendere sonno per l'assillante dolore, Pier Giorgio tentò di alzarsi per camminare un po’, ma cadde più volte in corridoio, rialzandosi, sempre da solo e senza che nessuno, a parte i domestici, se ne accorgesse.
I genitori compresero la gravità del male del figlio proprio il giorno della morte della nonna, quando egli non riuscì più ad alzarsi dal letto per partecipare alle esequie.
Pier Giorgio stava morendo senza che nessuno se ne fosse accorto e quando il medico diagnosticò l'incurabile situazione in cui egli versava, era ormai troppo tardi per cercare di porvi (se possibile) un rimedio.
Si tentò lo stesso di fare tutto il possibile, il padre fece anche arrivare direttamente da Parigi un siero sperimentale, ma tutto fu inutile.

I funerali
Ai suoi funerali presero parte molti amici, riguardevoli personalità, ma soprattutto tantissimi poveri aiutati dal rimpianto estinto.
Per l'ampiezza della partecipazione, qualcuno dei presenti paragonò quei funerali a quelli di San Giovanni Bosco, altro santo torinese popolarissimo.
Davanti a quello spettacolo di popolo, che accorse a dare l'ultimo saluto al figlio, per la prima volta i suoi familiari capirono, vedendolo tanto amato, dove e come era vissuto Pier Giorgio.
Il padre, con amarezza, asserì: «Io non conosco mio figlio!».grazie

Beato Pier Giorgio Frassati
Giovanni Paolo II lo proclamò beato il 20 maggio 1990.
Il Papa polacco lo aveva definito tra l'altro "un alpinista... tremendo" e “il ragazzo delle otto Beatitudini”.
Il miracolo riconosciuto dalla Chiesa al fine della beatificazione è la guarigione di Domenico Sellan, un friulano che aveva contratto, verso la fine degli anni trenta, il morbo di Pott.
Questi, quasi in fin di vita, guarì repentinamente e senza spiegazione medica dopo che un suo amico sacerdote gli aveva portato un'immaginetta con una piccola reliquia di Pier Giorgio Frassati, al quale Sellan si rivolse con fiducia, supplicandolo d'intercedere presso il Signore, secondo i principi della religione cattolica, per ottenere la guarigione.
Il 3 marzo 2008 è stata compiuta una ricognizione canonica del corpo del beato, che riposa dal 1990 in una cappella laterale della navata sinistra del Duomo di Torino (precedentemente era sepolto nella tomba di famiglia a Pollone). Tale ricognizione era finalizzata alla traslazione a Sydney in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù del 2008.
È patrono delle Confraternite e dei Giovani di Azione Cattolica.
Fra i parenti ancora viventi vi è il nipote, giornalista e politico, Jas Gawronski.

▪ 1934 - Maria Skłodowska, meglio nota come 'Marie Curie' (Varsavia, 7 novembre 1867 – Passy, 4 luglio 1934), è stata una chimica e fisica polacca, naturalizzata francese. Nel 1903 fu insignita del premio Nobel per la fisica (assieme al marito Pierre Curie e ad Antoine Henri Becquerel) e, nel 1911, del premio Nobel per la chimica per i suoi lavori sul radio.

Le origini
Nata a Varsavia, figlia di Wladyslaw Skłodowski (1832-1902) e di Bronislawa Boguska (1834-1879); in Polonia, iniziò gli studi con il padre, da autodidatta, proseguendoli poi a Varsavia ed infine all'Università della Sorbona di Parigi, laureandosi in chimica e fisica. Maria fu la prima donna ad insegnare nell'università parigina. Alla Sorbona incontrò un altro docente, Pierre Curie che poi sposò.
Morì di leucemia nel 1934.

I premi Nobel
Insieme al marito Pierre Curie e ad Antoine Henri Becquerel, Maria Sklodowska-Curie ricevette - prima donna della storia - il premio Nobel per la fisica nel 1903:
«in riconoscimento dei servizi straordinari che essi hanno reso nella loro ricerca sui fenomeni radioattivi »
Otto anni dopo, nel 1911, fu insignita di un altro premio Nobel, questa volta per la chimica:
«in riconoscimento dei suoi servizi all'avanzamento della chimica tramite la scoperta del radio e del polonio, dall'isolamento del radio e dallo studio della natura e dei componenti di questo notevole elemento.»

La vita e alcune applicazioni delle sue scoperte
La vita di Maria Sklodowska-Curie fu dedicata all'isolamento ed alla concentrazione del radio e del polonio, presenti in piccolissime quantità nella pechblenda proveniente da Jáchymov.
I coniugi Curie-Skłodowska notarono che alcuni campioni erano più radioattivi di quanto lo sarebbero stato se costituiti di uranio puro; ciò implicava che nella pechblenda fossero presenti elementi. Decisero così di esaminare tonnellate di pechblenda riuscendo così, nel luglio del 1898, ad isolare una piccola quantità di un nuovo elemento dalle caratteristiche simili al tellurio che fu chiamato polonio. Il resoconto di tale lavoro, unitamente a quello immediatamente successivo che portò alla scoperta dell'ancor più radioattivo radio, divenne la tesi di dottorato di Maria Skłodowska.
Con una mossa insolita, la Sklodowska-Curie intenzionalmente non depositò il brevetto internazionale per il processo di isolamento del radio, preferendo lasciarlo libero affinché la comunità scientifica potesse effettuare ricerche in questo campo senza ostacoli, in maniera tale da favorire il progresso in questo settore scientifico.
Maria Sklodowska-Curie fu la prima persona a vincere o condividere due premi Nobel. Oltre a lei soltanto un'altra persona sino ad ora, ha ricevuto due premi Nobel in due campi differenti: Linus Pauling. Altri ne hanno ricevuti due nello stesso settore: John Bardeen (entrambi in fisica) e Frederick Sanger (entrambi in chimica).
Durante la prima guerra mondiale, Maria Sklodowska-Curie sostenne l'uso delle unità mobili di radiografia come mezzo di diagnosi per i soldati feriti. Nel 1921 effettuò un viaggio negli Stati Uniti per raccogliere i fondi monetari necessari a continuare le ricerche sul radio; ovunque fu accolta in modo trionfale.
Fondò l'Istituto del Radio, oggi noto come Istituto Curie, dapprima a Parigi e successivamente a Varsavia.
Gli ultimi suoi anni di vita furono turbati dall'uso improprio e privo di precauzioni del materiale radioattivo attorno al quale aveva molto lavorato. Morì nel sanatorio di Sancellemoz di Passy (Alta Savoia), nel 1934; la causa fu quasi certamente la leucemia, molto probabilmente dovuta all'esposizione massiccia alle radiazioni durante i suoi lunghi anni di lavoro.
La figlia maggiore, Irène Joliot-Curie, vinse anch'essa un premio Nobel per la chimica nel 1935, l'anno successivo la morte della madre.
La secondogenita, Eve Denise Curie, scrittrice, fu tra l'altro, consigliere speciale del Segretariato delle Nazioni Unite e ambasciatrice dell'UNICEF in Grecia.

Altri riconoscimenti
Assieme al marito Pierre Curie ricevette la Medaglia Davy nel 1903 e la Medaglia Matteucci nel 1904.
Il 20 aprile 1995 le sue spoglie (insieme a quelle del marito Pierre) sono state trasferite dal cimitero di Sceaux, al Pantheon di Parigi. È stata la prima donna della storia ad avere ricevuto questo onore (per meriti propri). Per il timore di contaminazioni radioattive, la sua bara è stata avvolta in una camicia di piombo.
Una moneta da 100 franchi francesi ed una banconota da 20.000 złoty polacchi che la raffigurano furono emesse negli anni novanta.
Ai coniugi Curie è stato dedicato un asteroide, il 7000 Curie, ed un minerale di uranio: la Curite. A Maria-Sklodowska è stato dedicato un altro minerale di uranio: la Sklodowskite oltre all'unità di misura della radioattività: il curie.

▪ 1960 - Giacomo Noventa, pseudonimo di Giacomo Ca' Zorzi (Noventa di Piave, 1898 – Milano, 4 luglio 1960), è stato un poeta e saggista italiano.
Noventa compì gli studi universitari a Torino e presto venne in contatto con Piero Gobetti e altri scrittori. Proseguì gli studi in Germania e dopo aver soggiornato per un po' di tempo all'estero, si trasferì a Firenze e insieme ad Alberto Carocci fondò la rivista "La Riforma letteraria" (1936-1939) che si connotò subito come una rivista fortemente polemica contro la cultura del tempo. Nella seconda metà degli anni ottanta del Novecento, la sua opera omnia venne pubblicata in quattro volumi (Opere complete di Giacomo Noventa, (1987-1989)

▪ 1980 - Gregory Bateson (Grantchester, 9 maggio 1904 – San Francisco, 4 luglio 1980) è stato un antropologo, sociologo, psicologo e studioso di cibernetica britannico, il cui lavoro ha toccato anche molti altri campi.
Varrebbe forse la pena considerarlo provocatoriamente prima di tutto un filosofo, nel senso "classico" del termine, per la sua inimitabile capacità di passare da un campo all'altro dello scibile umano creando sintesi assolutamente originali che spesso sono state descritte come olistiche. Due delle sue opere più influenti sono Verso un'ecologia della Mente (Steps to an Ecology of Mind, 1972), e Mente e Natura (Mind and Nature, 1980). Bateson era figlio del famoso genetista William Bateson.
In vita, Bateson era famoso soprattutto per aver sviluppato la teoria del doppio legame per spiegare la schizofrenia. Lo studioso era il marito di Margaret Mead.
“Il bello e il brutto, il letterale e il metaforico, il sano e il folle, il comico e il serio... perfino l'amore e l'odio, sono tutti temi che oggi la scienza evita. Ma tra pochi anni, quando la spaccatura fra i problemi della mente e i problemi della natura cesserà di essere un fattore determinante di ciò su cui è impossibile riflettere, essi diventeranno accessibili al pensiero formale.” (Gregory Bateson, Dove gli angeli esitano)

Biografia e campi di interesse
Durante i suoi studi a Cambridge, abbandonò le scienze naturali e si dedicò all'antropologia. Fu allievo ad Oxford di Alfred Reginald Radcliffe-Brown e a Londra di Malinowski.
La sua prima opera in questo settore fu Naven (1936), un libro che prende il nome dalla cerimonia del popolo Iatmul della Nuova Guinea in esso descritta e analizzata. La pubblicazione fu accolta con una certa perplessità dalla comunità antropologica: essa infatti non si presentava come una classica monografia etnografica (tipica dello struttural-funzionalismo britannico) in cui veniva presentata la società studiata come un organismo composto di parti in equilibro, bensì Bateson partiva dalla descrizione della cerimonia naven per delinearne le implicazioni psicologiche, economiche, politiche, religiose ed etiche. In questo lavoro coniò inoltre l'espressione schismogenesi.
A partire dal 1939, a causa della guerra si trasferì negli Stati Uniti dove in breve tempo divenne l'ispiratore dei lavori del Mental Research Institute di Palo Alto in California (conosciuta in seguito come Scuola di Palo Alto), che rivoluzionò l'approccio alla malattia mentale e creò nuovi strumenti psicoterapeutici completamente alternativi alla psicoanalisi tradizionale, che si occupava principalmente del campo delle nevrosi e quindi disgiunta dall'area delle psicosi e dei più gravi disturbi di personalità (inclusi i vari tipi di dipendenza). Bateson può essere considerato il padre della terapia familiare ad orientamento sistemico.
Altri importanti contributi, che poi altri studiosi come Paul Watzlawick, Don Jackson e Jay Haley ripresero rendendoli operativi a livello di strategie terapeutiche, furono lo studio della schismogenesi (prima a livello antropologico e poi a livello psicologico) vale a dire la progressiva creazione di differenze attraverso l'accumulo dell'interazione tra persone e gruppi; lo studio dei vari livelli dell'apprendimento, con particolare enfasi sul concetto di deutero-apprendimento o "apprendimento ad apprendere" (l'acquisizione di pattern e strutture cognitive attraverso l'esperienza) ed infine, un trattamento del tutto originale del concetto di "mente" riconoscendo, e studiando, la tendenza dei sistemi di interazione a costruirsi come sistemi mentali sovra-individuali.
Nei circoli accademici, Bateson ha rappresentato una figura di culto, grazie alla sua eccentricità ed alla varietà di campi in cui ha ottenuto risultati. Dopo la sua morte, il crescente interesse per l'approccio olistico, la teoria dei sistemi e la cibernetica, hanno portato insegnanti e studenti ad interessarsi alle sue pubblicazioni.
Per sua stessa ammissione, Bateson è stato male interpretato, e l'anticonvenzionalità del suo stile può essere la principale causa di ciò. Egli non aveva molto rispetto per le convenzioni della scrittura scientifica del suo tempo: i suoi lavori hanno spesso la forma del saggio piuttosto che della pubblicazione scientifica; faceva largo uso di metafore e le fonti che citava erano spesso inusuali (ad esempio, poteva citare un antico poeta e ignorare recenti studi scientifici), ed allo stesso tempo scriveva ad un livello molto astratto. Nonostante queste critiche, molti studiosi ritengono che il suo lavoro contenga notevoli spunti originali e meriti una lettura attenta.

Opere tradotte in italiano
▪ Bateson, G. (2005) Perceval, un paziente narra la propria psicosi, 1830-1832, Torino, Bollati Boringhieri, ISBN 978-88-339-1590-6
▪ Bateson, G. (1997) Una sacra unità. Altri passi verso un'ecologia della mente, Milano, Adelphi, ISBN 978-88-459-1316-7
▪ Bateson, G. (1996) Questo è un gioco. Perché non si può mai dire a qualcuno: «Gioca!», Milano, Raffaello Cortina Editore, ISBN 978-88-7078-398-8
▪ Bateson, G.; Bateson, M. C. (1989) Dove gli angeli esitano. Verso un'epistemologia del sacro, Milano, Adelphi, ISBN 978-88-459-0731-9
▪ Bateson, G.; Mead, M. (1988) Naven, Torino, Einaudi
▪ Bateson, G. (1984) Mente e natura, un'unità necessaria, Milano, Adelphi, ISBN 978-88-459-0560-5
▪ Bateson, G. (1977) Verso un'ecologia della mente, Milano, Adelphi, ISBN 978-88-459-1535-2
▪ Bateson, G.; Ruesch, J. (1976) La matrice sociale della psichiatria, Bologna, Il Mulino

Bibliografia
▪ Rosalba Conserva, La stupidità non è necessaria. Gregory Bateson, la natura e l'educazione, La Nuova Italia, Firenze, 1996
▪ Rocco De Biasi, Gregory Bateson. Antropologia, comunicazione, ecologia, Libreria Cortina, Milano, 1996
▪ Sergio Manghi (a cura di), Attraverso Bateson. Ecologia della mente e relazioni sociali, Cortina, Milano, 1998
▪ Ugo Fabietti, Storia dell'antropologia, Bologna, Zanichelli, 1999
▪ Marco Deriu (a cura di), Gregory Bateson, Milano, Mondadori, 2000
▪ Anna Cotugno, Giovanni Di Cesare (a cura di), Territorio Bateson, Meltemi, Roma, 2001
▪ Davide Zoletto, Il doppio legame. Bateson, Derrida, Bompiani, Milano, 2003
▪ Giovanni Madonna, La psicoterapia attraverso Bateson. Verso un'estetica della cura, Bollati Boringhieri, Torino, 2003
▪ Sergio Manghi, La conoscenza ecologica. Attualità di Gregory Bateson, Cortina, Milano, 2004
▪ Giuseppe Bagni, Rosalba Conserva, Insegnare a chi non vuole imparare. Lettere dalla scuola, sulla scuola e su Bateson, EGA Editore, Torino, 2005
▪ Tiziano Possamai, Dove il pensiero esita. Gregory Bateson e il doppio vincolo, Ombre Corte, Verona, 2009

▪ 1992 - Astor Pantaleón Piazzolla (Mar del Plata, 11 marzo 1921 – Buenos Aires, 4 luglio 1992) è stato un musicista e compositore argentino ritenuto tra i migliori virtuosi di bandoneón e in prima fila tra i riformatori della cifra stilistica e musicale del tango.
Nacque da genitori di origine italiana, Vicente Piazzolla (chiamato "Nonino" dai figli di Astor), figlio di Pantaleone, un pescatore emigrato in Argentina da Trani, in Puglia, ed Asunta Manetti, la cui famiglia invece proveniva dalla provincia di Massa-Carrara. Figlio unico, nel 1925 si trasferì con la famiglia a New York, dove visse fino all'età di 16 anni.
Conosciuto nella sua terra natale come El Gran Ástor o El Gato (il Gatto, per la sua abilità e ingegno), è considerato il più importante musicista di tango della seconda metà del XX secolo (Carlos Gardel è il più importante della prima metà). Fu una figura controversa nei confronti degli argentini, sia musicalmente che politicamente[2].
Si dice che in Argentina tutto può cambiare — tranne il tango — e Piazzolla ha infranto questa regola. La sua musica ha ottenuto consensi in Europa ed in America del Nord prima che nel suo Paese e la rivoluzione che ha apportato a questa forma musicale tradizionale lo ha allineato, forse inevitabilmente, a coloro che volevano fare anche altri cambiamenti nella società Argentina.

La musica
Il "nuevo tango" di Piazzolla è diverso dal tango tradizionale perché incorpora elementi presi dalla musica jazz e fa uso di dissonanze e altri elementi musicali innovativi; Piazzolla ha inoltre introdotto, a partire dal "Conjunto Electronico", l'uso di strumenti che non venivano utilizzati nel tango tradizionale, come l'organo Hammond, il flauto, la marimba, il basso elettrico, la batteria, le percussioni, la chitarra elettrica.
Piazzolla ha formato diversi gruppi, nel 1946 l'"Orchestra", nel 1955 l'"Octeto Buenos Aires", nel 1960 il "First Quintet", nel 1971 il "Noneto", nel 1974 il "Conjunto Electrónico", nel 1978 il "Second Quintet" e nel 1989 il "Sextet"; inoltre ha inciso l'album Summit-Reunion Cumbre con il sassofonista jazz Gerry Mulligan ed una formazione italiana che comprendeva Angel Pocho Gatti, pianoforte, Umberto Benedetti Michelangeli, primo violino, Giuseppe Prestipino (Pino Presti), basso elettrico, Tullio De Piscopo, batteria e percussioni.
Le sue sterminate composizioni includono lavori per orchestra, come il "Concierto para bandoneón, orquesta, cuerdas y percusión", il "Doble-concierto para bandoneón y guitarra", i "Tres tangos sinfónicos" e il "Concierto de Nácar para 9 tanguistas y orquesta"; inoltre opere per chitarra classica solista, come i "Cinco piezas", e varie altre composizioni che sono ancora oggi dei classici del tango per il pubblico argentino, come "Balada para un loco" e "Adiós nonino", dedicata al padre, in occasione della morte di costui (nell'Argentina, l'impatto dell'immigrazione italiana fa che il termine spagnolo "abuelo/a", che significa "nonno/a", venga spesso sostituito da "nono/a", ovvero, dal diminutivo, "nonino/a").
I biografi calcolano che Piazzolla abbia scritto circa 3.000 brani e ne abbia registrato circa 500.
In Italia molti suoi brani sono stati tradotti da Angela Denia Tarenzi ed interpretati da cantanti come Edmonda Aldini (che a Piazzolla ha dedicato un intero 33 giri, Rabbia e tango, pubblicato nel 1973 dalla Dischi Ricordi) e Milva.

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