Il calendario del 4 Febbraio
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Eventi
▪ 211 - L'imperatore romano Settimio Severo muore, lasciando l'Impero Romano nelle mani dei suoi due figli Caracalla e Geta.
▪ 326 - L'imperatore romano Giuliano promulga un editto nel quale assegna stessi diritti a tutte le religioni dell'Impero Romano.
▪ 1169 - Un forte terremoto colpisce la costa ionica della Sicilia provocando decine di migliaia di vittime, soprattutto a Catania
▪ 1454 - Nella Guerra dei tredici anni, il consiglio segreto della Confederazione Prussiana consegna un atto formale di disobbedienza al Gran Maestro
▪ 1459 - Ferdinando I d'Aragona viene solennemente incoronato nella Cattedrale di Barletta sovrano del Regno di Napoli
▪ 1783 - Guerra d'indipendenza americana: Il Regno Unito dichiara formalmente che cesserà le ostilità con gli Stati Uniti d'America
▪ 1787 - Fallisce la Ribellione di Shays
▪ 1789 - George Washington viene eletto all'unanimità come primo Presidente degli Stati Uniti dal Collegio Elettorale Statunitense
▪ 1792 - George Washington viene eletto all'unanimità per un secondo mandato come presidente degli USA
▪ 1794 - La legislatura francese abolisce la schiavitù in tutti i territori della Repubblica Francese
▪ 1810 - La Marina Britannica cattura Guadalupa
▪ 1857 - Herman Schaafhausen annuncia ufficialmente il ritrovamento di alcune strane ossa in una cava di Neandertal, vicino Düsseldorf, appartenenti ad un "uomo arcaico", quello che oggi viene chiamato Uomo di Neandertal
▪ 1859 - Il Codice Sinaitico viene scoperto in Egitto
▪ 1861 - A Montgomery (Alabama) i rappresentanti dei sette Stati secessionisti (Alabama, Florida, Georgia, Louisiana, Mississippi, Carolina del Sud e Texas) si incontrano per costituire gli Stati Confederati d'America
▪ 1862 - Viene fondata la Bacardi
▪ 1865 -Viene fondato l'ospedale pediatrico di Chicago.
▪ 1899 - Inizia la Guerra Filippino-Americana
▪ 1915 - La Germania impone un blocco sottomarino attorno al Regno Unito e dichiara che ogni vascello che lo forza sarà considerato un bersaglio legittimo
▪ 1924 - La prima edizione dei Giochi olimpici invernali si chiude a Chamonix, in Francia.
▪ 1932
- - L'Impero giapponese occupa Harbin in Cina.
- - A Lake Placid iniziano i III Giochi olimpici invernali.
▪ 1936 - Il Radio E. diventa il primo elemento radioattivo creato sinteticamente
▪ 1941 - Seconda guerra mondiale: Viene creata la United Service Organization (USO) per l'intrattenimento delle truppe statunitensi
▪ 1945
- - Inizia la Conferenza di Yalta, cui partecipano i capi alleati Franklin D. Roosevelt, Winston Churchill, e Josif Stalin.
- - In Italia gli statunitensi iniziano una serie di incontri segreti col comandante delle SS a Salò, generale Karl Wolf, che offre la resa dei tedeschi sulla base di reciproche garanzie
▪ 1948
- - Ceylon (in seguito ribattezzata Sri Lanka) diventa indipendente all'interno del Commonwealth britannico.
- - Nino Bibbia, oro nello skeleton alle Olimpiadi di St. Moritz, è il primo campione olimpico italiano nella storia dei Giochi olimpici invernali
▪ 1957 - Lo USS Nautilus, il primo sommergibile a propulsione nucleare, percorre il suo 60.000° miglio nautico, raggiungendo la percorrenza del Nautilus descritto da Jules Verne nel suo romando 20.000 leghe sotto i mari
▪ 1969 - Yasser Arafat assume la presidenza dell'Organizzazione per la Liberazione della Palestina
▪ 1970 - Inizia la costruzione della moderna città di Pripyat, in Ucraina, che solo 16 anni più tardi verrà evacuata in seguito al disastro di Chernobyl.
▪ 1974 - L'Esercito di Liberazione Simbionese rapisce Patricia Hearst a Berkeley (California)
▪ 1976
- - Guatemala e Honduras sconvolti da un terremoto che uccide più di 22 mila persone.
- - A Innsbruck iniziano i XII Giochi olimpici invernali
▪ 1980 - L'Ayatollah Ruhollah Khomeini nomina Abolhassan Banisadr come presidente dell'Iran
▪ 1985 - Gli U2 tengono il loro primo concerto in Italia
▪ 1997
- - O. J. Simpson viene trovato perseguibile civilmente per la morte di Nicole Brown Simpson e Ronald Goldman.
- - In rotta per il Libano, due elicotteri israeliani Sikorsky CH-53 da trasporto truppe collidono a mezz'aria sulla Galilea settentrionale. 73 vittime.
- - Dopo aver inizialmente contestato i risultati, il presidente serbo Slobodan Milošević riconosce la vittoria dell'opposizione nelle elezioni del novembre 1996
▪ 1998
- - La Bosnia-Erzegovina adotta la sua bandiera.
- - Un terremoto di magnitudo 6,1 della Scala Richter nell'Afghanistan settentrionale uccide più di 5.000 persone
▪ 1999 - Hugo Chávez, viene eletto presidente del Venezuela
▪ 2003 - La Repubblica Federale di Jugoslavia viene ufficialmente ribattezzata Serbia e Montenegro e adotta una nuova costituzione
* 2004 - Nasce Facebook
Anniversari
* 211 - Lucio Settimio Severo (Leptis Magna, 11 aprile 146 – York, 4 febbraio 211) fu un generale che divenne imperatore romano dal 193 alla sua morte, iniziando la dinastia severiana.
Origini familliari e carriera politica
Nato a Leptis Magna (sulla costa libica, a 130 km ad est di Tripoli), la famiglia di Settimio Severo apparteneva all'ordine equestre, e sembra che nel 172 sia stato fatto senatore da Marco Aurelio.
Nel 190 ebbe il consolato e negli anni seguenti resse per Commodo il comando delle legioni in Pannonia. Al momento di assassinare Pertinace nel 193, le truppe proclamarono imperatore Settimio Severo a Carnuntum, e questi si affrettò a rientrare in Italia e prendere possesso di Roma senza opposizioni. I legionari di Siria, tuttavia, proclamarono imperatore Pescennio Nigro, mentre quelli della Britannia scelsero Clodio Albino. Venne inoltre nominato un quarto imperatore, Didio Giuliano. Settimio Severo si liberò dei tre rivali nel 197, in seguito ad una sanguinosa guerra.
Politica interna
I suoi rapporti con il Senato non furono mai buoni. Egli non fu amato, avendo preso il potere con l'aiuto dei militari, e ricambiò apertamente l'ostilità dopo la vittoria su Clodio Albino. Settimio Severo ordinò l'esecuzione di 29 senatori accusati di corruzione e cospirazione contro di lui, sostituendoli con suoi favoriti, soprattutto africani e siriaci. Inoltre attribuì e ampliò i poteri degli ufficiali dell'esercito investendoli anche di cariche pubbliche che erano solitamente appannaggio del senato. Utilizzò i proventi della vendita delle terre confiscate agli avversari politici per creare una cassa imperiale privata, il fiscus. Il fiscus era distinto dall'aerarius che era la cassa dello Stato. Egli inoltre sciolse la Guardia Pretoriana, fino ad allora reclutata per lo più in Italia e in piccola parte nelle province più romanizzate, e la ricostituì con truppe a lui fedeli, tratte dal contingente danubiano. Da allora in poi l'accesso alla Guardia Pretoriana, che un tempo aveva un prerequisito geografico e culturale, sarebbe stata appannaggio dei soldati più battaglieri, quelli dell'Illirico nel III secolo. Inoltre reclutò per le sue campagne partiche (la I, la II e la III Partica) tre nuove legioni che per la prima volta ebbero un prefetto di rango equestre, in luogo del solito legato senatorio. La II Partica fu accampati in un castra in muratura ad Albano nei dintorni di Roma.[1]
Settimio Severo, il primo dei cosiddetti imperatori-soldato, fu l'iniziatore di un nuovo culto che si incentrava sulla figura dell'imperatore, una sorta di "monarchia sacra" mutuata dall'Oriente ellenistico. Adottò inoltre il titolo di dominus ac deus che andò a sostituire quello di princeps che sottintendeva una condivisione del potere con il senato[2]
In Oriente contro i Parti (195-198)
Intraprese due brevi campagne contro i Parti, costituendo per l'occasione tre legioni romane con la quale recuperò per l'impero la metà settentrionale della Mesopotamia. Essa divenne nel 198 una provincia romana con a capo un prefetto di rango equestre. Durante questa campagna i suoi soldati saccheggiarono Ctesifonte, capitale dei Parti, e ne vendettero come schiavi i superstiti. Al suo rientro, decise di lasciare nei pressi di Roma e precisamente dove sorgeva Albalonga, Albanum (oggi Albano Laziale), la seconda delle tre legioni partiche, dove tutt'oggi si possono ammirare i resti dell'accampamento (Castra Albana), i cisternoni per il rifornimento di acqua e l'anfiteatro risalente al III secolo. Malgrado la sua azione avesse introdotto a Roma la dittatura militare, egli era popolare presso i cittadini romani, avendo bollato la degenerazione morale del regno di Commodo e la corruzione crescente. Quando ritornò dopo la vittoria sui Parti, eresse un arco di trionfo che ancora oggi è in piedi e porta il suo nome.
La Britannia (208-211)
Negli ultimi anni del suo regno, appunto dal 208 d.C. Settimio Severo intraprese un buon numero di azioni militari in difesa dei confini della Britannia romana dalle spinte ormai forzate e continue delle tribù caledoni, con la previsione per la ricostruzione del Vallo di Adriano prima di morire il 4 febbraio 211 a York.
Settimio Severo fu nel suo cuore un soldato e cercò la gloria attraverso le imprese militari. Finanziò l'ingente spesa che serviva a mantenere l'esercito, causa anche l'aumento stesso del soldo, cioè della paga, con l'espediente di dimezzare la quantità di metallo prezioso contenuto nelle monete e differenziando per la prima volta il valore intrinseco da quello nominale (reddito da signoraggio). Cominciò così una crescente inflazione e una tesaurizzazione delle monete di metallo prezioso. Inoltre per l'esercito seguì anche la concessione di privilegi come la possibilità da parte dei legionari di contrarre il matrimonio anche durante il servizio militare. Giunse persino a consigliare ai figli, quando li associò al trono: "Per essere Imperatori, pagate sempre i soldati e non preoccupatevi del resto", avendo appreso appieno che si può governare anche senza il consenso popolare, ma mai senza il potere militare. Un regime assolutistico confermato dallo sviluppo cui giunse la res privata imperiale, ormai di pari peso a quella statale.
Morte (211)
Dopo la morte nel 211, fu divinizzato dal Senato ed a lui succedettero i due litigiosi figli avuti da Giulia Domna: Caracalla e Geta e la stabilità che Settimio Severo aveva dato all'Impero finì. La sua ultima frase, poco ascoltata in seguito, fu: Laboremus ("Lavoriamo").
Persecuzioni contro i cristiani [modifica]
Il regno di Settimio Severo fornisce un interessante esempio dei metodi di persecuzione dei cristiani. Settimio Severo non promulgò nuove leggi contro i cristiani, ma consentì l'applicazione di vecchie leggi. Non sono dimostrate persecuzioni sistematiche, ma anzi, ci sono prove che l'imperatore in molte occasioni protesse i cristiani dall'accanimento popolare.
D'altro lato, singoli funzionari si sentivano autorizzati dalla legge a procedere con rigore verso i Cristiani. Naturalmente l'imperatore, a stretto rigore di legge, non ostacolava qualche persecuzione limitata, che avesse luogo in Egitto, in Tebaide o nei proconsolati di Africa e Oriente. I martiri cristiani furono numerosi ad Alessandria (cfr. Clemente di Alessandria, Stromata, ii. 20; Eusebio, Storia della Chiesa, V., xxvi., VI., i.).
Non meno dure furono le persecuzioni in Africa, che sembra avessero inizio nel 197 o 198 (cfr. Tertulliano Ad martires), alle cui vittime ci si riferisce nel martirologio cristiano come ai martiri di Madaura. Probabilmente nel 202 o 203 caddero Felicita e Perpetua. La persecuzione infuriò ancora, per breve tempo, sotto il proconsole Scapula nel 211, specialmente in Numidia e Mauritania. Nei tempi successivi sono leggendarie le persecuzioni in Gallia, specialmente a Lione. In generale, si può dire che la posizione dei cristiani sotto Settimio Severo fu la stessa che sotto gli Antonini; ma la disposizione di questo imperatore almeno mostra chiaramente che Traiano aveva mancato i suoi obiettivi.
Note
▪ 1^ Franco Cardini e Marina Montesano Storia medievale Edizioni Le Monnier Università 2006 pag.24 "Settimio Severo fu il primo rappresentante di una serie di "imperatori-soldati", che governarono l'impero fra III e inizio del V secolo. Egli ampliò difatti i poteri e le prerogative degli ufficiali dell'armata legionaria - provenienti in genere dal ceto medio degli equites e talvolta dallo stesso proletariato-, li investì di cariche pubbliche a spese dell'aristocrazia senatoria, insediò una legione ad Albano presso Roma violando la tradizione secondo la quale la penisola italica doveva esser libera da eserciti e con i proventi delle confische di terra e di ricchezze dei suoi avversari mise insieme un'enorme cassa imperiale, il fiscus."
▪ 2^ Franco Cardini e Marina Montesano Storia medievale Edizioni Le Monnier Università 2006 pag.24 "Sostenitore convinto d'una visione religiosa del potere imperiale, Settimio Severo è anche il vero iniziatore a Roma d'un culto imperiale incentrato sull'idea di "monarchia sacra" ereditata dall'Egitto e dalla Grecia attraverso Alessandro Magno: adottò il titolo di dominus ac Deus sostituendolo a quello di princeps che sottintendeva una condivisione del potere con il senato."
▪ 856 - Rabàno Mauro Magnenzio (in latino: Rabanus Maurus Magnentius, ma anche Hrabanus, Rhabanus, o Reabanus; Magonza, c. 780/784 – Magonza, 4 febbraio 856) erudito carolingio, abate di Fulda, vescovo di Magonza: è anche venerato come beato e la Chiesa cattolica ne celebra la memoria liturgica il 4 febbraio.
Rabano Mauro nacque a Magonza (da cui l'appellativo Maguntius) in un anno imprecisato – probabilmente tra il 780 e il 784 – da Waluran e Waltrat, membri dell'aristocrazia franca. Quando era ancora bambino, nel 790/791 entrò come oblato nell'abbazia benedettina di Fulda dove condusse i primi studi e nell'801 fu ordinato diacono. Poco dopo venne inviato a completare i suoi studi a Tours, uno dei maggiori centri della rinascita culturale carolingia, sotto la guida di Alcuino di York.
Fu proprio Alcuino a dargli il soprannome "Mauro", in ricordo del discepolo prediletto di Benedetto da Norcia. Dopo due anni fece ritorno a Fulda per dirigere la scuola annessa all'abbazia. Nell'814 fu ordinato prete. Dopo un pellegrinaggio a Gerusalemme, nell'817 tornò nell'abbazia di Fulda, della quale nell'822 venne nominato abate. Nel ventennio del suo abbaziato Rabano scrisse la maggior parte delle sue opere, proseguì la ricostruzione degli edifici monastici iniziata dal suo predecessore, potenziò lo scriptorium dell'abbazia, la cui biblioteca divenne una delle più ricche d'Europa.
Nell'842 si dimise dalla carica di abate e si ritirò a Petersberg, presso Fulda, dove continuò la sua attività erudita. Nell'847 fu eletto vescovo di Magonza, carica che tenne fino alla morte – avvenuta il 4 febbraio 856 – distinguendosi per la sollecitudine nei confronti dei suoi diocesani, in particolare durante la grave carestia dell'850, ma anche per le rigide prese di posizione nelle controversie teologiche ed ecclesiastiche sottoposte al suo giudizio. Rabano morì il 4 febbraio 856 a Magonza e le sue reliquie vennero deposte nell'abbazia di Sant'Albano presso Magonza.
Pensiero ed opere
La fama di Rabano Mauro è legata alla sua vastissima produzione letteraria come teologo, commentatore delle Scritture, poeta, enciclopedista. Le sue opere per lo più sono compilazioni tradizionali - lo studioso Ernst Robert Curtius lo definì severamente "monotono compilatore" - che attingono abbondantemente alla letteratura patristica – da Agostino d'Ippona a Beda e Isidoro di Siviglia – o agli autori classici. Tra le sue opere maggiori:
▪ Commentaria in libros veteris et novi testamenti
▪ Liber de laudibus Sanctae Crucis
▪ De institutione clericorum
▪ De computo
▪ De oblatione puerorum
▪ De praescientia et praedestinatione, de gratia et libero arbitrio
▪ De disciplina ecclesiastica
▪ Paenitentialia
▪ De universo (o De rerum naturis)
▪ Liber de originibus rerum) libri XXII
▪ Martyrologium
▪ De anima
▪ Carmina
▪ Epistulae
Più che un pensatore originale fu un organizzatore, sistematizzatore e promotore di cultura, ma forse proprio per questo le sue opere esercitarono una profonda influenza nei secoli centrali del Medioevo, come dimostra l'abbondanza e la diffusione geografica dei manoscritti che le hanno tramandate. Tra i suoi allievi diretti ci furono alcune figure ben note della cultura carolingia, come Lupo Servato, Walafrido Strabone, Otfrido di Weißenburg, Gotescalco. La sua attività di educatore gli valse l'attributo di praeceptor Germaniae (maestro della Germania).
Durante il suo vescovato Rabano presiedette nell'autunno dell'848 il sinodo di Magonza chiamato a giudicare delle tesi eterodosse del monaco Gotescalco sulla predestinazione divina, fortemente influenzate dal tardo pensiero agostiniano. Il processo si concluse con la condanna di Gotescalco alla fustigazione e alla reclusione perpetua.
Politicamente Rabano fiancheggiò l'imperatore Ludovico I nelle controversie con i figli per la successione nell'impero carolingio che segnarono gli ultimi anni del suo regno. In seguito si schierò con il partito favorevole a Lotario I, figlio maggiore e successore di Ludovico I, e contro i suoi fratelli Carlo il Calvo e Ludovico il Germanico. Con quest’ultimo successivamente si riconciliò, come attesta la sua elezione a vescovo di Magonza nell'847, quando ormai Ludovico era stato incoronato re di Germania.
Nell'855 cura per Lotario II una rielaborazione in prosa della controversa Coena Cypriani, rendendola un compendio didattico per la memorizzazione delle maggiori figure bibliche.
▪ 1189 - Gilberto di Sempringham (Sempringham, 1083 circa – Sempringham, 4 febbraio 1189) è stato un sacerdote inglese, fondatore dell'ordine gilbertino (l'unico sorto e sviluppatosi in Gran Bretagna). Venne proclamato santo da papa Innocenzo III: il suo elogio si legge nel Martirologio Romano al 4 febbraio.
Gilberto nacque da una famiglia di origine normanna (il padre, Jocelino, era un cavaliere arrivato in Inghilterra al seguito di Guglielmo il Conquistatore).
Avviato sin da giovane alla carriera ecclesiastica, fu inviato in Francia a completare gli studi presso l'abbazia di Mont Saint-Michel e all'Università di Parigi: vi rimase diversi anni come insegnante. Tornato in patria, si dedicò all'educazione.
Entrato a servizio dei vescovi di Lincoln, ricevette gli ordini minori dal vescovo Robert Bloet (stretto collaboratore di molti sovrani inglesi) e l'ordinazione sacerdotale dal suo successore, il vescovo Alessandro, che lo nominò penitenziere della diocesi.
Nel 1130 Gilberto ritornò a Sempringham, dove fondò dapprima un monastero di religiose di clausura sotto la regola cistercense, quindi una comunità maschile a cui diede la regola di sant'Agostino, dando ad essi i compiti di direzione spirituale del primo; sorse così l'Ordine dei Gilbertini, l'unico Ordine religioso sorto in Inghilterra, i cui statuti furono approvati da papa Eugenio III nel 1148 e confermati dai suoi successori Adriano IV e da Alessandro III.
Recatosi in Francia nel 1147, Gilberto ebbe occasione d'incontrarsi, al capitolo generale di Citeaux, con il papa Eugenio III e Bernardo di Chiaravalle, al quale rimase poi sempre legato da profonda amicizia. Nonostante avesse sostenuto Tommaso Becket nella controversia contro Enrico II, riuscì a sottrarsi alle ritorsioni del re per la grande stima di cui godeva presso di lui.
Si sottrasse prima alla nomina ad arcidiacono della cattedrale di Lincoln e poi a quella a vescovo di York: preferì entrare da semplice monaco nel suo ordine giurando obbedienza al suo antico discepolo, Ruggero, divenuto primo superiore generale dell'Ordine.
Gilberto morí ultracentenario, circondato dai suoi monaci, a Sempringham. L'ordine, alla morte del suo fondatore, contava tredici monasteri (di cui nove doppi e quattro esclusivamente maschili), 700 religiosi e 1200 religiose. All'epoca della sua soppressione, decretata da Enrico VIII nel 1538, l'ordine contava 26 monasteri.
* 1498 - Antonio del Pollaiolo o Antonio Benci (Firenze, 1431 circa – Roma, 4 febbraio 1498) è stato un pittore, scultore e orafo italiano.
Fu discepolo di Domenico Veneziano, ma subì una forte influenza artistica da Donatello e da Andrea del Castagno. Ebbe un fratello minore, Piero del Pollaiolo (1441/1442 - post 1485), anche lui noto artista.
Spaziò dalla pittura alla scultura all'oreficeria, esprimendo le arti come strumento per esternare il suo stile, che sovente minimizzava la rappresentazione in sé, per uscire prepotentemente. La sua bottega fu una delle più importanti ed interessanti in città,ed era in competizione con quella di un altro grande maestro: Andrea del Verrocchio. Presso Antonio erano impiegati numerosi apprendisti e collaboratori, impegnati nella produzione di statue, dipinti, opere a rilievo e anche manufatti tessili.
Lo stile
L'attività del Pollaiolo dimostra chiaramente la sostanziale indifferenza dell'ambiente artistico fiorentino verso le influenze provenienti dall'esterno; gli artisiti locali, ad esempio, si disinteressarono quasi del tutto alle proposte di Piero della Francesca, che pure si era formato in città (dal mese di Febbraio del 1439) frequentando la bottega di Domenico Veneziano e rielaborando poi secondo i suoi personali ideali il linguaggio masaccesco e brunelleschiano. Ciò che invece caratterizza maggiormente le opere del Pollaiolo si mostra in perfetto contrasto con lo stile di Piero, che attraverso la sua ricostruzione assolutistica e simbolica del mondo, aveva cercato di offrire certezze di valori immutabili, celando quanto di mutevole possa esistere nella natura umana. Antonio tese sempre ad esaltare questa mutevolezza, il divenire incessante di ogni cosa rappresentato attraverso la riscoperta del dinamismo dell'arte classica; egli comprese infatti che gli antichi non si erano semplicemente limitati a raffigurare corpi ben proporzionati, solidi e plastici, ma anche a rendere il senso di movimento delle loro azioni. Ecco perché i tratti distintivi dello stile del Pollaiolo sono il marcato linearismo, in continuità con quella che era stata la corrente dominante tra gli artisti già dai tempi di Filippo Lippi e Andrea del Castagno, ed il grande dinamismo delle figure. Egli unì allo studio delle proporzioni antiche una profonda conoscenza dell'anatomia umana, per conferire ai suoi personaggi maggiore coerenza e credibilità; un primo esempio in questo senso è dato dalla Battaglia dei nudi, un'incisione su rame, di cui un esemplare si conserva al Cleveland Museum di Cleveland, Stati Uniti. La scena non ha un senso preciso, se non quello di presentare un repertorio di figure nel corso di un'azione di guerra e riunite in un insieme ben bilanciato. La propensione dell'artista verso il linerasimo risulta evidente dalle linee di contorno dei personaggi, ciascuno immortalato nell'atto di compiere il suo gesto, con particolare attenzione alla resa naturale dei corpi. Questa incisione influenzò moltissimo sulla realizzazione del Combattimento tra Amore e Castità di Perugino, realizzato per lo studiolo di Isabella d'Este, oggi al Museo del Louvre e per la Battaglia di Cascina di Michelangelo, il cui cartone originale venne strappato da Baccio Bandinelli.
Le sculture
Nel campo della scultura Antonio prediligeva le piccole composizioni in bronzo e non si rivolgerà mai al marmo. Resta un'unica terracotta certamente attribuitagli: si tratta di un giovane guerriero, modello per un bronzo forse mai realizzato, caratterizzata da una vivace rappresentazione del movimento.
La prima opera assegnabile ad Antonio è la grande Croce d'argento del Tesoro di San Giovanni, all'Opera del Duomo di Firenze (1457 - 1459), realizzata in collaborazione con Francesco Betti. Antonio fu pagato 2006 fiorini per la parte inferiore, mentre Betti 1030 per quella superiore.
Tra le opere più celebri, va innanzitutto menzionato il gruppo di Ercole e Anteo, eseguito per Lorenzo il Magnifico, oggi al Museo Nazionale del Bargello a Firenze, databile al quinquennio 1470 - 1475. Le figure sono disposte su due archi contrapposti e spiccano per la forte gestualità e l'esasperazione dei movimenti; molto accurata è la resa dei dettagli anatomici, attraverso linee nette che quasi "scarnificano" il modello, fino ad individuare i tendini tesi per lo sforzo, mentre dal punto di vista iconografico, si nota il pieno recupero del mito antico, per cui Ercole è vestito solo con una pelle di leone e Anteo è completamente nudo.
Altro celebre bronzetto (h 40,5 cm) è l' Ercole in riposo (1475 - 1480), oggi allo Staatliche Museen di Berlino. Ercole, nudo, ha ai suoi piedi la pelle del leone nemeo, mentre nella mano sinistra stringe i pomi delle Esperidi.
Assegnato ad Antonio anche il grande Crocifisso (160 x 160 cm)in sughero (1470 - 1480) oggi nella Basilica di San Lorenzo a Firenze. La scelta del materiale, sughero, è dettata dalla destinazione dell'opera: si tratta infatti di una croce processionale.
Pur essendo uno degli artisti più amati dal Magnifico, Antonio trascorse l'ultima fase della sua vita a Roma; partì nel 1484 (seguito dal fratello Piero) e fu prevalentemente impegnato nella realizzazione di due importanti monumenti funerari, considerati i suoi massimi capolavori nell'ambito della scultura. Il primo è il monumento funebre per Sisto IV risale agli anni 1484-1493 e si trova esposto all'interno del Museo Storico Artistico "Tesoro di San Pietro", nella Basilica di San Pietro in Vaticano; venne commissionato dal cardinale Giuliano della Rovere, futuro Papa Giulio II e fu realizzato in bronzo, a dimostrazione l'altissima qualità di cesello raggiunta dallo scultore. Il defunto è posto su un largo catafalco elegantemente decorato e circondato dalle personificazioni delle Virtù e delle Arti, in omaggio al mecenatismo che aveva contraddistinto il suo pontificato e tra cui spicca la Prospettiva, musa del Rinascimento.
L'altra opera, che ebbe una notevole influenza sull'ambiente artistico locale è il monumento a Innocenzo VIII, situato anch'esso nella Basilica di San Pietro, ma fortemente rimaneggiato; il Pollaiolo adottò in questo caso il modello della tomba a muro, ma la particolarità sta nel fatto che la figura del pontefice appare due volte, in basso, disteso sul letto da morto ed in alto seduto, vivo, nell'atto di benedire. Questo nuovo impianto compositivo ebbe un notevole successo a Roma e costituisce l'originale alternativa proposta da Antonio al tipico modello della tomba a parete della tradizione fiorentina.
Le pitture
Contemporaneamente all'attività di scultore Antonio vi affiancò quella di pittore, che manifestava il suo bisogno di spaziare in diversi campi e con diverse tecniche, alla base delle quali restava il disegno.
Il primo dipinto conosciuto è l'Assunzione di Santa Maria Egiziaca (tempera e olio su tavola, cm 209,5 x 166,2), del 1460 ca., conservato a Staggia Senese, frazione di Poggibonsi, in provincia di Siena, nei locali attigui alla chiesa di Santa Maria Assunta. L'iconografia, così riconosciuta dal Berenson, è plausibilmente errata; sembra più felice leggervi un momento della leggenda di Maria Maddalena, che, ritiratasi in eremitaggio in una zona desertica della Francia, si nutriva del pane eucaristico portatele quotidianamente dagli angeli che la elevavano al cielo. A nutrire questa lettura la considerazione della somiglianza della figura femminile con famosa statua della Maddalena scolpita da Donatello pochi anni prima per il Battistero di Firenze.
Il suo interesse verso la mitologia lo portò a realizzare per il Palazzo Medici negli anni sessanta del Quattrocento le Fatiche di Ercole, in tre tele perdute, ma di cui esiste una riproduzione in due piccole celebri tavolette oggi agli Uffizi: Ercole e l'idra e Ercole e Anteo, databili nel decennio 1470 - 1480.
L'artista viene ricordato anche per i freschissimi ritratti di Giovani gentildonne, quasi tutte anonime: la più nota è certamente la Ragazza di profilo, opera simbolo del Museo Poldi Pezzoli di Milano, 1470 - 1475, anche se si tratta di un'opera variamente attribuita sia ad Antonio che a Piero (la critica comunque recentemente sembra protendere per il primo - cfr. A. Galli, 2005, p. 35)
Secondo la sue volontà testamentarie fu sepolto a Roma, nella basilica di San Pietro in Vincoli, sulla sinistra, entrando in chiesa.
▪ 1615 - Giovanni Battista Della Porta (Vico Equense, 1535 – Napoli, 4 febbraio 1615) è stato un filosofo, alchimista e commediografo italiano.
Le origini
Terzo figlio di Nardo Antonio e di una patrizia della famiglia Spadafora, ricevette le basi della sua formazione culturale in casa, dove si era soliti discutere di questioni scientifiche, e dimostrò immediatamente le sue notevoli innate capacità, che poté sviluppare attraverso gli studi grazie alle condizioni agiate della famiglia: il padre era infatti proprietario terriero e armatore di navi. Prima il padre e poi il fratello maggiore Gian Vincenzo ebbero a partire dal 1541 la carica di scrivano di mandamento.
La famiglia aveva una casa a Napoli a via Toledo, una villa a Due Porte, nelle colline intorno a Napoli, e la "villa delle Pradelle" (Vico Equense). Tra i suoi maestri vi furono il classicista e alchimista Domenico Pizzimenti, e i filosofi e medici Donato Antonio Altomare e Giovanni Antonio Pisano.
Il Magiae naturalis sive de miraculis rerum naturalium
Nel 1558 pubblicò il Magiae naturalis sive de miraculis rerum naturalium: come dice lo stesso autore nella prefazione, l'opera, originariamente in quattro volumi, era stata scritta all'età di quindici anni. Successivamente ebbe nuove edizioni, nelle quali la mole si accrebbe fino a venti volumi, e fu compendiata in un volume unico nel 1584: questo compendio fu largamente diffuso e fu tradotto dal latino nelle principali lingue europee.
L'opera si occupa di scienza popolare, cosmologia, geologia, ottica, prodotti delle piante, medicine, veleni, cucina, cambiamenti chimici dei metalli, distillazione, colorazione del vetro, smalti e ceramiche, proprietà magnetiche, cosmetici, polvere da sparo, crittografia. Vi si citano autori antichi, come Aristotele e Teofrasto, ma ugualmente le conoscenze contemporanee. Si tratta tuttavia di una compilazione scolastica, non basata su una propria attività di ricerca, ma sullo studio degli autori antichi e moderni. In una delle edizioni successive alla prima descrisse una camera oscura dotata di una lente convessa e sebbene non ne fosse l'inventore, la popolarità della sua opera ne accrebbe la conoscenza.
I viaggi e l'Academia secretorum naturae
Nel 1563 pubblicò un'opera di crittografia, il De Furtivis Literarum Notis, nel quale descrive il primo esempio di sostituzione poligrafica cifrata con accenni al concetto di sostituzione polialfabetica. Per quest'opera è ritenuto il maggiore crittografo del Rinascimento.
In questo periodo, quando già la sua fama si era consolidata, presentò il suo libro sulla crittografia al re Filippo II di Spagna e viaggiò anche in Francia e in Italia.
Del 1566 è una pubblicazione sull'Arte del ricordare, ripubblicato poi nell'originario latino nel 1602.
Della Porta aveva fondato l'Academia Secretorum Naturae (Accademia dei Segreti), per appartenere alla quale era necessario dimostrare di aver effettuato una nuova scoperta scientifica, sconosciuta al resto dell'umanità, nell'ambito delle Scienze naturali; l'accento veniva tuttavia posto più sul meraviglioso che sul metodo scientifico. L'Accademia fu sospettata di occuparsi di argomenti occulti e Della Porta fu indagato dall'Inquisizione nel 1579 e l'Accademia fu chiusa per ordine papale: a Della Porta fu tuttavia concesso di continuare gli studi di scienze naturali. Tra il 1579 e il 1581 fu ospitato a Roma e quindi a Venezia e a Ferrara dal cardinale Luigi d'Este.
Nel 1583 pubblicò il trattato Pomarium sulla coltivazione degli alberi da frutta e l'anno seguente un Olivetum, più tardi inclusi nella sua enciclopedia sull'agricoltura. Nel 1586 pubblicò presso l'editore J. Cacchi di Vico Equense l'opera De humana physiognomonia in 4 libri sulla Fisiognomica, dedicato al cardinale Luigi d'Este, che influenzerà poi l'opera dello svizzero Johann Kaspar Lavater (1741-1801). Nel 1599 presso l'editore Tarquinio Longo di Napoli pubblicò la seconda edizione allargata a 6 libri con ampio rimaneggiamento della materia. La sua opera Fitognomica (1588) elenca le piante a seconda della localizzazione geografica.
Nel 1589 la sua casa fu frequentata da Tommaso Campanella e nel 1592 rinnovò in un nuovo soggiorno a Venezia l'amicizia con Paolo Sarpi e forse conobbe anche Giordano Bruno prima del suo incarceramento. Da questa data per ordine dell'inquisitore veneziano Della Porta dovette richiedere il permesso per le sue pubblicazioni a Roma. Nel 1593 si incontrò a Padova con Paolo Sarpi e con Galileo. Nel 1601 ricevette a Napoli il nobiluomo francese Nicolas-Claude Fabri de Peiresc. Nel 1603 incontrò il giovane Federico Cesi e fu invitato a Praga dall'imperatore Rodolfo II, al quale dedicò il trattato sulla Taumatologia, ora perduto.
Scrisse ancora di ottica (De refractione optices, del 1589), di agricoltura (Villae, del 1592), di astronomia (Coelestis physiognomoniae del 1601), di idraulica e matematica (Pneumaticorum, del 1602), di arte militare (De munitione, del 1606), di meteorologia (De aeris transmutationibus, del 1609), e di chimica (De distillatione del 1610). L'opera sulla lettura della mano (Chirofisonomia), scritta nel 1581 sarà pubblicata solo molto dopo la sua morte nel 1677.
Gli ultimi anni
Nel 1610 fu invitato a far parte dell'Accademia dei Lincei, appena fondata da Federico Cesi. Rivendicò senza troppa convinzione una paternità sull'invenzione del telescopio, resa nota in quegli anni da Galileo, anch'egli membro dell'Accademia dal 1611. Fece forse parte anche di un'accademia letteraria dedicata alla letteratura dialettale napoletana (Schirchiate de lo Mandracchio e 'Mprovesante de lo Cerriglio), che sappiamo attiva nel 1614, e dell'Accademia degli Oziosi, di drammaturghi, iniziata ufficialmente nel 1611, di cui faceva parte anche il viceré spagnolo (Pedro Fernando deo Castro, conte di Lemos).
Nei suoi tardi anni raccolse esemplari rari del mondo naturale e coltivò piante esotiche. Il suo museo privato era visitato dai viaggiatori e fu uno dei primi esempi di Museo di storia naturale, ispirando il gesuita Athanasius Kircher a radunare una simile collezione a Roma. Anche il fratello Gian Vincenzo aveva raccolto una collezione di libri, marmi e statue, mentre l'altro fratello Gian Ferrante, morto in giovane età, aveva lasciato una collezione di cristalli ed esemplari geologici, più tardi venduta.
Fu anche commediografo e scrisse 14 commedie in prosa, una tragicommedia, una tragedia e un dramma liturgico, che divennero fonte di numerose opere del successivo XVII secolo. Sei titoli di Della Porta erano presenti nella biblioteca di Sir Thomas Browne.
▪ 1693 - Giovanni de Britto, in portoghese João de Brito (Lisbona, 1 marzo 1647 – Oriyur, 4 febbraio 1693), è stato un gesuita e missionario portoghese.
Morì decapitato a Oriyur, Tamil Nadu (India). La Chiesa cattolica lo venera come santo martire e lo festeggia il 4 febbraio. Pio IX lo beatificò il 18 maggio 1859 e Pio XII lo canonizzò il 22 giugno 1947.
Nacque da una nobile famiglia imparentata con la casa reale. Perse il padre nel 1650 mentre lo stesso era a Rio de Janeiro come viceré. Giovanni visse presso la corte del Portogallo come paggio del principe Pietro II, figlio del re Giovanni IV di Braganza. Qualche anno dopo, ammalatosi gravemente, la madre Donna Brites Pereira, promise a san Francesco Saverio che se suo figlio fosse guarito lo avrebbe vestito per un anno con l'abito dei "figli di Sant'Ignazio di Loyola". Il figlio guarì e il voto venne mantenuto, il giovane ragazzo ne fu molto contento e nel 1662, a sedici anni chiese di entrare come novizio nella Compagnia di Gesù. Svolse il noviziato da prima a Evora, qui ammalatosi di nuovo venne trasferito a Coimbra. Da subito volle essere mandato in missione in India; il suo desiderio venne esaudito dopo essere stato consacrato sacerdote nel 1673. Nonostante l'opposizione materna si trasferì a Madura nell'India sud-orientale.
Il viaggio lo portò da prima nelle Canarie poi in Mozambico e in seguito raggiunse Goa dove, sulla tomba di Saverio, promise di dedicare tutta la vita alla conversione al cattolicesimo degli indiani. Giunse a destinazione forse nel 1675; qui gli venne proposta la cattedra di filosofia che rifiutò in quanto intenzionato a raggiungere e convertire quelle popolazioni. Dopo aver appreso la lingua tamil che si parlava nella regione, per potersi occupare dei paria senza nuocere al suo apostolato presso la popolazione di casta, adottò il genere di vita dei saniassi o Sadhu (santoni indù). Si spostava vestito di una tunica rossa e portava un turbante, invece di scarpe portava sandali, una canna come bastone e un'anfora di rame al braccio per l'acqua. Il nobile portoghese si nutriva di riso, latte e erbe, una sola volta al giorno, secondo la tipica dieta alimentare dei santoni. La sua opera di evangelizzazione ebbe successo e ciò irritava le autorità. Una notte, mentre stava battezzando duecento catecumeni, venne assalito e barbaramente percosso assieme ai suoi accoliti. Egli svolse questa attività tra il 1679 e il 1685. In quell'anno venne nominato superiore.
Non contento di quanto fatto, nel 1686 partì per il regno di Marava, dove in pochi mesi battezzò 2000 persone. Venutone a conoscenza, il primo ministro del regno ne chiese la carcerazione; dopo vari supplizi venne condannato a morte, ma un'improvvisa insurrezione nel regno fece ritardare l'esecuzione. Più tardi il sovrano cambiò idea e lo volle a corte, dove venne alloggiato in una scuderia e dove molti sapienti del regno gli fecero visita. Il re non si convertì, ma annullò la sentenza. Gli fu proibito però di predicare in quel regno e venne rinviato a Marava.
Nel 1687 ricevette l'ordine di rientrare in Europa come Procuratore della Provincia di Malabar. Giunto in patria non poté proseguire per Roma per contrasti tra la casa reale di Lisbona e il Papa. Non potendo svolgere la sua missione si prodigò nella predicazione in patria con l'intento di reclutare nuovi missionari. Il re tentò invano di trattenere il suo amico d'infanzia presso di lui. Dopo aver salutato per l'ultima volta la madre, si imbarcò di nuovo per l'India.
Là giunto, penetrò di nuovo nel regno di Marava da dove era stato scacciato. Qui ottenne la conversione di un principe della casa reale, che aveva cinque mogli ma si decise a ripudiarne quattro pur di ricevere il battesimo da Giovanni. Una delle mogli ripudiate che era parente del re si lamentò a corte del comportamento del principe. Il sovrano ordinò di bruciare le chiese dei cristiani e l'arresto di Giovanni. Dopo averlo imprigionato e torturato lo mandò da suo fratello, governatore di una provincia ai confini del regno, lontano da occhi indiscreti, per ucciderlo. In una lettera spedita dal carcere, Giovanni confessava al sacerdote Francesco Lainez: "Essendo virtù la colpa di cui mi accusano, il soffrire per essa è per me grande gioia". Dopo una difficile trasferta giunse a Oriyur il 4 febbraio 1693 per essere dapprima denudato e decapitato, poi gli vennero tagliate mani e piedi e il tronco venne impalato. Le carni vennero probabilmente date in pasto alle fiere.
▪ 1713 - Anthony Ashley Cooper, III Conte di Shaftesbury (Londra, 26 febbraio 1671 – Napoli, 4 febbraio 1713) è stato un politico, filosofo e scrittore inglese.
In Italia è comunemente noto come Shaftesbury.
Shaftesbury nasce a Londra, nipote di Anthony Ashley-Cooper, I conte di Shaftesbury e figlio del secondo Conte. Sua madre è Lady Dorothy Manners, figlia di John, Conte di Rutland. Secondo il racconto del III Conte, il matrimonio tra i genitori di Shaftesbury venne combinato grazie all'intercessione di John Locke, fidato amico del I Conte. Il padre di Shaftesbury pare fosse debilitato sia dal punto di vista fisico che psichico, tanto che, all'età di tre anni, il figlio è posto sotto la tutela del I Conte, il nonno. Locke, presente nella casa del Conte grazie alle sue conoscenze mediche, ha già assistito alla nascita del piccolo Shaftesbury, ed è a lui che gliene viene affidata l'educazione, che la condusse sulla base dei principî enunciati nel proprio scritto Pensieri sull'educazione (pubblicato nel 1693); il metodo di insegnamento del latino e greco antico tramite la conversazione fu portato avanti con successo dalla sua istruttrice, Elizabeth Birch, tanto che all'età di undici anni si dice il piccolo Shaftesbury fosse in grado di leggere scorrevolmente entrambe le lingue.
Nel novembre del 1683, alcuni mesi dopo la morte del I Conte, il padre inviò Shaftesbury al College di Winchester, dove trascorse un periodo infelice, a causa del suo carattere timido e perché schernito a causa del nonno. Lasciò Winchester nel 1686, per una serie di viaggi all'estero, che gli permisero di entrare in contatto con associazioni di artisti e classicisti, che ebbero una forte influenza sui suoi carattere e opinioni. Durante i suoi viaggi sembra non cercasse il dialogo con altri giovani inglesi quanto piuttosto coi loro tutori, con cui poteva conversare su tematiche a lui più congeniali.
Nel 1689, l'anno successivo alla Gloriosa Rivoluzione, Shaftesbury tornò in Inghilterra, e sembra trascorse i cinque anni seguenti dedicandosi a una tranquilla vita di studio. Non c'è dubbio che la maggior parte della sua attenzione era rivolta all'analisi degli autori classici, nel tentativo di comprendere il vero spirito dell'antichità classica. Non era sua intenzione, tuttavia, trasformarsi in un "recluso". Divenne candidato parlamentare nel villaggio di Poole, ottenendo l'elezione il 21 maggio 1695. Si distinse presto per un discorso in favore della legge per la regolazione delle controversia in caso di tradimento, una delle cui norme prevedeva che agli accusati di tradimento o di mancata denuncia di un tradimento dovesse essere permessa l'assistenza di un avvocato. Nonostante appartenesse ai Whig, Shaftesbury fu sempre pronto a supportare le proposte della parte avversaria, se queste gli sembravano promuovere la libertà dei sudditi e l'indipendenza del parlamento. La salute debole lo costrinse a ritirarsi dal parlamento nel 1698. Soffriva d'asma, disturbo aggravato dall'atmosfera inquinata di Londra.
Shaftesbury si ritirò quindi nei Paesi Bassi, dove entrò in contatto con Jean Leclerc, Pierre Bayle, Benjamin Furly (il mercante inglese quacchero, che aveva ospitato Locke durante la sua permanenza a Rotterdam) e probabilmente con Limborch e il resto del circolo letterario che una diecina di anni prima aveva avuto Locke come suo membro onorato. Probabilmente questo era un ambiente sociale ben più congeniale a Shaftesbury che non quello inglese. In questo periodo erano i Paesi Bassi la nazione dove si potevano tenere, con la maggior libertà e il minor rischio che non nel resto d'Europa, confronti sugli argomenti che più interessavano a Shaftesbury (filosofia, politica, morale, religione). Sembra si debba riferire a questo periodo la pubblicazione clandestina, in patria, in un'edizione incompleta della Ricerca sulla virtù e il merito, ricavata da una bozza che Shaftesbury aveva schizzato all'età di vent'anni; pubblicazione dovuta a John Toland.
Dopo oltre un anno, Shaftesbury tornò infine in Inghilterra, e dopo poco successe al padre come Conte. Partecipò attivamente, a fianco dei Whig, alle elezioni generali del bienno 1700-1791, e ancora, ma con minor successo, a quelle dell'autunno 1701. Si dice che in quest'ultima occasione Guglielmo III espresse il suo apprezzamento per i servizî di Shaftesbury, offrendogli la carica di segretario di Stato, che tuttavia Shaftesbury rifiutò, a causa del progressivo deteriorarsi delle condizioni di salute. Se il Re fosse vissuto più a lungo, probabilmente l'influenza di Shaftesbury a corte sarebbe stata maggiore. Dopo le prime due settimane di regno della regina Anna, Shaftesbury, privato del suo titolo di vice-ammiraglio di Dorset, tornò alla propria vita ritirata, anche se da alcune sue lettere si evince che mantenne un forte interesse per la politica.
Nell'agosto del 1703 si stabilì nuovamente nei Paesi Bassi, nella cui atmosfera sembra avere, al pari di Locke, grande fiducia. Tornò in Inghilterra nel 1704, fortemente provato nella salute. Nonostante il soggiorno all'estero gli avesse prodotto, sull'immediato, dei benefici, Shaftesbury mostrava comunque sintomi di un malessere progressivo, sinché non divenne cronicamente malato. Le sue attività si ridussero quindi unicamente alle lettere, e da questo momento in poi si occupò di scrivere, completare o rivedere i trattati in seguito raccolti nelle Caratteristiche di uomini, maniere, opinioni, tempi. Continuò tuttavia ad avere un grande interesse per la politica, sia interna che estera, in particolar modo per la guerra contro la Francia, guerra che sostenne in maniera entusiasta.
All'età di quasi quarant'anni si sposò, e anche in questo caso sembra che si decise al passo dietro le insistenti richieste dei suoi amici, principalmente per garantire un successore al suo titolo. Oggetto della sua scelta (o, meglio, della sua seconda scelta, in quanto un primo progetto di matrimonio era già fallito in breve tempo) fu Jane Ewer, la figlia di un gentiluomo di Hertfordshire. Il matrimonio ebbe luogo nell'autunno del 1709, e il 9 febbraio dell'anno successivo l'unico figlio di Shaftesbury nacque a Reigate, nel Surrey; è ai suoi manoscritti che dobbiamo molti dettagli sulla vita di Shaftesbury stesso. L'unione sembrò felice, anche se Shaftesbury si sentiva troppo coinvolto dalla sua vita matrimoniale.
Se si esclude, nel 1698 la prefazione a uno scritto di Whichcote (esponente della scuola di Cambridge), Shaftesbury non pubblicò nulla di proprio sino al 1708. A quel tempo i Camisardi francesi attiravano l'attenzione grazie alle loro folli stravaganze, rispetto alle quali erano stati proposte diverse misure repressive, ma Shaftesbury affermò che non c'era nulla di meglio per combattere il fanatismo, se non la presa in giro e il buon umore. A sostegno di questa sua visione, scrisse Lettera sull'entusiasmo, datata al settembre 1707, che venne pubblicata in forma anonima l'anno seguente, provocando numerose risposte. Nel maggio del 1709 tornò sull'argomento dando alle stampe un'ulteriore lettera, titolata Sensus communis, e nello stesso anno pubblicò anche Il moralista, seguito l'anno successivo dal Soliloquio o consiglio a un autore. Pare che nessuno di questi titoli fu pubblicato col suo nome o con le sue iniziali. Nel 1711 comparvero i tre volumi delle Caratteristiche di uomini, maniere, opinioni, tempi, anch'esse prive di un nome o di iniziali, e persino del nome dello stampatore. Questi volumi contenevano, oltre ai quattro trattati già citati, le inedite Riflessioni miscellanee e la Ricerca sulla virtù e il merito, che si segnalava esser già stata pubblicata in forma imperfetta, ora corretta e intera.
La degenerazione nella salute di Shaftesbury rese necessaria la ricerca di un clima più caldo, e nel luglio del 1711 partì per l'Italia. A novembre si stabilì a Napoli, dove visse per più di un anno. La sua principale occupazione, in questo periodo, sembra sia consistita nella preparazione di una seconda edizione delle Caratteristiche, che fu pubblicata nel 1713, poco dopo la morte. La copia, minuziosamente corretta di suo pugno, è attualmente conservata nel British Museum. Durante il soggiorno a Napoli fu impegnato anche nella stesura di brevi saggi (poi inclusi nelle Caratteristiche), e all'abbozzo di Plastica, o l'origine, il progresso e la potenza delle arti del disegno, che però era appena iniziato quando sopraggiunse la morte (venne pubblicato comunque nel 1914, col titolo Caratteristiche seconde o il linguaggio delle forme).
Gli eventi che precedettero il Trattato di Utrecht, che Shaftesbury vedeva come un segnale dell'abbandono dell'Inghilterra da parte dei suoi alleati, lo preoccupò particolarmente durante gli ultimi mesi di vita. Non visse comunque sino a vederne la ratifica (che avvenne il 31 maggio 1713), in quanto morì il mese precedente, il 4 febbraio 1713. Il suo corpo fu riportato in Inghilterra e sepolto nella residenza di famiglia nel Dorsetshire. Il suo unico figlio gli successe come IV Conte, mentre il suo pronipote, VII Conte, divenne un famoso filantropo.
Filosofia
La rilevanza di Shaftesbury come filosofo deriva principalmente dalle sue riflessioni di etica, il cui tema principale consiste nella confutazione delle dottrine sull'"egoismo" di Thomas Hobbes. Adottando la metodologia della psicologia empirica, Shaftesbury analizza l'uomo dapprima come un'unità a sé stante e quindi nelle più ampie relazioni che lo uniscono all'insieme della società e a quello più grande dell'umanità. Il grande principio del suo pensiero era quello dell'Armonia (o dell'Equilibrio), che fondava sulle basi del buon gusto e dei sentimenti, visti in opposizione alla razionalità:
Al primo posto sta l'uomo in quanto individuo, un complesso di appetiti, passioni, affezioni, tutti controllati più o meno completamente da una ragione centrale. Nell'uomo morale questi fattori sono adeguatamente equilibrati. "Invece", afferma Shaftesbury, "in chi è meno incline verso questo tipo di architettura morale, la sua struttura interna è composta in modo che basta un'estensione troppo corta (o troppo breve) di una singola passione per portare a una rovina e una miseria irrimediabili". (Ricerca sulla virtù e il merito)
Come creatura sociale, l'uomo fa parte di un'armonia più grande e, in quanto in grado di contribuire alla felicità della totalità, deve regolare le sue attività in modo che non entrino in conflitto con l'ambiente che lo circonda. Solo nel momento in cui ha regolato la sua interiorità e le sue relazioni sociali conformemente a questo ideale, l'uomo può essere considerato come un individuo morale. Sia l'egoista che l'altruista sono entrambi imperfetti. Nella più completa perfezione umana, i due impulsi devono essere perfettamente armonici.
Conformemente al criterio dell'Armonia, Shaftesbury rifiuta le opinioni di Hobbes, e conclude che la virtù della benevolenza è indispensabile per la moralità. Shaftesbury traccia inoltre uno stretto parallelismo tra i criterî morali e quelli estetici. Nello stesso modo in cui esiste una facoltà che nella sfera dell'Arte apprende la bellezza, così nella sfera dell'etica c'è una facoltà che determina il valore delle azioni. Shaftesbury definisce questa facoltà (per primo nel pensiero inglese) come Senso Morale (concetto sviluppato in seguito da Francis Hutcheson) o come Coscienza (concetto sviluppato in seguito da Joseph Butler). Per Shaftesbury il Senso Morale, nella sua essenza, è emozionale e non riflessivo; viene razionalità in un processo successivo, tramite l'uso e l'educazione. Shaftesbury, tuttavia, non analizzò a fondo gli elementi emotivi e razionali del Senso Morale, cosa che invece fece in seguito Henry Home.
Da questo principio segue che:
▪ La distinzione tra giusto e sbagliato è parte costitutiva della natura umana.
▪ La moralità è distinta dalla teologia, e le qualità morali delle azioni sono determinate a prescindere dalla volontà di Dio.
▪ Il criterio definitivo per valutare un'azione dipende dalla sua tendenza a promuovere o meno l'armonia e il benessere generali.
▪ Gli appetiti e la ragione concorrono nel determinare le azioni.
▪ Chi è morale non si interessa di risolvere il problema del libero arbitrio e del determinismo.
Da questi risultati si vede come Shaftesbury si opponga sia a Hobbes che a Locke, trovandosi invece in stretto accordo con Hutcheson, e come sia, in definitiva, un pensatore di indirizzo fortemente religioso, e questo nonostante egli rigetti la sanzione morale dell'opinione pubblica, il terrore di una punizione futura e le autorità istituite come incentivi alla bontà, sostituiti dalla voce della coscienza e dall'amore di Dio. Solo questi due spingono l'uomo verso la perfetta armonia, per il suo stesso bene e per quello dell'universo.
L'attività filosofia di Shaftesbury rimase confinata all'etica, all'estetica e alla religione. Per quanto riguarda la metafisica propriamente detta, e anche la psicologia, sembra non avesse interesse, se non per farne una base dell'etica. Probabilmente giudicava la logica come un mero strumento al servizio dei ragionamenti dei pedanti, che a suo tempo avevano troppo spazio, specie nelle università.
L'obiettivo principale del Moralista era proporre un sistema di teologia naturale. Gli articoli di fede di Shaftesbury erano pochi e semplici, ma egli li visse comunque con una convinzione quasi entusiasta.
Possono essere riassunti nella fede in un Dio la cui principale caratteristica è la benevolenza, nell'esistenza di un governo morale dell'universo, e in uno stato futuro in cui l'uomo sarà emendato dalle imperfezioni e ineguaglianze della vita attuale. Shaftesbury fu un deciso ottimista, anche se, nel Moralista, è presente un passaggio che può indurre a supporre che considerasse la materia come un principio indifferenziato, eterno e coesistente rispetto a Dio;
la materia, limitando l'agire di Dio, sarebbe la causa del male e delle imperfezioni che, nonostante la benevolenza del creatore, permangono nella sua opera. Se è questa la sua versione dell'ottimismo, allora si deve dire quel che Mill disse di Leibniz, cioè che anche se questo non è il miglior mondo immaginabile, è comunque il migliore di quelli possibili.
Ricezione
Considerevole fu l'influenza degli scritti di Shaftesbury, sia in patria che all'estero. Il suo sistema fu ripreso in una forma più precisa e filosofica da Hutcheson, dai suoi successori e, con determinate varianti, da David Hume e Adam Smith. Ebbe inoltre i suoi effetti anche sulla speculazione di Butler. Dei cosiddetti deisti, Shaftesbury fu probabilmente quello maggiormente importante, nonché il più plausibile. Le Caratteristiche, una volta pubblicata, furono accolte in maniera molto positiva, tra gli altri, da Leibniz.
Nel 1745 Denis Diderot adattò in francese la Ricerca sulla virtù e il merito. Nel 1769 fu pubblicata a Ginevra una traduzione francese di tutte le opere di Shaftesbury, lettere comprese. Traduzioni di varî suoi saggi comparvero in Germania a partire dal 1738, e tra 1776 e il 1779 furono intermanete tradotte in tedesco le Caratteristiche. Secondo Hermann Hettner non solo Leibniz, Voltaire e Diderot, ma anche Lessing, Mendelssohn, Wieland and Herder, ricavarono da Shaftesbury stimoli enormi.
Particolarmente elogiativo fu Herder. Nell'Adrastea definisce il Moralista degno dell'antico letteratura greca nella sua forma, e superiore ad essa nei contenuti. L'interesse dei letterati tedeschi per Shaftesbury fu ravvivato dalla pubblicazione di due monografie, una, del 1872, riguardo agli aspetti teologici del suo pensiero, scritta da Gideon Spicker, e la seconda, del 1876, che ne tratta in particolare il lato filosofico, scritta da Georg von Gizycki.
* 1939 - Edward Sapir (Lębork, 26 gennaio 1884 – 4 febbraio 1939) è stato un etnologo e linguista statunitense.
Fu grande luminare della linguistica strutturale americana e teorizzatore dell'Ipotesi di Sapir-Whorf. Giunse negli Stati Uniti nel 1889. Fu discepolo di Franz Boas e maestro di Benjamin Whorf.
Inizialmente insegnò alle Università di California e Pennsylvania. In seguito, tra il 1910 e il 1925 fu a capo del dipartimento di antropologia del museo nazionale canadese.
Sapir insegnò antropologia prima all'Università di Chicago (1925–1931), poi linguistica etnica all'Università di Yale, dove vi rimase fino alla morte.
Fu uno dei primi a compiere ricerche sulle relazioni tra lo studio delle lingue e l'antropologia.
Sapir propose nel 1921 un'alternativa alla lingua, nella quale supponeva che la lingua influenzasse il pensiero delle persone. Le sue idee furono poi riprese da Whorf e rielaborate e sono oggi note come Ipotesi di Sapir-Whorf.Anche lui allievo di Boas, studia le lingue indiane e osserva che i tratti culturali non si diffondono uniformemente in tutte le direzioni dal centro di irradiazione con un unico ritmo. E critica il diffusionismo tedesco, stabilisce così l'impossibilità di tracciare carte areali della diffusione dei tratti culturali. Si sforza di esporre i principi secondo cui si può ricostruire la storia della cultura grazie allo studio della distribuzione locale di differenti elementi culturali. «L'antropologia culturale si va realizzando come una scienza storica, i suoi dati si percepiscono come sequenze di eventi che si riportanoi a un passato remoto»
Opere
▪ Il linguaggio. Introduzione alla linguistica, Torino 1969, Einaudi.
▪ The Function of an International Auxiliary Language
Radcliffe-Brown A. R., (1973), Il metodo nell'antropologia sociale [Method in Social Anthropology], traduz. di Diana Lanternari = Officina/Etnologia 2, Roma, Officina. p. 37.
▪ 1974 - Satyendranath Bose o Satyendra Nath Bose (Calcutta, 1º gennaio 1894 – Calcutta, 4 febbraio 1974) è stato un fisico indiano, originario del Bengala Occidentale, specializzato in fisica matematica, famoso per aver introdotto la statistica delle particelle elementari indistinguibili ora chiamate bosoni in suo onore.
Era il primo di sette figli. Suo padre, Surendranath Bose, lavorava presso il Dipartimento di Ingegneria dell'East India Railway. Bose conosceva parecchie lingue e sapeva suonare molto bene l'esraj (uno strumento musicale simile al violino).
Frequentò a Calcutta la Hindu High School e successivamente il Presidency College, raggiungendo i massimi risultati in entrambe. Dal 1916 al 1921 fu assistente presso il Dipartimento di Fisica dell'Università di Calcutta. Nel 1921, entrò a far parte del Dipartimento di Fisica dell'Università recentemente fondata a Dacca, (ora chiamata Università di Dhaka), di nuovo come assistente.
Nel 1924 arrivò alla formulazione di una nuova statistica quantistica per le particelle di spin intero, che in suo onore vengono ora chiamate bosoni. Bose inviò il suo lavoro ad Einstein che ne curò la traduzione tedesca e la pubblicazione.
Bose viaggiò in Europa (Parigi, Berlino) negli anni 1924-1926, ma senza riuscire ad inserirsi negli ambienti universitari. Tornato in India, fondò a Calcutta l'Istituto di studi nucleari che ora porta il suo nome.
Nel 1926 divenne professore e responsabile del Dipartimento di Fisica, continuando ad insegnare presso l'Università di Dacca fino al 1945. Successivamente tornò a Calcutta dove insegnò presso l'omonima università fino al 1956, anno in cui si ritirò e gli fu conferito il titolo di professore emerito.
Sebbene siano stati assegnati più Premi Nobel per la scoperta dei bosoni, Bose non fu insignito dell'ambito premio, né per la loro scoperta, né per la sua famosa statistica di Bose-Einstein.
L'errore che non c'era
Possibili esiti del lancio di due monete
Testa-Testa Croce-Croce Testa-Croce
Ci sono tre possibili esiti. Qual è la probabilità che esca Testa-Testa?
Mentre era all'Università di Dacca, Bose scrisse un breve articolo intitolato Planck's Law and the Hypothesis of Light Quanta, nel quale descriveva l'effetto fotoelettrico. Questo articolo era basato su una lezione-conferenza che egli aveva tenuto riguardo la catastrofe ultravioletta. Durante questa conferenza, nella quale egli aveva inteso mostrare ai suoi studenti che la teoria prevedeva risultati in disaccordo con i risultati sperimentali, Bose fece un imbarazzante errore di statistica che forniva invece una predizione teorica in accordo con le osservazioni sperimentali. Questo fatto rappresentava chiaramente una contraddizione.
Dal momento che le monete sono due distinte, ci sono due eventi che producono una Testa e una Croce. La probabilità di ottenere due Teste è quindi una su quattro.
L'errore era un semplice equivoco che appariva ovviamente sbagliato a chiunque avesse delle conoscenze base di statistica, e paragonabile al fatto in cui, lanciando due monete non truccate si ottengano due teste una volta su tre. Comunque ciò portò a risultati corretti e Bose si rese conto che in realtà avrebbe potuto non essere per niente un equivoco. Egli, inizialmente, sostenne che la distribuzione di Maxwell-Boltzmann potrebbe non essere vera per particelle microscopiche, dove le fluttuazioni dovute al Principio di indeterminazione di Heisenberg sarebbero significative. Così pose l'attenzione sulla probabilità di trovare le particelle nello spazio delle fasi, ciascuna avente volume h^f, tralasciando le posizioni distinte e il momento delle particelle.
Le riviste di Fisica si rifiutarono di pubblicare l'articolo di Bose, sostenendo che egli aveva presentato loro un semplice errore, così i suoi risultati vennero ignorati. Scoraggiato, scrisse ad Albert Einstein, il quale invece fu subito in accordo con le sue teorie. I fisici iniziarono a prendere sul serio le idee di Bose nel momento in cui Einstein mandò loro l'articolo Zeitschrift für Physik in accompagnamento a quello di Bose, che fu pubblicato nel 1924. Bose aveva precedentemente tradotto la teoria della relatività generale di Einstein dal tedesco all'inglese. Si dice che Bose considerasse Albert Einstein come una sorta di Guru personale.
Poiché i fotoni sono indistinguibili tra loro, non si può considerare due fotoni aventi la medesima energia come diversi tra loro. Per esemplificare la situazione, in analogia al lancio delle monete, se paragonassimo un fotone e un bosone alle monete dell'esempio precedente, la probabilità di produrre due teste sarebbe una su tre. Quanto è nato dall'"errore" di Bose è oggi la statistica di Bose-Einstein .
Einstein applicò la stessa idea agli atomi. Da questa idea, i due fisici predissero l'esistenza del fenomeno che divenne noto come condensazione di Bose-Einstein; un condensato di Bose Einstein è un insieme di bosoni, particelle con spin intero, così chiamate in onore a Bose, la cui esistenza è stata sperimentalmente provata nel 1995.
Lavori successivi
Le idee di Bose furono successivamente ben accettate nel mondo della fisica, e nel 1924 gli fu concesso di lasciare l'Università di Dacca per intraprendere un viaggo in Europa. Trascorse un anno a Parigi dove lavorò con con Marie Curie, e conobbe alcuni tra i più famosi scienziati del tempo. Trascorse poi un altro anno all'estero, lavorando con Einstein a Berlino. Al suo rientro a Dacca, nel 1926, acquisì il titolo di professore. Egli non aveva un dottorato, e quindi in teoria non avrebbe avuto la qualifica per quel posto, ma Einstein spese parole positive in suo favore. Il suo lavoro spaziava dalla cristallografia a raggi X all'unificazione delle teorie. Insieme a Meghnad Saha pubblicò i risultati relativi ad una equazione di stato per gas reali.
Oltre che nell'ambito fisico, egli diede il suo contributo in biochimica e in letteratura (Bengali, Inglese). Fece studi approfonditi in chimica, geologia, zoologia, antropologia, ingegneria e altre scienze. Avendo origini bengalesi, egli dedicò molto tempo a promuovere la lingua del Bengala: come insegnante di lingua, traducendo nella sua lingua scritti scientifici, e promuovendo lo sviluppo di quella regione.
In 1944 Bose fu eletto Presidente Generale del Indian Science Congress.
In 1958 divenne un membro della Royal Society.
Morì a Calcutta, dove si era ritirato, pochi giorni dopo un severo attacco cardiaco.
* 1987 - Carl Ramson Rogers (Chicago, 8 gennaio 1902 – San Diego, 4 febbraio 1987) è stato uno psicologo statunitense, fondatore della terapia non direttiva e noto in tutto il mondo per i suoi studi sul counseling e la psicoterapia all'interno della corrente umanistica.
«Gli individui hanno in se stessi ampie risorse per auto-comprendersi e per modificare il loro concetto di sé, gli atteggiamenti di base e gli orientamenti comportamentali. Queste risorse possono emergere quando può essere fornito un clima definibile di atteggiamenti psicologici facilitanti» (Carl R. Rogers)
Nasce in Illinois, ad Oak Park - quartiere di Chicago - da una famiglia molto unita. Nel 1914 si trasferisce con tutta la famiglia in campagna per dedicarsi all'agricoltura e all'allevamento degli animali. Nel 1919 si iscrive alla facoltà di Agraria, che presto abbandona per intraprendere studi di Teologia.
Nel 1922 si trasferisce in Cina per alcuni mesi insieme ad un gruppo di studenti americani. L'occasione è la partecipazione ad una conferenza internazionale organizzata dalla Federazione Mondiale degli Studenti Cristiani. Questo soggiorno gli permette di confrontare la cultura occidentale con quella orientale e dà modo di chiarire a se stesso molte scelte della sua vita. Infatti da questo confronto, non appena rientrato negli Stati Uniti, abbandona gli studi religiosi per intraprenderne altri a carattere psicopedagogico. Dopo un anno di internato presso l'Institute for Child Guidance di New York, viene assunto al Child Study Department di Rochester.
Nel 1924 sposa Helen Elliot che, in seguito, gli darà due figli: David e Natalie.
Affascinato e stimolato sia dalle teorie di Otto Rank che dalla corrente europea dell'esistenzialismo, Rogers pubblica nel 1939 il suo primo libro: The Clinical Treatment of the Problem Child. Grazie a questa pubblicazione ottiene una cattedra di psicologia clinica in Ohio.
Del 1942 è l'opera di Rogers (Counseling and Psychotherapy) che getta le basi della sua client-centered therapy e del movimento di psicologia umanistica.
Nel 1944 si trasferisce a Chicago, sua città natale, dove fonda il primo counseling center all'interno del quale effettua, oltre alla sua modalità di "terapia non direttiva", anche ricerca clinica. Da questa attività deriva, alcuni anni dopo, il libro Client-centered-Therapy ("La Terapia centrata sul cliente"), testo fondamentale e manifesto del pensiero di Rogers. In questo libro vengono infatti ampliate tematiche già affrontate in Counseling and Psychotherapy.
Nel 1957 ottiene la cattedra di Psicologia e Psichiatria all'Università del Wisconsin. All'interno del dipartimento di psichiatria Rogers sperimenta la sua "terapia centrata sul cliente" a pazienti psicotici ottenendo ottimi risultati. Risultati che pubblica nel 1967 nel libro The Therapeutic Relationship and its Impact: A Study of Schizophrenia.
Nel 1964 abbandona l'insegnamento e si trasferisce in California al Western Behavioural Science Institute di La Jolla. Nel 1969 fonda, insieme ad altri colleghi, il Center for the Study of the Person e, successivamente, l'Institute of Peace per lo studio e la risoluzione dei conflitti.
Il 28 gennaio 1987, poco prima di morire, viene candidato per il Premio Nobel per la pace. Muore nel 1987 per un attacco cardiaco, a 85 anni, dopo aver speso gli ultimi anni della sua vita a girare il mondo per spiegare le sue teorie.
Opere tradotte in italiano
▪ Rogers, C. R. (2000) La terapia centrata sul cliente, Firenze, Psycho, ISBN 978-88-0975-005-0
▪ Rogers, C. R. (1983) Un modo di essere, Firenze, Psycho, ISBN 88-09-75014-4
▪ Rogers, C. R. (1976) I gruppi di incontro, Roma, Astrolabio-Ubaldini, ISBN 978-88-3400-117-2
▪ Rogers, C. R.; Kinget, G. M. (1970) Psicoterapia e relazioni umane. Teoria e pratica della terapia non direttiva, Torino, Bollati Boringhieri, ISBN 978-88-3395-341-0
* 1995 - Mary Patricia Plaugman, meglio nota come Patricia Highsmith (Fort Worth, 19 gennaio 1921 – Locarno, 4 febbraio 1995), è stata una scrittrice statunitense di noir e thriller.
Nata da genitori divorziati, il cognome Highsmith è quello del patrigno, viene allevata da una nonna. Dimostra fin dalla giovane età tendenza per la scrittura. Il suo primo romanzo, Sconosciuti in treno, è del 1950 e alla sua prima apparizione negli USA non riscuote un grande successo; tuttavia il grande regista Alfred Hitchcock ne fa il soggetto per il suo film L'altro uomo.
Forse anche a causa delle sue tematiche costantemente forti e talora disturbanti la scrittrice è stata apprezzata dalla critica USA meno che da quella europea; e in Europa la Highsmith ha vissuto dal 1963 sino alla sua morte. Tra i suoi personaggi più noti c'è l'amorale Tom Ripley, truffatore, assassino, ma eterosessuale, quindi non bisessuale come molti presumono (anche grazie al fuorviante film diretto da Anthony Minghella tratto dal primo episodio); protagonista di cinque romanzi dell'autrice, è stato portato più volte anche sugli schermi del cinema da famosi registi, da René Clément ad Anthony Minghella, passando per Wim Wenders e Liliana Cavani.
Ha trascorso gran parte della sua vita appartata e lontana dai riflettori della notorietà.