Il calendario del 4 Agosto
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Eventi
▪ 367 - Graziano, figlio dell'imperatore romano Valentiniano I, viene nominato dal padre co-augusto e associato al trono all'età di otto anni.
▪ 1258 - Pace di Sant'Ambrogio: trattato di pace che fece definitivamente tramontare il rischio della guerra civile tra popolo (Commune populi) e nobili (Commune militum), all'interno del Comune di Milano
▪ 1578 - Battaglia di Al Kasr al Kebir - I marocchini sconfiggono i portoghesi. Re Sebastiano I del Portogallo viene battuto ed ucciso in Nord Africa, lasciando il suo vecchio zio, Cardinale Enrico, come suo erede. Questo fatto darà il via ad una crisi di successione in Portogallo
▪ 1735 - Libertà di stampa: Il giornalista del New York Weekly Journal, John Peter Zenger viene assolto dall'accusa di diffamazione nei confronti del governatore reale di New York, sulla base del fatto che aveva pubblicato notizie vere
▪ 1789 - In Francia viene abolito il sistema feudale
▪ 1821 - Atkinson & Alexander pubblicano il Saturday Evening Post come giornale settimanale
▪ 1848 - Il Podestà di Milano firma la resa della città al Maresciallo Radetzky, dopo le cinque giornate di Milano
▪ 1859 - Una sentenza della Corte di Cassazione francese vieta l'uso della lingua italiana in Corsica
▪ 1873 - Guerre Indiane: Mentre protegge una squadra di ispezione della ferrovia nel Montana, il 7° Cavalleggeri, guidato dal Tenente Colonnello George Armstrong Custer, si scontra per la prima volta con i Sioux (nei pressi del Tongue River; solo un uomo per parte viene ucciso)
▪ 1879 - Papa Leone XIII pubblica l'enciclica Aeterni Patris, sull'uso della filosofia al servizio della dottrina della fede, sulla sottomissione della filosofia alla fede, sulla necessità di seguire l'insegnamento dei padri, sull'importanza dell'opera di Tommaso d'Aquino.
▪ 1880 - Papa Leone XIII pubblica l'enciclica Cum hoc sit, sulla importanza dello studio di Tommaso d'Aquino.
▪ 1902 - Apre il Greenwich foot tunnel sotto il Tamigi
▪ 1903 - San Pio X viene eletto 257° papa della Chiesa cattolica
▪ 1908 - Papa Pio X pubblica l'enciclica Haerent animo, sull'esortazione ai sacerdoti
▪ 1914 - Prima guerra mondiale: Il Regno Unito dichiara guerra alla Germania e gli Stati Uniti si dichiarano neutrali
▪ 1932 - Adriano Olivetti trasforma la "Ing. C. Olivetti & C." di Ivrea, nella società Olivetti
▪ 1944 - Olocausto: Una soffiata di un informatore olandese porta la Gestapo in un'area sigillata di un magazzino di Amsterdam dove si nascondono Anna Frank e la sua famiglia
▪ 1964
- - Guerra del Vietnam: I cacciatorpediniere statunitensi USS Maddox e USS C. Turner Joy vengono "attaccati" nel Golfo del Tonchino. Il supporto aereo proveniente dalla portaerei USS Ticonderoga affonda due, forse tre imbarcazioni nordvietnamite
- - Movimento americano per i diritti civili: Gli attivisti per i diritti civili Michael Schwerner, Andrew Goodman e James Chaney, vengono trovati morti nel Mississippi. Erano scomparsi il 21 giugno
▪ 1969 - Guerra del Vietnam: Nell'abitazione parigina di un intermediario francese, Jean Sainteny, il rappresentante statunitense Henry Kissinger, e quello nordvietnamita Xuan Thuy iniziano dei negoziati di pace segreti. I negoziati falliranno
▪ 1974 - San Benedetto Val di Sambro (Italia): sulla linea ferroviaria Firenze - Bologna, in prossimità dell'uscita dalla lunga galleria appenninica, in località San Benedetto Val di Sambro, un ordigno ad alto potenziale, a base di "termite", esplode nella ritirata della vettura numero 5 del treno Italicus, affollato di gente che si sposta per le vacanze estive. I soccorsi, difficilissimi nel buio del tunnel, estraggono dalle lamiere del treno 12 morti e 44 feriti. Tale attentato, noto come tragedia dell'Italicus, è riconducibile alla strategia della tensione
▪ 1977 - Il presidente statunitense Jimmy Carter firma la legge che istituisce il Dipartimento dell'Energia degli Stati Uniti
▪ 1983 - Thomas Sankara diventa presidente dell'Alto Volta
▪ 1984 - La repubblica africana dell'Alto Volta cambia il proprio nome in Burkina Faso
▪ 1997 - A 122 anni e 164 giorni si spegne Jeanne Calment, l'essere umano più longevo di tutti i tempi.
▪ 1993 - Un giudice federale condanna gli agenti della LAPD, Stacey Koon e Laurence Powell a 30 mesi di prigione per aver violato i diritti civili di Rodney King
▪ 2005
- - torna in video Ayman al-Zawahiri, il numero due di Al Qaeda. Plaude agli attacchi di Londra e minaccia nuovamente i paesi che hanno inviato soldati nei paesi musulmani
- - un giovane estremista israeliano Eran Tzuberi, 19 anni, ha aperto il fuoco contro i passeggeri di un autobus nella città di Shfaram, nel nord della Galilea, uccidendo l'autista, due passeggere e ferendo altre 12 persone. Il terrorista sarebbe stato poi ucciso dalla folla. Avrebbe detto: "Sono venuto a uccidere arabi per impedire il ritiro da Gaza"
Anniversari
▪ 1849 - Ana Maria de Jesus Ribeiro da Silva, meglio conosciuta come Anita Garibaldi (Morrinhos, 30 agosto 1821 – Mandriole di Ravenna, 4 agosto 1849), fu moglie di Giuseppe Garibaldi; è conosciuta universalmente come l'Eroina dei Due Mondi.
▪ 1859 - Giovanni Maria (Jean-Marie) Vianney, detto il Curato d'Ars (Dardilly, 8 maggio 1786 – Ars-sur-Formans, 4 agosto 1859), è stato un sacerdote francese. Nel 1925 è stato proclamato santo da papa Pio XI ed è stato dichiarato patrono dei parroci.
Nato in una famiglia poverissima e vissuto durante la Rivoluzione Francese, e quindi in pieno anticlericalismo, studiò presso il Seminario di Lione, dove ebbe come compagni Jean Claude Colin e Marcellino Champagnat: studente mediocre (era mediamente di tre o quattro anni «più indietro» rispetto ai suoi compagni di classe) , fu ordinato sacerdote a Grenoble il 13 agosto 1815.
Nel 1818 gli venne affidata la cura pastorale del villaggio di Ars, nell'Ain, dove rimase per quarant'anni svolgendo il suo incarico parrocchiale: fu particolarmente attivo nell'insegnamento del catechismo e divenne uno stimato confessore; diffuse la devozione a Santa Filomena di Roma.
Morì in fama di santità (Ars era già diventata meta di pellegrinaggi quando era ancora in vita) nel 1859.
Georges Bernanos, scrittore, drammaturgo e saggista francese, gli dedicò la sua opera prima, intitolata Sotto il sole di Satana (Sous le soleil de Satan), pubblicato in Francia nel 1926. Bernanos rimane impressionato dalla biografia di Giovanni Maria Vianney e ne racconta la vita attraverso il protagonista del proprio romanzo: il "santo di Lumbres", parroco umile e poco dotato ma devoto fino alla disperazione. Bernanos mostra come paradossalmente le buone intenzioni di un prete candido come un bambino e votato solo a Dio e ai suoi fedeli possano rivoltarsi contro di lui fino a renderlo preda di Satana stesso, senza che questo tuttavia intacchi la sua missione pastorale ma rendendola, anzi, più appassionata.
Il culto
Papa Pio X lo ha proclamato beato l'8 gennaio 1905. È stato canonizzato il 31 maggio 1925 da Pio XI, che nel 1929 lo ha anche dichiarato patrono dei parroci.
Nel centenario della morte, il 1 agosto 1959 papa Giovanni XXIII gli ha dedicato una enciclica (Sacerdotii Nostri Primordia) additandolo a modello dei sacerdoti.
La memoria liturgica ricorre il 4 agosto.
L'Anno Sacerdotale
In occasione del 150° anniversario della sua morte, nel 2009 è stato indetto un Anno Sacerdotale dedicato alla sua figura, come «vero esempio di Pastore a servizio del gregge di Cristo». Vedi il ^ Discorso ai partecipanti alla Plenaria della Congregazione per il Clero, del 16 marzo 2009, di Benedetto XVI
Lo stesso papa ha successivamente ricordato alcuni tratti fondamentali dell'insegnamento e del modello del curato d'Ars: la consapevolezza di essere, «in quanto prete», un «dono immenso per la sua gente»; la «totale identificazione» con ministero sacerdotale e la comunione con Cristo; la devozione per l'Eucaristia; l'«inesauribile fiducia nel sacramento della Penitenza». Vedi la Lettera di Indizione dell'Anno Sacerdotale, di Benedetto XVI del 16 giugno
C’è sempre qualcosa di nuovo da dire su San Giovanni Maria Vianney (1786-1859), che è stato uno dei più grandi santi del XIX secolo.
La sua vita presenta così tante diverse sfaccettature che c’è sempre una nuova lezione che possiamo trarne.
Nei primi decenni del XIX secolo è un seminarista povero. Povero non solo di beni ma d’intelligenza: la sua mente è piccola. Deve fare uno sforzo straordinario per seguire gli studi in seminario ed è bocciato per due volte all’esame finale.
Le sue deficienze intellettuali preoccupano molto i superiori: lo si deve ordinare sacerdote? Finalmente, a trent’anni ce la fa per un pelo a passare l’esame, ed è ordinato. Il vescovo manda questo sacerdote poco dotato in un paesino, il villaggio di Ars. Qui inizia una vita sacerdotale che, contro ogni attesa, illuminerà con la sua luce prima tutta l’Europa, poi tutto il mondo. Pio XI lo canonizzerà nel 1925 e sarà proclamato patrono di tutti i parroci cattolici.
Benché negli anni del seminario non avesse mostrato nessuna delle qualità naturali che caratterizzano un sacerdote eccezionale, diventa un magnifico prete, uno straordinario apostolo, un confessore di raro discernimento e un predicatore di profonda influenza sulle anime.
Che cos’era successo perché quel seminarista un po’ ottuso diventasse un sacerdote così straordinario ed efficiente?
Risponde Santa Teresa di Lisieux (1873-1897): “Per l’amore non c’è nulla d’impossibile”. Quello che la santa vuole dire è che chi veramente ama Dio, Nostro Signore e Nostra Signora otterrà sempre i mezzi per compiere l’opera cui la Divina Provvidenza lo chiama. Questo si applica perfettamente a San Giovanni Maria Vianney.
Per esempio, meditiamo sui suoi sermoni.
Siamo di fronte a un predicatore straordinario. Si prepara le prediche meglio che può, poi se le studia. Ma quando le espone, parla con tanta convinzione, con tanto ardente amore per Dio, con parole così benedette che la grazia di questi sermoni si comunica e tocca tutti coloro che li ascoltano.
Non ho ancora citato un altro suo difetto: non ha una voce forte, e a quel tempo non ci sono microfoni, il che significa che le folle che si radunano ad Ars per ascoltarlo e riempiono la chiesa e anche il sagrato spesso non riescono a sentirlo. E tuttavia le cronache riferiscono di conversioni anche fra coloro che sentono qualche frase ma non la predica nella sua interezza. E perfino fra persone che non sentono una parola: basta loro vederlo.
Nella sua opera fondamentale “L’anima di ogni apostolato”, il benedettino dom Jean-Baptiste Chautard (1858-1935) riferisce questo episodio significativo.
Un avvocato anticlericale va ad Ars sperando di ridere a spese di “quell’ignorante del parroco”. Ma torna a casa convertito. Agli amici che gli chiedono: “Ma dunque che cos’hai visto ad Ars?”, risponde: ”Ho visto Dio in un uomo”.
Cioè: la presenza di Dio si vedeva in San Giovanni Maria Vianney. Chiunque poteva accorgersi che Dio era con lui, anzi era in lui. Mi sembra che la testimonianza dell’avvocato anticlericale sul curato d’Ars – “Ho visto Dio in un uomo” – sia uno dei più gloriosi omaggi che si possano rendere a una creatura umana.
Le benedizioni che derivano dalle sue prediche e il carisma della sua parola si estendono per ogni dove, e tutta l’Europa comincia a venire pellegrina ad Ars. Questa è una delle ragioni per cui le conversioni di San Giovanni Maria Vianney sono innumerevoli.
È anche un martire del confessionale: ci passa ore e ore confessando e consigliando. Non ci rendiamo conto di quale martirio sia passare lunghe ore a sentire le sciocchezze morali che le persone commettono ogni giorno.
In confessionale, segue il consiglio di sant’Alfonso Maria de’ Liguori (1696-1787), il quale raccomanda ai confessori di non avere fretta, di essere pazienti, di considerare ogni penitente come se fosse l’unica persona da ascoltare quel giorno e di aiutarlo a vincere i suoi peccati uno per uno. Così San Giovanni Maria Vianney sfida in battaglia tutti i peccati, insiste sulla pratica delle virtù, consiglia il buon comportamento, e spesso nega le assoluzioni. Sì: se non percepisce una seria volontà di correggersi, nega l’assoluzione al penitente. Sconsiglia ai suoi parrocchiani la danza. Eppure le danze del suo tempo sono meno immorali e scandalose di certe danze di oggi: le sue parrocchiane ci vanno coperte e con le gonne lunghe. Chissà che cosa direbbe di certi balli del nostro secolo! Eppure nega l’assoluzione a chi non promette di astenersi da certi balli. Alcuni gli rispondono che andranno in un’altra chiesa dove non avranno difficoltà a farsi assolvere. A questi risponde: “Se altri preti vi vogliono aiutare ad andare all’Inferno, che se ne prendano la responsabilità”.
Questo santo straordinario passa tutta la sua giornata in Chiesa: sul pulpito, in confessionale o all’altare. Si potrebbe pensare che alla sera, tornato a casa, possa almeno godersi il meritato riposo. Niente affatto: comincia una nuova lotta, questa volta contro il Diavolo.
Per decenni quasi ogni notte combatte il Diavolo – che chiama Grappino – che ogni notte lo assale fisicamente e lo tormenta con rumori assordanti e ingiurie. Nelle notti precedenti alla confessione di un peccatore particolarmente dominato dal Demonio, quest’ultimo si scatena particolarmente contro il Santo. Una volta dà perfino fuoco al suo materasso. In risposta, San Giovanni Maria Vianney ricorre sempre di più alla penitenza e alla preghiera per ottenere da Dio le grazie necessarie a convertire i peccatori. È molto bello meditare su come la Divina Provvidenza, per accrescere ancora il suo apostolato, gli conceda il dono dei miracoli. In effetti, ne compie molti. Ma si guarda bene dall’attribuirli a se stesso. Costruisce nella sua chiesa un altare dedicato a Santa Filomena vergine e martire (secondo la tradizione 291-304, ma incertezze sui dati storici hanno portato alla sua rimozione dal calendario dei santi), cui attribuisce tutti i suoi miracoli. Citerò solo un fatto straordinario che rivela il suo dono di leggere nelle anime, quello che tecnicamente si chiama il discernimento degli spiriti. Questo fatto è riferito da una sua penitente, una giovane che apparteneva alle Figlie di Maria. Va a confessarsi dal Curato d’Ars. Appena s’inginocchia, il Santo comincia a raccontarle la storia della sua vita.
“Ti ricordi di essere andata a ballare il tal giorno?”. “Sì, me lo ricordo”. “Ti ricordi che a un certo punto un bel ragazzo è entrato nella sala da ballo? Era elegante, sicuro di sé e ballava con diverse ragazze…”. “Sì, me lo ricordo”. “Ti ricordi che avevi una gran voglia di ballare con lui?”. “Ricordo anche questo”. “Ti ricordi di com’eri triste perché non ti ha chiesto di ballare?”. “Sì”. “Ti ricordi di avere guardato per caso le sue scarpe e di aver visto una strana luce bluastra che sembrava venire dai suoi piedi?”. “Sì”.
Fino a questo punto gli eventi che descrive alla ragazza vengono dal suo dono soprannaturale del discernimento degli spiriti, perché umanamente non li poteva conoscere. Ma a questo punto fa una stupefacente rivelazione:
“Questo ragazzo in realtà era il Diavolo, che aveva preso forma umana per tentare diverse ragazze presenti. Non ha potuto avvicinarti perché come Figlia di Maria eri protetta dalla Madonna e avevi indosso la Medaglia Miracolosa”.
Questo episodio, così lontano dalla nostra sensibilità, è in realtà ricco di lezioni. Spiega la fama straordinaria che aveva nella regione, in Francia, in Europa e nel mondo intero come confessore capace di leggere nell’anima dei penitenti che andavano da lui a confessarsi.
Ci sono molti altri fatti straordinari che possiamo leggere nelle vite di San Giovanni Maria Vianney, e che c’inducono a chiedergli aiuto perché guarisca il clero cattolico di cui è il patrono dai mali che lo insidiano in questi tempi tristi e decadenti dominati da quello che molti chiamano “spirito del Concilio Vaticano II”. E perché gli dia il discernimento per evitare ogni lassismo e liberalismo nella morale e nei costumi. (Plinio Correa de Oliveira - Traduzione di Massino Introvigne - Fonte: www.cescor.org)
▪ 1875 - Hans Christian Andersen (Odense, 2 aprile 1805 – Copenaghen, 4 agosto 1875) fu uno scrittore e poeta danese, celebre soprattutto per le sue fiabe. Tra le sue opere più note vi sono La principessa sul pisello (1835), Mignolina (1835), La sirenetta (1837), Il soldatino di stagno, Il brutto anatroccolo e la La piccola fiammiferaia (1845).
«Non importa che sia nato in un recinto d'anatre: l'importante è essere uscito da un uovo di cigno. (Il brutto anatroccolo)
I temi principali delle opere
Il "diverso"
È piuttosto evidente che le molteplici esperienze giovanili (non ultima quella scolastica) siano correlabili alla maturazione del tema del "diverso" che lotta per essere accettato, centrale nell'opera dello scrittore danese, come si riscontra, ad esempio, ne Il brutto anatroccolo. Un'altra delle ragioni principali per cui Andersen si sente emarginato e rifiutato è da far risalire, senza meno, al modesto aspetto fisico (poco attraente, è alto un metro e ottantacinque, dinoccolato e si dice porti scarpe tra il numero 47 e il numero 50) e ancor più nelle sue inclinazioni sessuali. Si innamora, tra gli altri, del giovane Edvard Collin a cui scrive: "i miei sentimenti per te sono quelli di una donna, la femminilità della mia natura e la nostra amicizia devono rimanere un mistero".
Un passo del suo diario ci informa come Hans Christian avesse deciso, già in giovane età, di non avere rapporti sessuali (rimase per sempre scapolo) né con donne né con uomini. Questa propensione darebbe conto dell'insistente attenzione all'emarginazione sentimentale, un altro dei temi ricorrenti nell'immaginario del poeta, strettamente connesso a quello qui trattato (si pensi alle fiabe Il soldatino di stagno e La sirenetta). Tuttavia occorre, forse, approfondire brevemente il tema, osservando anche da un'altra angolatura il concetto di "differente" che pervade l'opera dello scrittore: questo per comprenderne più compiutamente la singolarità e la valenza letteraria, non solo come esito di spiacevoli vicende personali o di orientamenti sessuali articolati, pur da considerarsi una costante alla radice della sua ispirazione nonché dei suoi comportamenti e relazioni. L'idea del diverso in Andersen rimanda, per molti versi, a quella di "non collocato o non collocabile", riferito a qualcuno che ineluttabilmente, per sua natura, non può trovare il proprio posto nella realtà che lo circonda, come "sospeso" tra due mondi a nessuno dei quali può appartenere appieno.
In fondo, anche il "lieto fine " dei racconti, quando compare, suona ambiguo, quanto meno volutamente duplice per il pubblico dei ragazzi e quello degli adulti: la gioia dell'anatroccolo mutato in cigno induce piuttosto il lettore a riflettere se la vera felicità del protagonista non risiedesse piuttosto nella sua vita precedente, quando nuotava nel fango a contatto con la più profonda essenza della natura, anziché nel superbo, appagante distacco della sua nuova condizione.
Allo stesso modo, in cui ambivalenti sono, all'occorrenza, gli "infelici" finali: edificante, e in ultima analisi tranquillizzante, è la morte drammatica la notte di Capodanno della "piccola fiammiferaia" che consuma a uno a uno i suoi cerini per scaldarsi le mani, i quali le procurano, per converso, visioni straordinarie in cui la nonna la chiama in Paradiso. Più di un critico ha trattato questo aspetto, dandone un'interpretazione di natura "ideologica", quale esito di una visione cristiana intrisa dei" buoni sentimenti" tipici della morale di una borghesia in ascesa, fiduciosa, ottimista, sicura di sé "a cui nessuno aveva ancora svelato con la critica la sua ipocrisia". Ancora in relazione a "La piccola fiammiferaia", ma per esteso alla produzione fiabesca di Andersen, una osservazione di Luigi Santucci: (il bimbo che legge)" assomma al suo ottimismo anche una fiducia finale, la certezza di un paradiso che non afferra bene in cosa consista, ma che comprende vada conquistato con un mansueto amore alla propria condizione. Ed è l'avvento di uno dei più preziosi sentimenti per vivere la vita (...) appunto una persuasione alla vita, un fornire sentimenti atti a conservare una felicità che resista ai mali dell'esistenza è il fondo dell'arte anderseniana".
Scrive ancora Lina Sacchetti: "la conclusione è sempre vittoria o premio meritati per le qualità morali messe in azione dai protagonisti, oppure è punizione per i loro difetti e le loro colpe, spesso con duplice significato".
Osservazioni sicuramente fondate, ma che in qualche modo danno conto, come suggerisce Gianni Rodari, piuttosto della storia letteraria che non dell'essenza dei racconti.
"Il doppio": l'incertezza esistenziale in una "rivoluzione" epocale
La percezione di "sospensione", di "essere e non essere" nello scrittore danese inclina altresì verso quello di "doppio", in cui pare di poter cogliere il suo convincimento di essere " imprigionato" in una personalità a cavallo tra realtà diverse, senza poter appartenere veramente a nessuna, che non sia quella ideale ove si realizza l'unione tra poesia e natura. Questo luogo ideale è il gioco letterario.
"Andersen è lo spirito del gioco. Gioca con le vecchie fiabe, gioca a inventarne di nuove, gioca a scoprire fiabe dappertutto, in chiunque gli passi accanto".
E il gioco è per sua natura fluido, risponde totalmente solo alla fantasia, con le sue "leggi" (gli oggetti quotidiani a cui fanno riferimento i racconti sono soltanto la materia prima grezza da utilizzare) , ma in una metamorfosi completa, senza residui, in cui l'impronta ideologica è mero aspetto contingente. Una dimensione appagante, che permette, prima ancora che al lettore, all'autore stesso di moltiplicare la propria libertà, senza vincoli identificativi. In questa logica meglio si comprende anche il senso della morte e della vita dello scrittore danese, non solo collegato a una visione cristiana. I due aspetti si compenetrano inscindibilmente, con prevalenza inaspettata, ma naturale, in cui la morte "è un passaggio nero tra due mondi diversamente, ma ugualmente luminosi". Sempre in ordine al ragionamento sul "doppio", come ricorda Johan de Mylius tutta la vita di Andersen è segnata da una sorta di duplicità, da una sospensione tra due mondi e due epoche. La nascita indigente e la voglia di riscatto sociale, sollecitata anche dal padre e da vagheggiate improbabili ascendenze, raggiunta con maggior difficoltà di quanto probabilmente sperasse, ne è un esempio: un bipolarismo tra sofferenza e risarcimento, che non risolverà mai del tutto, e "dal quale scoccherà la scintilla della sua poesia".
Si pensi ancora, alla contrapposizione tra la vita di provincia chiusa, fortemente ancorata alle tradizioni di una società arcaica a Odense e l'incontro con il nuovo mondo "borghese", aperto alla modernità, di Copenaghen e in maggior misura nelle altre città europee; così come la fascinazione generata dall'ascolto dei racconti e delle leggende secondo la prassi della trasmissione orale e la necessità, sostenuta da forte desiderio, di aderire alla cultura emergente fondata viceversa sul libro e l'opera d' autore ( che di tale tradizione contadina sancisce il declino), rappresentano ulteriori elementi interpretativi a favore di una percezione della "diversità" decisamente complessa e articolata. L'incontro con tecnologie del tutto rivoluzionarie (si veda la descrizione del telegrafo in "il bazar del poeta"), messe a confronto con superati strumenti di comunicazione , le cui nuove potenzialità applicative vengono colte, per molti aspetti, come l'esito di una lirica magia umana (ancorché il frutto di una prosaica ricerca scientifica) è altrettanto significativa, al pari di una importante considerazione sul periodo storico in cui lo scrittore si trova a vivere. Un'epoca in ci si assiste al passaggio definitivo da un organizzaione sociale agricola,feudale e "mercantile", oligarchica a una di tipo industriale, borghese, democratica: la Restaurazione postnapoleonica imperante, è, infatti, percorsa da vivi fermenti di liberalismo e da pressanti tensioni politiche tese all'autodeterminazione dei popoli, che porterà, anche in Danimarca, alla fine dell'assolutismo e all'affermarsi di una monarchia costituzionale e parlamentare.
Si può concludere che le vicende e le inclinazioni personali si saldino, dunque, sorrette da una sensibilità non comune, spesso morbosa, a questa miriade di sollecitazioni e trasformazioni in cui il poeta pare restare "in bilico", quasi "sdoppiato", apparentemente non in grado di "collocarsi". In questo atteggiamento non notiamo, in ogni caso, alcun rimpianto del passato, semmai un moderato ottimismo verso il futuro, sostenuto da una fede religiosa più profonda di quanto solitamente sottolineato, improntata a una visione della Provvidenza, fortemente segnata dall'idea di predestinazione (tipicamente protestante), personalmente enfatizzata con funzioni rassicurative di natura psicologica. Su tutto prevale, tuttavia, una marcata propensione a una forma di scetticismo esistenziale (angst).
Un "non più" e un "non ancora" che inducono, per altro verso, a considerare Andersen come l'ultimo degli esponenti romantici e, al contempo, un attento frequentatore, per stili e temi, del realismo ai suoi albori.
In questa luce, il tema del "diverso" assume, pertanto, uno spessore più ampio e letterariamente significativo. Affrontato con rara, singolare partecipazione, frutto di una sensibilità viva ed accesa, esso costituisce il nucleo più profondo della poetica dello scrittore danese, regalandoci spunti di riflessione sulla condizione umana, mai discosti dall'abilità di incantarci con straordinaria suggestione.
Il macabro e l'idilliaco, la morte e la vita
Non poche opere ("O.T.", "Soltanto violinista", come pure alcune sequenze dei resoconti di viaggio), sono intrisi della presenza della morte e del macabro e dal loro speculare contrario: l'immortalità quale trasformazione in qualcosa di superiore, di congiungimento o ricongiungimento all'affetto perduto, o sottratto prima ancora di essere posseduto. In particolare, i racconti fiabeschi.
Il ricorso al macabro è frequente, ben oltre l'utilizzo strumentale o l'effetto narrativo, così come le immagini di mutilazione (si pensi a "La sirenetta", a suo modo senza gambe, a "Il tenace soldatino di stagno", con un'unica gamba, o ancora a "Scarpette rosse", dove alla protagonista vengono amputati i piedi). "Spesso la mutilazione è il punto di partenza "scrive Simonetta Caminiti "per un passaggio a un livello diverso della vita, terrena o ultraterrena: la Sirenetta vive nell'amore per l'essere umano - un essere umano normalissimo, benché sia un principe e sia molto bello, un autentico e banale cliché-la forza per rinunciare a tutto, un transfert che le farà abbracciare tre elementi:l'acqua, dalla quale parte, la terra nella quale amerà in silenzio versando sangue dai piedi e (da ultimo) l'aria (alla fine della storia diventerà proprio un'invisibile figlia dell'aria). Nell'amore e nel dolore, a causa della sua inadeguatezza, le sarà risparmiato solo il fuoco. Eppure nel fuoco muore un altro piccolo eroe di Andersen: il Soldatino che, nella morte, trova l'adorata e bellissima ballerina di carta. Il cuore e la stella sotto la cenere sono la prova della loro trovata felicità. Ai personaggi di Andersen, i quali cercano strenuamente (e spesso invano) di essere accettati, tocca aspirare al cielo perché si comprenda che erano esseri speciali". Anche in questo tema, che si ricollega strettamente a quelli già trattati, ritroviamo la radicale convinzione di Andersen che per aspirare al bene la condizione è spesso la sofferenza. Sempre, che questa ambizione si realizzi poi veramente, dal momento che bene e male, vita e morte appaiono a volte un tutt'uno: due facce della medaglia dell'esistere.
Le fiabe e l'ispirazione "favolistica"
Come già accennato nei racconti di Andersen non troviamo quasi più gli elementi della fiaba classica. Maghi, fate, streghe sono praticamente scomparsi così come rivisitata è la lotta tra il bene e il male che di quella tipologia di racconto costituisce l'ossatura e l'essenza. Numerosi sono, invece, gli esempi di narrazione costruiti su un impianto d'ispirazione "favolistica". Scrive Simonetta Caminiti a questo riguardo: "Animali (e oggetti) rappresentano la natura umana, ma in chiave di parodia e si fanno beffe della categoria umana stessa. Cicogne che parlano degli artifici linguistici dell'uomo, definendo però il paradosso dell’incomunicabilità; giocattoli che rappresentano il microcosmo della borghesia e del proletariato, in cui un breve invaghimento fa da falso collante; fiori che confabulano fra di loro stupiti delle meraviglie del mondo, ma a corto di strumenti per spiegarsele; paperelle che sarebbero in grado di perdonare a se stesse qualunque gesto, incluso l'assassinio; utensili di nazionalità diverse che interpretano proprio le socio-culture del diciannovesimo secolo" sono di gran lunga i protagonisti preferiti nei racconti di Andersen. Se non si può parlare di un legame diretto con la tradizione di Esopo, Fedro o La Fontaine (l'impianto generale è pur sempre quello della fiaba piuttosto che della favola) è altrettanto innegabile che l'uso di animali, vegetali, oggetti parlanti affonda le sue radici ispirative, con ampia rivisitazione, proprio in quella tradizione.
Una riproposizione letteraria del tutto innovativa della fiaba, in una sorta di commistione moderna di generi, a cui si rifaranno nel secolo successivo i creatori di numerosi comics, che, in fondo, altro non sono che la traduzione contemporanea dei modelli letterari "codificati" dallo scrittore danese.
La questione della lingua in Andersen
Così come Knud Ferlov sottolinea l'abilità di Andersen nel ricreare lo spirito del "lune" danese, anche attraverso un uso sapiente e al contempo "spregiudicato" della lingua madre, per altro verso nella sua biografia dello scrittore, Elias Bredsdorff pone l'accento sulla estrema difficoltà di capire appieno la genialità letteraria di quest'ultimo in una lingua che non sia quella nativa. Fattore che ha influito negativamente sul riconoscimento, soprattutto nei primi anni, della genialità dell'autore all'estero[68]. In un'edizione inglese delle opere di Andersen del 1935, curata dalla Cambridge University Press, R.P. Keigwin scrive: "Andersen screziò la sua narrativa con ogni possibile tocco 'conversazionale': neologismi, modi di dire che che determinassero picchi di attenzione nel lettore, frequenti incidentali o parentesi; slang tipici di Copenaghen, molte licenze. E soprattutto un uso liberissimo delle particelle del discorso: quei piccoli ammiccamenti tipici del linguaggio parlato, dei quali il danese come il greco è ricco, e non poco. Tanto mantenne il tono della conversazione nelle sue storie, Andersen, che si resta a bocca aperta quando invece vi si trova qualche tocco evidentemente letterario". Difficile rendere queste peculiarità di una lingua in una traduzione, ma tuttavia, nel caso, particolarmente necessario, in quanto proprio nel particolare uso che ne fa Andersen, risiede gran parte dell'innovazione letteraria e delle nostre possibilità di coglierne il genio inventivo . Al di là degli aspetti ideologici che, in età vittoriana, diedero origine a vere e proprie "epurazioni" moralistiche dei racconti e delle opere del danese, le versioni inglesi di queste ultime, attraverso le quali per lungo tempo si diffusero in Europa gli scritti di Andersen, afflitte da vere e proprie incomprensioni linguistiche e da scorrettezze di traduzione. L'esito è che questi errori e deformazioni ci hanno consegnato in eredità un altro Andersen, spesso ben lontano dall'originale. Il grande scrittore deve essere tradotto direttamente dal danese, sostiene ancora il biografo, restituendogli varietà, licenze, il sottile umorismo, l'apporto senza precedenti nella letteratura mondiale. "A fronte del fatto che Andersen fu così mutilato dalla maggior parte dei suoi traduttori "scrive ancora Bredsdorff " è sorprendente che sia ad ogni modo sopravvissuto. Perché mai è diventato così popolare? La risposta potrebbe essere, a mio avviso, che, anche sotto le vesti che i suoi traduttori e adattatori vittoriani gli hanno imposto, non c'era nulla di simile né nella letteratura americana né in quella inglese. Andersen recava qualcosa di sconosciuto all'Europa. E' vero che neppure il miglior traduttore renderebbe piena giustizia alla sua lingua e al suo stile". Egli scrisse anche un libro con le fiabe più famose" Il fantastico mondo delle fiabe di Andersen"
La fortuna e l'eredità letteraria delle opere
La fortuna dell'opera di Andersen è quasi del tutto legata alla produzione fiabesca che ha messo profonde radici nella nostra cultura. Tutti conoscono Il brutto anatroccolo, Il soldatino di stagno, I vestiti nuovi dell'imperatore, La piccola fiammiferaia, La principessa sul pisello (si consideri che, alla data del 2005, le fiabe di Andersen erano tradotte in ben 153 lingue).
Il ruolo di questi scritti nel nostro immaginario è tanto più notevole se si pensa che, a differenza per esempio delle fiabe dei fratelli Grimm, le opere del poeta danese sono, di norma, del tutto originali (solo in alcuni casi sono ispirate, come detto, a racconti tradizionali). Molto meno conosciute, per non dire dimenticate, la maggior parte delle altre opere. A quest'ultimo proposito, interessante è l'annotazione di Simonetta Caminiti, riprendendo una considerazione di Elias Bredsdorff: "Il comportamento dei traduttori e dei critici (vittoriani) anglosassoni verso Andersen sarebbe stato pari 'a quello che tutto il mondo ha tenuto verso Jonathan Swift e Daniel Defoe: hanno spinto Andersen in una nursery e ce lo hanno chiuso dentro. Per sempre". La nursery in questione si riferisce non soltanto all'aver dato enfasi, di fatto, alla produzione fiabesca dello scrittore danese, relegando la sua produzione sugli scaffali per i ragazzi e tralasciando la copiosa restante produzione di pregio, ma, soprattutto di aver operato scientemente "tagli", "adattamenti incongrui e moralizzatori", stravolgendo spesso l'opera del danese, attenuandone la carica innovativa e, per certi versi, non convenzionale. Purtroppo gran parte del resto del mondo è entrato in contatto con Andersen, attraverso queste versioni anglosassoni ottocentesche, formandosi un'idea poco rispondente all'originale, di cui solo recentemente si inizia ad apprezzare il valore, grazie a versioni accurate dal danese (ancora rare, soprattutto in Italia) tese a riscoprire l'autore di Odense in tutte le sue sfaccettature e promuovendo anche opere non fiabesche. In particolare, eliminando i paludamenti vittoriani, eccessivamente buonisti. Nonostante le "revisioni" operate , come detto, la fama e il valore di Andersen sono sopravvissuti fino ai giorni nostri, sebbene confinati alle opere per bambini.
L'opera dello scrittore ha influenzato molti autori suoi contemporanei e successivi; si possono citare certamente Charles Dickens, William Thackeray e Oscar Wilde.
Il 2005 è stato il bicentenario della nascita di Andersen, e la sua vita e le sue opere sono state celebrate in tutto il mondo, con uno sforzo di promozione complessiva e un'intensa e puntuale azione di catalogazione della notevole produzione, spesso del tutto sconosciuta. L'interesse per la persona di Andersen e per l'eredità culturale che ha lasciato non è mai stato più vivo, soprattutto in Danimarca, paese di cui l'autore viene considerato il più importante esponente letterario. Una eccellente fonte è il sito del bicentenario di Hans Christian Andersen.
Al nome di Andersen sono dedicati diversi premi del settore della letteratura per ragazzi, tra cui lo Hans Christian Andersen Award e, in Italia, il Premio Andersen, che dal 1982, premia i migliori libri italiani per l'infanzia editi nel corso dell'anno precedente, suddivisi secondo l'età dei destinatari e per autori, illustratori, etc. La cerimonia finale si tiene a Sestri Levante (Ge).
▪ 1878 - Giorgio Guido Pallavicino Trivulzio (Milano, 24 aprile 1796 – Casteggio, 4 agosto 1878) è stato un patriota italiano.
Nato in una famiglia aristocratica, dopo aver viaggiato a lungo per l'Europa si iscrisse alla Carboneria. Allo scoppio dei moti del 1820-21 partecipò attivamente all'insurrezione; in particolare, si era recato in Piemonte con Gaetano Castiglia per invitare Carlo Alberto a entrare in Lombardia. Arrestato il 4 dicembre 1821, interrogato dal magistrato inquirente Salvotti, il 22 febbraio 1823 fece ammissioni compromettenti per altri patrioti fra i quali Federico Confalonieri. Nel successivo processo Pallavicino fu condannato a morte; la pena fu poi commutata a venti anni di carcere duro che scontò nella prigione asburgica dello Spielberg (presso Brno) fino al 1832, e poi in quelle di Gradisca e di Lubiana. Amnistiato nel 1835, dopo un periodo di confino a Praga, nel 1840 tornò in Lombardia.
Riprese a svolgere attività politica dopo le Cinque giornate del 1848. Rifugiatosi dapprima in Svizzera e poi a Parigi, dove incontrò Daniele Manin, soggiornò a lungo anche a Torino e fu uno dei fondatori della Società Nazionale, di cui successe a Manin nella presidenza nel dicembre 1857. A Torino fu eletto nel parlamento dalla seconda alla sesta legislatura, e nominato senatore nell'aprile 1860.
Prodittatore a Napoli subito dopo l'ingresso di Garibaldi nella città (settembre 1860), Pallavicino si batté, contro il volere di Garibaldi, per l'annessione immediata delle Due Sicilie al Regno di Sardegna e venne decorato con il collare dell'Annunziata.
Successivamente venne nominato prefetto di Palermo, carica che ricoprì dal 16 aprile al 25 luglio 1862. Il 15 luglio 1862 Giuseppe Garibaldi tenne un infuocato discorso in cui invocava la liberazione di Roma; dopo la giornata dell'Aspromonte (29 agosto 1862), il primo ministro Urbano Rattazzi lo destituì e Pallavicino si ritirò a vita privata.
▪ 1908 - Gaspare Goggi (Pozzolo Formigaro, 6 gennaio 1877 – Alessandria, 4 agosto 1908) è stato un sacerdote italiano, dichiarato Servo di Dio dalla Chiesa cattolica.
Nel 1902, a quindici anni, conosce l'allora chierico Luigi Orione con il quale stringe una profonda amicizia.
Dopo aver iniziato gli studi liceali a Genova, nel 1897 è trasferito dallo stesso Orione presso il liceo classico Vincenzo Gioberti, a Torino.
Brilla negli studi fino a laurearsi a pieni voti in Lettere e filosofia all'Università di Torino. È tra gli animatori della Piccola Opera della Divina Provvidenza nel capoluogo piemontese, dove frequenta anche l'Istituto San Fogliano, dal 1897 al 1902.
Ordinato sacerdote a Tortona il 6 settembre 1903, compie la propria opera pastorale a Sanremo, Torino, Tortona.
Dal 1904 si trasferisce a Roma dove è rettore della Chiesa di Sant'Anna dei Palafrenieri, al Vaticano. Al 1907 risale l'incarico di convisitatore dei seminari della Sicilia insieme a Carlo Perosi, poi nominato cardinale.
Nel 1908, in predicato di insediarsi presso una sede episcopale sotto papa Pio X, è tuttavia colpito da un progressivo indebolimento fisico che lo porta alla morte, presso l'ospedale di Alessandria, nell'estate dello stesso anno.
▪ 1944 - Aldo Mei (Capannori, 5 marzo 1912 – Lucca, 4 agosto 1944) è stato un presbitero italiano, martire della Resistenza.
Aldo Mei nasce a Ruota, nel comune di Capannori (Lucca) e vive a Fiano di Pescaglia in provincia di Lucca. Entrato in seminario nell’ottobre del 1925 viene ordinato prete dall’arcivescovo Antonio Torrini il 29 giugno 1935.
Prigionia e morte
Durante il periodo della Resistenza spesso offre rifugio a ebrei, disertori del regime fascista e perseguitati politici. Il 2 agosto 1944 viene arrestato dai nazisti nel corso di un rastrellamento, subito dopo aver celebrato la messa nella sua parrocchia.
Fu rinchiuso nella Pia Casa di Lucca, processato con l’accusa di aver dato rifugio ad un ebreo e condannato a morte. A nulla valse il tentativo in extremis di salvarlo dell'arcivescovo di Lucca monsignor Antonio Torrini: alle ore 22 del 4 agosto 1944, venne condotto da un plotone di esecuzione di SS sotto gli spalti delle Mura di Lucca nei pressi di Porta Elisa: fu costretto a scavarsi la fossa e venne ucciso con un colpo di pistola. Prima di essere fucilato, volle, come Cristo, perdonare e benedire i suoi assassini.
* 1947 - Giuseppina Pizzigoni (Milano, 23 marzo 1870 – Saronno, 4 agosto 1947) è stata una pedagogista italiana.
Studiosa di problemi pedagogici e animata da intenti sociali, nel 1911 fondò la Scuola rinnovata alla Ghisolfa, allora sobborgo industriale di Milano. Qui attuò il suo metodo sperimentale, poi illustrato nelle sue numerose opere di didattica, fra le quali spicca Linee fondamentali e Programmi della Scuola Rinnovata, del 1922.
Compromesso abbastanza indovinato fra il vecchio e il nuovo, il metodo della Pizzigoni si fonda sull'osservazione dal vero, rivolta al mondo della natura e degli uomini ed è attuato con gite collettive e varie forme di esercitazioni.
Nel 1927 la Scuola si trasferì a Milano col nome di "Scuola Rinnovata" secondo di metodo Pizzigoni, scuola ad indirizzo didattico differenziato. Dal 1929, ritiratasi dalla direzione della scuola, si adoperò con vari corsi a far conoscere il suo rivoluzionario metodo didattico.
▪ 1977 - Ernst Bloch (Ludwigshafen, 8 luglio 1885 – Tubinga, 4 agosto 1977) è stato uno scrittore e filosofo tedesco marxista, nonché teologo dell'ateismo.
«L’importante è imparare a sperare. Il lavoro della speranza non è rinunciatario perché di per sé desidera aver successo invece che fallire. Lo sperare, superiore all’aver paura, non è né passivo come questo sentimento né, anzi meno che mai, bloccato nel nulla. L’affetto dello sperare si espande, allarga gli uomini invece di restringerli, non si sazia mai di sapere che cosa internamente li fa tendere a uno scopo e che cosa all’esterno può essere loro alleato. Il lavoro di questo affetto vuole uomini che si gettino attivamente nel nuovo che si va formando e cui essi stessi appartengono» (Ernst Bloch, Il principio Speranza Premessa)
Ernst Bloch nacque a Ludwigshafen (Germania) nel 1885 da famiglia ebrea, studiò in svariate città tedesche, fu a Berlino e a Heidelberg, dove strinse amicizia con Lukàcs. Pacifista, durante la guerra si rifugiò in Svizzera, dove si avvicinò al marxismo. Nel 1918 pubblicò Spirito dell'utopia (poi rielaborato nel 1923), a cui fecero seguito Thomas Münzer come teologo della rivoluzione (1921) e la raccolta di aforismi e parabole Tracce (1930). Nel 1933, per sfuggire alle persecuzioni naziste abbattutesi sugli ebrei, Bloch emigrò a Zurigo, poi a Vienna e a Parigi e, infine, negli USA, dove rimase fino al 1949, quando tornò in Germania per insegnare all'università di Lipsia. Qui fu tra i fondatori della 'Deutsche Zeitschrift für Philosophie' (Rivista tedesca di Filosofia) e pubblicò un'ampia opera su Hegel, intitolata Soggetto-oggetto (1949), nonchè il suo scritto più famoso ed importante, intitolato Il principio speranza (1954-1959).
Nel 1957, accusato di idealismo irrazionalistico, antimaterialistico e antidialettico, Bloch fu posto a riposo forzato e alcuni suoi allievi furono perfino arrestati, cosicchè nel 1961 egli, che si trovava in Baviera, in coincidenza con la costruzione del muro di Berlino, decise di non far rientro in Germania orientale e assunse l'incarico di docente all'università di Tubinga, dove morì nel 1977. L'assunto iniziale da cui muove Bloch é che la realtà data non appaga mai pienamente il soggetto e sotto questo profilo non è 'vera': la verità cui tende il soggetto, immaginando e bramando quel che gli manca, non è data, ma è utopia , che trascende il presente in direzione del futuro. Bloch rifiuta dunque ogni forma di pensiero contemplativo, concepito come rispecchiamento meramente passivo di quel che è già stato, irrigidito in un eterno presente.
Bloch si pronuncia contro il mito dell'imparzialità di un presunto sapere oggettivo: in realtà, il pensiero è sempre di parte e la contemplazione equivale, essenzialmente, all'accettazione della realtà esistente. Il pensiero utopico, invece, può scoprire tracce del futuro nel passato e oltrepassa sempre il dato per mirare al futuro, che assurge a posizione di primato. Esso, però, si distingue dalla pura e semplice fantasticheria in quanto media con quel che intende oltrepassare, cioè con le tendenze reali operanti nel presente, come aveva insegnato il maestro Marx: sotto questo profilo, esso é utopia concreta, possibilità reale. Anche al centro del pensiero utopico c'è, dunque, la nozione di dialettica, indispensabile per inserirsi in maniera efficace all'interno delle contraddizioni che presenta la realtà e collegarsi al movimento reale della storia per realizzare la verità utopica. Bloch sente, però, che esistono due tipi diversi di dialettica: la prima dialettica é statica e chiusa, prigioniera da Platone ad Hegel di quella che Bloch definisce 'malia dell'anamnesi', consistente nella semplice rimemorazione di quel che è già stato, cristallizzato in essenza; la seconda dialettica, viceversa, è dinamica e aperta al nuovo, mantiene costantemente la possibilità che il reale non sia ancora razionale e scava sottoterra come una talpa per pervenire alla luce.
Alla base di questa impostazione, Bloch costruisce una vera e propria antropologia: l'uomo è un essere caratterizzato da bisogni e pulsioni; di esse quella fondamentale è l'autoconservazione, che si manifesta sensibilmente come fame.
Nell'uomo essa si affina e si eleva sopra l'immediatezza, arricchendosi e tramutandosi in affetti , soprattutto in quelli non subito appagabili, che si rimandano al futuro: in questo panorama, la speranza , come attesa trepidante del nuovo apportatore di salvezza, occupa una posizione di primato tra gli affetti. Il nuovo non ha mai tratti del tutto definiti, è sempre avviluppato dall'oscurità: per questo motivo è costitutiva dell'uomo una dimensione inconscia, che si avverte come non ancora cosciente, illuminabile solamente in un futuro sperato e che si traduce nella tensione e nella ricerca di esso ( Sehnsucht in tedesco).
Qui affiora, ad avviso di Bloch, il limite della psicoanalisi, che riduce la sfera dell'inconscio al passato, a quel che è rimosso e dimenticato, non più conscio. In realtà, vi sono anche sogni ad occhi aperti, correlati a quel che non è ancora avvenuto, anticipatori del futuro. Nella terza parte della sua corposa opera, Il principio speranza, Bloch costruisce una specie di enciclopedia dei desideri e delle speranze, delle quali cerca tracce nelle fiabe, nei romanzi popolari, polizieschi e avventurosi, nella pubblicità, negli spettacoli del circo e via discorrendo.
A questo si ricollegano, da un lato, il gusto di Bloch per il particolare e il banale della vita di ogni giorno e della civiltà di massa, in cui traspare sempre qualcosa della verità, e, dall'altro lato, il suo stile carico di metafore, immagini e parabole, capaci di esprimere queste tensioni verso il futuro. Bloch è del parere che questa tendenza costante nell'uomo di trascendere quel che di volta in volta è dato abbia una base reale nella materia stessa.
Egli rifiuta il concetto di materia proprio del positivismo e attivo anche nel materialismo dialettico, per cui la materia sarebbe solo passività, caratterizzata da movimenti meramente meccanici, ai quali sarebbe estraneo qualsiasi fine. La materia é invece potenzialità, pervasa da un impulso (Trieb in tedesco) immanente verso la propria realizzazione in forme sempre nuove, cioè verso una meta ancora latente, mai raggiunta prima, ma non preclusa: la materia è dunque caratterizzata da una dimensione teologica.
Bloch è convinto che questa concezione, già presente nella filosofia di Aristotele ma accanto alla teoria della materia come passività, sarebbe stata sviluppata dalla cosiddetta 'sinistra aristotelica' e dagli arabi e, in seguito, da Giordano Bruno, Schelling ed Hegel.
Sotto questo profilo, la teoria è stata da Habermas definita 'materialismo speculativo': per essa la natura stessa non è qualcosa di interamente dato e compiuto, una volta per tutte, ma è natura naturans, aperta a sempre nuove possibilità, cosicchè il mondo viene a configurarsi come un laboratorio di incessanti sperimentazioni e anticipazioni del nuovo: il principio speranza attraversa così la stessa cosmologia.
A fondamento dell'antropologia e della concezione della materia di Bloch c'è una ontologia del non-essere-ancora, per la quale è costitutivo dell'essere in generale il non essere ancora, l'anticipare il futuro e il mirare ad esso: la sua realtà è realtà di qualcosa che è nel futuro e il futuro è già reale come possibilità oggettiva. L'esistere originario nella sua fattualità è, al tempo stesso, impulso, bisogno, fame e, dunque, inizio del movimento verso qualcosa: il non del non essere ancora genera il divenire e, in questo modo, si trasforma in 'non ancora', allontanamento dal punto di partenza, ritenuto inferiore e negativo rispetto alla meta verso cui si tende. La negatività esige di essere superata e questo superamento avviene attraverso l'anticipazione del futuro, mediante la speranza, e attraverso la rivoluzione, come attuazione di essa.
Il non ancora indica, se non altro per via indicativa, il contenuto utopico finale, ancora latente e non ancora definibile nei suoi precisi contenuti. Esso, infatti, è una totalità non ancora data nè ancora sperimentata, ma è appunto una meta ultima, un èschaton.
Per questo aspetto, il marxismo di Bloch si riporta alle dottrine religiose della salvezza e alle tradizioni del messianismo giudaico e cristiano, quale ad esempio aveva trovato espressione nel 1500 in Thomas Münzer, teologo della rivoluzione predicata tra i contadini in Germania e dell'abolizione del feudalesimo.
In questo senso, il marxismo di Bloch può apparire come un'escatologia, che condivide il carattere ottimistico e militante di questa tradizione nell'attesa e nella lotta per un futuro migliore, ma con la differenza che l' èschaton non è per Bloch il ricongiungimento con una situazione originaria, antecedente al peccato, ma consiste nel radicalmente nuovo, imprevedibile ed inimmaginabile. Anzi, senza ateismo , cioè senza l'eliminazione di Dio assunto come un'entità data, non è possibile trascendere utopicamente verso un futuro aperto: il regno della libertà non è il regno di Dio, ma il regno dell'uomo nuovo su una terra nuova, cioè il regno della fine dello sfruttamento dell'uomo e della natura, in cui natura e uomo possano trovare il proprio compimento in un'alleanza pacifica tra di loro.
▪ 1988 - Marisa Bellisario (Ceva, 9 luglio 1935 – Torino, 4 agosto 1988) è stata una manager italiana.
«Non ho vissuto da protagonista il femminismo nei suoi anni più caldi: ero impegnata nel mio lavoro all' estero e poi a Ivrea. Lavoravo e facevo carriera, dimostrando che potevo fare quello che facevano gli uomini, e forse farlo meglio.»(Marisa Bellisario, autobiografia)
« … il suo impegno è per la storia femminile un simbolo dell’affermazione della parità tra uomo e donna.»(Francesco Cossiga, Presidente emerito della Repubblica Italiana)
▪ 1989 - Paolo Baffi (Broni, 5 agosto 1911 – Roma, 4 agosto 1989) è stato un economista, banchiere e accademico italiano. È stato Governatore della Banca d'Italia dal 1975 al 1979.
▪ 1992 - František Tomášek (Studénka, 30 giugno 1899 – Praga, 4 agosto 1992) è stato un cardinale e arcivescovo cattolico ceco.
Nacque a Studénka il 30 giugno 1899.
Prese gli ordini sacerdotali il 5 luglio 1922 e fu inviato a Olomouc (Repubblica Ceca). Il 13 ottobre 1949 nominato vescovo di Buto (Egitto) ma già vescovo ausiliario di Olomouc.
Nel febbraio 1965 fu incaricato in qualità di amministratore apostolico dell'arcidiocesi di Praga poiché l'arcivescovo titolare di Praga, monsignor Josef Beran andando a Roma a ricevere la porpora cardinalizia, non sarebbe più potuto rientrare nel paese per ordine del governo comunista cecoslovacco.
Arcivescovo di Praga dal 1977 al 1991. Ebbe sempre un atteggiamento di cauto ma deciso confronto con il governo comunista cecoslovacco, che contrastava la religione e la Chiesa cattolica. Per tale motivo definito anche 'il cardinale di ferro'. In tal senso anticipò con il suo atteggiamento la Rivoluzione di Velluto del 1989 quando i paesi del Patto di Varsavia videro sciogliersi i legami ed i vincoli con l'ex Unione Sovietica, in modo molto spontaneo e senza violenze.
Papa Paolo VI lo elevò al rango di Cardinale in pectore nel concistoro del 24 maggio 1976 e lo pubblicò nel concistoro del 27 giugno 1977; in questo piccolo concistoro furono fatti cardinali altri quattro importanti vescovi: Giovanni Benelli, sostituto della Segreteria di Stato di papa Paolo VI, Bernardin Gantin, Mario Luigi Ciappi, O.P. teologo della Casa Pontificia, Joseph Ratzinger arcivescovo di Monaco e Frisinga, futuro papa Benedetto XVI.
È stato uno degli ecclesiastici che si è spinto a dichiarare apertamente parere favorevole circa le apparizioni mariane di Međugorje.
Fu il cardinale elettore più anziano nei due conclavi del 1978.
È deceduto il 4 agosto 1992 all'età di 93 anni a Praga.
▪ 1994 - Giovanni Spadolini (Firenze, 21 giugno 1925 – Roma, 4 agosto 1994) è stato un politico, storico e giornalista italiano.
È stato più volte ministro e, tra il 28 giugno 1981 e il 1º dicembre 1982, Presidente del Consiglio dei ministri, il primo non democristiano nella storia dell'Italia repubblicana. Infine, fu Presidente del Senato dal 1987 al 1994 e Senatore a vita dal 1991 al 1994.
▪ 1999 - Victor Mature - nato Vittorio Maturi - (Louisville, 29 gennaio 1913 – New York, 4 agosto 1999) è stato un attore statunitense, molto popolare tra gli anni cinquanta e sessanta per aver interpretato da protagonista alcune celebri pellicole di genere storico e biblico, come Sansone e Dalila (1949), La tunica (1953) e Sinuhe l'egiziano (1954).