Il calendario del 31 Luglio
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Eventi
▪ 1498 - Durante il suo terzo viaggio nell'emisfero occidentale, Cristoforo Colombo diventa il primo europeo a scoprire l'isola di Trinidad
▪ 1703 - Daniel Defoe viene messo alla gogna per il crimine di diffamazione, dopo aver pubblicato un pamphlet di satira politica
▪ 1789 - Vicino a Focşani (Romania) le truppe austro-russe sbaragliano i Turchi
▪ 1790 - Primo brevetto registrato negli USA; concesso all'inventore Samuel Hopkins per l'ottenimento della potassa
▪ 1919 - L'Assemblea Nazionale tedesca adotta la Costituzione di Weimar (entrerà in vigore il 14 agosto)
▪ 1941 - Olocausto: Hermann Göring inizia a pianificare la Soluzione finale della questione ebraica
▪ 1954 - La vetta del K2, nel Karakorum, viene conquistata dalla spedizione italiana guidata da Ardito Desio, Achille Compagnoni e Lino Lacedelli
▪ 1964 - Programma Ranger: il Ranger 7 invia sulla terra le prime foto ravvicinate della Luna
▪ 1969 - La sonda della missione americana Mariner 6 raggiunge Marte: invierà alla Terra un totale di 75 foto
▪ 1971 - Programma Apollo: gli astronauti dell'Apollo 15 sono i primi a viaggiare su un veicolo lunare
▪ 1976 - La NASA pubblica la famosa foto della Faccia su Marte, scattata dalla sonda Viking 1 sei giorni prima
▪ 1980 - Dopo 66 giorni nello spazio rientra la navetta russa Soyuz 36 con due uomini di equipaggio (il sovietico Valeri Kubassov e l'ungherese Bertalan Farkas)
▪ 1991 - Firmato il primo trattato START tra Stati Uniti e Unione Sovietica per limitare le armi nucleari
▪ 1999 - La NASA fa precipitare intenzionalmente la navetta Lunar Prospector sulla Luna, terminando così la sua missione per individuare acqua ghiacciata sulla superficie lunare
▪ 2003 - A Cortina d'Ampezzo viene inaugurato il Palavolkswagen; Nascita di Sky Italia, nata dalla fusione di Stream TV e di Tele +.
▪ 2005 - Valentino Rossi con la vittoria numero 76 al Sachsenring (MotoGP di Germania) uguaglia il record di Mike Hailwood nella classifica dei migliori piloti di tutti i tempi
Anniversari
* 280 - Calimero (in latino: Calimerius; III secolo – Milano, 31 luglio 280) fu, secondo la maggioranza degli storici del Cristianesimo, vescovo di Milano dal 270 al 280, mentre la tradizione lo indica come vescovo dal 138 al 191. Viene venerato come santo dalla Chiesa cattolica e da quella ortodossa.
Le fonti non sono concordanti sulle sue origini: alcune leggende lo ritengono un romano di famiglia nobile che, dopo una carriera militare col grado di ufficiale, fu prima convertito e battezzato dai santi Faustino e Giovita e, dopo una vita al servizio della sua fede, ordinato vescovo di Milano; altre versioni lo indicano come greco, cresciuto a Roma e educato alla fede cristiana dal Papa Telesforo: fuggito a Milano dopo che quest'ultimo fu ucciso dai suoi persecutori, venne accolto dal Vescovo Castriziano tra i membri del clero meneghino e destinato alla basilica "fausta". Alla morte di quest'ultimo furono gli stessi milanesi ad acclamarlo vescovo e, al suo rifiuto di sottostare alla loro volontà, ad incatenarlo fino al momento della consacrazione episcopale.
Entrambe queste versioni lasciano adito ad innumerevoli perplessità essendo la prima eccessivamente scarna e generica e ritenendolo la seconda contemporaneo di Telesforo e Adriano, vissuti un secolo prima della sua consacrazione vescovile.
Parte minoritaria della storiografia, forse influenzata da tale leggenda, ritiene più probabile che fosse stato vescovo di Milano dal 139 al 192, basando la propria convinzione su una lastra marmorea posta nel Duomo contenente la cronologia dei vescovi milanesi: in realtà tale elemento non sembra probante essendo il Duomo stato costruito diversi secoli dopo la vita del Santo. La retrodatazione della sua vita è tuttavia spiegabile a livello storico: nell'XI secolo infatti i milanesi, in disaccordo con Roma circa l'eresia dei patarini, retrodatarono la storia della loro diocesi per dimostrare una "pari anzianità" con quella di Roma. In tal modo le vite di molti santi vescovi (come Anatalone, Caio e lo stesso Calimero) furono collocate antecedentemente alla loro reale esistenza e ampliate notevolmente per coprire il gap di oltre un secolo che si era in tal modo venuto a creare.
Le due versioni biografiche sono comunque concordi nella descrizione del suo martirio, che sarebbe seguito alla condanna a morte a lui comminata dall'imperatore Adriano per essere andato in forte collisione, nel perseguitare i nemici del cristianesimo, con personaggi influenti legati alla corte imperiale.
Acerrimo persecutore della religione pagana, fautore del battesimo coatto dei non cristiani, pare sia stato trafitto con una lancia da alcuni di essi mentre si trovava in un cimitero di Milano e, come contrappasso per la sua attività di battezzante, sia stato gettato in un pozzo sito in quella che i pagani ritenevano l'area sacra al dio Belenos.
Tuttavia anche il suo martirio non è affatto certo, essendo stato riportato per la prima volta solo nel VIII secolo e non facendone Sant'Ambrogio alcuna menzione nei suoi scritti.
Ciò che risulta tuttavia sicuro è che Calimero fu molto amato dai cittadini di Milano, tanto che, subito dopo la sua morte, fu costruita una basilica per onorarlo che, ristrutturata nel corso dei secoli, è tuttora presente ed ospita nella sua cripta le ossa del santo.
Nel VIII secolo il vescovo Tomaso, durante una ricognizione a queste ultime, trovò il suo scheletro immerso nell'acqua: nella cripta fu quindi scavato un pozzo per farla defluire e in breve tempo, si diffuse la credenza che le sue acque fossero miracolose.
In passato, in occasione della festività di San Calimero, che si svolgeva il 31 luglio, queste venivano distribuite ai malati e, durante i periodi di siccità, una bottiglia di acqua del pozzo veniva consacrata durante la Messa e in seguito rovesciata sul sagrato, per propiziare l'avvento del maltempo.
I suoi emblemi sono il pastorale e la palma.
Oltre alla citata basilica, tra gli altri luoghi sacri dedicati al santo possiamo citare la chiesa di San Calimero a Pasturo (LC) e il santuario della Madonna di San Calimero a Bolladello di Cairate (VA).
Forse fu lui a scrivere la Lettera di Barnaba.
▪ 1556 - Ignazio di Loyola, in basco Íñigo López Loiola (Loyola, 24 dicembre 1491 – Roma, 31 luglio 1556), fu il fondatore della Compagnia di Gesù (Gesuiti): nel 1622 è stato proclamato santo, per i cattolici, da papa Gregorio XV.
Il primo scritto che racconta la vita, la vocazione e la missione di s. Ignazio, è stato redatto proprio da lui, in Italia è conosciuto come “Autobiografia”, ed egli racconta la sua chiamata e la sua missione, presentandosi in terza persona, per lo più designato con il nome di “pellegrino”; apparentemente è la descrizione di lunghi viaggi o di esperienze curiose e aneddotiche, ma in realtà è la descrizione di un pellegrinaggio spirituale ed interiore.
Il grande protagonista della Riforma cattolica nel XVI secolo, nacque ad Azpeitia un paese basco, nell’estate del 1491, il suo nome era Iñigo Lopez de Loyola, settimo ed ultimo figlio maschio di Beltran Ibañez de Oñaz e di Marina Sanchez de Licona, genitori appartenenti al casato dei Loyola, uno dei più potenti della provincia di Guipúzcoa, che possedevano una fortezza padronale con vasti campi, prati e ferriere.
Iñigo perse la madre subito dopo la nascita, ed era destinato alla carriera sacerdotale secondo il modo di pensare dell’epoca, nell’infanzia ricevé per questo anche la tonsura.
Ma egli ben presto dimostrò di preferire la vita del cavaliere come già per due suoi fratelli; il padre prima di morire, nel 1506 lo mandò ad Arévalo in Castiglia, da don Juan Velázquez de Cuellar, ministro dei Beni del re Ferdinando il Cattolico, affinché ricevesse un’educazione adeguata; accompagnò don Juan come paggio, nelle cittadine dove si trasferiva la corte allora itinerante, acquisendo buone maniere che tanto influiranno sulla sua futura opera.
Nel 1515 Iñigo venne accusato di eccessi d’esuberanza e di misfatti accaduti durante il carnevale ad Azpeitia e insieme al fratello don Piero, subì un processo che non sfociò in sentenza, forse per l’intervento di alti personaggi; questo per comprendere che era di temperamento focoso, corteggiava le dame, si divertiva come i cavalieri dell’epoca.
Morto nel 1517 don Velázquez, il giovane Iñigo si trasferì presso don Antonio Manrique, duca di Najera e viceré di Navarra, al cui servizio si trovò a combattere varie volte, fra cui nell’assedio del castello di Pamplona ad opera dei francesi; era il 20 maggio 1521, quando una palla di cannone degli assedianti lo ferì ad una gamba.
Trasportato nella sua casa di Loyola, subì due dolorose operazioni alla gamba, che comunque rimase più corta dell’altra, costringendolo a zoppicare per tutta la vita.
Ma il Signore stava operando nel plasmare l’anima di quell’irrequieto giovane; durante la lunga convalescenza, non trovando in casa libri cavallereschi e poemi a lui graditi, prese a leggere, prima svogliatamente e poi con attenzione, due libri ingialliti fornitagli dalla cognata.
Si trattava della “Vita di Cristo” di Lodolfo Cartusiano e la “Leggenda Aurea” (vita di santi) di Jacopo da Varagine (1230-1298), dalla meditazione di queste letture, si convinse che l’unico vero Signore al quale si poteva dedicare la fedeltà di cavaliere era Gesù stesso.
Per iniziare questa sua conversione di vita, decise appena ristabilito, di andare pellegrino a Gerusalemme dove era certo, sarebbe stato illuminato sul suo futuro; partì nel febbraio 1522 da Loyola diretto a Barcellona, fermandosi all’abbazia benedettina di Monserrat dove fece una confessione generale, si spogliò degli abiti cavallereschi vestendo quelli di un povero e fece il primo passo verso una vita religiosa con il voto di castità perpetua.
Un’epidemia di peste, cosa ricorrente in quei tempi, gl’impedì di raggiungere Barcellona che ne era colpita, per cui si fermò nella cittadina di Manresa e per più di un anno condusse vita di preghiera e di penitenza; fu qui che vivendo poveramente presso il fiume Cardoner “ricevé una grande illuminazione”, sulla possibilità di fondare una Compagnia di consacrati e che lo trasformò completamente.
In una grotta dei dintorni, in piena solitudine prese a scrivere una serie di meditazioni e di norme, che successivamente rielaborate formarono i celebri “Esercizi Spirituali”, i quali costituiscono ancora oggi, la vera fonte di energia dei Gesuiti e dei loro allievi.
Arrivato nel 1523 a Barcellona, Iñigo di Loyola, invece di imbarcarsi per Gerusalemme s’imbarcò per Gaeta e da qui arrivò a Roma la Domenica delle Palme, fu ricevuto e benedetto dall’olandese Adriano VI, ultimo papa non italiano fino a Giovanni Paolo II.
Imbarcatosi a Venezia arrivò in Terrasanta visitando tutti i luoghi santificati dalla presenza di Gesù; avrebbe voluto rimanere lì ma il Superiore dei Francescani, responsabile apostolico dei Luoghi Santi, glielo proibì e quindi ritornò nel 1524 in Spagna.
Intuì che per svolgere adeguatamente l’apostolato, occorreva approfondire le sue scarse conoscenze teologiche, cominciando dalla base e a 33 anni prese a studiare grammatica latina a Barcellona e poi gli studi universitari ad Alcalà e a Salamanca.
Per delle incomprensioni ed equivoci, non poté completare gli studi in Spagna, per cui nel 1528 si trasferì a Parigi rimanendovi fino al 1535, ottenendo il dottorato in filosofia.
Ma già nel 1534 con i primi compagni, i giovani maestri Pietro Favre, Francesco Xavier, Lainez, Salmerón, Rodrigues, Bobadilla, fecero voto nella Cappella di Montmartre di vivere in povertà e castità, era il 15 agosto, inoltre promisero di recarsi a Gerusalemme e se ciò non fosse stato possibile, si sarebbero messi a disposizione del papa, che avrebbe deciso il loro genere di vita apostolica e il luogo dove esercitarla; nel contempo Iñigo latinizzò il suo nome in Ignazio, ricordando il santo vescovo martire s. Ignazio d’Antiochia.
A causa della guerra fra Venezia e i Turchi, il viaggio in Terrasanta sfumò, per cui si presentarono dal papa Paolo III (1534-1549), il quale disse: “Perché desiderate tanto andare a Gerusalemme? Per portare frutto nella Chiesa di Dio l’Italia è una buona Gerusalemme”; e tre anni dopo si cominciò ad inviare in tutta Europa e poi in Asia e altri Continenti, quelli che inizialmente furono chiamati “Preti Pellegrini” o “Preti Riformati” in seguito chiamati Gesuiti.
Ignazio di Loyola nel 1537 si trasferì in Italia prima a Bologna e poi a Venezia, dove fu ordinato sacerdote; insieme a due compagni si avvicinò a Roma e a 14 km a nord della città, in località ‘La Storta’ ebbe una visione che lo confermò nell’idea di fondare una “Compagnia” che portasse il nome di Gesù.
Il 27 settembre 1540 papa Polo III approvò la Compagnia di Gesù con la bolla “Regimini militantis Ecclesiae”.
L’8 aprile 1541 Ignazio fu eletto all’unanimità Preposito Generale e il 22 aprile fece con i suoi sei compagni, la professione nella Basilica di S. Paolo; nel 1544 padre Ignazio, divenuto l’apostolo di Roma, prese a redigere le “Costituzioni” del suo Ordine, completate nel 1550, mentre i suoi figli si sparpagliavano per il mondo.
Rimasto a Roma per volere del papa, coordinava l’attività dell’Ordine, nonostante soffrisse dolori lancinanti allo stomaco, dovuti ad una calcolosi biliare e a una cirrosi epatica mal curate, limitava a quattro ore il sonno per adempiere a tutti i suoi impegni e per dedicarsi alla preghiera e alla celebrazione della Messa.
Il male fu progressivo limitandolo man mano nelle attività, finché il 31 luglio 1556, il soldato di Cristo, morì in una modestissima camera della Casa situata vicina alla Cappella di Santa Maria della Strada a Roma.
Fu proclamato beato il 27 luglio 1609 da papa Paolo V e proclamato santo il 12 marzo 1622 da papa Gregorio XV.
Si completa la scheda sul Santo Fondatore, colonna della Chiesa e iniziatore di quella riforma coronata dal Concilio di Trento, con una panoramica di notizie sul suo Ordine, la “Compagnia di Gesù”.
Le “Costituzioni” redatte da s. Ignazio fissano lo spirito della Compagnia, essa è un Ordine di “chierici regolari” analogo a quelli sorti nello stesso periodo, ma accentuante anche nella denominazione scelta dal suo Fondatore, l’aspetto dell’azione militante al servizio della Chiesa.
La Compagnia adattò lo spirito del monachesimo, al necessario dinamismo di un apostolato da svolgersi in un mondo in rapida trasformazione spirituale e sociale, com’era quello del XVI secolo; alla stabilità della vita monastica sostituì una grande mobilità dei suoi membri, legati però a particolari obblighi di obbedienza ai superiori e al papa; alle preghiere del coro sostituì l’orazione mentale.
Considerò inoltre essenziale la preparazione e l’aggiornamento culturale dei suoi membri. È governata da un “Preposito generale”.
I gradi della formazione dei sacerdoti gesuiti, comprendono due anni di noviziato, gli aspiranti sono detti ‘scolastici’, gli studi approfonditi sono inframezzati dall’ordinazione sacerdotale (solitamente dopo il terzo anno di filosofia), il giovane gesuita verso i 30 anni diventa professo ed emette i tre voti solenni di povertà, castità e obbedienza, più in quarto voto di obbedienza speciale al papa; accanto ai ‘professi’ vi sono i “coadiutori spirituali” che emettono soltanto i tre voti semplici.
Non c’è un ramo femminile né un Terz’Ordine. La spiritualità della Compagnia si basa sugli ‘Esercizi Spirituali’ di s. Ignazio e si contraddistingue per l’abbandono alla volontà di Dio espresso nell’assoluta obbedienza ai superiori; in una profonda vita interiore alimentata da costanti pratiche spirituali, nella mortificazione dell’egoismo e dell’orgoglio; nello zelo apostolico; nella totale fedeltà alla Santa Sede.
I Gesuiti non possono possedere personalmente rendite fisse, consentite solo ai Collegi e alle Case di formazione; i professi fanno anche il voto speciale di non aspirare a cariche e dignità ecclesiastiche.
Come attività, in origine la Compagnia si presentava come un gruppo missionario a disposizione del pontefice e pronto a svolgere qualsiasi compito questi volesse affidargli per la “maggior gloria di Dio”.
Quindi svolsero attività prevalentemente itinerante, facendo fronte alle più urgenti necessità di predicazione, di catechesi, di cura di anime, di missioni speciali, di riforma del clero, operante nella Controriforma e nell’evangelizzazione dei nuovi Paesi (Oriente, Africa, America).
Nel 1547, s. Ignazio affidò alla sua Compagnia, un ministero inizialmente non previsto, quello dell’insegnamento, che diventò una delle attività principali dell’Ordine e uno dei principali strumenti della sua diffusione e della sua forza, lo testimoniano i prestigiosi Collegi sparsi per il mondo.
Alla morte di s. Ignazio, avvenuta come già detto nel 1556, la Compagnia contava già mille membri e nel 1615, con la guida dei vari Generali succedutisi era a 13.000 membri, diffondendosi in tutta Europa, subendo anche i primi martiri (Campion, Ogilvie, in Inghilterra).
Ma soprattutto ebbe un’attività missionaria di rilievo iniziata nel 1541 con s. Francesco Xavier, inviato in India e nel Giappone, dove i successivi gesuiti subirono come gli altri missionari, sanguinose persecuzioni.
Più duratura fu la loro opera in Cina con padre Matteo Ricci (1552-1610) e in America Meridionale, specie in Brasile, con le famose ‘riduzioni’.
Più sfortunata fu l’opera dei Gesuiti in America Settentrionale, in cui furono martiri i santi Giovanni de Brebeuf, Isacco Jogues, Carlo Garnier e altri cinque missionari.
Col passare del tempo, nei secoli XVII e XVIII i Gesuiti con la loro accresciuta potenza furono al centro di dispute dottrinarie e di violenti conflitti politico-ecclesiatici, troppo lunghi e numerosi da descrivere in questa sede; che alimentarono l’odio di tanti movimenti antireligiosi e l’astio dei Domenicani, dei sovrani dell’epoca e dei parlamentari e governi di vari Stati.
Si arrivò così allo scioglimento prima negli Stati di Portogallo, Spagna, Napoli, Parma e Piacenza e infine sotto la pressione dei sovrani europei, anche allo scioglimento totale della Compagnia di Gesù nel 1773, da parte di papa Clemente XIV.
I Gesuiti però sopravvissero in Russia sotto la protezione dell’imperatrice Caterina II; nel 1814 papa Pio VII diede il via alla restaurazione della Compagnia.
Da allora i suoi membri sono stati sempre presenti nelle dispute morali, dottrinarie, filosofiche, teologiche e ideologiche, che hanno interessato la vita morale e istituzionale della società non solo cattolica.
Nel 1850 sorse la prestigiosa e diffusa rivista “La Civiltà Cattolica”, voce autorevole del pensiero della Compagnia; altre espulsioni si ebbero nel 1880 e 1901 interessanti molti Stati europei e sud americani.
Nell’annuario del 1966 i Gesuiti erano 36.000, divisi in 79 province nel mondo e 77 territori di missione. In una statistica aggiornata al 2002, la Compagnia di Gesù annovera tra i suoi figli 49 Santi di cui 34 martiri e 147 Beati di cui 139 martiri; a loro si aggiungono centinaia di Servi di Dio e Venerabili, avviati sulla strada di un riconoscimento ufficiale della loro santità o del loro martirio.
L’alto numero di martiri, testimonia la vocazione missionaria dei Gesuiti, votati all’affermazione della ‘maggior gloria di Dio’, nonostante i pericoli e le persecuzioni a cui sono andati incontro, sin dalla loro fondazione. (Antonio Borrelli)
Spunti bibliografici su Sant'Ignazio di Loyola a cura di LibreriadelSanto.it
1. Occhetta Francesco, Ignazio di Loyola. Il pellegrino fondatore della Compagnia di Gesù, Elledici, 2009 - 48 pagine
2. Ignazio di Loyola (sant'), Esercizi spirituali, San Paolo Edizioni, 2009 - 490 pagine
3. Vincenzo D'Ascenzi, Ignazio di Loyola, Edizioni Messaggero, 2009 - 192 pagine
4. Angela Tagliafico, Ignazio di Loyola e Teresa d'Avila: due itinerari spirituali a confronto, OCD, 2009 - 481 pagine
5. Manuel Ruiz Jurado, Il pellegrino della volontà di Dio. Biografia spirituale di sant'Ignazio di Loyola, San Paolo Edizioni, 2008 - 240 pagine
6. Radici Pata Claudia, Sant'Ignazio di Loyola, Apostolato della Preghiera Edizioni, 2008 - 56 pagine
7. Francesco Rossi de Gasperis, Sentieri di vita. La dinamica degli Esercizi ignaziani nell’itinerario delle Scritture, Paoline Edizioni, 2007 - 672 pagine
8. Barretta Claudio, Denora Vitangelo C. M., Pedagogia ignaziana e teologia, San Paolo Edizioni, 2007 - 204 pagine
9. S. Ignazio di Loyola, S. Ignazio di Loyola, Gli scritti, Apostolato della Preghiera Edizioni, 2007 - 1552 pagine
10. Padoan Enrico, Sant'Ignazio di Loyola e la Compagnia di Gesù, Apostolato della Preghiera Edizioni, 2006 - 56 pagine
11. Ignazio di Loyola (sant'), Esercizi spirituali, Jaca Book, 2006 - 239 pagine
12. Rossi De Gasperis Francesco, Sentieri di vita [vol_2.1] / La dinamica degli esercizi ignaziani nell'itinerario delle Scritture. Seconda settimana, Paoline Edizioni, 2006 - 528 pagine
13. Martini Carlo M., Gli esercizi ignaziani. Alla luce del Vangelo di Matteo, Apostolato della Preghiera Edizioni, 2006 - 288 pagine
14. Ramal Andrea C., Lettera di s. Ignazio di Loyola ad un educatore di oggi, Apostolato della Preghiera Edizioni, 2005 - 72 pagine
15. Rossi De Gasperis Francesco, Sentieri di vita. La dinamica degli esercizi ignaziani nell'itinerario delle Scritture [vol_1] / Principio e fondamento e prima settimana, Paoline Edizioni, 2005 - 504 pagine
* 1784 - Denis Diderot (Langres, 5 ottobre 1713 – Parigi, 31 luglio 1784) è stato un filosofo, enciclopedista e scrittore francese.
«Soltanto la presenza dell'uomo rende interessante l'esistenza degli esseri(...). L'uomo è il termine unico dal quale occorre partire e al quale occorre far capo, se si vuol piacere, interessare, commuovere, perfino nelle considerazioni più aride e nei particolari più secchi.» (Denis Diderot, Encyclopédie, alla voce "Enciclopedia")
Fu uno dei massimi rappresentanti dell'Illuminismo e promotore ed editore della Encyclopédie, avvalendosi inizialmente dell'importante collaborazione di d'Alembert, che però alle prime difficoltà con la censura (dopo la condanna de L'esprit di Helvétius, anch'egli collaboratore) si ritirerà. Sarà Diderot a portare avanti l'impresa quasi da solo sino all'uscita degli ultimi volumi nel 1772.
La famiglia, borghese e cattolica relativamente benestante, avrebbe voluto avviarlo alla carriera ecclesiastica o a quella giuridica, ma il giovane Denis non pareva interessato né all'una né all'altra. Dopo aver studiato presso il collegio gesuita della città natale, si trasferì a Parigi per iscriversi all'Università e uscendone nel 1732 con il titolo di magister artium, una laurea abbastanza generica e quindi relativamente povera di specializzazione professionale.
Sprovvisto di un preciso indirizzo di carriera, Diderot si adattò ai più diversi lavori. Fu anche scrivano pubblico e precettore, frequentando, come molti altri giovani bohémien, i salotti ed i caffè in cui circolavano le idee illuministiche e libertine.
Di questo periodo è la segnalazione alla polizia come "giovane pericoloso" per le sue idee blasfeme e contro la religione. A Parigi conobbe un altro provinciale come lui, Jean-Jacques Rousseau, con cui costruì un intenso quanto burrascoso rapporto. Il sodalizio tra alti e bassi si ruppe ad un certo punto perché Rousseau si sentì "tradito" dagli amici illuministi che non condividevano le sue idee, compreso Diderot.
Diderot studiò greco e latino, medicina e musica, guadagnandosi da vivere come traduttore ed entrando così in contatto con autori ed idee da cui trasse ispirazione. Il suo spirito vulcanico e decisionista doveva farne un leader del movimento illuminista.
Nel 1745 incontrò per la prima volta Condillac; nello stesso anno tradusse il Saggio sulla virtù e sul merito di Anthony Ashley Cooper, III conte di Shaftesbury, del quale ammirò le idee di tolleranza e di libertà. In seguito, assieme a François-Vincent Toussaint e a Marc-Antoine Eidous, lavorò alla versione francese del Dictionnaire universel de medicine (Paris 1746-1748) del medico inglese Robert James. Sotto questa influenza si collocano i Pensées philosophiques (Pensieri filosofici) del 1746, di intonazione deista, La sufficienza della religione naturale e La passeggiata dello scettico del 1747, tutti aspramente critici verso la superstizione e l'intolleranza. Risalgono al 1748 il romanzo libertino I gioielli indiscreti ed al 1749 la Lettera sui ciechi ad uso di coloro che vedono di intonazione sensista e materialista.
Già questa prima rassegna di titoli (cui vanno aggiunti anche alcuni saggi di matematica) lascia intravvedere due caratteristiche fondamentali della personalità intellettuale del filosofo, vale a dire la vastità dei suoi interessi - che spaziarono dalla filosofia alla biologia, dall'estetica alla letteratura - e la flessibilità dei generi di scrittura da lui praticati, particolarmente congeniale al carattere mobile, aperto e dialogico del suo pensiero.
Incarcerato nel castello di Vincennes per taluni di questi scritti, giudicati sovversivi, il grande pensatore trascorrerà cinque mesi di prigionia piuttosto blanda, dal 22 luglio al 3 novembre 1749.
Nel frattempo era incominciata anche la grande avventura dell'Encyclopédie, che lo occuperà instancabilmente per il successivo quindicennio. Di quest'opera Diderot sarà il più infaticabile artefice, scorgendo in essa una irrinunciabile battaglia politica e culturale e sostenendola pressoché da solo, dopo la defezione di Alembert Jean-Baptiste Le Rond detto Jean d'Alembert nel 1759.
Viceversa, Diderot non darà in genere circolazione pubblica ai propri scritti, molti dei quali rimarranno quindi del tutto sconosciuti al di fuori della ristretta cerchia dei filosofi, per venire pubblicati solo dopo molti decenni dalla sua morte (alcuni addirittura dopo la seconda guerra mondiale).
Appartengono a questo periodo - la pubblicazione dell'Encyclopédie si concluderà definitivamente solo nel 1773 - altre importanti opere, tra cui si possono ricordare i fondamentali saggi filosofici L'interpretazione della natura (1753) ed il Sogno di d'Alembert (1769), i romanzi La monaca (1760) e Jacques il fatalista e il suo padrone (1773), il dialogo Il nipote di Rameau (1762); le opere teatrali Il figlio naturale ed Il padre di famiglia (1758), nonché il trattato La poésie dramatique, mentre il Paradosso sull'attore è ancora oggi una delle opere più importanti sull'arte della recitazione. Diderot svolse un ruolo capitale anche nella storia della critica d'arte e nella storia dell'arte. Quest'ultima disciplina nasce intorno agli anni trenta del secolo dei lumi, contemporaneamente alla storia della letteratura promossa dai protestanti rifugiati in Olanda e dai benedettini di Saint-Maur.
Diderot vi contribuisce dischiudendo una strada che condurrà sino a Baudelaire, potendo avere accesso alla pittura del XVI e XVII secolo presente nelle collezioni del duca d'Orléans al Palais Royal, nelle collezioni di de La Live de Jully in rue Richelieu, nonché nelle collezioni dell'amico barone d'Holbach. Diderot è il primo a riunire il punto di vista tecnico a quello estetico nella sua critica d'arte che è raccolta principalmente nella serie di impressioni ch'egli consegna in forma epistolare in occasione delle esposizioni parigine - i Salons - alla Correspondance littéraire dell'amico Grimm. Il Salon, iniziativa dapprima annuale, poi biennale dal 1746 al 1781 è un'esposizione di pittura che si apre al mattino del giorno della festa del re, San Luigi, il 25 agosto e che dura all'incirca fino alla fine di settembre. L'ingresso è gratuito. Se il resoconto diderottiano del Salon del 1759, il primo redatto da Diderot per la Correspondance littéraire, non è che un articolo di una quindicina di pagine, a partire dal 1761 e dal 1763 queste lettere divengono il terreno su cui Diderot formula alcuni dei suoi princìpi estetici più importanti, disseminandovi altresì riflessioni filosofiche storiche e morali.
La vita privata di Diderot fu intensa, libera, focalizzata intorno a centri affettivi di grande importanza come la famiglia - si sposò nel 1743 con una camiciaia, Antoinette Champion detta Nanette, avendo dal matrimonio una figlia amatissima - ed, a partire dal 1756, l'amica ed amante Sophie Volland Di quest'ultima relazione ci resta un epistolario di grande valore, oltre che biografico, letterario e storico.
Nel 1762, l'imperatrice Caterina II di Russia acquistò la biblioteca di Diderot, che ne mantenne tuttavia l'uso e una rendita come bibliotecario. Tra il 1764 e il 1765 conosce Laurence Sterne e David Garrick. Nel 1773 il filosofo si recò a Pietroburgo, dove stese per l'imperatrice diversi progetti di riforma della società e dell'istruzione.
Fu un durissimo colpo la morte di Sophie nel febbraio 1784; ed il 31 luglio dello stesso anno Diderot, addolorato, morirà a Parigi. In prossimità della sua morte gli amici lo avevano convinto a trasferirsi per risiedere in una parrocchia il cui sacerdote acconsentisse a seppellirlo cristianamente. Aveva traslocato quindi nel quartiere di Saint-Roch, dove morì mentre mangiava una composta di ciliegie, di cui era golosissimo. L'autopsia, che fu eseguita secondo la volontà espressa dallo stesso Diderot, ascrisse la causa della morte a ipertrofia cardiaca. Dopo la morte di Diderot, i suoi manoscritti e i volumi della sua biblioteca furono trasferiti a Pietroburgo.
Filosofia
La natura - L'educazione alla scienza
Tipicamente rispondente all'impegno pedagogico illumistico della liberazione dall'ignoranza e dalla superstizione religiosa è l'invito di Diderot ad una formazione culturale scientifica rivolto specialmente alle giovani menti aperte alle novità:
«Giovane, prendi e leggi. Se potrai arrivare sino alla fine di quest'opera sarai capace di capirne una migliore. Io mi sono proposto più che d'istruirti di esercitarti e perciò m'importa poco che tu adotti le mie idee o che le rifiuti purché esse abbiano ricevuto tutta la tua attenzione. Uno più esperto di me t'insegnerà a conoscere le forze della natura; a me basterà di averti fatto mettere alla prova le tue»
Dal deismo all'ateismo evoluzionista
Nel discorso scientifico sulla natura non può essere assente il tema religioso. Agli inizi del suo pensiero Diderot si mostra sostenitore di un deismo fondato, più che su quel perfetto meccanismo celeste che suscitava l'ammirazione di Newton e poi di Kant, sull'ammirevole ordine stabilito da un Ente supremo all'interno degli organismi naturali. La constatazione poi che esistono individui malamente costituiti, se non addirittura mostri naturali lo porta a un completo ateismo fondato sul probabilismo e su un parziale evoluzionismo: in natura infatti gli organismi si sono organicamente strutturati dopo una serie infinita di esperimenti che le forze naturali hanno compiuto prima di arrivare a costituire corpi in grado di affrontare l'esistenza.
Gli esseri infelici per natura sono il risultato dei tentativi falliti. Questa concezione, che si potrebbe far risalire a Lucrezio, ebbe molta fortuna nel Settecento anche perché, trovando conferme sperimentali della teoria della generazione spontanea dei germi (generatio aequivoca), sostenuta da molti biologi, portava ad escludere la necessità di un Dio creatore.
Sulla linea di pensiero di Buffon anche Diderot ritiene che in natura si debba escludere ogni meccanicismo incapace com'è di spiegare la vita e per lo stesso motivo considera la matematica inutile per la biologia.
L'origine della vita
Il tema più ampiamente trattato da Diderot è quello relativo al problema filosofico e scientifico della origine della vita che ai livelli superiori si manifesta come coscienza e pensiero: per la soluzione del problema bisogna scegliere tra due ipotesi:
▪ esistono in natura due settori completamente distinti: quello inorganico, dove la vita è assente, e quello organico; teoria questa smentita dai fatti poiché in natura si constata la mescolanza dei due mondi; i corpi naturali sono caratterizzati dai continui passaggi tra i due campi;
▪ oppure si deve ritenere che il punto di partenza sia unico; ma in questo caso bisogna spiegare perché i corpi naturali appaiano diversi.
Diderot è convinto che tutta la materia abbia possibilità di uno sviluppo senziente: le primigenie particelle materiali organizzandosi, arrivano alla vita e da questa a quelle forme più alte di sviluppo che sono la coscienza e il pensiero. Egli pensa che un organismo completamente formato abbia in sè un complesso di elementi vitali indipendenti dal tutto così come il complesso unitario rappresentato da uno sciame di api (l'organismo) è costituito dai singoli insetti (i "microanimali" indipendenti). La prova di questo è nel vedere come ad esempio un polipo possa dividersi in organismi più piccoli o come dalla decomposizione di un corpo nascano microrganismi diversi.
La morale
Tutte queste tesi sulla natura non vengono mai affermate da Diderot in maniera esclusiva e definitiva: egli preferisce usare la forma dialogica nei suoi scritti proprio per evitare quelle affermazioni dogmatiche, che talora si riscontravano anche tra gli illumisiti, alle quali Diderot contrappone uno scetticismo che non scade mai a derisione dell'avversario con cui sta polemizzando.
Nella morale Diderot è contrario a qualunque impostazione deterministica che consideri l'uomo vittima impotente di elementi naturali: al contrario l'individuo è libero di scegliere il suo comportamento dominando sè stesso e le forze naturali nei limiti in cui riesce a sfuggire ai suoi istinti naturali: per il dominio della natura e per la sua libertà giova all'uomo la conoscenza dei fenomeni naturali e della storia umana che gli permetterà di liberarsi dalla superstizione e dai pregiudizi per conseguire una vita che sarà felice a condizione che rispetti il bene universale.
Il tema morale, come quello della scelta tra il determinismo e il libero arbitrio, è ripreso da Diderot anche nelle sue opere letterarie come Giacomo il fatalista dove sostiene che, sulla base delle esperienze vissute, un rigido determinismo sia da escludere.
Ne La monaca accusa la morale corrente di ipocrita perbenismo ed esalta invece la felicità raggiungibile su questa Terra.
Ne Il nipote di Rameau descrive le vicende di un nuovo Don Giovanni, che impronta la sua vita alla leggerezza e allo sfoggio di una superficiale intellettualità distruggendo così ogni vero valore morale e ogni verità accertata.
* 1914 - Jean Léon Jaurès (Castres, 3 settembre 1859 – Parigi, 31 luglio 1914) è stato un politico francese. Fu uno dei primi socialdemocratici, differenziando il suo Partito Socialista Francese dai sostenitori della lotta rivoluzionaria di classe e dal comunismo in senso stretto.
Gli inizi
Figlio di un uomo di affari dallo scarso successo, nacque a Castres nel dipartimento del Tarn e venne educato al liceo Louis-le-Grand e all'École normale supérieure. Conseguì la laurea in filosofia nel 1881. Dopo aver insegnato filosofia per due anni al liceo di Albi, tenne delle lezioni all'Università di Tolosa. Venne eletto come deputato repubblicano per il dipartimento del Tarn nel 1885. Nel 1889, dopo essersi candidato senza successo a Castres, ritornò ai suoi doveri professionali a Tolosa, dove si interessò attivamente alle questioni municipali, ed aiutò a fondare la facoltà di medicina dell'università. Egli preparò inoltre due tesi per il suo dottorato in filosofia, De primis socialismi germanici lineamentis apud Lutherum, Kant, Fichte et Hegel (1891), e De la réalité du monde sensible.
L'ascesa
Nel 1902 diede energico supporto ai minatori di Carmaux che scesero in sciopero a causa del licenziamento di un lavoratore socialista, Calvignac; e l'anno seguente venne rieletto alla Camera dei deputati per Albi. Anche se venne sconfitto nelle elezioni del 1898, e rimase per quattro anni fuori dalla Camera, i suoi discorsi eloquenti lo resero una forza importante in politica ed un intellettuale campione del socialismo. Jaurès pubblicò la Petite Republique, e fu uno dei più energici difensori di Alfred Dreyfus. Approvò la partecipazione del socialista Alexandre Millerand nel ministero Waldeck-Rousseau, il che portò ad una scissione con la fazione socialista più rivoluzionaria guidata da Jules Guesde.
La guida della SFIO
Sempre nel 1902 venne nuovamente eletto come deputato per Albi, e durante l'amministrazione Combes la sua influenza assicurò la coesione della coalizione radicale-socialista nota come "il blocco". Nel 1904 fondò il foglio socialista L'Humanité. La politica di Jaurès era ora più rivolta all'unificazione dei vari gruppi socialisti francesi, i quali tennero un congresso a Rouen nel marzo 1905, da cui uscì un nuovo raggruppamento; il nuovo partito, guidato da Jaurès e Guesde, smise di cooperare con i radicali e i radicali-socialisti, e prese il nome di "Partito Socialista Unificato" (Parti Socialiste Unifié, PSU), impegnato a portare avanti un programma collettivista. Alle elezioni generali del 1906, Jaurès venne eletto per il Tarn. La sua abilità era ora generalmente riconosciuta; ma la forza del partito socialista doveva ancora fare i conti con l'egualmente pratico e vigoroso liberalismo di Georges Clemenceau, che fu in grado di appellarsi ai suoi connazionali (in un notevole discorso della primavera del 1906) per organizzare un programma radicale che non prevedeva alcuna utopia socialista. L'immagine di Clemenceau come leader radicale forte e pratico ridimensionò considerevolmente la popolarità socialista. Jaurès, in aggiunta alla sua quotidiana attività giornalistica, pubblicò Les preuves; affaire Dreyfus (1900); Action socialiste (1899); Etudes socialistes (1902), ed assieme ad altri collaboratori, Histoire socialiste (1901), etc.
Il pacifismo
Pacifista impegnato, che desiderava prevenire con mezzi diplomatici quella che sarebbe diventata la prima guerra mondiale, Jaurès cercò di creare un movimento pacifista comune tra Francia e Germania, che facesse pressione sui rispettivi governi tramite lo strumento dello sciopero generale. Jean Jaurès fu assassinato in un caffè di Parigi da Raoul Villain, un giovane nazionalista francese che voleva la guerra con la Germania, il 31 luglio 1914, un giorno prima della mobilitazione che diede il via alla guerra.
Dieci anni dopo il suo assassinio, i resti di Jean Jaurès furono traslati al Panthéon di Parigi.
* 1944 - Antoine Jean Baptiste Marie Roger de Saint-Exupéry (Lione, 29 giugno 1900 – Mar Tirreno, 31 luglio 1944) è stato uno scrittore e aviatore francese. È l'autore del famoso romanzo Il Piccolo Principe, tradotto in centoquindici lingue.
La sua morte in volo, avvenuta nel cielo della Corsica sul finire della seconda guerra mondiale, restò per molti versi misteriosa, finché nel 2008 venne localizzato e recuperato il relitto del suo aereo, colpito da un caccia tedesco nel mare antistante la costa marsigliese. Fu un pilota della Luftwaffe ad abbattere l'aereo. Il 29 giugno 2000, nel centenario della nascita, gli è stato intitolato l'aeroporto di Lione, fino a quel momento chiamato Lyon Satolas.
Nacque da una famiglia di nobili origini, terzo di cinque figli del visconte Jean de Saint-Exupéry e di Marie Boyer de Fonscolombe. Rimase a quattro anni orfano di padre, ma la sua infanzia fu comunque felice. Allevato dalla madre - ottima pittrice - crebbe con i quattro fratelli nel castello di Saint-Maurice-de-Rémens.
Frequentò il collegio gesuita di Notre-Dame-de-Sainte-Crois, dove i compagni lo soprannomineranno "Pique la lune" a causa della forma del suo naso. Nel 1912 - all'aeroporto di Ambérieu, sale per la prima volta su un aereo, quello di Gabriel Wroblewski-Salvez.
Proprio la guerra accentuò la solitudine del futuro scrittore: prima la separazione dalla madre (infermiera all'ospedale di Ambérieu), poi il soggiorno - con François - al Collegio di Montgré a Villefranche-sur-Saône e quindi a Friburgo (Svizzera) in un collegio di padri maristi. Nel 1917 il reumatismo articolare del fratello, che non sopravvisse, li riportò in Francia. Nello stesso anno si iscrisse prima al liceo Bossuet, poi al liceo Saint-Louis di Parigi.
Nel 1921 si arruolò nel II reggimento di aviazione di Strasburgo e ottenne il brevetto di pilota, dapprima civile, poi militare. Per un breve periodo si fermò a Parigi dedicandosi a un lavoro sedentario e si legò alla futura scrittrice Louise Leveque de Vilmorin. Nel frattempo scrisse, e nel 1926 pubblicò, il suo primo racconto, L'aviatore, sulla rivista Le Navire d'Argent. Nello stesso anno venne assunto come pilota dalla Compagnia Generale di Imprese Aeronautiche Latécoère, che copriva anche la tratta Tolosa-Dakar.
Il 12 ottobre 1926 entrò a far parte, come pilota di linea commerciale, del personale navigante delle linee aeree Latécoère (poi Aéropostale): cinquemila chilometri per trasportare la posta, da Tolosa-Casablanca-Dakar, sorvolando la Spagna, il Marocco, il Sahara, la Mauritania, il Senegal. A Capo Juby, una modestissima pista schiacciata tra il mare ed il deserto nel Río de Oro (Sahara Occidentale), Antoine visse un intero anno e scrisse il suo primo libro, Courrier Sud, seguito da Vol de nuit (premio Femina 1931).
Dopo l'avventura africana, Saint-Exupéry nel 1930 approdò a Buenos Aires come direttore dell'aereo postale Argentina-Francia. Questo periodo della sua vita diventerà il soggetto di un breve film, girato in 3D da Jean-Jacques Annaud e intitolato Les ailes du courage.
Nella metropoli incontra l'amore della sua vita, Consuelo Suncín-Sandoval Zeceña de Gómez, scrittrice, pittrice e artista salvadoregna, che sposa nel 1931. Consuelo diverrà la musa ispiratrice di Saint-Exupéry, ma il matrimonio sarà abbastanza turbolento: i lunghi periodi di assenza e le relazioni extraconiugali di lui, il sodalizio artistico di lei con il gruppo dei surrealisti (André Breton, Marcel Duchamp, Balthus ai quali sarà ispirata la sua pittura) saranno narrati in un'autobiografia che verrà ritrovata dopo la sua morte (avvenuta nel 1979) e pubblicata vent'anni più tardi, divenendo in Francia un best seller.
Nel 1932 la compagnia Aéropostale è minata dalla politica: è destinata ad essere assorbita da Air France. Antoine mal sopporta la situazione e torna in Francia, cercando di dedicarsi alla scrittura e al giornalismo. Tra varie vicissitudini brevetta la sua prima invenzione, un dispositivo per l'atterraggio di aerei. A questo brevetto seguiranno numerosi altri, sempre riguardanti dettagli tecnici di velivoli.
Si giunge al maggio 1933 e nasce la compagnia di bandiera francese Air France. L'Aéropostale è ormai storia passata. Nel 1935 tenterà il raid aereo Parigi-Saigon. L'avventura si tramuterà in una sciagura nel deserto libico, dove verrà tratto in salvo dagli aerei della Regia Aeronautica di Derna.
Nel 1939 pubblica Terre des hommes. Il libro diventa un best seller e riceve un premio anche dall'Accademia Francese. Prima dell'inizio della Seconda guerra mondiale scrive per Paris-Soir.
Il 3 settembre 1939, il capitano di complemento Saint-Exupéry si arruola nell'aeronautica militare di Francia chiedendo il comando di una squadriglia di caccia, ma la sua età e le sue condizioni fisiche glielo vietano. Lo accetteranno in una squadriglia di ricognizione aerea.
Il 22 maggio 1940 effettua una missione di ricognizione su Arras che gli ispirerà Pilota di guerra (Pilote de guerre), e sarà citato per la croce di guerra.
Un grave incidente lo costringe a riparare a New York, ponendosi come obiettivo quello di far entrare in guerra gli Stati Uniti; di qui passerà nel Québec nel 1942. Considerato gollista dagli americani e pétainista dai canadesi, fatica a farsi ascoltare, ma quando gli alleati sbarcheranno in Africa del Nord, Antoine chiederà di essere arruolato nell'aviazione americana, per tornare in Francia volando.
In piena seconda guerra mondiale (1943) saranno proprio gli americani a pubblicare, per primi e in inglese, Il piccolo principe, oggi uno dei libri più venduti. Romanzo in forma di favola sulla educazione sentimentale divenuto poi un best-seller, Il piccolo principe ha avuto una notorietà internazionale (è stato tradotto in centoquindici lingue e stampato anche in caratteri arabi e cirillici).
Il mistero della morte
Ripresa nello stesso anno l'attività aviatoria e tornato in Europa, gli viene affidata una serie di cinque missioni di ricognizione fra la Sardegna e la Corsica. Dall'ultima non torna più, precipitando, in circostanze ora del tutto chiarite (anche grazie alle dichiarazioni del pilota Luftwaffe Horst Rippert, che si è dichiarato responsabile del suo abbattimento), nel Mar Tirreno dopo essere decollato con un F-5 (una versione da ricognizione del Lockheed P-38 Lightning) dalla base militare di Borgo in Corsica in direzione di Lione (molti parlarono per molto tempo di incidente o suicidio). Era il 31 luglio 1944.
Poetica la somiglianza della sua fine con il destino del protagonista del suo più famoso romanzo.
Dopo la sua morte, nel 1948 esce Cittadella, raccolta di note e pensieri. Nel 1982 verrà invece pubblicata un'altra raccolta di appunti, intitolata Ecrits de guerre.
Il mistero svelato?
Nel marzo del 2008 Horst Rippert, un 88enne ex-pilota della Luftwaffe che durante la guerra ebbe al suo attivo 28 vittorie in scontri aerei, ha dichiarato che nella notte del 31 luglio 1944 stava sorvolando il Mediterraneo su un Messerschmitt Bf 109, quando vide più in basso un F-5, versione da ricognizione di un Lockheed P-38 Lightning e decise di abbatterlo, senza sapere chi fosse il pilota francese al quale stava sparando. «Quando ho saputo di chi si trattava — ha detto —, ho a lungo sperato che non si trattasse di lui»; Saint-Exupéry era infatti all'epoca già conosciuto anche in Germania, non tanto per Il Piccolo Principe (scritto nel 1942), quanto per le precedenti pubblicazioni legate al mondo dell'aviazione. Per questo motivo Rippert avrebbe tenuto nascosta per quasi sessantaquattro anni la storia di quella notte, finché non sono arrivati a lui il sommozzatore Luc Varnell, il ricercatore di aerei caduti Lino von Gartzen ed il giornalista Jacques Pradell, autori di un'approfondita indagine sulla scomparsa dello scrittore francese.
Il ritrovamento dell'aereo
La stampa francese ha riportato con grande evidenza il 7 aprile 2004 la notizia del ritrovamento, a sessanta metri di profondità, al largo dell'Île de Riou (nella zona di mare dove avvenne la tragedia), dei rottami dell'aereo su cui si trovava Saint-Exupéry quando scomparve durante la missione ricognitiva del 31 luglio 1944.
Un primo ritrovamento di parte dei rottami si era avuto due anni prima grazie ad un sub di Marsiglia. Successive indagini hanno permesso di accertare scientificamente che si trattava realmente dell'aereo con il quale era decollato lo scrittore, un Lockheed P-38 Lightning di produzione statunitense.
Molti, invece, visto che su quell'aereo erano piazzate delle mitragliatrici, anziché una cinepresa per la ricognizione (Antoine de Saint-Exupery non voleva armi sul suo aereo), continuarono a pensare che quello non fosse il suo aereo (anche perché non fu mai trovata traccia del corpo dello scrittore). La morte in volo di Saint-Exupery, fino alle dichiarazioni del pilota tedesco che lo abbatté, non fu mai accertata. Ciò, data la fama "leggendaria" e romantica del personaggio fece nascere "miti", come quello secondo cui l'aereo che fu visto precipitare al largo dell'Île sarebbe un altro aereo francese abbattuto dalla contraerea e il P-38 guidato il 31 luglio da Antoine de Saint Exupery sarebbe scomparso portando con sé il mistero della fine del pilota e scrittore francese.
Omaggi
▪ Il fumettista Hugo Pratt ha dedicato una storia, Saint-Exupéry - L'ultimo volo, alla vicenda della morte dello scrittore; il fumetto, in pieno stile prattiano, ripercorre gli ultimi istanti della vita del protagonista intrecciando al fatto i ricordi della sua vita vissuta.
▪ Una delle sue più importanti citazioni "Non si vede bene che col cuore, l'essenziale è invisibile agli occhi" da Il piccolo principe. Daniel Goleman nel suo libro Intelligenza emotiva riprende la citazione e apre così il suo primo capitolo. La frase è citata anche in Guarire, dello psichiatra David Servan-Schreiber.
▪ Nel 1995 il regista Jean-Jacques Annaud gli dedica il film biografico Wings of Courage, cortometraggio di 45', che è anche il primo film 3-D non documentaristico presentato con il sistema IMAX 3D.
Il 29 giugno 2010 in memoria della sua nascita, il motore di ricerca Google commemora l'evento dedicando l'immagine di presentazione della prima pagina di ricerca (doodle).
Per approfondire vedi il Sito ufficiale (in francese) cliccando qui.
▪ 1972 - Paul Henri Spaak (Schaerbeek, 25 gennaio 1899 – Braine-l'Alleud, 31 luglio 1972) è stato un politico belga.
Europeista convinto come Alcide De Gasperi, Konrad Adenauer, Robert Schuman, è stato con Jean Monnet uno dei principali artefici del Mercato Europeo Comune.
Appartenente a una famiglia di uomini politici e figlio della prima donna belga eletta al Parlamento, Spaak era una socialista democratico dinamico ed attivo.
Deputato nel 1932, fu nominato ministro degli Esteri nel 1936 e nel 1939 Primo ministro: era il primo ed il più giovane capo del governo socialista della storia belga.
Neutralista allo scoppio della guerra, si oppose poi alla capitolazione del Belgio e durante l'occupazione nazista riparò a Londra dove riprese il posto di ministro degli Esteri nel governo in esilio.
Dopo la guerra ebbe una parte determinante nell'abdicazione di Re Leopoldo.
Eletto presidente della prima assemblea dell'ONU nel gennaio 1946, presidente del Consiglio e ministro degli esteri dal 1946 al 1949, fu il primo presidente dell'assemblea della CECA che tenne la prima sessione a Strasburgo nel settembre del 1952.
Fu anche uno dei creatori del Benelux, ma soprattutto ebbe una influenza decisiva nella Conferenza di Messina, nel giugno 1955, che produsse il Mercato Europeo Comune e l'Euratom, le due organizzazioni ratificate poi nei trattati di Roma il 25 marzo 1957; il suo particolare modo di negoziare divenne noto con il nome di Metodo Spaak.
Spaak aveva assunto intanto dal 19 dicembre 1956 le funzioni di segretario generale della NATO, che esercitò fino al 1961.
Dal luglio 1966 si è ritirato a vita privata dedicandosi a scrivere le sue memorie. Agnes e Catherine, due attrici, sono sue nipoti, figlie del fratello Charles noto sceneggiatore.
* 1973 - Guido Morselli (Bologna, 15 agosto 1912 – Varese, 31 luglio 1973) è stato uno scrittore italiano.
Guido Morselli nasce a Bologna il 15 agosto 1912, secondogenito di una famiglia agiata della buona borghesia bolognese. Il padre Giovanni è dirigente d'impresa nel ramo farmaceutico, la madre Olga Vincenzi è figlia di uno dei più noti avvocati della città. Nel 1914 la famiglia si trasferisce a Milano. Fino all'età di dieci anni la vita di Guido scorre abbastanza tranquilla ma nel 1922 la madre si ammala seriamente di febbre spagnola e viene ricoverata per un lungo periodo.
Guido soffre per questa forzata lontananza ed anche per le frequenti assenze del padre, dovute a motivi di lavoro, e quando la mamma muore nel 1924 la perdita lo segna profondamente. Il padre è sempre assente, e senza il collante familiare della mamma i rapporti tra i due continuano a deteriorarsi sia caratterialmente sia affettivamente. Guido è poco socievole, irrequieto, non molto amante della scuola, ma sorretto da un'intelligenza precoce; allo studio preferisce letture personali.
Superato svogliatamente l'esame di maturità nel 1931 da privatista dopo essere stato bocciato nel 1930, per compiacere il padre autoritario si iscrive alla facoltà di giurisprudenza dell'Università Statale di Milano e comincia a scrivere, senza pubblicarli, i primi brevi saggi a carattere giornalistico.
Subito dopo la laurea nel 1935, parte per il servizio militare e frequenta la scuola ufficiali degli alpini. Successivamente soggiornerà lungamente all'estero, scrivendo reportage giornalistici e racconti che rimarranno inediti. Il padre cerca, in maniera autoritaria, di indicargli una strada e lo fa assumere alla Caffaro come promotore pubblicitario: l'esperienza lavorativa si concluderà dopo un solo anno portando ad un peggioramento dei rapporti con il padre. Dopo la morte dell'amata sorella Luisa nel 1938, a soli ventisette anni, Guido ottiene dal padre un vitalizio che gli permette di dedicarsi alle attività che da sempre predilige: la lettura, lo studio e la scrittura. Continua a cimentarsi in brevi saggi e inizia la stesura di un diario, abitudine che lo accompagnerà per tutta la vita.
È autore di romanzi e saggi che sono stati pubblicati solo a partire dal 1974 (ossia dopo la morte dell'autore), a causa dello sfavore delle case editrici, che non seppero correttamente valutarne l'importanza. Proprio i costanti rifiuti degli editori furono alla base del gesto suicida con cui Morselli pose fine alla propria esistenza.
Narrativa
▪ Roma senza papa, Milano, 1974;
▪ Contro-passato prossimo, Milano, 1975;
▪ Divertimento 1889, Milano, 1975;
▪ Il comunista, Milano, 1976;
▪ Dissipatio H.G. , Milano, 1977;
▪ Un dramma borghese, Milano, 1978;
▪ Incontro col comunista, Milano, 1980.
Saggistica
▪ Proust o del sentimento, Milano, 1943;
▪ Realismo e fantasia, Milano, 1947;
▪ Fede e critica, Milano, 1977;
▪ Diario, a cura di V. Fortichiari, Milano, 1988.
* 1984 - Piero Caldirola (Como, 1914 – Milano, 31 luglio 1984) è stato un fisico italiano.
Piero Caldirola studiò al Collegio Ghislieri di Pavia ed ebbe come professori fisico-matematici A. Palatini e R. Serini.
Si laureò nel 1937 in Fisica, e nel 1938 si recò a Roma da Enrico Fermi (prima della partenza dall'Italia di quest'ultimo) ove incontrò Ugo Fano e il brasiliano Mario Schoenberg, dalle cui idee restò influenzato. Passò quindi a Padova da Gian Carlo Wick, ove studiò il metodo di Rabi per la misura dei momenti magnetici. Intanto si occupò di relatività e fisica delle particelle elementari.
Nel 1939 venne nominato assistente di fisica sperimentale a Pavia, mediante un concorso nazionale da cui escono vincitori Caldirola, Piccioni e Pancini. A Pavia iniziò la collaborazione con L. Giulotto, abile fisico sperimentale, sull'effetto Fermi e soprattutto sull'effetto Raman nei liquidi. Analizzandone la struttura fina, Caldirola e Giulotto nel 1940 si avvedono di quello che sarà poi chiamato Spostamento di Lamb.
Nel frattempo si legò in amicizia con Gleb Wataghin e con A. Carrelli, che per esempio apprezzò le sue applicazioni della teoria dei gruppi. Un articolo sulle forze non conservative in meccanica quantistica venne apprezzato da Enrico Fermi.
Durante la guerra, conseguì nel 1941 la libera docenza in fisica teorica, insieme a B. Ferretti e N. Dallaporta.
Morì il 31 luglio 1984 a Milano.
Campi in cui operò
Piero Caldirola, in particolare, è stato:
▪ uno dei creatori della scuola italiana di fisica teorica dello stato solido;
▪ il fondatore del Gruppo di Ricerca per l'Elettronica Quantistica (Milano) e del laboratorio di Fisica del plasma (Milano), del CNR; e della International School of Plasma Physics (Varenna);
▪ socio fondatore del FIEN (Forum Italiano Energia Nucleare) e Presidente europeo del FORATOM (Forum Atomico Europeo);
▪ vice-presidente mondiale della International Radiation Protection Association (IRPA);
▪ rinnovatore al seguito di G. Polvani e altri, agli inizi degli anni cinquanta, della rivista italiana di fisica il Nuovo Cimento.
Nel settore della ricerca pura, si è occupato ad es.:
▪ di una teoria dell'elettrone e dei leptoni;
▪ di una equazione quantistica per sistemi dissipativi;
▪ degli studi sui metodi ergodici in meccanica statistica e sulla teoria quantistica della misura della "scuola di Milano" (A.Loinger, G.M.Prosperi, ecc.);
▪ di una teoria classica unificata delle interazioni gravitazionali e forti.
Sempre durante la guerra, trova inoltre l'equazione di stato di gas a pressioni fino a 500 mila atmosfere.
Caldirola prese parte a svariate vicende della fisica del dopoguerra. A partire dal 1966, ad esempio, fu membro del comitato scientifico del CISE (Segrate). Dopo essersi occupato a lungo di fisica teorica, passò a campi più applicativi, quali: la propagazione di onde elettromagnetiche nei plasmi debolmente ionizzati, i momenti magnetici dei nuclei, la biofisica, la fisica sanitaria (i radioisotopi nella terapia dei tumori, i fenomeni di risonanza nei plasmi quali mezzo diagnostico, ecc.), la fusione termonucleare, e una teoria del processo di separazione isotopica per diffusione gassosa.
Attività teorica
L'attività teorica maggiore, come si stava accennando, la dedica più precisamente ai seguenti temi:
A) Introduzione di un quanto di tempo (cronone) nella teoria relativistica dell'elettrone classico, il cui moto è descritto da una equazione alle differenze finite; quantizzando tale approccio, ne segue una teoria unitaria dei leptoni, forse l'unica che ne fornisca le masse. Negli ultimi anni (in collaborazione ad es. con R.Bonifacio) ha studiato le connessioni della sua equazione alle differenze finite con la risoluzione del problema quantistico della misura.
B) Alla teoria quantistica dei sistemi dissipativi (equazione di Caldirola-Kanai ed equazione di Caldirola-Montaldi) e alla sua connessione con la "master equation" che sta alla base della meccanica statistica quantistica. È interessante notare che le equazioni quantistiche, sia al punto A), sia al punto B), rientrano nel più generale formalismo Lie-ammissibile.
C) Alla teoria della misura e ai teoremi ergodici in meccanica quantistica.
D) Ad alcune fasi (in collaborazione con E. Recami e altri) della costruzione di una teoria degli adroni basata sui metodi della relatività generale. In collaborazione con Recami si è occupato anche di altre questioni di fondamento, quali il concetto di Tempo in fisica, o la risoluzione dei problemi causali posti dalla presenza di moti superluminali.
E) Alla didattica: per es., è stato a Milano per 35 anni professore di Istituzioni di fisica teorica, (nonché fisica generale, e fisica del reattore nucleare presso il Politecnico). Un elenco delle sue opere didattiche segue in fondo.
Altre attività
Nei settore dell'insegnamento e della ricerca, ricoprì altri incarichi. Tra il 1960 e il 1984 fu direttore dell'Istituto di Fisica, e delle Scuole di Perfezionamento in "Fisica Atomica e Nucleare" e in "Fisica Sanitaria e Ospedaliera" della Universita' di Milano. In precedenza era stato direttore della Sezione di Milano dell'INFN. Per molti anni consulente del CNEN e dell'ENEA, è stato poi membro del "Comitato per la Fisica" e del "Comitato Tecnologico" del CNR. Nel 1965 fu rappresentante scientifico italiano nel "Sindacato di Studi per la Costruzione dell'Impianto Europeo per la Separazione Isotopica dell'Uranio" costituito in seno alla CECA (Comunità Europea del Carbone e dell'Acciaio); nonché del Gruppo di Lavoro Killian costituito dal Consiglio della NATO per la creazione di un "Istituto Internazionale della Scienza e della Tecnologia", essendo poi membro, dal 1965 al 1975, di vari Comitati della stessa NATO. Nel 1961 fu nominato direttore scientifico del reattore nucleare del CAMEN (San Pietro a Grado). Dal 1968 al 1973 è stato pure membro del "Group de Liaison pour la Physique du Plasma et la Fusion Control´ee" dell'EURATOM; e dal 1966 al 1977 Presidente del Gruppo di Gestione Euratom-CNEN per studi sulla fusione termonucleare controllata presso i Laboratori Gas Ionizzati di Frascati. Dalla fondazione (1968) fu presidente del GIAU (Gruppo Italiano Arricchimento dell'Uranio), che fino al 1978 riunì intorno al CNEN la Confindustria, il FIEN, e le maggiori industrie nazionali interessate al progetto, sfociando nella partecipazione italiana alla costituzione della società Eurodif e alla costruzione del suo impianto di Tricastin. Nel 1978 viene eletto presidente del FIEN, e nei suoi otto anni di presidenza si dedica alla collaborazione internazionale ed in particolare alle attività legate all'integrazione europea; divenendo poi presidente, a Madrid nel 1981, del Foratom, Quale membro, dal 1980, del Comitato Scientifico e Tecnico dell'EURATOM, dà per anni il proprio contributo per l'integrazione della ricerca europea al Centro Comune di Ricerca della CEE (Commissione delle Comunità Europee), e in particolare al Programma Fusione (e alla Divisione Radioprotezione) di Ispra.
Premi e nomine
Tra i numerosi premi, rammentiamo: il Premio Nazionale del Presidente della Repubblica (1956), la Medaglia d'Oro dei Benemeriti della Scuola, della Cultura, e dell'Arte (1971), un premio della Societa' Italiana per il progresso della Scienza (1939), il Premio Somaini per la Fisica (1952), la medaglia d'oro Alessandro Volta (1978), e la Grande Medaglia d'Oro del Premio Civico di Como (1984). Nominato Socio corrispondente dell'Accademia Nazionale dei Lincei, nei 1957 riceve inoltre un Premio Nazionale dell'Accademia.
Fu anche membro dell'Accademia delle Scienze di Torino e dell'Istituto Lombardo di Scienze e Lettere. Per molti anni ha fatto parte del consiglio della FAST (Federazione delle Associazioni Scienti.che e Tecniche), in Milano, ed ha presieduto lo speciale comitato della stessa FAST che fondo' nel 1956 le "Giornate dell'Energia Nucleare" di Milano, curandone le 14 edizioni fino al 1976.
Dal 1961 al 1973 e' stato presidente della Societa' Italiana di Fisica Sanitaria, divenendo fondatore della Associazione Italiana di Protezione contro le Radiazioni. Infine fu (dal 1964 al 1974) Vice-Presidente mondiale dell'IRPA; Presidente della commissione italiana della International Union of Pure and Applied Physics dal 1962 al 1967; condirettore della rivista "Scientia", e membro dell'Editorial Board del "Nuovo Cimento"; nel settore applicativo e industriale, fu chiamato da Enrico Mattei nel 1958 a far parte del primo Consiglio di Amministrazione dell'Agip Nucleare; dal 1960 al 1963 fu consigliere d'amministrazione anche della Societa' a Laboratori Riuniti dell'ENI (Ente Nazionale Idrocarburi).
Scienziato-umanista si appassiono' all'arte moderna, e in particolare all'Astrattismo (in virtu' della sua frequentazione col pittore e scultore Aldo Galli, esponente di quel "Gruppo di Como" che nel 1922 diede praticamente vita all'Astrattismo in Italia).
▪ 1988 - Claudio Napoleoni (L'Aquila, 5 marzo 1924 – Andorno Micca, 31 luglio 1988) è stato un economista e politico italiano.
Illustre economista marxista, fu professore ordinario di "Politica economica" alla facoltà di Scienze politiche dell'Università di Torino. Si è interessato soprattutto di problemi teorici dell'economia. Con Franco Rodano è stato direttore della "Rivista trimestrale". Nel 1976 fu parlamentare eletto come indipendente nelle liste del PCI e aderente alla Sinistra Indipendente. Nel 1983 fu eletto senatore.
Opere
▪ Dizionario di economia politica. Milano, Edizioni di Comunità, 1956
▪ Il pensiero economico del Novecento. Torino, Einaudi, 1963
▪ L'equilibrio economico generale. Torino, Boringhieri, 1965
▪ Smith, Ricardo, Marx: considerazioni sulla storia del pensiero economico. Torino, Boringhieri, 1970
▪ Valore (per l'enciclopedia filosofica ISEDI). Milano, ISEDI, 1976
▪ Discorso sull'economia politica. Torino, Boringhieri, 1985
▪ Cercate ancora: lettera sulla laicità e ultimi scritti. Roma, Editori Riuniti, 1990
▪ Dalla scienza all'utopia, saggi scelti 1961-1988. Torino, Bollati Boringhieri, 1992
▪ Lezioni sul Capitolo sesto inedito di Marx. Torino, Boringhieri, 1972
▪ Elementi di statistica. Firenze, La nuova Italia, 1967
▪ 2003 - Guido Crepax, al secolo Guido Crepas (Milano, 15 luglio 1933 – Milano, 31 luglio 2003), è stato un autore di fumetti italiano.
Ha profondamente influenzato il mondo del fumetto erotico europeo dalla seconda metà del XX secolo.
È noto soprattutto per il suo personaggio Valentina, creato nel 1965 e molto rappresentativo dello spirito degli anni sessanta. La serie di fumetti e libri di Valentina sono rinomati per il sofisticato disegno di Crepax e per la psichedelica e sognante trama (generalmente con una forte dose di erotismo).
▪ 2004 - Laura Betti - pseudonimo di Laura Trombetti - (Casalecchio di Reno, 1 maggio 1927 – Roma, 31 luglio 2004) è stata un'attrice e cantante italiana di cinema e teatro.
Il suo nome è legato - oltre che ad una indubbia bravura di interprete dotata di grinta e di una voce caratterizzata da un timbro roco che la rendeva inconfondibile - al lungo sodalizio artistico ed umano che la unì al poeta, scrittore e regista Pier Paolo Pasolini.
▪ 2007 - Antonio Sema (Pirano, 27 marzo 1949 – Montenars, 31 luglio 2007) è stato uno storico e scrittore italiano.
Figlio del senatore comunista Paolo Sema (1915-2007), partigiano e fondatore dell'istituto "Livio Saranz", e nipote dell'omonimo Antonio Sema, fondatore e preside del liceo italiano di Pirano, fu un attivista del PCI.
Negli anni della "contestazione", fu infermiere e dottore di ricerca in storia nell'università di Milano, nonché professore di italiano e storia di scuola media e superiore a Paularo, Gemona e a Cividale del Friuli.
I suoi studi storico-militari hanno riguardato in particolare la storia della prima guerra mondiale sul fronte dell'Isonzo, visto anche dalla parte austriaca, e gli aspetti sociali e culturali della vita in trincea e dell'impatto della guerra sulla popolazione civile, contribuendo ad una profonda revisione degli studi del settore. Ha dato inoltre un contributo determinante alla revisione dei musei di guerra del Trentino e del Friuli (v. bibliografia), alla catalogazione dei documenti e degli altri beni culturali del Museo de Henriquez. Personaggio molto noto nella vita culturale di Trieste, è stato ricordato dal 2008 con il premio "Antonio Sema" dell'associazione "èStoria", che gestisce l'omonimo festival internazionale della storia a Gorizia, un concorso per la scuola con il patrocinio del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca.
È stato membro del "Centro interuniversitario di studi e ricerche storico-militari" ed ha collaborato con diverse musei, centri di ricerca e riviste nell'ambito della storia militare (Museo della grande guerra di Gorizia, Civico museo di guerra per la pace "Diego de Henriquez" di Trieste, Centro Militare di Studi Strategici ("CeMiSS") del ministero della difesa, "Istituto regionale per la cultura istriano-fiumano-dalmata" di Trieste ("IRCI") e riviste Qualestoria, Rivista di storia contemporanea, Passato e presente). È stato inoltre membro del comitato scientifico della rivista di geopolitica Limes (sulla quale ha pubblicato saggi sulle guerre nell'ex-Jugoslavia e in Iraq). Ha diretto la collana Le guerre. Storie di uomini, armi, atti di forza della Libreria editrice goriziana.
▪ 2008 - Claudio Beretta (Milano, 1920 – Milano, 31 luglio 2008) è stato uno scrittore, storico e linguista italiano.
Claudio Beretta, massimo studioso del lombardo occidentale (e nello specifico della varietà del milanese) della seconda parte del '900, è stato presidente del Circolo Filologico Milanese, del Centro Camuno di Studi Preistorici e dell'Accademia del dialetto milanese; insignito dell'Ambrogino d'oro (1983) dal Sindaco Tognoli e del Premio Carlo Porta (1989) dal Prof. Alfieri.