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Il calendario del 30 Maggio

Fonte:
CulturaCattolica.it

Eventi

▪ 1416 - Girolamo da Praga è condannato al rogo per eresia.

▪ 1431 - A Rouen, in Francia, la diciannovenne Giovanna d'Arco viene bruciata sul rogo

▪ 1539 - In Florida, Hernando de Soto sbarca con 600 soldati a Tampa Bay, la sua missione era trovare l'oro

▪ 1574 - Enrico III diventa re di Francia

▪ 1588 - L'ultima nave dell'Invincibile Armada spagnola salpa da Lisbona in direzione del Canale della Manica

▪ 1635 - Guerra dei Trent'Anni: viene stipulata la Pace di Praga

▪ 1792 - Il Papa Pio VI pubblica la Lettera Enciclica Quo fluctu, sulle deroghe alle norme canoniche per i Vescovi di Francia, a causa delle conseguenze della rivoluzione
Allo scoppio della Rivoluzione francese, Pio VI fu costretto a subire la soppressione dell'antico rito gallicano, la confisca di tutti i possedimenti ecclesiastici in Francia e l'onta di vedere il proprio stesso ritratto dato alle fiamme dalla folla nel Palazzo Reale.
Pio VI cercò di prendere di petto la questione: il 10 marzo 1791 condannò con il breve Quod aliquantum la Costituzione civile del clero, approvata dall'Assemblea nazionale francese nel luglio del 1790. Ma i rivoluzionari, per rappresaglia, invasero Avignone, qui, nell'ambito della lotte fra chi sosteneva l'annessione alla Francia e i sudditi fedeli al pontefice, una sessantina di questi ultimi furono condannati sommariamente a morte e barbaramente uccisi in una delle torri del palazzo dei Papi. Tale tragico evento è ricordato come i Massacres de la Glacière, ossia i massacri della ghiacciaia.

▪ 1806 - Andrew Jackson uccide un uomo in un duello, dopo che questi aveva accusato sua moglie di bigamia

▪ 1814 - Viene firmato il primo trattato di Parigi, con il quale i confini francesi vengono riportati a quelli del 1792. Napoleone Bonaparte viene esiliato all'Isola d'Elba lo stesso giorno

▪ 1848 - Battaglia di Goito: grande ma non sfruttata vittoria dell'esercito sardo sugli Austriaci del feldmaresciallo Radetzky

▪ 1868 - Memorial Day (allora conosciuto come "Decoration Day") viene celebrato negli Stati Uniti per la prima volta (fu proclamato il 5 maggio da Generale John Logan)

▪ 1879 - Il Gilmores Garden di New York viene ribattezzato Madison Square Garden da William Vanderbilt ed aperto al pubblico

▪ 1883

  1. - A New York, voci che dicono che il Ponte di Brooklyn stia per crollare provocano un fuggi-fuggi che causerà dodici vittime.
  2. - Il Papa Leone XIII pubblica la Lettera Enciclica "Misericors Dei Filius, Sulla nuova Regola del Terz'ordine secolare di San Francesco

▪ 1894 - A Viareggio, la forlivese Clelia Merloni fonda la Congregazione delle Apostole del Sacro Cuore di Gesù

▪ 1913 - Prima guerra balcanica: A Londra viene firmato un trattato di pace che mette fine alla guerra. L'Albania diventa una nazione indipendente

▪ 1922 - A Washington, viene inaugurato il Lincoln Memorial

▪ 1924 - Giacomo Matteotti denuncia in Parlamento le violenze dei Fascisti durante le elezioni di aprile

▪ 1941 - Seconda guerra mondiale: termine della Battaglia di Creta

▪ 1942 - Seconda guerra mondiale: 1.000 bombardieri britannici lanciano un attacco di 90 minuti su Colonia in Germania

▪ 1948 - Cede una diga sul fiume Columbia in piena. Nel giro di minuti l'ondata cancella completamente Vanport (Oregon). Muoiono 15 persone mentre decine di migliaia sono i senzatetto

▪ 1949 - La Germania Est promulga la propria Costituzione

▪ 1958 - I corpi di diversi soldati non identificati della seconda guerra mondiale e della Guerra di Corea vengono seppelliti nella Tomba del milite ignoto del Cimitero nazionale di Arlington

▪ 1967 - Lo stato Nigeriano del Biafra secede, innescando la guerra civile

▪ 1971 - Programma Mariner: Il Mariner 9 viene lanciato verso Marte

▪ 1972 - I membri dell'Armata Rossa giapponese compiono il Massacro dell'aeroporto di Lod

▪ 1981 - Bangladesh: Ziaur Rahman, presidente della Repubblica viene ucciso durante un tentativo di colpo di stato. Assume la carica di Presidente Abdus Sattar

▪ 1982 - La Spagna diventa il sedicesimo membro della NATO e la prima nazione ad entrare nell'alleanza dall'ammissione della Germania Ovest nel 1955

▪ 1989 - Dimostrazioni di Piazza Tiananmen del 1989: La statua della "dea della democrazia" (8 metri) viene svelata dagli studenti dimostranti

▪ 1998 - Un terremoto di magnitudo 6,6 colpisce l'Afghanistan settentrionale, facendo fino a 5.000 vittime

▪ 2004 - Italia, nel 50° anniversario del suo primo volo, all'aeroporto di Pratica di Mare (Roma) festa d'addio per l'F-104, il caccia militare detto Starfighter

Anniversari

* 1416 - Girolamo da Praga, in ceco Jeroným Pražský (Praga, ca. 1370 – Costanza, 30 maggio 1416), è stato un teologo riformatore ceco, bruciato al rogo come eretico.
Dopo aver studiato all'Università di Praga, ottenne nel 1398 il titolo di baccelliere: nel 1399 è a Oxford, in Inghilterra, per completare gli studi di teologia. Torna a Praga nel 1401, recando con sé scritti di John Wyclif, di cui è fervido sostenitore, facendoli conoscere, in particolare, a Jan Hus.
L'anno seguente è di nuovo a Oxford e propaganda le tesi di Wyclif: finito in carcere, alla liberazione si reca in Palestina nel 1403 e l'anno dopo a Parigi, dove vive poveramente ma riesce a conseguire una laurea alla Sorbona nel 1405; guardato con sospetto per le sue posizioni, giudicate eterodosse, preferisce allontanarsi, stabilendosi nel 1406 a Colonia, dove consegue la laurea in lettere; a seguito di un discorso, tenuto nell'Università di Heidelberg, in cui difese le teorie wycliffiane e attaccò la corruzione delle gerarchie ecclesiastiche, viene espulso e torna a Praga nel 1407.
Nel 1410, a Buda, rivolge un appello a re Sigismondo perché si metta a capo di un movimento riformatore della Chiesa; dopo esser stato fatto imprigionare per breve tempo dall’arcivescovo di Esztergom, è a Vienna, dove è ancora arrestato con l'accusa d'eresia e interrogato dall’Inquisizione. Riuscito a fuggire a Jindrichuv Hradec, vi denuncia il mercato delle indulgenze; lo stesso fa nel giugno 1412 a Praga, dove guida i funerali di tre manifestanti, decapitati a seguito delle proteste popolari per la vendita delle indulgenze promosse da papa Giovanni XXIII; nel marzo 1413 è a Cracovia, invitato dal re di Polonia, Ladislao II a occuparsi dell'Università di Cracovia e, al seguito del fratello del re, giunge fino in Russia.
Persona generosa, volle recarsi a Costanza, dov'era in svolgimento il Concilio in cui si giudicava anche dell'ortodossia delle tesi dell'amico Hus, allo scopo di difenderlo. Alla condanna e all'esecuzione al rogo di Hus, avvenuta il 6 luglio 1415, Girolamo fuggì ma, arrestato in Baviera, fu ricondotto a Costanza. Malgrado dichiarasse di rinnegare le sue idee, fu tenuto in carcere per quasi un anno.

Il processo e la condanna
Il 16 maggio 1416, di fronte ai suoi inquisitori, ritrattò la precedente abiura. Già nel 1409, scrivendo all'amico Matteo da Knin, aveva sottolineato come la mente «quando è oppressa interiormente dall'angoscia e dalle tribolazioni e incalzata dall'obbrobrio delle lingue degli accusatori, come può restar salda la tua fiducia davanti ai tuoi avversari? Bramosi della tua morte, spalancano le fauci come leoni, agitando la testa e fissandoti negli occhi; se guardi indietro vedi molti becchi di cicogna che aumentano la tua angoscia. Tutti o quasi tutti ti hanno abbandonato. Ma Dio ti accoglie, Lui che solleva gli eletti e dissolve gli ostacoli. E nessuno ti disprezzi, se sotto il peso gravissimo, abbandonato da tutti, non hai saputo rimanere in piedi, perché il giusto cade sette volte al giorno, ma si risolleva, mentre l'empio, se cade una volta sola, non saprà più sollevarsi».
L'umanista Poggio Bracciolini, presente in quei giorni a Costanza, ha lasciato una diretta testimonianza del processo e dell'esecuzione di Girolamo, attraverso una lettera in latino indirizzata a Leonardo Bruni il giorno stesso della condanna al rogo.
«Condotto in pubblico e comandato di rispondere a ciascuna accusa, per lungo tempo si rifiutò di rispondere, affermando di voler prima chiarire la sua posizione piuttosto che rispondere alle accuse specifiche sostenute dai suoi avversari [...] Negatagli però questa possibilità, così disse di seguito:
"Che iniquità è questa, che per ben 340 giorni sono stato in un carcere durissimo, in mille brutture, nella sporcizia, nei ceppi, nella mancanza d'ogni cosa, mentre voi avete sempre ascoltato i miei accusatori e detrattori, e ora mi volete ascoltare un'ora sola? Avendo dato loro udienza per tanto tempo, vi hanno persuaso che io sia eretico, nemico della fede e persecutore della chiesa. Voi avete giudicato nelle vostre menti che io sia un uomo scelleratissimo, prima di aver potuto sapere quale uomo io sia in realtà. Ma io vi ricordo che voi siete uomini, non dei, siete mortali, non immortali, potete trascorrere, errare, essere ingannati e sedotti [...]"
Ma essendo stato più volte interrotto dallo strepito e dal rumore di molti, alla fine si decise nel concilio che Girolamo rispondesse principalmente sugli errori dei quali era accusato, e che poi gli fosse concessa la facoltà di poter parlare quanto volesse [...]»
Respinte le accuse di essere detrattore del papato e del papa romano, nemico dei cardinali, persecutore dei prelati e del clero e nemico della religione cristiana, sulla dottrina dell'eucaristia ribadì l'ortodossia dottrinale, ma fu insultato con appellativi di ipocrita, di cane e d'asino.
Rinviata l'udienza a tre giorni dopo, gli fu concesso di parlare: ricordò la sorte di Socrate, la prigionia di Platone, le torture patite da Anassagora e da Zenone, la morte di Boezio e le condanne di Giovanni Battista, del Cristo e di santo Stefano. «Ma essendo tutto il peso della causa posto sui testimoni dell'accusa, con molte ragioni dimostrò che non si dovesse prestar loro fede, mostrando che avevano detto tutte quelle cose non per amore di verità ma per odio, malevolenza e invidia [...] Erano le menti dei circostanti contratte e si piegavano quasi a misericordia [...]».
Tutti aspettavano che ammettesse e ritrattasse i suoi errori e chiedesse perdono ma «alla fine cominciò a lodare un certo Giovanni Hus, che era stato condannato al rogo e diceva che era stato un uomo buono, giusto, santo e non degno di quella morte. Preparato con forte e costante animo a sostenere qualunque sospetto piuttosto che a cedere ai suoi nemici, a quei falsi testimoni, i quali non potranno mentire davanti a Dio, quando dovranno render conto delle cose dette. Il dolore dei circostanti era grande e tutti desideravano che gli fosse risparmiata la morte, se veramente fosse stato sincero. Girolamo, perseverante nelle sue convinzioni, lodava quel Giovanni e confermava di non avergli mai sentito dire alcuna cosa contro lo stato della chiesa di Dio, ma contro le perverse consuetudini dei chierici, contro la superbia e la pompa dei prelati, anche devastatori dei beni delle chiese. Dal momento che i beni delle chiese dovevano prima distribuirsi ai poveri, poi ai pellegrini e alla fabbrica delle chiese, non era cosa degna spenderli con le prostitute, nei banchetti, nei cavalli, nei cani, nella pompa dei vestiti e in tante altre cose indegne della religione di Cristo».
Gli furono ancora concessi due giorni per confessare le sue presunte colpe; dopo i quali, il 30 maggio 1416, fu dal concilio giudicato eretico e condannato al rogo.
«Al quale venne con fronte gioconda e con viso lieto, non spaventato dal fuoco, non dai tormenti, non dalla morte, e non vi fu mai nessuno stoico che come lui sostenesse la morte con animo così forte e costante. Quando giunse nel luogo del supplizio, si spogliò da solo dei vestiti e, inginocchiatosi, salutò il palo al quale fu poi legato con molte funi e fu stretto, nudo, con una catena. Dopo che gli fu posta intorno al petto e alle reni molta legna, mista a paglia, e fu appiccato il fuoco, Girolamo cominciò a cantare un certo inno, che fu interrotto dal fumo e dalle fiamme».

* 1431 - Giovanna d'Arco, in francese Jeanne d'Arc, o Jehanne Darc nella versione più arcaica (Domrémy-la-Pucelle, 6 gennaio 1412 – Rouen, 30 maggio 1431), eroina nazionale francese, oggi conosciuta come la Pulzella d'Orléans.
Ebbe il merito di riunificare il proprio Paese contribuendo a risollevarne le sorti durante la guerra dei Cent'anni, guidando vittoriosamente le armate francesi contro quelle inglesi. Catturata dai Borgognoni davanti Compiègne, Giovanna fu venduta agli Inglesi che la sottoposero ad un processo per eresia, al termine del quale, il 30 maggio 1431, fu condannata al rogo ed arsa viva. Nel 1456 il Pontefice Callisto III, al termine di una seconda inchiesta, dichiarò la nullità di tale processo. Beatificata nel 1909 e canonizzata nel 1920 da Benedetto XV, Giovanna venne dichiarata patrona di Francia.

▪ 1640 - Pieter Paul Rubens (Siegen, 28 giugno 1577 – Anversa, 30 maggio 1640) è stato un pittore fiammingo. La sua opera, secondo Giulio Briganti, «può considerarsi l’archetipo del "barocco"», mentre per altri critici, quali Luigi Mallè, ha aperto la via al tumultuante barocco europeo, nordico e francese in particolar modo.

▪ 1778 - François-Marie Arouet, più noto con lo pseudonimo di Voltaire (Parigi, 21 novembre 1694 – Parigi, 30 maggio 1778), è stato un filosofo, scrittore, drammaturgo e poeta francese. Il nome di Voltaire è indissolubilmente legato al movimento culturale dell'Illuminismo, di cui fu uno degli animatori e degli esponenti principali.
François-Marie Arouet Le Jeune nasce ufficialmente il 21 novembre 1694 a Parigi presso una famiglia appartenente alla ricca borghesia.
Come lo stesso pensatore sostenne a più riprese, la data di nascita riferitaci dai registri di battesimo, potrebbe essere falsa: a causa di gravi problemi di salute, infatti, il battesimo sarebbe stato rimandato di ben nove mesi. Il padre François Arouet, era un ricco notaio ed un fervente giansenista, mentre la madre, Marie Marguerite d'Aumart, era appartenente ad una famiglia vicina alla nobiltà. Il fratello, invece, era - sempre a detta di Voltaire - un fanatico giansenista. I suoi studi iniziarono nel 1704 presso il rinomato collegio gesuita di Louis-le-Grand; in questo periodo il giovane Voltaire dimostra una spiccata inclinazione per gli studi umanistici: soprattutto retorica e filosofia. Seppur molto critico nei confronti dei gesuiti, Voltaire maturerà una grande ammirazione nei confronti dei suoi insegnanti e delle opere svolte dalla Compagnia di Gesù in Cina e Paraguay. Nel 1711 lascia il collegio e s'iscrive, per volere paterno, alla scuola superiore di diritto. In questi anni s'inasprisce il rapporto con il padre, il quale mal sopporta la sua vocazione poetica ed i continui rapporti con i circoli libertini.

Esilio in Inghilterra
I suoi scritti polemici trovarono immediato successo nei salotti nobiliari; alcuni versi, del 1717, contro il reggente di Francia Filippo d'Orléans, gli causarono l'arresto e la reclusione alla Bastiglia. La pubblicazione del poema La Ligue del 1723, scritto durante la prigionia, ottenne l'assegnazione di una pensione da parte del re. L'opera verrà pubblicata nuovamente col titolo Enriade, nel 1728.
Il favore che gli mostrarono subitaneamente i nobili di Francia non durò a lungo: sempre a colpa dei suoi scritti mordaci, entrò in contrasto con il cavaliere di Rohan, il quale lo fece bastonare dai suoi domestici e rifiutò a con sprezzo il duello proposto dal giovane poeta.
Le proteste di Voltaire gli servirono solo ad essere imprigionato nuovamente. Dopo un breve periodo in esilio fuori Parigi, Voltaire si vide costretto ad emigrare in Inghilterra (1726-1729). In Gran Bretagna, grazie alla conoscenza di uomini di cultura democratica, scrittori e filosofi come Robert Walpole, Jonathan Swift, Alexander Pope e George Berkeley, maturò idee illuministe contrarie all'assolutismo feudale della Francia. Ivi scrisse, poi, le [[Lettere inglesi]] (o Lettere filosofiche), per le quali venne di nuovo condannato, in quanto aspramente critiche contro l'ancien régime. Durante l'esilio in Inghilterra assunse lo pseudonimo di "Voltaire". L'origine del nome è incerta e fonte di dibattito:
1. "Voltaire" potrebbe essere l'anagramma del cognome in scrittura capitale latina: da AROUET L(e) J(eune) a AROVET L. I. o AROVETLI, da cui VOLTAIRE.
2. Un'altra teoria ricorre al luogo d'origine della famiglia Arouet: la cittadina di Airvault, il cui anagramma potrebbe rendere lo pseudonimo.

Ritorno in Francia
Ancora esule in Lorena (a causa dell'opera Storia di Carlo XII del 1731), scrisse le tragedie Bruto e La morte di Cesare, cui seguirono Maometto ossia il fanatismo e Merope, il trattato Gli elementi della filosofia di Newton oltre all'opera storiografica Il secolo di Luigi XIV. In questo periodo cominciò una relazione con la nobildonna Madame du Châtelet, e, anni dopo, con sua nipote, Madame Denis. Grazie al riavvicinamento con la corte, favorito da Madame de Pompadour, nel 1746 fu nominato storiografo e membro dell'Académie Française.

In Prussia e Svizzera
Dal 1749 al 1752 soggiornò a Berlino, ospite di Federico II, che lo ammirava e lo nominò suo ciambellano. A causa di una speculazione finanziaria, in cui lo scrittore era molto abile, Voltaire litigò col sovrano che lo fece arrestare abusivamente, per breve tempo, a Francoforte. Dopo questo incidente, sarebbero passati molti anni prima che i loro rapporti si pacificassero.
Un altro ritratto di Voltaire
Impossibilitato a tornare a Parigi, si spostò allora a Ginevra, finché entrò in rotta con la Repubblica calvinista e riparò nel 1755 a Losanna presso i castelli di Ferney e Tournay, da lui acquistati. È di questo periodo la stesura della tragedia Oreste (1750), considerata una delle opere minori del teatro di Voltaire.
Ormai ricco e famoso, divenne un punto di riferimento per tutta l'Europa illuminista.
Entrò in polemica coi cattolici per la parodia di Giovanna d'Arco in La pulzella d'Orléans, ed espresse le sue posizioni in Candido ovvero l'ottimismo (1759), in cui polemizzò con l'ottimismo di Gottfried Leibniz.
Il romanzo rimane l'espressione letteraria più riuscita del suo pensiero, contrario ad ogni provvidenzialismo o fatalismo. Da qui iniziò un'accanita polemica contro la superstizione ed il fanatismo a favore di una maggiore tolleranza e giustizia.
A tal proposito scrisse il Trattato sulla tolleranza in occasione della morte di Jean Calas (1763) ed il Dizionario filosofico (1764).
Tra le altre opere, i racconti Zadig (1747), Micromega (1752), L'uomo dai quaranta scudi (1767). Le opere teatrali Zaira (1732), Alzira (1736), Merope (1743), oltre il poema Poema sul disastro di Lisbona (1756). Ed infine, le importanti opere storiografiche Il secolo di Luigi XIV (1751) ed il Saggio sui costumi e sullo spirito delle nazioni (1756). La tomba di Voltaire si trova al Panthéon di Parigi.
Nella sua ultima opera filosofica, Le philosophe ignorant (1766), Voltaire insistette sulla limitazione della libertà umana, che non consiste mai nell'assenza di qualsiasi motivo o determinazione.

Rientro a Parigi
Rientrato a Parigi ed entrato nella Massoneria, morì un mese dopo, nel 1778. Malgrado il trionfo, alla morte gli fu negata la sepoltura ecclesiastica. Questo anche per sua volontà, in quanto declinò l'invito di un prete a confessarsi dicendo: "Non è tempo di farsi nuovi amici". I suoi resti riposano al Panthéon dove sono stati trasportati durante la rivoluzione, l'11 luglio 1791 al termine di un corteo funebre e di una cerimonia grandiosa.

Pensiero politico
Voltaire non credeva che la Francia (e in generale ogni popolo) fosse pronta ad una vera democrazia: perciò non sostenne mai idee repubblicane (benché, dopo la morte, sia divenuto uno dei "padri nobili" della Rivoluzione).
Lontano da idee populiste e anche radicali, se non sul ruolo della religione in politica (fu un deciso anticlericale), la sua posizione politica fu quella di un liberale moderato, avverso alla nobiltà ma sostenitore della monarchia assoluta nella forma illuminata (anche se ammirava molto come "governo ideale" la monarchia costituzionale inglese) come forma di governo: il sovrano avrebbe dovuto governare saggiamente per la felicità del popolo, proprio perché "illuminato" dai filosofi.
Lo stesso Voltaire trovò realizzazione delle sue idee politiche nella Prussia di Federico II, che con le sue riforme acquistò ruolo di primo piano sullo scacchiere europeo. Accolse inoltre favorevolmente le tesi del Beccaria sull'abolizione della tortura e della pena di morte, come si evince dal commento molto positivo che fece all'opera Dei delitti e delle pene.

Pensiero filosofico
Il ruolo dell'Inghilterra nella filosofia voltairiana
Tra le esperienze più significative del Voltaire intellettuale sono certamente da annoverare i viaggi, quello in Olanda e soprattutto quello in Inghilterra; qui il giovane parigino vide praticare attivamente la tolleranza religiosa e la libertà di espressione di idee politiche, filosofiche e scientifiche. Al suo spirito insofferente di ogni repressione assolutistica e clericale (anche perché reduce dall'esperienza nelle rigide scuole dei gesuiti) l'Inghilterra appare come il simbolo di una forma di vita illuminata e libera.
Immerso nello studio della cultura anglosassone, Voltaire rimane accecato dalle luminose e rivoluzionarie dottrine scientifiche di Newton e dal deismo e l'empirismo di Locke. Egli trae, da questo incontro con la filosofia inglese, il concetto di una scienza concepita su base sperimentale intesa come determinazione delle leggi dei fenomeni e il concetto di una filosofia intesa come analisi e critica dell'esperienza umana nei vari campi. Nacquero così le Lettres sur les anglais o Lettres philosophiques (1734) che contribuirono ad allargare l'orizzonte razionale europeo ma che gli attirarono addosso i fulmini delle persecuzioni.
Le Lettres vengono condannate, per quanto riguarda i princìpi religiosi, da coloro che sostenevano la necessità politica dell'unità di culto; dal punto di vista politico, esse, esaltando l'onorabilità del commercio e la libertà, si opponevano spudoratamente al tradizionalistico regime francese, e dal lato filosofico, in nome dell'empirismo, tentavano di svincolare la ricerca scientifica dall'antica subordinazione alla verità religiosa. Il programma filosofico di Voltaire si delineerà in maniera più precisa successivamente con il Traité de métaphisique (1734), la Métaphisique de Newton (1740), Remarques sur les pensées de Pascal (1742), il Dictionnaire philosophique (1764), il Philosophe ignorant (1766), per citare i più importanti.

La religione naturale
Il problema che Voltaire principalmente si pone è l'esistenza di Dio, conoscenza fondamentale per giungere ad una giusta nozione dell'uomo. Il filosofo non la nega, come alcuni altri Illuministi che si dichiaravano atei (Diderot, D'Holbach e altri) perché non trovavano prova dell'esistenza di un Essere Supremo, ma nemmeno, nel suo razionalismo, assume una posizione agnostica.
Egli vede la prova dell'esistenza di Dio nell'ordine superiore dell'universo, infatti così come ogni opera dimostra un artefice, Dio esiste come autore del mondo e, se si vuole dare una causa all'esistenza degli esseri, si deve ammettere che sussiste un essere creatore.
La sua posizione fu pertanto deista, come già accennato. Dunque Dio esiste e sebbene abbracciando questa tesi si trovino molte difficoltà, le difficoltà che si pongono abbracciando l'opinione contraria sarebbero ancora maggiori.
Il Dio di Voltaire non è il dio rivelato, ma non è neanche un dio di una posizione panteista, come quella di Spinoza. È una sorta di Grande Architetto dell'Universo, un orologiaio autore di una macchina perfetta.
Voltaire non nega una Provvidenza, ma non accetta quella di tipo cristiano; secondo le sue convinzioni (come quelle di molti del suo tempo), l'uomo nello stato di natura era felice, avendo istinto e ragione, ma la civiltà ha contribuito all'infelicità: occorre quindi accettare il mondo cosi com'è, e migliorarlo per quanto è possibile.
Aveva contribuito a queste sue convinzioni lo studio di Newton: la cui scienza, pur rimanendo estranea, in quanto filosofia matematica, alla ricerca delle cause, risulta strettamente connessa alla metafisica teistica, implicando una razionale credenza in un essere supremo. Voltaire crede in un Dio che unifica, Dio di tutti gli uomini: universale come la ragione, Dio è di tutti.
Uno dei suoi maggior nemici fu la Chiesa cattolica (che lui chiama l'infame, termine riferibile ad ogni fanatismo religioso), egli infatti tenta di demolire il cattolicesimo per proclamare la validità della religione naturale.
La sua fede nei principi della morale naturale mira ad unire spiritualmente gli uomini al di là delle differenze di costumi e di usanze. Proclama quindi la tolleranza contro il fanatismo e la superstizione (che stanno alla religione come l'astrologia alla astronomia) nel "Trattato sulla tolleranza" (1763), nonché la laicità tramite molti scritti anticlericali. Per liberare le religioni positive da queste piaghe è necessario trasformare tali culti, compreso il cristianesimo, nella religione naturale, lasciando cadere il loro patrimonio dogmatico e facendo ricorso all'azione illuminatrice della ragione.
Dal Cristianesimo Voltaire accetta l'insegnamento morale, ovvero la semplicità, l'umanità, la carità, e ritiene che voler ridurre questa dottrina alla metafisica significa farne una fonte di errori. Più volte infatti il parigino, elogiando la dottrina cristiana predicata da Cristo e dai suoi discepoli, addebiterà la degenerazione di questa in fanatismo, alla struttura che gli uomini, e non il Redentore, hanno dato alla chiesa. Il cristianesimo vissuto in maniera razionale, infatti, coincide con la legge di natura.
Voltaire porta avanti una doppia polemica, contro l'intolleranza e la sclericità del cattolicesimo, e contro l'ateismo e il materialismo. Egli dirà che "l'ateismo non si oppone ai delitti ma il fanatismo spinge a commetterli", anche se concluderà poi che essendo l'ateismo quasi sempre fatale alle virtù, in una società è più utile avere una religione, anche se fallace, che non averne nessuna. Non solo il cristianesimo, ma ogni religione rivelata (e non), è una superstizione inventata dall'uomo.
Voltaire comunque si rifiuta di ammettere qualsiasi intervento di Dio nel mondo umano.
Il Supremo ha solo avviato la macchina dell'universo, senza intervenire ulteriormente, dunque l'uomo è libero, ovvero ha il potere di agire, anche se la sua libertà è limitata. Del resto "sarebbe strano che tutta la natura, tutti gli astri obbedissero a delle leggi eterne, e che vi fosse un piccolo animale alto cinque piedi che, a dispetto di queste leggi, potesse agire sempre come gli piace solo secondo il suo capriccio".
Degna di menzione è la polemica che Voltaire porterà avanti contro Blaise Pascal, che diventerà soprattutto polemica contro l'apologetica e il pessimismo cristiano in genere. Voltaire dice di prendere le difese dell'umanità contro quel "misantropo sublime", che insegnava agli uomini ad odiare la loro stessa natura. Più che con l'autore delle "Provinciales", egli dice di scagliarsi contro quello dei "Pensees", in difesa di una diversa concezione dell'uomo, del quale sottolinea piuttosto la complessità dell'animo, la molteplicità del comportamento, affinché l'uomo si riconosca e si accetti per quello che è, e non tenti un assurdo superamento del suo stato.
In conclusione si può asserire che entrambi i filosofi riconoscono che l'essere umano per la sua condizione è legato al mondo, ma Pascal pretende che egli se ne liberi e se ne distolga, Voltaire vuole che la riconosca e la accetti: era il mondo nuovo che si scagliava contro il vecchio.

La storia
Le concezioni filosofiche di Voltaire sono inscindibili dal suo modo di fare storia. Infatti egli vuole trattare questa disciplina da filosofo, cioè cogliendo al di là della congerie dei fatti un ordine progressivo che ne riveli il significato permanente.
Dalle sue grandi opere storiche (Historie de Charles XII del 1731), Les siecle de Louis XIV del 1751), Essai sur les moeurs et l'esprit des nations del 1754-1758), nasce una storia "dello spirito umano", ovvero si applica un enorme ampliamento dell'orizzonte storico, una radicale rottura con la visione teologico-provvidenzialistica del cammino umano e con la storiografia annalistica e panegiristica dei regnanti. Voltaire si interessa ai popoli, ai loro costumi; prima la storia era la storia del mondo cristiano, legata ai confini europei, adesso è la storia universale del progresso umano. Progresso inteso come il dominio che la ragione esercita sulle passioni, nelle quali si radicano i pregiudizi e gli errori, infatti l'Essai presenta sempre come incombente il pericolo del fanatismo.
La filosofia deve essere lo spirito critico che si oppone alla tradizione per discernere il vero dal falso, bisogna scegliere tra i fatti stessi i più importanti e significativi per delineare la storia delle civiltà. Infatti Voltaire non prende in considerazione i periodi oscuri della storia, ovvero tutto ciò che non ha costituito cultura, ed esclude dalla sua storia "universale" i popoli barbari, che non hanno apportato il loro contributo al progresso della civiltà umana. Voltaire vuole ricostruire la legge naturale attraverso la storia, e mettere in luce la rinascita e il progresso dello spirito umano, cioè i tentativi della ragione di affrancarsi dai pregiudizi e di porsi come guida della vita associata dell'uomo; e, giacché la sostanza dello spirito umano rimane immutata ed immutabile, il progresso consiste nella sempre miglior riuscita di questi tentativi.
La storia non è più orientata verso la conoscenza di Dio, non è questo lo scopo dell'uomo, il quale deve invece dedicarsi a capire e a conoscere sé stesso fino a che la scoperta della storia si identifichi con la scoperta dell'uomo. La storia è diventata storia dell'Illuminismo, del rischiaramento progressivo che l'uomo fa di se stesso, della progressiva scoperta del suo principio razionale. Shaftesbury aveva detto che non c'è miglior rimedio del buon umore contro la superstizione e l'intolleranza e nessuno mise in pratica meglio di Voltaire questo principio; infatti "il suo modo di procedere si avvicina a quello di un caricaturista, che è sempre vicino al modello da cui parte, ma attraverso un gioco di prospettive e di proporzioni abilmente falsate, ci dà la sua interpretazione".
L'umorismo, l'ironia, la satira, il sarcasmo, l'irrisione aperta o velata, sono da lui adoperati di volta in volta contro la metafisica, la scolastica o le credenze religiose tradizionali. Ma talvolta, questo semplicizzare ironicamente certe situazioni, lo porta a trascurare o a non cogliere aspetti molto importanti della storia.
In generale Voltaire ha rappresentato l'Illuminismo, con il suo spirito caustico e critico, il desiderio di chiarezza e lucidità, il rifiuto dei pregiudizi e del fanatismo superstizioso, con una ferma fiducia nella ragione, ma senza inclinazioni eccessive all'ottimismo e alla fiducia nella maggior parte degli individui. A questo riguardo è esemplare il romanzo satirico Candide (Candido, 1759), ove Voltaire si fa beffe dell'ottimismo filosofico difeso da Leibniz. Egli infatti accusa violentemente l'ottimismo ipocrita, il "tout est bien" e la teoria dei migliori dei mondi possibili, perché fanno apparire ancora peggiori i mali che sperimentiamo, rappresentandoli come inevitabili ed intrinseci nell'universo. Ad esso oppone il vero ottimismo, ovvero la credenza nel progresso umano di cui la scienza e la filosofia illuminista si fanno portatori.

Opere
* Edipo, 1718
* Enriade, 1728
* Storia di Carlo XII, 1730
* Bruto, 1730
* Zaira, 1732
* Il tempio del gusto, 1733
* Lettere inglesi o Lettere filosofiche, 1734
* Adelaide del Guesclin, 1734
* Maometto, 1736
* Mondain, 1736
* Epistola su Newton, 1736
* Trattato di metafisica, 1736
* Il figliol prodigo, 1736
* Saggio sulla natura del fuoco, 1738
* Elementi della filosofia di Newton, 1738
* Zulime, 1740
* Maometto ossia il fanatismo, 1741
* Merope, 1743
* Zadig, 1748
* Il mondo va come va, 1748
* Il secolo di Luigi XIV, 1751
* Micromega, 1752
* Poema sul disastro di Lisbona, 1756
* Saggio sui costumi e lo spirito delle nazioni, 1756
* Candido o l'ottimismo, 1759
* Tancredi, 1760
* La Pulzella d'Orléans, 1762
* Quello che piace alle signore, 1764
* Dizionario filosofico, 1764
* Jeannot e Colin, 1764
* Dell'orribile pericolo della lettura, 1765
* Questioni sui miracoli, 1765
* La filosofia della storia, 1765
* Trattato sulla tolleranza, 1763
* Il filosofo ignorante, 1766
* L'ingenuo, 1767
* L'uomo dai quaranta scudi, 1768
* L'A, B, C Dio e gli uomini, 1769
* Le lettere di Amabed, 1769
* Le lettere di Memmio, 1771
* Bisogna prendere una parte, 1772
* Il grido del sangue innocente, 1775
* Dell'anima, 1776
* Dialoghi di Evemero, 1777

Curiosità
* Vittorio Messori in Pensare la storia, SugarcoEdizioni (2006) sostiene:
L'antipatia di Voltaire per la chiesa cattolica era manifesta e costante: nel 1773 egli si spinse ad affermare la vicina fine del cristianesimo:
«Nella cultura nuova, non ci sarà futuro per la superstizione cristiana. Io vi dico che, tra vent'anni, il Galileo [Gesù Cristo] sarà spacciato»

* La casa parigina di Voltaire divenne un deposito della Società Biblica.

▪ 1912 - Wilbur Wright (Millville, 16 aprile 1867 – Dayton, 30 maggio 1912) e Orville Wright (Dayton, 19 agosto 1871 – Dayton, 30 gennaio 1948) furono i due inventori pionieri dell'aeronautica cui viene generalmente attribuita la paternità del primo volo umano totalmente controllato su un mezzo di trasporto più pesante dell'aria: l'aeroplano.
Contribuirono in tal modo a realizzare uno dei maggiori sogni dell'uomo, quello di volare. Gli stessi Wright non avanzarono mai alcuna primogenitura in materia. Tentativi di volo con aeroplani a motore erano stati compiuti - sia pure con esiti quasi sempre disastrosi - già alcuni anni prima della loro storica impresa compiuta il 17 dicembre del 1903.

▪ 1918 - Georgij Valentinovič Plechanov (Tambov, 11 dicembre 1856 – Terijoki, 30 maggio 1918) è stato un filosofo russo.
Con la sua azione Plechanov ha contribuito alla sviluppo del marxismo nella filosofia, accrescendo anche il ruolo dell'arte e della religione nella società. Scrisse molte opere relative al materialismo storico e si occupò di classici temi marxisti (pur non essendo un ortodosso) come il rapporto tra struttura e sovrastruttura e il ruolo dell'ideologia nell'evoluzione mondiale. Si sforzò di diffondere le idee marxiane in Russia negli anni bui della repressione zarista, guadagnandosi un posto d'onore nel "pantheon" del proletariato internazionale.
Da studente aderì alla società segreta populista Narodnaja Volja (La volontà del popolo) e fondò, poi, la frazione nera del partito Terra e Libertà. Queste organizzazioni, fedeli al populismo, si proponevano di incentrare la lotta rivoluzionaria sull'azione contadina guidata dagli intellettuali, facendo leva sul terrorismo (uccisione dello zar Alessandro II nel 1881) e sulla figura dell'eroe.
Plekhanov però intuì ben presto che la fase industriale e capitalista era già cominciata in Russia e che, quindi, guida della rivoluzione doveva essere il proletariato; questa concezione, che sostenne in vari scritti (Le nostre divergenze del 1884 in primo luogo) lo posero contro i populisti e lo fanno tuttora riconoscere come uno dei fondatori del socialismo scientifico. Nel 1880 si recò all'estero e a Parigi, ove svolgeva il lavoro di pubblicista, dopo aver collaborato con i blanquisti, iniziò lo studio del marxismo divenendone un fervido propagandista.
Nel 1883, insieme con Deutsch, Pavel Axelrod e la Vera Zasulic, fondò il gruppo dell'Emancipazione del lavoro che fu la prima organizzazione marxista. Nel 1895, su pressione del governo zarista, fu scacciato da Parigi e visse in Svizzera e in Italia, finché, dopo la rivoluzione del 1905, tornò in Russia. Recatosi di nuovo all'estero, tornò ancora in Russia dopo lo scoppio della Prima guerra mondiale su invito di Kerenskij e, nelle file mensceviche, combatté il bolscevismo e morì a Terijoki (all'epoca territorio finlandese, oggi sobborgo di San Pietroburgo).
Il suo pensiero è racchiuso soprattutto nello Studio sullo sviluppo della concezione monistica della storia del 1895. È lui l'autore della celebre massima: "Senza teoria rivoluzionaria, non c'è azione rivoluzionaria nel vero senso della parola".

▪ 1960 - Boris Leonidovič Pasternak (in russo: Борис Леонидович Пастернак[?]; Mosca, 10 febbraio 1890 – Peredelkino, 30 maggio 1960) è stato uno scrittore russo. La data di nascita è il 29 gennaio secondo il calendario giuliano in vigore all'epoca. Trascorse l'infanzia in un ambiente intellettuale ed artistico. Suo padre Leonid era artista e professore alla Scuola moscovita di pittura, sua madre, Rosa Kaufmann, era pianista.
Boris Leonidovič Pasternak è la traslitterazione scientifica del nome russo, generalmente nell'italiano scritto si incontra la trascrizione fonetica approssimata Boris Leonidovich Pasternak.
Tra le personalità della cultura – musicisti, artisti e scrittori – Pasternak ebbe modo di incontrare a casa dei genitori anche Lev Tolstoj, per il quale suo padre Leonid illustrò i libri.
Fin dall'incontro col compositore russo Skrjabin sognava di diventare pianista e compositore e si dedicava al piano, alla teoria di musica e la composizione. Compiuti gli studi al liceo tedesco di Mosca nel 1908, però, si iscrisse alla Facoltà di filosofia all'università di quella città. Durante il semestre all'Università di Marburgo, la Philipps-Universität, nell'estate del 1912 e dopo i viaggi in Svizzera ed in Italia, maturò la sua decisione di dedicarsi alla poesia.
In quegli anni scrisse le sue prime poesie, che uscirono nell'almanacco Lirika (Лирика) e mostrano l'influenza del simbolismo e del futurismo. Nel 1914 pubblicò la sua prima raccolta di poesie nel libro Il gemello delle nuvole (Близнец в тучах), seguito da Oltre le barriere (Поверх барьеров, 1917), che gli portò un riconoscimento ampio negli ambienti letterari. Dal 1914 fu membro del gruppo di poeti simbolistici Centrifuga (Центрифуга).
Nel 1922 Pasternak sposò Evgenija Vladimirovna Lourie da cui ebbe un figlio. Divorziarono nel 1931. Seguì un secondo matrimonio nel 1934 con Zinaida Nikolaevna Neuhaus; la famiglia si trasferì nel sobborgo moscovita di Peredelkino nel 1936.

Il Dottor Živago e il Premio Nobel
Dopo la seconda guerra mondiale Pasternak mise mano al primo e unico romanzo, Il dottor Živago (Доктор Живаго). Il romanzo venne rifiutato dall'Unione degli Scrittori che ai tempi del regime comunista non poteva pemettere la pubblicazione di un libro che, fortemente autobiografico, raccontava i lati più oscuri della Rivoluzione d'ottobre. La stesura dell'opera, che fu bandita dal governo, fu causa per l'autore di persecuzioni intellettuali da parte del regime e dei servizi segreti che lo costrinsero negli ultimi anni della sua vita alla povertà e all'isolamento. Ad ogni modo il manoscritto riuscì a superare i confini sovietici e il libro, nel 1957, venne pubblicato per la prima volta in Italia, tra molte difficoltà, dalla casa editrice Feltrinelli in una edizione diventata poi storica, di cui il primo a parlarne fu il critico letterario Francesco Bruno. Il libro si diffonderà in occidente e nel giro di pochissimo tempo, tradotto in più lingue, diventerà il simbolo della testimonianza della realtà sovietica. Nel 1958, Il dottor Živago frutterà a Pasternak l'assegnazione del Premio Nobel per la letteratura. Proprio l'assegnazione del premio scatenò una vicenda singolare che vide il coinvolgimento dei servizi segreti occidentali. Infatti il regolamento dell'Accademia Svedese, ente designato a scegliere il vincitore del Premio Nobel per la letteratura, prevede che per ottenere il riconoscimento, l'opera in questione debba essere stata pubblicata nella lingua materna dell'autore, requisito di cui Il dottor Živago ovviamente difettava. Pertanto, a pochi giorni dal momento in cui l'assegnazione avrebbe dovuto essere resa nota, un gruppo di agenti della Cia e dell'intelligence britannica riuscì ad intercettare la presenza di un manoscritto in lingua russa a bordo di un aereo in volo verso Malta. Obbligarono così l'aereo a deviare, per entrare in possesso momentaneamente del manoscritto che, fotografato pagina per pagina, fu precipitosamente pubblicato su carta con intestazione russa e con le tecniche tipografiche tipiche delle edizioni russe. Questo lo stratagemma per consegnare il capolavoro perseguitato alla verità e al merito del Premio Nobel. Il resto della storia è meno avvincente e più conosciuto. Dapprima Pasternak inviò un telegramma a Stoccolma esprimendo la sua gratitudine attraverso parole di sorpresa e incredulità. Alcuni giorni più tardi, in seguito a pressanti minacce e avvertimenti da parte del KGB circa la sua definitiva espulsione dalla Russia e la confisca delle sue già limitatissime proprietà, lo scrittore con rammarico comunica all'organizzazione del prestigioso premio la sua rinuncia per motivi di ostilità del suo Paese. Pasternak rifiuta così la fama e il riconoscimento che avrebbe trovato all'estero per non vedersi negata la possibilità di rientrare in patria. Da allora trascorrerà il resto dei suoi giorni senza aver ritirato il premio e comunque perseguitato, morirà due anni più tardi in povertà a Peredelkino, nei dintorni moscoviti nel 1960. Da questo capolavoro della narrativa novecentesca sarà tratto il film omonimo di successo (1965) con Omar Sharif e Julie Christie. Il romanzo fu pubblicato legalmente in Russia solo nel 1988, nel periodo di riforma dell'Unione Sovietica promosso da Gorbačëv, e sarà nel 1989 che il figlio dell'autore Evgenij si recherà in Svezia per ritirare il premio spettante al padre 31 anni prima.
Tra le sue opere sono da segnalare anche diverse raccolte di poesie, alcune delle quali raccolte nel volume Autobiografia e nuovi versi, che poté pubblicare per la prima volta solo in Italia, e Il salvacondotto, sorta di opera autobiografica riferibile non tanto alle vicende della sua vita quanto alla sua vocazione intellettuale.
Nell'"Autobiografia e nuovi versi", Pasternak fornisce una descrizione memorabile (e commovente) della Mosca della sua infanzia:
«Alla fine del secolo Mosca conservava ancora la sua vecchia fisionomia di angolo remoto, tanto pittoresco da sembrare favoloso, con le caratteristiche leggendarie di una terza Roma e di una capitale dell'epoca eroica, nella magnificenza delle sue stupende, innumerevoli chiese.»

▪ 1991 - Francesco Ricci (Faenza, 29 maggio 1930 – Forlì, 30 maggio 1991) è stato un sacerdote italiano.
È stato canonico della cattedrale di Forlì, assistente ecclesiastico di Comunione e Liberazione e rettore della Chiesa di San Filippo Neri a Forlì.
Ordinato sacerdote nel 1955, fu in seguito assistente diocesano dell'Azione Cattolica e cappellano nelle parrocchie forlivesi di Ravaldino e Santa Lucia. Dopo aver trascorso gli anni della Guerra a Premilcuore, fu discepolo di don Pippo Prati, parroco dell'Abazia di San Mercuriale.
Alla fine degli anni cinquanta incontrò don Luigi Giussani e fondò con lui Gioventù Studentesca, tanto che don Giussani lo definì «il primo e più grande compagno di cammino». Grazie all'opera di don Francesco Ricci, Forlì divenne, insieme a Milano, uno dei principali centri di diffusione dell'esperienza di Comunione e Liberazione in Italia. Viaggiò in molti paesi per promuovere Comunione e Liberazione: in Jugoslavia, Perù, Polonia, Ungheria, Giappone e Corea, Uganda, Paraguay, Cecoslovacchia, Brasile.
Per il suo interesse verso l'Europa dell'Est, allora sotto governi comunisti, fondò a Forlì il Centro Studi Europa Orientale (CSEO), che intendeva approfondire la conoscenza in Italia dei Paesi di quell'area geopolitica; pubblicò inoltre le traduzioni di alcune opere di Václav Havel, Józef Tischner e altri autori.
Morì, dopo una lunga malattia, il 30 maggio 1991.

Principali opere pubblicate
▪ Da un paese vicino..., a cura dell'Associazione don Francesco Ricci ; prefazione di Guzman Carriquiry Lecour, Bologna : EDB, 2003
▪ Cronache d'Europa perdute e ritrovate, Bologna : CSEO, 1990
▪ Pagine di un diario mai scritto, Forli : Associazione don Francesco Ricci, 2001
▪ San Filippo Neri e l'oratorio, Imola : Grafiche Galeati
▪ I giorni : omelie e meditazioni per l'anno liturgico, a cura dell'Associazione don Francesco Ricci, Bologna : EDB, 2001
▪ Cronache del Novecento perdute e ritrovate, Forli : La Nuova Agape, 1999
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