Il calendario del 30 Luglio
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Eventi
▪ 101 a.C. - Battaglia dei Campi Raudii: Gaio Mario e Quinto Lutazio Càtulo sconfiggono i Cimbri
▪ 1419 - Boemia - prima defenestrazione di Praga
▪ 1608 - A Ticonderoga (oggi Crown Point (New York)), Samuel de Champlain spara a due capi Irochesi uccidendoli. Questo episodio avrebbe improntato il tono delle relazioni Franco-Irochesi per il secolo successivo
▪ 1619 - A Jamestown (Virginia), si raduna per la prima volta la prima assemblea rappresentativa delle Americhe, la Camera di Burgesses
▪ 1627 - Alle ore 16,00 un violento terremoto, tra i più disastrosi della storia italiana, dissemina morte e distruzione tra il Gargano e il basso Fortore
▪ 1733 - La prima loggia massonica apre in quelli che diventeranno gli Stati Uniti
▪ 1863 - Guerre indiane: Capo Pocatello della tribù degli Shoshoni firma il Trattato di Box Elder, promettendo di fermare gli assalti alle carovane di emigranti nell'Idaho meridionale e nello Utah settentrionale
▪ 1864 - Guerra di secessione americana: Battaglia del cratere - le forze unioniste tentano di rompere le linee nemiche facendo esplodere una grossa bomba sotto le loro trincee
▪ 1930 - A Montevideo, l'Uruguay vince il primo Campionato mondiale di calcio
▪ 1945
-
- Pierre Laval, ex leader della Francia di Vichy in fuga, viene catturato dai soldati Alleati in Austria.
- - Seconda guerra mondiale: il sottomarino giapponese I-58 affonda la USS Indianapolis, uccidendo 883 marinai
▪ 1956 - Una risoluzione congiunta del Congresso degli Stati Uniti viene firmata dal Presidente Dwight D. Eisenhower, la quale autorizza la frase In God We Trust come motto nazionale degli USA
▪ 1965 - Il presidente statunitense Lyndon B. Johnson tramuta in legge il Social Security Act del 1965, fondando Medicare e Medicaid
▪ 1966 - Allo Stadio di Wembley, i padroni di casa dell'Inghilterra vincono il primo Campionato mondiale di calcio teletrasmesso, sconfiggendo la Germania Ovest per 4 a 2
▪ 1969 - Guerra del Vietnam: Il presidente statunitense Richard Nixon compie una visita improvvisa nel Vietnam del Sud, per incontrarsi con il presidente Nguyen Van Thieu e con i comandanti militari americani
▪ 1971 - Programma Apollo: L'Apollo 15 atterra sulla Luna
▪ 1974 - Scandalo Watergate: Il presidente statunitense Richard Nixon cede le registrazioni della Casa Bianca su ordine della Corte Suprema degli Stati Uniti
▪ 1980 - Vanuatu ottiene l'indipendenza
▪ 2003 - In Messico, l'ultima Volkswagen Maggiolino 'vecchio tipo', esce dalla catena di montaggio
Anniversari
▪ 1898 - Otto Eduard Leopold von Bismarck-Schönhausen, talvolta italianizzato in Ottone di Bismarck e soprannominato il Cancelliere di ferro (Schönhausen, 1° aprile 1815 – Friedrichsruh, oggi parte del comune di Aumühle, 30 luglio 1898), è stato un politico tedesco. Dal 1865 fu Conte di Bismarck-Schönhausen, dal 1871 Principe von Bismarck e dal 1890 Duca di Lauenburg.
Primo ministro della Prussia, dal 1862 al 1890. Nel 1867 divenne il capo del governo della Confederazione Tedesca del Nord e alla nascita dell'Impero Tedesco, nel 1871, ne divenne il primo Cancelliere. Fu l'artefice dell'unificazione della Germania. In politica interna fu avversario dei socialisti, benché promotore di riforme in campo assistenziale. In politica estera, dopo il 1878, creò un sistema di alleanze che determinò un equilibrio di forze in Europa che riuscì a contenere le dispute fra Austria e Russia.
Origini e gioventù
Otto von Bismarck nacque a Schönhausen, città situata ad Est del fiume Elba, nell'antica marca di Brandeburgo. La famiglia, benestante, aveva alcune proprietà a ovest di Berlino, nella Provincia prussiana della Sassonia. Apparteneva per nascita agli Junker, la nobiltà agraria. Il padre, Karl Wilhelm Ferdinand von Bismarck (1771-1845), era un proprietario terriero e in passato era stato un ufficiale prussiano, benché a 23 anni avesse lasciato l'esercito evitando la sconfitta di Jena e la guerra di liberazione contro Napoleone.[1]
La madre, Wilhelmine Luise Mencken, invece, proveniva da una famiglia appartenente all'apparato della burocrazia statale.
All'età si sette anni Otto si trasferì con la madre a Berlino dove frequentò ambienti altolocati e conobbe i giovani della casa regnante di Prussia: gli Hohenzollern. Bismarck studiò dal 1832 al 1833 Giurisprudenza a Gottinga dove fu membro dell'organizzazione studentesca Corps Hannovera Göttingen e in seguito frequentò l'Università di Berlino (1833-1835). Si laureò con risultati poco brillanti, avendo dedicato più tempo alle associazioni goliardiche (e ai duelli che allora ne erano la caratteristica) che ai libri. Il suo autore letterario preferito, tuttavia, era Walter Scott.[2]
Nonostante sperasse di diventare un diplomatico, Bismarck cominciò a fare pratica nell'amministrazione pubblica a Potsdam e, dal 1836, ad Aachen, dove corteggiò alcune ragazze inglesi: prima Laura Russell, nipote del Duca di Cleveland, e poi Isabella Loraine-Smith, figlia di un ricco ecclesiastico. Non strinse un rapporto serio con nessuna delle due e compromise la sua carriera di piccolo funzionario statale per i debiti che contraeva e per i lunghi periodi di congedo richiesti.[3]
Bismarck prestò servizio militare per un anno come ufficiale nella Landwehr prima di ritornare alle proprietà familiari dove si dedicò, dopo la morte della madre, alla tenuta presso Schönhausen. All'età di circa trent'anni, strinse una forte amicizia con Marie von Thadden (1822-1846), sposatasi con un suo amico. Sotto l'influenza di Marie, che apparteneva ad un ambiente religioso pietista, si convertì alla sua fede. Nel 1847 sposò una cugina di Marie, Johanna von Puttkamer (1824-1894), che frequentava lo stesso ambiente religioso. Da questo matrimonio nacquero tre figli: Marie (1848), Herbert (1849) e Wilhelm (1852).
Gli inizi (1847-1862)
Il re di Prussia dell'epoca, Federico Guglielmo IV, in quello stesso 1847 convocò a Berlino gli Stati provinciali [4] in una “Dieta riunita”. Bismarck non era stato eletto dagli Junkers della sua provincia, ma un componente eletto si dimise e toccò a lui andare a Berlino. In questa occasione si fece notare per la prima volta e quando a giugno la Dieta fu sciolta si era conquistato una certa notorietà fra i conservatori reazionari, anche per la sua tagliente abilità oratoria.[5]
Durante e dopo la rivoluzione dell'anno successivo, Bismarck si spese in tentativi di controrivoluzione e complotti di corte che, alla fine, si rivelarono inconcludenti. Tuttavia, quando in autunno, Federico Guglielmo rioccupò con l'esercito Berlino e sciolse il parlamento radicale, Bismarck fu eletto con 152 voti contro 144 nel nuovo parlamento, una Camera scaturita dal voto di un comitato di elettori.[6]
Dopo il ripristino della Confederazione germanica, nel 1850 la Prussia fu costretta ad accettare nello Stato federale un ruolo di secondo piano rispetto all'Austria. L'ingrato compito di rappresentare la Prussia alla Dieta di Francoforte [7] fu affidato a Bismarck che era stato, fra gli uomini in vista, l'unico a manifestare fiducia nella collaborazione con Vienna. Per cui, benché non avesse alcuna formazione di tipo diplomatico, egli divenne, nel 1851, l'inviato prussiano presso il governo federale di Francoforte.[8]
Obiettivo di Bismarck alla Dieta fu di dividere almeno la Germania del Nord dall'Austria, e ottenere ciò grazie alle alleanze esterne. Il Re di Prussia Federico Guglielmo si dimostrò favorevole ma nel 1858, fu colto da gravi problemi nervosi e fu sostituito dal fratello Guglielmo che governò come principe reggente fino al 1861, anno in cui divenne re. Costui si dimostrò di idee più liberali, definì Bismarck un reazionario accanito e all'inizio del 1859 lo allontanò nominandolo ambasciatore a San Pietroburgo.[9]
Ben presto, però, Guglielmo si dovette ricredere. Lui e il suo governo, infatti, ebbero uno scontro con i liberali e il parlamento sulla riorganizzazione dell'esercito. Nel 1862 il re pensò a Bismarck come all'uomo che avrebbe potuto risolvere la questione. Contattato, Bismarck chiese praticamente carta bianca e Guglielmo non se la sentì di nominarlo capo del governo. Pensò, tuttavia, ad un avvicinamento per averlo più a portata di mano in caso di crisi e nel maggio del 1862 lo nominò ambasciatore a Parigi.[10]
Primo Ministro prussiano (1862-1871)
Scoppiata la crisi politica dopo l'affermazione elettorale dei liberali, il 16 settembre 1862, Bismarck fu richiamato a Berlino. Il 22 incontrò Guglielmo I nella residenza reale di Babelsberg (oggi a Potsdam) e alla fine dei colloqui tornò nella capitale con l'incarico di capo del governo. Due settimane dopo assunse anche la guida agli Affari Esteri. Avrebbe conservato il potere per quasi ventotto anni.[11]
Il suo primo successo lo ottenne contro l'Austria che nell'estate del 1863 convocò a Francoforte i principi tedeschi per discutere la riforma della costituzione federale. Bismarck riuscì a convincere Guglielmo I a rinunciare all'invito e, senza la Prussia, la riunione non raggiunse alcun risultato. Da quel momento l'Austria perse l'iniziativa politica nella Confederazione germanica.[12]
I ducati danesi
Bismarck, incoraggiato dagli eventi, era deciso a sottrarre la Germania dall'influenza austriaca e il terreno di scontro decisivo fu la questione dei ducati danesi.
Il nuovo re di Danimarca Cristiano IX nel 1863 inaugurò una nuova costituzione che comprendeva fra i territori nazionali lo Schleswig-Holstein. Il Trattato di Londra del 1852 aveva sancito invece che i ducati appartenessero in unione personale esclusivamente al re Federico VII che era deceduto nel novembre 1863. Prussia e Austria decisero quindi di appoggiare la rivendicazione di un secondo pretendente, il Duca di Augustenburg.
Bismarck, però, dichiarò che la Prussia sarebbe entrata in guerra con la Danimarca solo se avesse potuto annettere i ducati, spiazzando i liberali che nella rivendicazione del duca avevano trovato una base per rilanciare l'idea di una unificazione della Germania del Nord su basi progressiste; idea appoggiata anche dall'Imperatore d'Austria Francesco Giuseppe. Per evitare la pericolosa alleanza fra liberali tedeschi e corona austriaca, Bismarck promosse un'azione militare congiunta austro-prussiana contro la Danimarca e l'impegno dei due Paesi a decidere, solo dopo, la sorte dei ducati. L'accordo fu stipulato il 16 gennaio 1864.[13]
All'inizio di agosto del 1864, dopo una breve guerra, i danesi conclusero la pace rinunciando ai due ducati la cui sorte doveva essere stabilita ora da Austria e Prussia. Un primo passo era compiuto ma la partita fra Bismarck e Vienna era ancora aperta.
Alla fine del 1865 scadevano, intanto, i trattati dello Zollverein, l'unione doganale fra Prussia, Austria e gli altri Stati della Germania. Bismarck non si oppose alla volontà dei ministri prussiani di liberarsi degli impegni contratti con l'Austria e i dazi doganali che ne derivarono eressero una frontiera fra i due sistemi economici. Le relazioni fra Berlino e Vienna subirono un notevole peggioramento.
Un ritorno alla delicata questione danese avvenne nel febbraio 1865, quando Bismarck si offrì di riconoscere al Duca Federico di Augustenburg la sovranità sullo Schleswig-Holstein a patto che la Prussia ne ottenesse il controllo militare. Federico invece reclamò la piena autorità sui territori e trovò, in questo, un alleato nell'Austria. Bismarck, allora, incitò Re Guglielmo I a reclamare i ducati, ottenendone un rifiuto; fin quando, il 14 agosto 1865, la Convenzione di Gastein non stabilì il destino dei territori: l'Holstein passava all'Austria e lo Schleswig alla Prussia. Guglielmo si ritenne soddisfatto, Bismarck meno.[14]
La guerra contro l'Austria
Fu l'atteggiamento di un terzo Paese, l'Italia, a dare il colpo decisivo alle relazioni austro-prussiane. L'8 aprile 1866, infatti, l'Italia cedendo alle richieste di Napoleone III di Francia, si impegnò ad attaccare l'Austria se questa fosse stata a sua volta attaccata entro tre mesi dalla Prussia. Bismarck, d'altro canto, si impegnava a concludere la pace con l'Austria solo quando questa «avrà acconsentito a cedere all'Italia il Regno Lombardo-Veneto».[15]
Il 1º giugno gli austriaci misero in discussione il destino degli ex ducati danesi e il 12 giugno si impegnarono a cedere Venezia [16] se la Francia fosse rimasta neutrale. Ottenuta la neutralità di Napoleone III, due giorni dopo, invocarono la mobilitazione federale tedesca contro Berlino. Bismarck allora dichiarò disciolta la confederazione e inviò un ultimatum agli Stati germanici che avevano accolto l'invito austriaco. Era la guerra. La campagna militare della Prussia contro l'Austria durò appena quindici giorni e si concluse il 3 luglio 1866 con la Battaglia di Sadowa, durante la quale l'esercito austriaco subì una tremenda sconfitta.[17]
Bismarck, ansioso di porre fine alla guerra nel timore che Russia e Francia si sarebbero opposte ad un riassetto dell'Europa centrale, propose all'Austria la supremazia prussiana a nord del fiume Meno e l'indipendenza degli Stati meridionali della Confederazione Germanica. Vienna, sconfitta, non fece troppe difficoltà, ma la Russia, che temeva una Prussia più potente, protestò. Bismarck minacciò allora di far scoppiare un'insurrezione nella Polonia russa e lo Zar Alessandro II si persuase a cedere. Anche la Francia dovette rassegnarsi al nuovo assetto politico, non prima, però, di aver ottenuto da Bismarck la conferma dell'indipendenza della Germania meridionale e la promessa di un plebiscito nello Schleswig che era stato occupato dalle truppe prussiane.[18]
Il 24 luglio 1866, Guglielmo I si convinse della necessità di non eccedere con le richieste contro Vienna e due giorni dopo veniva firmato un primo trattato con l'Austria, che si ritirava dalla Germania (che di fatto scomparve) e acconsentiva alla nascita della Confederazione Tedesca del Nord, a guida prussiana. Bismarck, da parte sua, mantenne l'impegno assunto con l'Italia che, nonostante la sconfitta di Custoza, ottenne il Veneto, ma null'altro. Così che quando Garibaldi conquistò il Sud Tirolo, si dovette poi ritirare.
La Confederazione del Nord
Il riordinamento della Germania esigeva una nuova costituzione e Bismarck, nel dicembre 1866, iniziò a studiare la costituzione di Francoforte del 1846 e quella degli Stati Uniti. La bozza che ne derivò era molto simile alla carta della Confederazione germanica, tranne per il fatto che al re di Prussia spettava il pieno controllo dell'esercito. Ai primi del 1867 i rappresentanti degli Stati federati approvarono la stesura di Bismarck, il quale, per venire incontro ai liberali dell'assemblea costituente, accettò di includervi il voto a scrutinio segreto. Nella tarda estate dello stesso anno la costituzione entrò in vigore.[19]
Bismarck fece della Germania un Paese costituzionale: non solo il diritto di voto risultava più esteso che altrove, ma fra tutti i Paesi europei solo in Germania esisteva realmente lo scrutinio segreto. Al parlamento spettavano le funzioni fondamentali e a capo dell'esecutivo veniva assegnato il re di Prussia.[20]
Perseguendo ora la linea politica della pace all'esterno per potersi concentrare sull'edificazione del nuovo sistema federale, Bismarck si trovò di fronte al problema di una piccola parte della vecchia Confederazione germanica che, benché geograficamente rientrasse nel nuovo assetto a guida prussiana, non poteva essere inserita nella Confederazione del Nord. Si trattava del Lussemburgo, presidiato da truppe prussiane ma sottoposto alla sovranità del Re d'Olanda Guglielmo III. Bismarck ebbe l'idea di convocare una conferenza internazionale che si tenne a Londra e che l'11 maggio 1867 stabilì che il Lussemburgo sarebbe rimasto indipendente, la guarnigione prussiana ritirata e le fortificazioni distrutte. La soluzione fece svanire la speranza dell'opinione pubblica francese di acquisire il Lussemburgo come compensazione alla nascita della Confederazione del Nord, e vista la scomparsa del baluardo militare, i generali di Napoleone III iniziarono a progettare una invasione della Prussia. Così che, sebbene equilibrata, la soluzione diplomatica del Lussemburgo distrusse i buoni rapporti tra Parigi e Berlino.[21]
La crisi per la successione spagnola
Dopo il voto contrario all'unificazione espresso dagli elettori tedeschi meridionali nel 1868, venne meno la speranza che la Germania unita potesse realizzarsi senza avvenimenti traumatici. Bismarck rifiutava l'idea di una guerra preventiva, pur tuttavia, nel 1870 era convinto che un conflitto con la Francia avrebbe favorito l'unificazione della Germania. Occorreva quindi sfruttare la possibilità di una guerra nazionale quando questa si sarebbe offerta.[22]
Questa possibilità si presentò nella primavera del 1870 quando il parlamento spagnolo offrì il trono vacante di Madrid a Leopoldo di Hohenzollern-Sigmaringen della linea cattolica degli Hohenzollern, la casata di Guglielmo I. I francesi temettero un accerchiamento da Sud (Spagna) e da Est (Prussia).
Nell'occasione Bismarck si dimostrò cauto rimanendo per buona parte della crisi nella località di soggiorno di Varzin, (oggi nel Distretto di Słupsk, in Polonia), ma è probabile che ci siano state pressioni segrete da parte sua per la candidatura di Leopoldo. Sicuramente Bismarck, a causa di dichiarazioni di Napoleone III, era perfettamente conscio del rischio di una guerra e ne tenne conto. Ma il 12 luglio, su suggerimento di Guglielmo I, Leopoldo annunciò la rinuncia al trono spagnolo.[23]
Il dispaccio di Ems
Bismarck tornato a Berlino, meditò sul da farsi per recuperare la tensione. Togliendolo da ogni indecisione, la Francia avanzò, il 13 luglio 1870, richieste ultimative alla Prussia. Secondo il governo di Parigi Guglielmo doveva approvare ufficialmente la rinuncia di Leopoldo, scusarsi per aver appoggiato la candidatura e impegnarsi a non rilanciarla mai più. Il re di Prussia respinse le richieste francesi e lo stesso giorno telegrafò dalla località termale di Ems a Berlino del suo colloquio con l'ambasciatore francese.
Bismarck, così come racconta nelle sue memorie, si sentì con il Capo di Stato Maggiore Moltke sull'eventualità di una guerra e ricevutone l'assicurazione che una dilazione sarebbe stata svantaggiosa per la Prussia, pubblicò la notizia del dispaccio di Ems. Nel farlo omise le frasi più concilianti di Guglielmo e sottolineò la rinuncia del re a non impegnarsi per il futuro a candidare un Hohenzollern al trono di Spagna; puntualizzò anche che Guglielmo aveva rifiutato di vedere nuovamente l'ambasciatore francese e che non aveva più nulla da comunicargli.[24]
Il governo francese credette di aver subito una grave provocazione, ingestibile di fronte all'opinione pubblica e imboccò la strada della guerra contro la Prussia, attorno alla quale si sarebbe però mobilitata tutta la Germania.[25]
La guerra contro la Francia
Come per la guerra contro l'Austria, Bismarck puntò ad una vittoria rapida seguita dalla pace e dalla conciliazione. La vittoria fu raggiunta rapidamente: scoppiata a luglio del 1870, a settembre la guerra aveva già con la sconfitta francese di Sedan segnato il suo destino. Ma la pace e la riconciliazione si rivelarono difficili a realizzarsi.
Diversamente dalla guerra austro-prussiana del 1866, ora i generali non permisero a Bismarck di interferire nelle loro operazioni. Né i francesi si dimostrarono favorevoli alla pace, tanto che Bismarck dovette rassegnarsi al fatto che, finché Parigi non fosse caduta, l'armistizio sarebbe stato impossibile.[26]
La nascita dell'Impero tedesco
Con l'esercito alle porte della capitale francese e una guerra che da difensiva era diventata offensiva, Bismarck si rese conto che gli alleati tedeschi del Sud non avrebbero accettato a lungo di proseguire le ostilità e si trovò nella necessità di forzarli ad accettare di entrare nella Confederazione. Se fossero rimasti autonomi, infatti, avrebbero potuto concludere accordi di pace separata con la Francia. Bismarck, quindi, perseguì l'unità della Germania per poter continuare la guerra. Egli minacciò i principi tedeschi avvertendoli che, se si fossero ritirati, l'unità tedesca si sarebbe fatta contro di loro, ma se fossero rimasti al fianco della Prussia, ne sarebbero stati gli artefici.[27]
Fece anche importanti concessioni allo Stato del Sud più esteso e importante: la Baviera. Il Paese mantenne infatti il diritto a dazi più bassi sulla birra, a gestire una propria rete ferroviaria e anche, ma solo in tempo di pace, ad avere un proprio esercito. Inoltre, la politica interna bavarese sarebbe stata gestita nella più completa autonomia. A Re Ludovico, Bismarck assicurò anche un vitalizio segreto. In cambio il Re di Baviera scrisse a Guglielmo I, sotto dettatura di Bismarck, una lettera in cui offriva la corona imperiale. Nel novembre 1870 furono conclusi i trattati con gli Stati tedeschi meridionali.[28]
I compensi alla Germania
Il 18 gennaio 1871 Guglielmo I fu incoronato Imperatore di Germania a Versailles e il 28 febbraio Parigi capitolò. Alle trattative di pace Bismarck era intenzionato a reclamare alla Francia Strasburgo, ma non Metz: «Non mi piace l'idea che nel nostro Paese viva malvolentieri un così alto numero di francesi». Egli, però, non riuscì a far prevalere la sua linea. Moltke, infatti, e gli altri generali, insistettero per annettere Metz e Guglielmo I li appoggiò. Bismarck, comunque, riuscì ad andare incontro ad alcune richieste francesi. Ridusse l'indennità da sei a cinque miliardi di franchi e, nonostante le proteste di Moltke, consentì alla Francia di conservare Belfort.[29]
Cancelliere imperiale (1871-1890)
Il 3 marzo 1871, in tutta la Germania venne eletto il primo parlamento tedesco. Il 21 marzo Bismarck fu nominato Cancelliere (conservando anche la carica di Primo ministro e Ministro degli Esteri prussiano). Il 28 Guglielmo I lo nominò principe dell'Impero tedesco assegnandogli la gran croce di diamanti dell'Ordine di Hohenzollern. L'imperatore, inoltre, gli regalò una proprietà a Friedrichsruh (nell'Herzogtum Lauenburg) facendolo divenire uno dei più grandi proprietari terrieri (specie di legname) della Germania.[30]
Il Kulturkampf
Bismarck, realizzato il sogno dell'unità tedesca, si concentrò su coloro che definiva i nemici interni della Germania.
Il Kulturkampf (che tradotto dal tedesco significa “Battaglia culturale”) fu il tentativo del Cancelliere, protestante, di soffocare lo sviluppo del partito del Centro. Tale movimento dell'opposizione era formato principalmente da cattolici (una minoranza in Germania) e da antiunionisti. Bismarck definiva i seguaci del Centro Reichsfeinde: “Nemici dell'impero”. Contro di loro, nel maggio 1873 fece approvare delle leggi (“Leggi di maggio”) che disponevano che la formazione e la nomina degli ecclesiastici fossero sottoposte all'approvazione dello Stato.[31]
Così come farà in futuro in altre circostanze, Bismarck tentò di sfruttare la lotta contro il Centro per montare una situazione di pericolo interno, per dividere i fronti parlamentari e consolidare il potere. Ulteriori leggi promulgate furono, nel 1874, il matrimonio civile obbligatorio, la “legge di espatrio” con la quale gli ecclesiastici disubbidienti furono minacciati del ritiro della cittadinanza, e la “legge del paniere”, che doveva interrompere per il clero i servizi dello Stato.[32]
La reazione dell'opinione pubblica, tuttavia, non fu quella sperata da Bismarck: alle elezioni generali del 1874 la sinistra del partito nazional-liberale si rafforzò, così come il partito del Centro che aumentò i suoi deputati da 61 a 95. Ad aggravare la situazione, il 13 luglio un giovane cattolico attentò alla vita del Cancelliere che addossò tutta la responsabilità al Centro. Sostanzialmente sconfitto all'interno, Bismarck si rivolse allora all'estero e a più riprese cercò di trattare con Papa Pio IX proponendo l'abrogazione delle “leggi di maggio” se il pontefice avesse convinto il Centro ad appoggiarlo. Ma non ottenne alcun risultato, offrì pertanto le sue dimissioni a Guglielmo che non le accolse.[33]
I socialisti e il Congresso di Berlino
Analogamente ai cattolici ed agli antiunionisti del partito del Centro, Bismarck riconosceva nei socialisti un pericolo per l'ordine interno e per il suo potere personale. Già il 3 aprile 1873 aveva deplorato che la «stampa socialdemocratica nutre continuamente l'eccitazione degli operai contro il governo e le classi dei proprietari. […] In questa battaglia il governo non deve restare passivo, ma è anzi obbligato a difendere le necessarie fondamenta dell'ordinamento statale da agitazioni siffatte».[34]
Nel 1875 il Cancelliere propose una legge eccezionale contro la propaganda socialdemocratica, che non ebbe il favore della maggioranza. Tre anni dopo, tuttavia, gli si presentò un'occasione di rivincita: l'11 maggio 1878 un giovane squilibrato attentò, senza successo, alla vita di Guglielmo I. La risposta di Bismarck fu di presentare al parlamento le “leggi eccezionali” contro i socialisti che non era riuscito a far approvare nel 1875 e che neanche questa volta passarono (votarono a favore solo i conservatori). Qualche settimana dopo, il 2 giugno, un altro anarchico sparò all'imperatore che in questo caso fu ferito gravemente. Bismarck allora sciolse il parlamento ripromettendosi, con il Congresso internazionale di Berlino che stava per riunirsi, di ottenere uno strumento di propaganda per le successive elezioni.
Il Congresso di Berlino terminò il 13 luglio 1878 come previsto, e cioè con il successo di Bismarck che fece da arbitro nelle dispute sui Balcani e spinse l'Austria a riavvicinarsi alla Germania. Il 30 si tennero le elezioni, che ancora una volta delusero il Cancelliere. I socialisti persero solo 3 seggi su dodici e il Centro si rafforzò. Nonostante ciò questo parlamento, probabilmente influenzato dal secondo attentato all'imperatore, approvò le leggi anti-socialiste [35] ma, a causa dei nazional-liberali, le limitò per tre anni. Bismarck allora cambiò strategia e, sfruttando l'appoggio dei cattolici all'attuazione delle sue riforme economiche sul protezionismo, abbandonò i nazional-liberali (fortemente indeboliti alle precedenti elezioni) e nel maggio 1879 si alleò con il Centro, che accettò nonostante le “leggi di maggio” fossero ancora in vigore.[36]
La politica estera dopo il Congresso di Berlino
Nell'estate del 1879, dopo tutte le difficoltà incontrate, il cambiamento di rotta in politica interna era completo. Bismarck aveva comunque ottenuto le leggi anti-socialiste ed era stato instaurato il protezionismo fiscale. Allo stesso modo il Cancelliere concepì le alleanze internazionali, come un sistema di protezione dall'esterno.
La Duplice alleanza
All'inizio del 1879 Bismarck decise di stipulare un'alleanza difensiva e conservatrice con l'Austria-Ungheria. Differentemente da Guglielmo I (che era molto legato alla Russia), Vienna non oppose alcuna difficoltà. Per vincere la resistenza del suo imperatore, Bismarck provocò la Russia di modo da dimostrare in Germania l'utilità dell'alleanza. Il Cancelliere pubblicò infatti un accordo con l'Austria sullo Schleswig del Nord del 13 aprile 1878, ma lo postdatò all'11 ottobre 1878, cioè a dopo il Congresso di Berlino. Diede così l'impressione di aver ricevuto una ricompensa dall'Austria per i servigi concessi al Congresso ai danni della Russia.[37]
Lo Zar Alessandro II rispose scrivendo in tono arrogante a Guglielmo I, e Bismarck parlò di una minaccia di guerra. Guglielmo, però, forte di argomenti quali l'antica amicizia della Russia nei confronti degli Hohenzollern, recalcitrava e solo dopo le minacce di dimissioni di Bismarck cedette. L'alleanza fra Austria e Germania fu conclusa il 7 ottobre 1879. Da quel momento l'imperatore di Germania non si sarebbe più opposto al suo Cancelliere.
Le intese con la Russia e con l'Italia
L'Alleanza dei Tre imperatori, stipulata nel 1881, fu probabilmente il più grande successo in politica estera di Bismarck, il quale convinse l'Austria a firmare un patto di neutralità con il suo naturale nemico, la Russia. Germania, Austria e Russia si impegnarono infatti a non attaccarsi nel caso una quarta potenza avesse aggredito una di loro. L'amicizia della Russia fu così riconquistata dopo la Duplice alleanza e un fronte continentale conservatore si formò a sfavore della Francia e degli interessi britannici nel Vicino Oriente. Con questo trattato Bismarck ottenne la sicurezza dei confini della Germania, poiché un attacco combinato di Francia e Russia diveniva impossibile.
Quando però gli austriaci cominciarono a lamentarsi dell'Alleanza dei Tre imperatori, Bismarck escogitò un accordo che avrebbe liberato l'Austria, la cui scarsa salute di impero multietnico gli stava molto a cuore, dal pericolo di essere attaccata da Sud. Nello stesso tempo venne incontro alle richieste degli italiani, che erano isolati, e convinse l'Austria ad accettare nel 1882 un'alleanza difensiva a tre con l'Italia. Il prezzo, questa volta, lo pagò Bismarck, che si impegnò a difendere l'Italia nel caso fosse stata attaccata dalla Francia.
L'impero coloniale
Dopo un certo riavvicinamento della Germania alla Francia (Bismarck fece addirittura un tentativo, fallito, di riconciliazione completa fra il 1882 e il 1885) risultò che la conseguenza dell'attività diplomatica di Bismarck fu l'emarginazione della Gran Bretagna. Ciò comportò una certa libertà di azione della Germania che formò in pochissimi anni, dal nulla e sulla spinta dell'”età dell'imperialismo”, un consistente impero coloniale. Questi nuovi possedimenti, anche nell'ottica del riavvicinamento alla Francia, minacciavano i domini inglesi. Per Bismarck, comunque, le colonie rappresentarono soprattutto una causa nazionale per la quale combattere e consolidare il potere. Dallo zelo di commercianti intraprendenti che poi si mettevano al riparo della bandiera imperiale, nacquero L'Africa tedesca del Sud-Ovest (1884), il Kamerun (corrispondente all'attuale Camerun, 1884), la Nuova Guinea Tedesca e l'Africa Orientale Tedesca (1885).[38]
Voluta da Bismarck, la Conferenza di Berlino del 1884-1885 regolò tutte la questioni coloniali in sospeso in Africa. In quella sede Francia e Germania fecero causa comune contro la Gran Bretagna e il Cancelliere, a seguito anche degli altri importanti successi ottenuti in quegli anni, toccò l'apice del prestigio internazionale. Il suo sistema continentale che comprendeva quasi tutta l'Europa era più solido che mai e la Germania ne era l'arbitro. Tuttavia, presto, le cose sarebbero cambiate.
Le riforme sociali
Ispirato più da convenienze politiche che da filantropismo, Bismarck attuò fra il 1881 e il 1889 il primo sistema previdenziale al mondo, che servì da modello a tutti gli altri paesi. Nel 1883 istituì l'assicurazione contro le malattie e nel 1884 quella contro gli infortuni. Nel 1889, infine, realizzò un progetto di assicurazione per la vecchiaia.[39]
La crisi del sistema Bismarck e il riarmo
In pochi mesi il sistema bismarckiano subì un quasi un tracollo: il 30 marzo 1885 il governo francese di Jules Ferry, favorevole alla politica della Germania, cadde e dopo qualche mese, nel gennaio 1886, divenne Primo ministro Charles de Freycinet, molto meno bendisposto nei confronti di Bismarck.
Lo stesso anno Austria e Russia arrivarono ai ferri corti per la crisi bulgara. Per soccorrere Vienna Bismarck spinse l'Austria a riconciliarsi con la Gran Bretagna, vero avversario della Russia in Asia e, anche per il cambio di regime a Parigi che non gli consentiva più una politica d'intesa antibritannica, abbandonò ogni ambizione coloniale. Poco tempo dopo rispose ad un esploratore tedesco: «Qui è la Russia, qui è la Francia e in mezzo c'è la Germania. È questa la mia mappa dell'Africa».[40]
L'allontanamento dalla Francia consentì a Bismarck di sfruttare il pericolo di un'aggressione francese esagerandola a scopi interni. Nel novembre 1886 presentò infatti al "Reichstag", il parlamento tedesco, una legge di riorganizzazione militare. La proposta, nonostante un violento discorso del Cancelliere su di una presunta congiura delle classi alti e sul pericolo di un'invasione, non passò. Il parlamento allora fu immediatamente sciolto e alle successive elezioni Bismarck ottenne una vittoria schiacciante. All'inizio del 1887 fu approvata così la riforma dell'esercito e una legge relativa che sarebbe rimasta in vigore sette anni (invece dei tre abituali).[41]
La vicenda, grazie ad una lettera di papa Leone XIII che condannava coloro che avrebbero votato contro la legge di riorganizzazione militare, consentì a Bismarck anche di mettere fine al Kulturkampf. In compenso all'azione del Papa, nel marzo 1887, la maggior parte delle leggi anticlericali (“leggi di maggio”) fu abrogata.[42]
In campo internazionale, conseguenza della crisi bulgara, fu l'ultimo tentativo diplomatico di Bismarck di tenere in pace Austria e Russia: la firma del Trattato di controassicurazione. Con questo accordo, del giugno 1887, che sanciva la fine dell'Alleanza dei Tre imperatori, la Germania si impegnava a non attaccare la Russia se non in caso di attacco russo all'Austria; e la Russia si impegnava a non attaccare la Germania se non in caso di attacco tedesco alla Francia.
Lo scontro con Guglielmo II
Il 9 marzo del 1888 l'imperatore Guglielmo I si spense lasciando il trono al figlio Federico III il quale a sua volta morì solo tre mesi dopo l'incoronazione. Nuovo sovrano divenne il figlio di Federico, Guglielmo II.
Bismarck credette di poter dominare il ventinovenne rampollo della dinastia Hohenzollern e mostrò subito poco rispetto per le sue idee. Lo scontro personale avvenne all'inizio del 1890, quando il Cancelliere fece in modo di esasperare lo scontro sociale per ottenere poi una vittoria schiacciante e decisiva sui socialisti. Ma Guglielmo II non voleva iniziare il suo regno facendo sparare sui tedeschi e redasse un proprio programma di riforme sociali che fu promulgato il 4 febbraio 1890 senza la firma di Bismarck.[43]
Il 20 febbraio, con le elezioni politiche, i conservatori bismarckiani e i nazional-liberali persero più della metà dei loro seggi e i socialdemocratici raccolsero più voti di tutti gli altri partiti, anche se il sistema elettorale non consentì loro una rappresentanza proporzionata al successo. Con quel parlamento, l'unica via d'uscita che Bismarck intravedeva era una politica repressiva, una guerra civile e un colpo di stato: anche i ministri lo allontanarono.[44]
Bismarck tentò allora di formare una nuova coalizione cercando di coinvolgere il Centro di Ludwig Windthorst (1812-1891), ma fu un insuccesso: i conservatori si rifiutarono di accordarsi con i cattolici e il Centro pretese che la Chiesa di Roma avrebbe dovuto riconquistare le posizioni di privilegio che vantava prima del 1872.[45]
Gli ultimi anni (1890-1898)
Di fronte alla incompatibilità delle sue idee con il parlamento e l'imperatore, Bismarck si dimise dalla cancelleria il 20 marzo 1890. Venne ricompensato per i suoi servigi con la promozione a “colonnello generale con la dignità di Maresciallo” e fu nominato Duca di Lauenburg. Gli successe alla Cancelleria Leo von Caprivi.
Ritiratosi a Varzin (oggi nel Distretto di Słupsk, in Polonia), un mese dopo la morte della moglie (27 novembre 1894) si trasferì a Friedrichsruh (nel Herzogtum Lauenburg) dove si dedicò alla scrittura delle sue memorie (Gedanken und Erinnerungen). Scomparve nel 1898 all'età di 83 anni e venne sepolto nel Mausoleo Bismarck; sulla cui lapide è scritto: “Leale servo tedesco del Kaiser Guglielmo I”.
Note
1. ^ Taylor, Bismarck, Roma-Bari, 2004, p. 5.
2. ^ Taylor, Bismarck, Roma-Bari, 2004, pp. 8, 9.
3. ^ Taylor, Bismarck, Roma-Bari, 2004, p. 12.
4. ^ Organo rappresentativo delle province prussiane.
5. ^ Taylor, Bismarck, Roma-Bari, 2004, pp. 17, 18.
6. ^ Taylor, Bismarck, Roma-Bari, 2004, pp. 19, 20.
7. ^ Assemblea federale germanica dal 1815.
8. ^ Taylor, Bismarck, Roma-Bari, 2004, pp. 25, 26.
9. ^ Taylor, Bismarck, Roma-Bari, 2004, pp. 30, 37, 38.
10. ^ Taylor, Bismarck, Roma-Bari, 2004, pp. 42, 43, 44, 45.
11. ^ Taylor, Bismarck, Roma-Bari, 2004, pp. 46, 47.
12. ^ Taylor, Bismarck, Roma-Bari, 2004, pp. 64, 65.
13. ^ Taylor, Bismarck, Roma-Bari, 2004, pp. 68, 69, 70.
14. ^ Taylor, Bismarck, Roma-Bari, 2004, pp. 74, 75, 76.
15. ^ Del quale Regno Lombardo-Veneto quasi tutta la Lombardia era già passata al Regno d'Italia nel 1859.
16. ^ Un territorio corrispondente all'attuale Veneto.
17. ^ Taylor, Bismarck, Roma-Bari, 2004, pp. 80, 81, 82.
18. ^ Taylor, Bismarck, Roma-Bari, 2004, pp. 83, 84.
19. ^ Taylor, Bismarck, Roma-Bari, 2004, p. 91.
20. ^ Taylor, Bismarck, Roma-Bari, 2004, p. 95.
21. ^ Taylor, Bismarck, Roma-Bari, 2004, p. 103.
22. ^ Stürmer, L'impero inquieto, Bologna, 1993, pp. 221, 222.
23. ^ Taylor, Bismarck, Roma-Bari, 2004, pp. 116, 117. Stürmer, L'impero inquieto, Bologna, 1993, p. 223. I due storici divergono sulle intenzioni di Bismarck. Taylor è più cauto ed è convinto che Bismarck, se avesse voluto, avrebbe potuto provocare la guerra subito. Stürmer invece dà per certo che Bismarck appoggiò decisamente la candidatura di Leopoldo tenendo conto che ciò avrebbe potuto provocare la guerra.
24. ^ AA.VV, Storia delle relazioni internazionali, Bologna, 2004, pp. 64, 65.
25. ^ Stürmer, L'impero inquieto, Bologna, 1993, p. 224.
26. ^ Taylor, Bismarck, Roma-Bari, 2004, pp. 123, 124, 127.
27. ^ Taylor, Bismarck, Roma-Bari, 2004, pp. 127, 128.
28. ^ Taylor, Bismarck, Roma-Bari, 2004, pp. 129, 130.
29. ^ Taylor, Bismarck, Roma-Bari, 2004, pp. 131, 132.
30. ^ Taylor, Bismarck, Roma-Bari, 2004, p. 133.
31. ^ Taylor, Bismarck, Roma-Bari, 2004, pp. 148, 149, 150.
32. ^ Stürmer, L'impero inquieto, Bologna, 1993, pp. 237, 238.
33. ^ Taylor, Bismarck, Roma-Bari, 2004, pp. 150, 151, 152.
34. ^ Stürmer, L'impero inquieto, Bologna, 1993, p. 239.
35. ^ Ai socialisti furono vietate le attività di associazione e riunione, poteva loro essere rifiutata l'autorizzazione per alcune attività commerciali e li si poteva espellere da determinate circoscrizioni. La normativa seguiva il modello di una legge inglese contro una società segreta di indipendentisti irlandesi. Cfr. Stürmer, L'impero inquieto, Bologna, 1993, p. 300.
36. ^ Taylor, Bismarck, Roma-Bari, 2004, pp. 179, 180, 181, 182.
37. ^ Taylor, Bismarck, Roma-Bari, 2004, p. 187.
38. ^ Taylor, Bismarck, Roma-Bari, 2004, pp. 215, 216, 217.
39. ^ Taylor, Bismarck, Roma-Bari, 2004, pp. 204, 208, 243.
40. ^ Taylor, Bismarck, Roma-Bari, 2004, pp. 221, 222, 223.
41. ^ Taylor, Bismarck, Roma-Bari, 2004, pp. 223, 224, 225, 226.
42. ^ Taylor, Bismarck, Roma-Bari, 2004, pp. 226, 227.
43. ^ Taylor, Bismarck, Roma-Bari, 2004, pp. 245, 246.
44. ^ Taylor, Bismarck, Roma-Bari, 2004, pp. 246, 247.
45. ^ Taylor, Bismarck, Roma-Bari, 2004, pp. 249, 250.
Bibliografia
- Alan John Percival Taylor, Bismarck: The Man and the Statesman, Hamish Hamilton, London, 1955 (Ediz.Ital. Bismarck. L'uomo e lo statista, Laterza, Roma-Bari, 2004 ISBN 88-420-7184-6).
- Michael Stürmer, Das ruhelose Reich. Deutschland 1866-1918, Berlin, 1983 (Ediz. Ital. L'impero inquieto. La Germania dal 1866 al 1918, il Mulino, Bologna, 1993 ISBN 88-15-04120-6).
- AA.VV. (Ottavio Bartié, Massimo de Leonardis, Anton Giulio de' Robertis, Gianluigi Rossi), Storia delle relazioni internazionali. Testi e documenti (1815-2003), Monduzzi, Bologna, 2004 ISBN 978-88-323-4106-5.
- Lothar Gall, Bismarck, Milano, Rizzoli, 1982.
▪ 1930 - Camillo Prampolini (Reggio Emilia, 27 aprile 1859 – Milano, 30 luglio 1930) è stato un politico socialista italiano.
Avvocato e giornalista, figura simbolica del socialismo riformista, contribuì allo sviluppo del movimento cooperativo della sua città e svolse un'intensa attività sindacale. Nel 1886 fondò il periodico La Giustizia, che diresse fino alla sua soppressione, nel 1925.
Al congresso operaio italiano, tenutosi a Milano il 2 e 3 agosto 1892, si decide di fondare il periodico Lotta di classe. Giornale dei lavoratori italiani, che nasce il 30 luglio 1892; fu diretto formalmente da Prampolini, ma di fatto da Filippo Turati e Anna Kuliscioff.
Collaborò con il periodico e organo ufficiale dei socialisti toscani La Martinella.
Sempre nel 1892 fu tra i fondatori del Partito dei Lavoratori Italiani, che dal 1895 assunse il nome di Partito Socialista Italiano, nel quale rappresentò sempre l'ala gradualista. Nel 1922, con Filippo Turati e Giacomo Matteotti, fondò il Partito Socialista Unitario (PSU). Con l'avvento del regime fascista fu costretto a ritirarsi dalla vita politica.
* 1961 - Giovanni Miegge (Savona, 30 maggio 1900 – Massello, 30 luglio 1961) è stato un teologo italiano.
Esponente della teologia dialettica, contribuì in maniera decisiva a far conoscere il pensiero di Karl Barth in Italia. Autore di molti libri, fra cui la biografia teologica di Lutero, pubblicata originariamente da Claudiana nel 1946 e poi ripresa da Feltrinelli con il titolo di Lutero giovane. Importante anche la sua opera di traduttore: si segnala in particolare L'Epistola ai Romani di Karl Barth.
L'infanzia e studi
Miegge nacque il 30 maggio 1900; il padre Mario proveniva dal cattolicesimo mentre la madre, Rachel Coisson, apparteneva a un’antica famiglia valdese. Trascorse l'infanzia in Piemonte e frequentò il Liceo Valdese di Torre Pellice. Fin dalla giovinezza soffrì di una malattia alle vie respiratorie.
Dal 1919 studiò teologia alla Facoltà valdese di teologia di Firenze, i cui professori impartivano un insegnamento teologico di tipo liberal-risvegliato, di cui Giovanni Miegge diventerà presto un'acuta voce critica. Nel 1926 si laureò in teologia con una tesi intitolata La dottrina della salvazione nella teologia di Gaston Frommel. Nel 1927 venne consacrato pastore valdese.
Gli anni del regime
Nel 1931 assunse la direzione della rivista Gioventù cristiana, che da questo momento divenne estremamente vivace e fu negli anni bui del fascismo una delle poche voci rimaste libere, tanto che il regime ne ordinò la cessazione del 1940. La rivista fu anche uno strumento di dialogo culturale con molte personalità dell'epoca, quali Ugo Janni, Ernesto Buonaiuti, Adriano Tilgher, Lelio Basso... Nel 1937 gli fu affidata la cattedra di Teologia storica e pastorale della Facoltà valdese di teologia, trasferitasi nel 1922 a Roma, ma solo un anno dopo, per motivi di salute, dovette rinunciare all'incarico. Nel 1938 i problemi di salute lo costrinsero a ritirarsi a Torre Pellice. Qui diede luogo alla Giornate teologiche del Ciabàs, nell'antico tempio valdese della bassa Valle d'Angrogna. In questi incontri la nuova generazione di teologi protestanti venne a conoscenza della teologia dialettica di Karl Barth. Qui divenne punto di riferimento di un gruppo di intellettuali che a Torre Pellice nel 1946 fonderanno la rivista "Protestantesimo" di cui nel 1948 assumerà la direzione Vittorio Subilia.
L'incontro con la teologia di Karl Barth
Già nella sua tesi, La dottrina della salvazione nella teologia di Gaston Frommel, Miegge prende le distanze dall'allora principale impostazione teologica, la teologia liberale. Nel 1928, per la casa editrice Doxa tradusse un libro di Max Strauch, La teologia della crisi, che presenta il pensiero di Karl Barth e la sua teologia dialettica. La vicinanza fra i due pensatori è tale da fare di Miegge il partvoce di Barth in Italia nonché il «capo» dei giovani barthiani. Nel Dopoguerra Miegge curò l'edizione italiana di uno degli scritti più noti di Barth, L'Epistola ai Romani, pubblicata nel 1962 da Feltrinelli.
Il Dopoguerra
Il decennio 1946-1956 vede la pubblicazione di tutte le opere principali di Miegge. Fra queste spicca sicuramente Lutero. Vol. I. L'uomo e il pensiero fino alla Dieta di Worms, pubblicato nel 1946 da Claudiana. Il progetto iniziale prevedeva un secondo volume, che però non vide mai la luce a causa dei problemi di salute di Miegge. Il libro è edito nel 1964 dalla Feltrinelli con il titolo Lutero giovane. Altre opere importanti sono: La Vergine Maria, 1950, che fu tradotto in molte lingue; Per una fede, 1952; L'Evangelo e il mito nel pensiero di Rudolf Bultmann, 1956 e il Dizionario biblico, 1957, di cui redasse il piano dell'opera e coordinò il lavoro. Infaticabile anche la sua opera di traduttore e curatore. Di Lutero tradusse già in gioventù il Servo arbitrio, 1930, e La libertà del cristiano, 1931, per la casa editrice Doxa. In seguito curò con Valdo Vinay gli Scritti religiosi del riformatore, che sarebbero apparsi nel 1958 per i tipi della UTET. Curò anche due antologie di patristica, La Chiesa dei martiri, 1954, e La sapienza di Dio, 1957. Miegge si occupò con grande profitto anche del rapporto fra Stato e Chiesa, sebbene tali opere abbiano ricevuto più considerazione all'estero che in Italia. In particolare si segnalano: L'église sous le joug fasciste, pubblicato a Ginevra nel 1946, e Religious Liberty, pubblicato a New York nel 1957 e tradotto in francese nel 1962.
Gli ultimi anni
Parzialmente ristabilitosi, dal 1952 insegnò Esegesi biblica alla Facoltà valdese di teologia. In questo periodo coordinò il lavoro per l'edizione di un Nuovo Testamento annotato in quattro volumi che, dopo la morte di Miegge, fu pubblicato tra il 1965 e il 1974 sotto la direzione di Giorgio Tourn. Un nuovo attacco del male non gli lasciò scampo: morì il 30 luglio 1961 a Massello (TO), paesino delle Valli valdesi in cui era solito ritirarsi nel periodo estivo.
Riconoscimenti
La conoscenza del suo lavoro teologico attraverso la traduzione di alcuni suoi libri gli valse parecchi inviti di Facoltà teologiche estere, spesso declinati per motivi di salute, e le lauree ad honorem delle Facoltà di Lipsia, St. Andrews, Ginevra e Montpellier.
* 1963 - Domenico Tardini (Roma, 29 febbraio 1888 – Roma, 30 luglio 1961) è stato un cardinale italiano, Segretario di Stato dal 14 dicembre 1958 alla morte.
Domenico Tardini studiò teologia e filosofia nel seminario pontificio di Roma. Ordinato prete il 20 settembre 1912, si occupò negli anni seguenti della formazione dei nuovi sacerdoti sia presso il seminario sia nel Collegio Urbano di Propaganda Fide, ma fu altresì impegnato nella cura pastorale nel centro e alla periferia di Roma. Entrò nella Curia Romana nel 1921 nella Congregazione per gli Affari Ecclesiastici Straordinari. Dal 1923 al 1929 fu assistente dell’ Azione Cattolica, per poi ritornare nel 1929 alla Congregazione per gli Affari Ecclesiastici Straordinari quale Sotto-Segretario, dal 1937 come Segretario. Già dal 1935 collaborava pure con la Segreteria di Stato, della quale fu nominato nel 1952 Prosegretario.
Nel 1946 ideò l'istituzione culturale "Villa Nazareth", costituita in Fondazione da Papa Giovanni XXIII nel 1963.
Nel 1958 Papa Giovanni XXIII lo nominò arciprete della patriarcale Basilica di San Pietro, lo ordinò vescovo, lo creò, nel suo primo concistoro del 15 dicembre 1958, cardinale. Sembra che Tardini avesse rinunciato precedentemente alla porpora offertagli da Pio XII nel 1953. Papa Giovanni XXIII nominò infine Tardini quale proprio Segretario di Stato, carica che questi ricoprì fino alla morte intervenuta a Roma il 30 luglio 1961. Malgrado l’importante ruolo ricoperto, egli aveva continuato a definirsi semplicemente un prete romano. Domenico Tardini è sepolto nel Monastero carmelitano di Vetralla.
▪ 2007 - Michelangelo Antonioni (Ferrara, 29 settembre 1912 – Roma, 30 luglio 2007) è stato un regista italiano, considerato uno dei grandi autori della storia del cinema.
Formazione
Di famiglia della media borghesia, dopo il diploma all'istituto tecnico consegue la laurea in economia e commercio all'Università di Bologna. Durante il periodo universitario trova anche il tempo di vincere un Littoriale della cultura e dell'arte, poi ha alcune esperienze teatrali e comincia ad interessarsi di cinema alla fine degli anni trenta scrivendo sul Corriere Padano di Nello Quilici e più tardi, dopo essersi trasferito a Roma, su Cinema nella cui redazione incontra intellettuali come Cesare Zavattini, Umberto Barbaro, Massimo Mida.
Frequenta il Centro Sperimentale di Cinematografia e nel 1942 collabora alla stesura della sceneggiatura di Un pilota ritorna di Roberto Rossellini. Dopo essere stato aiuto regista di Marcel Carné in Francia, nel 1943 rientra in patria a causa degli eventi bellici e inizia a girare il suo primo cortometraggio, Gente del Po, che riesce a terminare soltanto nel dopoguerra. Nel 1945 mette a punto con Luchino Visconti due progetti che non saranno mai tradotti in film e l'anno successivo scrive, con altri, la sceneggiatura di Caccia tragica di Giuseppe De Santis, a cui fa seguito la regia del suo secondo documentario, N. U. - Nettezza urbana.
Primi lungometraggi
Dopo altri cortometraggi, superate varie difficoltà, nel 1950 riesce finalmente a dirigere il suo primo lungometraggio: Cronaca di un amore, restaurato nel 2004, opera personalissima in cui descrive la crisi di una coppia, rappresentativa di certa società borghese contemporanea. Dirige poi altri film di valore: I vinti, sulla violenza giovanile; La signora senza camelie, sui meccanismi sconcertanti che regolano il divismo cinematografico; Le amiche, tratto da un romanzo di Cesare Pavese; Tra donne sole, tutti variamente giudicati dalla critica e non molto apprezzati dal grande pubblico. Con Il grido tenta di superare stili e tematiche dei precedenti lavori per concentrare l'attenzione sull'individuo, sulle sue crisi esistenziali, sul suo vivere in una società che sente estranea. L'insuccesso commerciale del film costringe il regista a dedicarsi brevemente al teatro e a collaborare più o meno anonimamente e comunque con scarso interesse a film altrui, spesso di irrilevante valore artistico.
La tetralogia esistenziale
Ritorna al cinema nel 1960, con una celeberrima tetralogia: L'avventura (che nell'ottobre 1960 sarà sequestrato per qualche giorno dalla magistratura per oscenità), La notte, L'eclisse (questi ultimi tre sono a volte chiamati trilogia della malattia dei sentimenti) e il suo primo film a colori Il deserto rosso, tutti interpretati da Monica Vitti, sua compagna per diverso tempo, dove seziona compiutamente la tematica dell'alienazione e dell'incomunicabilità, grandi mali dell'uomo del Novecento, in autentici capolavori nei quali l'universalità del discorso intrapreso si fonde alla perfezione col rigore stilistico e la grande tecnica.
Con Blow-up (anch'esso sequestrato dalla magistratura per oscenità nell'ottobre 1967) il suo pessimismo angoscioso si trasforma nel totale rifiuto della realtà in cui l'uomo vive: egli non è più in grado di stabilire alcun rapporto con ciò che lo circonda e anche le certezze più elementari sono messe in discussione.
Sulla stessa falsariga Zabriskie Point, incentrato sulla contestazione giovanile, che sviluppa in maniera più spettacolare del consueto una feroce critica alla società dei consumi.
Professione: reporter, opera interessante dal punto di vista narrativo e straordinaria da quello figurativo col lungo e celebre piano sequenza finale, affronta l'impenetrabilità della realtà attraverso un repentino cambio di identità del protagonista.
Nuove produzioni italiane
Dopo Il mistero di Oberwald, girato per la televisione con mezzo elettronico, torna al cinema con Identificazione di una donna, dove mette in risalto la crisi sentimentale e comportamentale più di quella esistenziale.
Dopo la lavorazione di questo film, viene colpito da un ictus che lo priva quasi completamente dell'uso della parola e che lo lascia paralizzato dal lato destro. Assistito dalla seconda moglie Enrica Fico (sposata nel 1985), Antonioni si limita a dirigere qualche documentario e accetta di dirigere il videoclip di Fotoromanza per Gianna Nannini e uno spot pubblicitario per la Renault.
Ultimi film
Nel 1995 torna dietro la macchina da presa assistito da Wim Wenders, suo grande ammiratore, con Al di là delle nuvole, dove traduce in immagini alcuni racconti del suo libro Quel bowling sul Tevere, mentre da un altro trae l'episodio Il filo pericoloso delle cose, inserito assieme ad altri due - firmati da Wong Kar Wai e Steven Soderbergh- nel film Eros (2004). Ormai estremamente limitato dalla malattia nella capacità di comunicare, si dedica negli ultimi anni alla pittura, astratta e caratterizzata da forme plastiche e colori molto accesi, esponendo in diverse mostre.
È morto il 30 luglio 2007 nella sua casa romana, assistito dalla moglie, nello stesso giorno della scomparsa del regista svedese Ingmar Bergman. È sepolto nella Certosa di Ferrara.
Nel 2008 è nato a Busto Arsizio, luogo in cui il regista, al BA Film Festival 2006, ricevette l'ultimo premio alla carriera, l'Istituto Cinematografico Michelangelo Antonioni (ICMA), per la formazione di nuove leve della cinematografia.
* 2007 - Ernst Ingmar Bergman (IPA: ['ɪŋmar 'bærjman]; Uppsala, 14 luglio 1918 – Fårö, 30 luglio 2007) è stato un regista, sceneggiatore e scrittore svedese, sia teatrale che cinematografico. È considerato una delle personalità più eminenti della storia della cinematografia mondiale.
«In realtà io vivo continuamente nella mia infanzia: giro negli appartamenti nella penombra, passeggio per le vie silenziose di Uppsala, e mi fermo davanti alla Sommarhuset ad ascoltare l'enorme betulla a due tronchi, mi sposto con la velocità a secondi, e abito sempre nel mio sogno: di tanto in tanto, faccio una piccola visita alla realtà »(Ingmar Bergman, La lanterna magica, autobiografia, 1987)
Gli anni giovanili
Nato ad Uppsala da un pastore luterano, Erik, e da Karin Åkerblom, proveniente da una famiglia benestante di Stoccolma, Ingmar trascorse l'infanzia seguendo gli spostamenti del padre nelle case parrocchiali di vari paesini e fu educato secondo i concetti luterani di "peccato, confessione, punizione, perdono e grazia", temi che saranno poi ricorrenti nei suoi film.
Il padre iniziò il suo ministero pastorale presso l'ospedale di Uppsala, poi venne prima nominato pastore della chiesa Hedvig-Eleonora di Stoccolma e infine cappellano della Corte Reale; pur essendo un eccellente oratore aveva un temperamento irritabile, come sostiene Bergman nella sua biografia: "Non potevamo fischiare, non potevamo camminare con le mani in tasca. Improvvisamente decideva di provarci una lezione e chi s'impappinava veniva punito. Soffriva molto per il suo udito eccessivamente sensibile, i rumori forti lo esasperavano" [1]. Erik impartì al figlio un'educazione molto severa, le cui tracce si riscontreranno spesso nei suoi film; la figura del padre sarà portata sullo schermo in tre film: Fanny e Alexander (1982), Con le migliori intenzioni (1992) e Conversazioni private (1996). La madre "aveva un eccessivo carico di lavoro, era tesissima, non riusciva a dormire, faceva uso di forti sedativi, che avevano effetti collaterali quali l'irrequietezza e l'ansia" [2].
Ingmar aveva un fratello maggiore di quattro anni [3] e una sorella minore di quattro anni. In una situazione familiare così oppressiva sono da ricercare le ragioni dei suoi dubbi esistenziali e soprattutto della sua continua ricerca di un Dio che non rappresenti solamente un rito, ma amore. Il rapporto conflittuale con i genitori portò così il giovane Ingmar a rinchiudersi in un suo mondo liberatorio e fantasioso con il quale sostituiva quello reale e quando a dodici anni gli venne regalato il primo proiettore cinematografico trovò, nel mondo fantastico della pellicola con le sue luci e le sue ombre, quello che cercava.
Nel 1936, dopo l'ennesimo scontro con i genitori, partì per Stoccolma dove andò a vivere da solo. Dopo gli studi superiori ed il servizio militare, si iscrisse all'Università di Stoccolma per frequentare un corso di storia della letteratura (laureandosi successivamente con una tesi su August Strindberg) ed entrò per la prima volta in contatto con il mondo del teatro e del cinema. Iniziò ad occuparsi di teatro studentesco dirigendo una compagnia filodrammatica presso la stessa università e scrivendo testi per alcuni drammi. Nel 1940 divenne aiuto regista presso il "Teatro reale dell'opera", (anche se senza stipendio). Una ragazza del corpo di ballo lo aiutò finanziariamente fintanto che riuscì ad ottenere l'incarico di suggeritore per l'Orfeo all'inferno con un compenso di tredici corone a sera. Il giovane, raggiunta la tranquillità economica, si mise a scrivere intensamente e produsse, nel giro di due anni, ben dodici drammi e un'opera lirica.
Nel 1942, uno dei suoi drammi, La morte di Kasper, venne messo in scena per decisione del direttore del teatro studentesco e questo fatto segnò la sua fortuna. Ad assistere allo spettacolo vi erano infatti in platea il neodirettore della "Svensk Filmindustri", Carl Anders Dymling, e Stina Bergman, vedova del drammaturgo Hjalmar Bergman, responsabile della sezione manoscritti che, colpita dalla rappresentazione, lo convocò il giorno seguente e lo assunse con uno stipendio di cinquecento corone al mese.
I primi film e il teatro
Nel 1944 uno dei suoi scritti venne letto dal regista Gustaf Molander che insistette per ricavarne un film. Il manoscritto venne acquistato dalla Svensk Filmindustri per cinquemila corone e, con la regia di Alf Sjöberg che lo tradusse in immagini, e la collaborazione di Bergman stesso come segretario di edizione, fu girato Hets (Tormento), storia di un professore, soprannominato "Caligola", severo e opprimente con i suoi allievi. Stig Järrel, l'attore protagonista, venne truccato in modo che assomigliasse al capo della Gestapo, Himmler. Il film venne molto apprezzato soprattutto in quanto attacco al nazismo. Tormento vincerà un premio nel 1946 durante il primo Festival di Cannes del Secondo dopoguerra.
Durante la lavorazione del film, Bergman venne nominato direttore dello "Stadsteater" di Helsingborg, uno dei teatri più antichi di tutta la Svezia, ma presto subentrarono difficoltà finanziarie perché le sovvenzioni ad esso destinate erano state girate al nuovo teatro di Malmö.
La fase romantica
Pochi mesi dopo questa prima esperienza cinematografica, gli venne proposto di dirigere un film adattato dalla commedia dell' autore teatrale danese Leck Fischer, La bestia madre. Crisi (Kris), uscito nelle sale nel 1946, è la storia di una ragazza che dopo molte avventure ritrova finalmente la madre e sposa il giovane che da molto tempo era innamorato di lei. Il tema conduttore del film è quello dello scontro tra generazioni e, come scrive Alfonso Moscato [4] si tratta di "uno scontro che, equilibrato in periodo di normalità, è qui acuito dal materialismo dilagante nella società postbellica".
Benché il film non avesse avuto successo, il produttore indipendente Lorens Marmsted offrì al regista una nuova occasione e gli commissionò un nuovo film: Piove sul nostro amore, pellicola di modesta qualità a causa, come Bergman stesso ammette, della scarsa padronanza dei mezzi tecnici che aveva all'epoca. Malgrado ciò, l'opera non manca di spunti interessanti, che anticipano il modo bergmaniano di fare cinema.
All'inizio dell'autunno del 1946, Bergman si trasferì a Goteborg, dove venne nominato primo regista presso il teatro della città, debuttando con Caligola di Albert Camus e mettendo in scena altri suoi drammi, deciso a portare avanti senza tregua sia l'attività di regista cinematografico sia quella di regista teatrale.
Nel 1947 seguiranno, grazie alla fiducia di Marmsted, due film tratti ancora una volta da opere teatrali, La terra del desiderio e Musica nel buio, dove prevale la tematica del disagio giovanile e della fuga dalla realtà che connota anche i successivi film fino a Un'estate d'amore, con il quale può dirsi conclusa la prima fase romantica della sua produzione.
L'attenzione suscitata da questo ultimo lavoro, spinge la Svensk Filmindustri a commissionargli, nel 1948, la sceneggiatura di La furia del peccato ed Eva con la regia di Gustaf Molander ed un film, Città portuale, tratto da un romanzo di Olle Länsberg. L'insuccesso della pellicola condusse però ad un nuovo taglio dei fondi.
Ma è ancora grazie all'aiuto di Lorens Marmsted, che Bergman riuscirà a realizzare nello stesso anno La prigione, tratto da un suo stesso soggetto, e primo film significativo della sua carriera.
Il film, pur non essendo un capolavoro, destò un certo interesse, tanto da convincere la Svensk Filmindustri a dare ancora fiducia al regista, che poté così realizzare: nel 1949, il film Sete, tratto dalle novelle di Birgit Tengroth, Verso la gioia, interpretato in modo magistrale da Sjöström e Ciò non accadrebbe qui, un film anticomunista, del quale però non firma né il soggetto né la sceneggiatura, che narra la storia di una profuga che nella Stoccolma della seconda guerra mondiale cerca di sfuggire alle spie comuniste. Sempre in questo periodo, Bergman mise in scena anche due testi teatrali: Rachele e il fattorino del cinema e Uscirsene a mani vuote.
I primi successi
Solo poco dopo, nel 1950, scrisse Un'estate d'amore, film che risente intensamente dello stato d'animo in cui Bergman si trovava in quel periodo e nel quale dimostra, per la prima volta, tutte le sue possibilità espressive. Egli dichiarerà durante un'intervista a Jörn Donner: [5] "Fu il primo film in cui cominciai a sentirmi veramente in grado di esprimermi. Era già parecchio che dirigevo film. A quell'epoca ero quel che si dice a digiuno di preparazione tecnica; anzi, dal lato tecnico, ero preoccupato, incerto e pasticcione. Però c'è una cosa da tener presente: che a quei tempi la tecnica era molto più complicata di oggi".
Dopo Un'estate d'amore, a causa delle proteste per una tassa statale che era stata messa sui divertimenti, il cinema svedese subì un forte rallentamento e Bergman venne licenziato dalla Svensk Filmindustri.
Gun ispirò al regista il personaggio di Karin Lobelius in Donne in attesa, film che venne realizzato nel 1952 e presentato l'anno seguente alla Mostra di Venezia senza grande successo.
Seguirà nel 1953 Monica e il desiderio che verrà considerato un film-scandalo, a causa della insolente sensualità dell'attrice Harriet Andersson che, girandosi spontaneamente verso la camera, regala uno dei migliori primi piani di sempre, a detta dello stesso Ingmar. L'attrice, a quel tempo, era appena ventenne e Bergman le si legherà sentimentalmente: Harriet Andersson diventerà con nove film realizzati in collaborazione con il regista, una delle sue attrici preferite.
Nel 1953, fallita l'aspirazione di essere assunto al Dramatiska Teatern di Stoccolma, accettò l'offerta dello Stadsteater, il Teatro Municipale di Malmö, che lo assunse come regista e presso il quale rimarrà per otto anni, producendo tredici regie. In questo periodo perfezionò la collaborazione con alcuni attori già affermati che diventeranno anche presenze stabili nei suoi film: oltre alla già citata Harriet Andersson, Gunnel Lindblom, Max von Sydow, Erland Josephson, Ingrid Thulin, e Bibi Andersson.
In quello stesso anno Bergman mise in scena Sei personaggi in cerca d'autore di Luigi Pirandello e Il castello di Kafka con l'adattamento di Max Brod, mentre per il cinema produsse un film molto triste ambientato nel mondo del circo dal titolo Una vampata d'amore. Nel 1954 mise in scena al teatro di Malmö una "Vedova allegra" e un balletto dal titolo Giochi crepuscolari, mentre per il cinema passò dal dramma alla commedia con Una lezione d'amore.
Nel 1955 realizzò una commedia che la critica ha giudicato mediocre, Sogni di donna, ma anche il film che lo fece conoscere al pubblico di tutta Europa, Sorrisi di una notte d'estate, opera raffinata tra la commedia e il dramma che venne premiato a Cannes per il suo "umorismo poetico": è tra il 1956 e il 1959 che avvenne la sua consacrazione internazionale.
Il successo internazionale
«CAVALIERE: Io voglio sapere. Non credere. Non supporre. Voglio sapere. Voglio che Dio mi tenda la mano, mi sveli il suo volto, mi parli. MORTE: Ma lui tace.»(Ingmar Bergman, da Il settimo sigillo[6])
Nel 1956 Bergman terminò Il settimo sigillo il cui soggetto deriva da un atto unico che aveva scritto nel 1954 per un saggio di recitazione degli allievi dell'"Accademia Drammatica" di Malmö. Si trattava di una rappresentazione intitolata Pittura su legno e durava circa cinquanta minuti. Due anni dopo, Bergman espresse il desiderio di trasformare Pittura su legno in un film, ma il suo produttore rifiutò: dovette quindi aspettare il successo al Festival di Cannes di Sorrisi di una notte d'estate per riproporre il progetto. Questa volta la risposta fu positiva, a patto però che la lavorazione del film non durasse oltre i trenta giorni. Nella sua autobiografia [7], Bergman scriverà a proposito del film: "è un film disuguale cui tengo molto perché venne girato con mezzi poverissimi, facendo appello alla vitalità e all'amore. Nel bosco notturno dove viene bruciata la strega si intravedono tra gli alberi le finestre delle case di Rasunda" .
Il film rese più solida la fama del regista, che ottenne nel 1957 il "Premio speciale della giuria" al "Festival di Cannes" e nel 1958 ricevette il "Gran Premio dell'Accademia francese" del cinema. Nel 1960 il film venne proiettato in Italia e si guadagnò il Nastro d'argento, in Spagna invece, ottenne il Labaro d'oro.
Ma il film indubbiamente più famoso, responsabile della fama internazionale e duratura di Bergman è certamente Il posto delle fragole, uscito nel 1958 in un periodo di intensa attività teatrale dell'autore. Egli vi si dedicò con grande impegno, tanto che alla fine delle riprese dovette essere ricoverato in una clinica per esaurimento nervoso. Il film è una serena meditazione sulla vita e sulla morte e ottenne l'Orso d'oro al Festival di Berlino e il premio della critica al Festival di Venezia.
Ma l'esaurimento non fermò il regista, che dopo soli tre mesi, ritornò al lavoro sugli schermi svedesi con un nuovo film: Alle soglie della vita che gli fece ottenere il premio come miglior metteur en scéne e alle quattro protagoniste un premio unico per la loro interpretazione. La critica però non accolse il film con entusiasmo ed esso fu relegato tra le sue opere minori.
Bergman si rifece presto con il film Il volto che ottenne nel 1959 il premio speciale della giuria al Festival di Venezia per "la miglior regia, originalità poetica e stile", mentre il Leone d'oro venne assegnato ex aequo a La grande guerra di Mario Monicelli e a Il generale Della Rovere di Roberto Rossellini. I giornalisti vollero però assegnare a Il volto, in segno di polemica, il Premio Pasinetti come opera migliore della rassegna.
Un periodo di pausa
Dopo Il volto, Bergman si concesse un periodo di pausa, concludendo la collaborazione col Malmö Stadsteater e rallentando l'attività cinematografica. Si impegnò invece in una tournée teatrale a Parigi e a Londra e il 1º settembre del 1959 si sposò per la quarta volta con la pianista Käbi Laretei, dalla quale ebbe il figlio Daniel Sebastian, al quale dedicherà qualche anno dopo il cortometraggio intitolato Daniel. Moriva nel frattempo il direttore della Svensk Filmindustri e veniva nominato al suo posto un amico di Bergman, Manne Fant, che lo invitò subito a collaborare come consigliere artistico. In quegli anni lavorò anche alla neonata televisione svedese, realizzando: Venetianskan nel 1958, Rabies nel 1959 e Oväder nel 1960.
La ripresa dell'attività cinematografica
Nel 1960, con La fontana della vergine, tratto da una ballata svedese del XIV secolo, che gli valse il suo primo Oscar, Bergman riprese l'attività cinematografica vera e propria. Il film, a differenza dei precedenti, affronta una tematica religiosa e rinuncia quasi del tutto al dialogo per affidarsi unicamente alle immagini che si snodano con un ritmo lento e assorto e crea un forte lirismo. Film apparentemente tra i più cupi di Bergman, esso in verità rimane una delle sue opere maggiormente aperte alla speranza.
Subito dopo La fontana della vergine, Bergman si dedicò ad un'opera più allegra che definirà, nei titoli di testa un "rondò capriccioso": L'occhio del diavolo.
La "Trilogia del silenzio di Dio"
Alla fine degli anni sessanta venne chiamato a lavorare nel Teatro reale svedese, il "Kungliga Dramatiska Teatern" di Stoccolma e nel 1961 ricevette la nomina di direttore. Pensava intanto alla realizzazione di un film diverso dagli altri, ambientato su di un'isola. Andò così a visitare le isole Orcadi che però non riuscirono a soddisfarlo e, su suggerimento di qualcuno, si recò nel Baltico dove scoprì, nella brulla e desolata isola di Fårö, il paesaggio ideale che gli ispirerà in quegli anni la "trilogia del silenzio di Dio". Come in uno specchio ricevette l'Oscar come miglior film straniero e venne presentato al Festival di Berlino del 1962 ottenendo il premio dell'OCIC (Office Catholique International du Cinèma, organizzazione cattolica del cinema), Luci d'inverno (1962), premiato a Berlino e a Vienna e Il silenzio (1963), uno tra i suoi film che diedero maggior scandalo.
Uno scherzo autobiografico
Nel 1963 produsse "Ett Drömspel", un film per la televisione e il film di ispirazione autobiografica A proposito di tutte queste... signore, che venne presentato fuori concorso nella serata inaugurale della XXV Mostra di Venezia nel 1964, suscitando reazioni contrastanti e giudicato dai più un intermezzo dopo le fatiche della trilogia. Come scrisse Grazzini [8] si tratta di "uno scherzo autobiografico, una vacanza, ma anche un boomerang. Giunto all'apice della fama, salutato come uno dei grandi maestri del cinema contemporaneo, Bergman avverte di essere in pericolo di morte, qualora si prenda troppo sul serio. Conosce bene le insidie che comporta lo splendido isolamento dell'artista. Se ci raspate dentro, vedete che la critica ha lo stesso tremore di quella, tragica, che in Come in uno specchio affrontava i rapporti tra l'opera d'arte e la sua ispirazione... Si ride poco per essere un film comico. Ma Bergman ha il diritto di farci scherzi di cattivo gusto".
Dopo A proposito di tutte queste...signore, durante l'estate del 1965, Bergman si mise a lavorare all'idea di un film da dedicare agli attori da intitolare Mangiatori d'uomini, ma proprio in quel periodo cadde in una profonda depressione e solo durante la convalescenza scriverà la trama di quello che diventerà poi Persona, che inaugurerà una serie di film dove saranno in primo piano fantasmi e incubi.
La tetralogia di Fårö
Il primo di questa serie, denominata la "tetralogia di Fårö", sarà, appunto, Persona del 1964, che siglerà il distacco di Bergman dal Teatro Reale e il suo ritiro nell'isola di Fårö, che aveva acquistato e dove abiterà fino alla sua morte. Dirà a Jörn Donner nell'intervista Come in uno specchio:[9] "capitai in questo paesaggio di Fårö, con la sua assenza di colori, la sua durezza e le sue proporzioni straordinariamente ricercate e precise, dove si ha l'impressione di entrare in un mondo che è esterno, e del quale non siamo che una minuscola particella, come gli animali e le piante. Come sia accaduto non lo so, ma qui ho messo le radici e ora credo che la mia vita abbia nuovamente delle radici".
Dopo Persona, Bergman accettò di collaborare ad un film in otto episodi dal titolo Stimulantia, realizzato da un gruppo di registi giovani, come Richard Donner, e meno giovani, come Gustaf Molander, che si proponeva di individuare le cose più stimolanti della vita. Per Bergman scelse come argomento della sua opera "il bambino" ed intitolò il suo episodio Daniel dedicandolo al figlio nato dalla sua unione con la pianista Käbi Laretei.
Nel 1966, Bergman riprese in mano il manoscritto che aveva abbozzato nell'estate del 1965, I mangiatori d'uomini, e da esso, dopo averlo rimaneggiato, nacque il semi-horror L'ora del lupo.
Il regista aveva intanto trasformato l'isola di Fårö in una Cinecittà e lì realizzò interamente, nel 1967, il film sulla guerra La vergogna, film piuttosto contrastato e che ebbe contestazioni e polemiche, perché secondo alcuni critici assumeva, a proposito della guerra in Vietnam, una posizione qualunquista.
Nel 1968 Bergman realizzò il film Passione, ultimo film diretto per la Svensk Filmindustri prima di mettersi in proprio, proiettato per la prima volta il 10 ottobre del 1969.
L'incontro con la televisione
Nel marzo del 1969, avvenne il suo primo incontro con la televisione, con il breve film in bianco e nero intitolato Il rito, che presentò egli stesso alle emittenti televisive di Svezia, Norvegia, Finlandia e Danimarca.
Gli anni settanta
Nel 1969, Bergman realizzò un documentario di forte impegno sociale per la televisione svedese, intitolato Fårödokument, che venne proiettato per la prima volta il 10 novembre 1970, dedicato alla sua isola Fårö dove protagonista è la gente dell'isola, alla quale viene dato spazio per esporre i propri problemi e rivendicare i suoi diritti.
Nel 1970, quasi come per contrasto all'opera impegnata appena terminata, Bergman realizzò un film, che si rivelerà essere tra i più superficiali, dal titolo L'adultera. Il film si rivelerà un grande insuccesso, trascinando nuovamente il regista in difficoltà economiche, dalle quali riuscirà a risollevarsi nel 1972 grazie all'inaspettato successo mondiale di Sussurri e grida, film ricco di valori formali e sostanziali che ottenne numerosi premi.
I film e la televisione
L'anno seguente girerà Scene da un matrimonio, nato come serie ad episodi per la televisione e trasformato poi in un film di quasi tre ore, premiato dalla associazione dei critici americani come miglior film del 1973.
Seguirà poi il film televisivo Misantropen nel 1974, ispirato all'opera di Molière e la realizzazione di un film-opera intitolato Il flauto magico, dove finalmente poteva realizzare il sogno di venticinque anni prima. Si trovava infatti a quei tempi a Malmö e avrebbe voluto dirigere Il flauto magico, ma non aveva osato per il timore di non possedere gli attori adatti e la maturità necessaria. Ora, grazie al rapporto con la televisione, egli poteva parlare di Mozart che, insieme a Chopin e a Wagner, era uno dei suoi compositori più amati e presenti, con la loro musica, in tanti dei suoi film. Il film fu lodato dai critici cinematografici e ancor più dai musicofili. Il cinefilo G. Legrand scriverà su Positif: [10] "più intelligente, più agile, il ritmo dell'illustrazione della musica non è meno strettamente collegato alla musica, che anzi esso la raddoppia, la rende anche più esplicita, senza mai sostituirvisi". Nel 1976 Bergman realizzò, quasi come appendice a "Il flauto magico", ancora una breve opera televisiva anch'essa di notevole valore, dal titolo Il ballo delle ingrate, del quale non si può parlare come di un vero e proprio balletto ma ad un'azione mimata in musica.
Il dramma psicologico L'immagine allo specchio, sempre del 1976, nacque anch'esso come film televisivo articolato in quattro episodi di cinquanta minuti ciascuno, trasformato in un film della durata di 135 minuti, che venne presentato al Festival di Cannes. Si tratta di un'opera che lo stesso Bergman giudicherà nella sua autobiografia [11] non tra i migliori affermando: "la stanchezza artistica sogghignava sotto la tela sottile".
Un periodo di profonda crisi e di intenso lavoro
Nel 1976 Bergman possedeva la sua casa cinematografica, la "Cinematograph", che aveva sede in un bel palazzo di Stoccolma, era appena terminata la sceneggiatura del film L'immagine allo specchio, gli appoggi erano notevoli, i contatti presi con i produttori statunitense erano stati utili, Dino De Laurentiis aveva accettato di produrre la sceneggiatura del film L'uovo del serpente e l'ultimo matrimonio con Ingrid von Rosen sembrava solido: niente poteva far immaginare la tempesta che stava per arrivare.
Il 30 gennaio, mentre al teatro "Dramaten" si svolgevano le prove di Danza di morte di Strindberg, arrivarono all'improvviso due poliziotti, che condussero Bergman a centro di polizia in quanto indagato per frode fiscale. Le peripezie legali impegnarono il regista ben nove anni, anche se si risolsero con il pagamento di una somma non esagerata: 180.000 corone. Ma i giornali divulgarono con insistenza la notizia e Bergman, che era stato costretto a trasferirsi con la moglie nell'appartamento a Grev Turegatan, fu colto da una forte crisi depressiva che lo tenne rinchiuso per tre mesi nel reparto psichiatrico di Karolinska.
Nel marzo del 1977 Bergman poté ritornare a Fårö ma, non ancora libero dalle sue angosce, si buttò intensamente nel lavoro e in questo periodo nacque il soggetto di Sinfonia d'autunno con il titolo provvisorio di Madre, Figlia e Madre. Ma a fine ottobre, sempre assillato dalla burocrazia, decise di allontanarsi dalla Svezia e, dopo aver depositato i suoi averi su un conto bloccato si recò insieme alla moglie prima a Parigi e in seguito a Copenaghen, decidendo nel frattempo che L'uovo del serpente sarebbe stato girato negli studi della "Bavaria Film" a Monaco di Baviera. L'estate venne trascorsa a Los Angeles con una puntata a Francoforte per ritirare il Premio Goethe, una nostalgica visita a Faro e ancora a Monaco, il 28 ottobre 1977, per assistere alla prima del film.
Nel 1978 dopo il film tedesco L'uovo del serpente Bergman, che nel frattempo aveva risolto i suoi problemi con il fisco, realizzò un film norvegese, Sinfonia d'autunno. Il film segna l'incontro con Ingrid Bergman, che non recitava nei Paesi scandinavi dal 1940, fatta eccezione per l'episodio di Stimulanzia diretto da Gustaf Molander.
Ancora con attori tedeschi, tra il 1979 e il 1980, il regista realizzò, nei "Bavaria Filmstudios", Un mondo di marionette: possedeva ancora uno studio a Monaco e aveva contatti con la Repubblica federale. Il film segna il ritorno al bianco e nero, al quale Bergman era molto affezionato, ma non ebbe un buon successo di critica, a cominciare da quella tedesca.
Gli anni ottanta
Al ritorno dalla Germania si ritirerà sull'isola di Fårö e nel 1982 realizzerà quello che doveva essere, nelle sue intenzioni, il suo ultimo film e pertanto un congedo al cinema, Fanny e Alexander, meraviglioso ritratto di Uppsala, la sua città natale, tra il 1907 e il 1909. I personaggi sono una sessantina, e al centro della storia, un pastore protestante elegantissimo e perfido, proprio come il padre del regista. Il film doveva durare sei ore, ma la durata fu bocciata in sede di censura, così la versione per la televisione durerà cinque ore, quella per il cinema tre ore. Nacque un capolavoro con elementi fortemente autobiografici e, come scrive Giovanni Grazzini: [12]"un riassunto di quarant'anni di cinema".
Dopo il successo di Fanny e Alexander Bergman, negli anni seguenti, a dimostrazione che il suo congedo dal cinema non era stato definitivo, realizza nel 1983 il parapsicologico Dopo la prova, nato per la televisione, ma presentato in seguito a Cannes e distribuito dapprima come un normale film e poi in videocassetta.
Nel 1986 diresse ancora il teorico Il segno, che denota la ancor grande attività artistica del regista, malgrado l'età avanzata.
Pur non girando più film, Bergman non cessò l'attività e si occupò ancora di lavori televisivi come, nel 1986, il cortometraggio Il volto di Karin dedicato alla madre e continuò a dedicarsi al teatro. Sempre nel 1986 venne invitato in televisione per realizzare una lunga intervista di 57 minuti, nella quale raccontava i tempi e i metodi della lavorazione del film Fanny e Alexander; l'intervista fu proposta per il pubblico nazionale.
Dal 1988 al 1992 continuò l'attività teatrale e televisiva in maniera meno intensa ma ugualmente produttiva, che avrà poi termine con il quarantaquattresimo lungometraggio intitolato Vanità e affanni dove verranno adottate per la prima volta techiche digitali.
Gli anni novanta e la televisione
Lasciato il cinema per dedicarsi al teatro, Bergman tuttavia scrisse nel 1991 le sceneggiature di Con le migliori intenzioni, una produzione televisiva di sei ore, adattata poi allo schermo in due ore e quaranta con la direzione di Bille August, il regista danese che aveva vinto nel 1989 l'Oscar per il miglior film straniero con Pelle alla conquista del mondo. Dal film venne tratto il libro intitolato La buona volontà che porta in calce la firma di Bergman.
Nell'aprile del 1991 portò in Italia un'opera scritta dal giapponese Yukio Mishima, Madame de Sade, che venne rappresentata a Parma al "Festival dell'attore". Nello stesso mese venne rappresentato nel piccolo teatrino all'ultimo piano del "Dramaten di Stoccolma" la sua regia di Peer Gynt di Ibsen con l'interpretazione di Bibi Andersson e in giugno Bergman diresse Le baccanti di Euripide, con la musica di Daniel Börtz, all' "Opera di Stoccolma" che ottenne un grande consenso di pubblico.
Sempre nel 1991 si occupò della sceneggiatura del film Soendagsbarn diretto dal figlio Daniel, che tratta di un episodio della fanciullezza di Bergman, in particolare delle passeggiate che faceva in bicicletta con il padre, raccontato nell'autobiografia Lanterna magica[13]. Tra il 1992 e il 1994 Bergman produsse una serie sfortunata di film televisivi: Markisinnan De Sade (1992), Backanterna (1993) e Sista Skriket (1994). Nel 1995 divenne membro onorario dell'Unione dei Teatri d'Europa.
Nel 1996 Bergman collaborò al film Conversazioni private con la regia di Liv Ullmann e nel 1997 decise di ritornare dietro la macchina da presa realizzando, per la televisione svedese, Vanità e affanni, splendido film ambientato nel 1925 nell'ospedale psichiatrico in cui fu rinchiuso nel 1977: la storia è quella di un uomo che vuole fare il primo film della storia del cinema, e nonostante la pellicola si guasti, decide di recitarlo come in teatro. In quello stesso anno, in polemica con i critici cinematografici, egli rifiutò di ritirare il premio alla carriera conferitogli a Cannes. Nel 1999 regala a Liv Ullmann la nuova sceneggiatura per il film L'infedele e presenta in teatro I cineasti, sul tema dell'alcolismo.
Gli ultimi anni
Nel 2000 ha girato per la televisione Bildmakarna, che racconta di come Victor Sjöström, il grande regista svedese, nel 1921, girò uno dei suoi film più famosi: Il carretto fantasma.
Ha poi proseguito la sua attività teatrale, regalando per le scene e per lo schermo una edizione de Il flauto magico mozartiano, unica nella sua forte visionaria fascinazione, pur senza lasciare la macchina da presa.
Nel 2002, ha pubblicato il volume Immagini, con molte fotografie che riguardano la sua infanzia.
Nel 2003 girò Sarabanda, il seguito di Scene da un matrimonio, che con altre quattro reti europee venne cofinanziato dalla Rai e che fu girato con tecniche digitali. Sul set Bergman disse: "questo è il mio ultimo film".
Il 20 gennaio 2005 Bergman ha ricevuto il Premio Federico Fellini - che aspira a diventare il "Premio Nobel del cinema" - per l'eccellenza della sua produzione artistica cinematografica.
Il 30 luglio 2007, all'età di 89 anni, muore nella sua casa di Fårö, un'isola svedese del mar Baltico.
Vita sentimentale
Nel corso della sua vita Ingmar Bergman si è sposato cinque volte ed ha avuto nove figli.
Nel 1943 Bergman sposò Else Fischer, ballerina e coreografa che gli darà una figlia, la futura scrittrice Lena. Nel 1945, durante la lavorazione del film Hets (Tormento), la moglie e la figlia si ammalarono di tisi e furono ricoverate in due diversi sanatori; Bergman, per sostenere le spese, si adattò a redigere manoscritti per la società cinematografica per cui lavorava. In quel periodo conobbe Ellen Lundström, anche lei ballerina e coreografa, con la quale avviò una relazione; quando lei rimase incinta, decise di divorziare per sposarla. Da Ellen ebbe quattro figli. Nel 1946 Bergman e la moglie Ellen andarono a vivere a Goteborg.
Durante l'estate del 1949, mentre stava girando gli esterni a Helsingborg di Verso la gioia, Bergman conobbe la giornalista Gun Hagberg, "una ragazza dieci e lode, bella, alta, sportiva, intensi occhi blu, riso aperto, disponibile, fiera, integra, piena di forza femminile". [14], con la quale iniziò una relazione che continuò al ritorno in sede. Nel 1950 ottenne il divorzio da Ellen; nel frattempo Gun era rimasta incinta ed era andata ad abitare da lui. Bergman si trovò così a dover mantenere due mogli e cinque figli. Si adattò a produrre sceneggiature per conto di altri e a realizzare dei cortometraggi pubblicitari. Nel 1951 sposa Gun Grut, che diventò così la sua terza moglie.
Verso la fine degli anni '50 Bergman conobbe la pianista Käbi Laretei. Nel 1959 la sposò (quarta moglie). Nel 1964 Bergman s'innamorò dell'attrice Liv Ullmann. Dalla loro relazione nacque nel 1966 una figlia, Linn (che prese il cognome della madre). Bergman lasciò la moglie e andò a vivere con Liv e la figlia. Nel 1969 Bergman divorziò da Käbi Laretei. Nel 1974 terminò il legame con Liv Ullmann. L'anno seguente il regista sposò Ingrid von Rosen [15], Dal 1976 Bergman prese la residenza all'estero per non avere problemi con il fisco svedese. Nel 1995 Ingrid morì. La morte della von Rosen fu per Bergman fu un duro colpo. Il dolore per la perdita lo fece cadere in uno stato di forte depressione; il regista, che nel frattempo era ritornato a vivere in patria, si ritirò nell'isoletta di Faar, nel Mar Baltico, dove condusse una vita solitaria fino alla morte. Bergman trovò parziale conforto dal fatto che tutti i suoi otto figli erano diventati attori, quasi tutti teatrali.
Oltre a Liv Ullmann, le attrici con cui Bergman condivise la sua vita furono Bibi Andersson e Ingrid Thulin.
Stile
Ingmar Bergman ha coniugato in maniera unica l'interrogarsi sui temi universali dell'esistenza umana con l'utilizzo delle tecniche del linguaggio cinematografico: se, da un lato, ha innalzato le sue sceneggiature alla profondità di un testo letterario, dall'altro la forza figurativa dei suoi film è paragonabile a quella dei migliori autori della settima arte.
Un esempio di questo straordinario connubio è uno dei suoi film più famosi, Il settimo sigillo: i dialoghi tra i personaggi possiedono l'intensità di una rappresentazione teatrale; nello stesso tempo, il film è preso da esempio dalle scuole di regia come modello per lo studio delle relazioni che sovrintendono la composizione dell'immagine.
Generalmente Bergman scriveva le sue sceneggiature, riflettendo su di esse per mesi o anni prima di iniziare la stesura definitiva. I suoi primi film sono strutturati con attenzione, e sono o basati su suoi testi teatrali o scritti in collaborazione con altri autori.
Bergman scelse di essere mite nelle relazioni con gli attori, riteneva infatti di avere una grande responsabilità verso loro, li vedeva come collaboratori spesso in una vulnerabile posizione psicologica.
Note
1. ^ Ingmar Bergman, Lanterna magica, Milano, Garzanti, 1987, pag. 125
2. ^ Ingmar Bergman, Lanterna magica, op. cit., pag. 125
3. ^ Che tenterà più tardi il suicidio e andrà a vivere a Uppsala.
4. ^ Alfonso Moscato, Ingmar Bergman. La realtà e il suo doppio, Roma, Edizioni Paoline, 1981, pag. 34
5. ^ Jörn Donner, Bergman: "Sono un impostore", "Epoca", 14 luglio 1971
6. ^ Ingmar Bergman, Il settimo sigillo, Iperborea, Milano 1994, p.28
7. ^ Ingmar Bergman, La lanterna magica, op, cit., pag. 246
8. ^ Corriere della sera, 28 agosto 1964
9. ^ Bergman a Jörn Donner nell'intervista Come in uno specchio, cit., pag. 82
10. ^ "Positif", fascicolo n. 1. 1977, pag. 108
11. ^ Ingmar Bergman, La lanterna magica, cit, pag. 211
12. ^ Giovanni Grazzini, Fanny e Alexander, "Corriere della sera, 10 settembre 1983
13. ^ Ingmar Bergman, Lanterna magica, op. cit., pag. 239 e seguenti
14. ^ Ingmar Bergman, Lanterna magica, op. cit., pag. 148
15. ^ Da sposa assunse il nome del marito: Ingrid Bergman, da non confondere con l'attrice cinematografica morta nel 1982.